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Harry Potter e La Pietra Filosofale (2184 citazioni)
   1) Il bambino sopravvissuto (90 citazioni)
   2) Vetri che scompaiono (80 citazioni)
   3) Lettere da nessuno (90 citazioni)
   4) Il custode delle chiavi (91 citazioni)
   5) Diagon Alley (184 citazioni)
   6) Il binario nove e tre quarti (222 citazioni)
   7) Il cappello Parlante (112 citazioni)
   8) Il maestro delle Pozioni (51 citazioni)
   9) Il duello di mezzanotte (139 citazioni)
   10) Halloween (98 citazioni)
   11) Il Quidditch (105 citazioni)
   12) Lo specchio delle brame (133 citazioni)
   13) Nicolas Flamel (82 citazioni)
   14) Norberto, drago Dorsorugoso di Norvegia (93 citazioni)
   15) La Foresta proibita (169 citazioni)
   16) La botola (217 citazioni)
   17) L'uomo dai due volti (228 citazioni)
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L'uomo dai due volti


   Era Raptor.
    «Lei!» esclamò Harry col fiato mozzo.
    Raptor sorrise. Non un solo muscolo gli si mosse sul volto.
    «Io» disse calmo. «Mi stavo proprio chiedendo se ti avrei incontrato qui, Potter».
    «Ma io pensavo… Piton…»
    «Chi, Severus?» Raptor rise, e non fu la sua solita risatina tremula, bensì una risata fredda e tagliente. «Sì, Severus sembra proprio il tipo giusto, non è vero? È talmente utile averlo qui a svolazzare dappertutto, come un pipistrello gigante! Con lui in giro, chi sospetterebbe mai del po-povero, ba-balbuziente p-professor Ra-Raptor?» Harry non credeva alle proprie orecchie. Non poteva essere vero!
    «Ma Piton ha tentato di uccidermi!»
    «No, no, no! Sono stato io. La tua amica Granger mi ha urtato involontariamente quando è corsa ad appiccare fuoco a Piton, durante la partita a Quidditch. Con quello spintone ha interrotto il mio contatto visivo con te: ancora pochi secondi, e sarei riuscito a disarcionarti dalla scopa. Anzi, ci sarei riuscito anche prima, se Piton non avesse continuato a borbottare controincantesimi nel tentativo di salvarti».
    «Piton cercava di salvarmi?»
    «Ma certo» disse Raptor, sempre in tono gelido. «Perché credi che volesse arbitrare lui la tua seconda partita? Cercava di evitare che io ci riprovassi. Veramente buffo… Non c’era bisogno che si desse tanta pena. Non avrei potuto fare niente comunque, con Silente che assisteva alla partita. Tutti gli altri insegnanti pensavano che Piton stesse cercando di ostacolare la vittoria del Grifondoro, lui si è reso veramente impopolare… e che gran perdita di tempo, visto che nonostante tutto, stanotte ti ammazzo».
    Raptor schioccò le dita. Dal nulla apparvero delle funi che si avvolsero strette intorno a Harry.
    «Tu sei troppo ficcanaso per continuare a vivere, Potter. Andartene in giro a quel modo per tutta la scuola, il giorno di Halloween! Per quanto ne sapevo io, mi avevi visto benissimo mentre venivo a sincerarmi di che cosa ci fosse a guardia della Pietra».
    «Allora il mostro l’ha fatto entrare lei?»
    «Ma certamente. Ho un talento speciale con i mostri, io… Avrai visto senz’altro che cosa ho fatto a quello della stanza qua accanto. Ma purtroppo, mentre tutti correvano dappertutto cercando di stanarlo, Piton, che già sospettava di me, è venuto dritto filato al terzo piano per intercettarmi, e non solo il mio mostro non ti ha fatto a pezzi, ma neanche il cane a tre teste è riuscito a staccare la gamba a morsi a Piton come si deve.
    «E ora, Potter, aspetta un attimo e fa’ silenzio. Devo esaminare questo specchio molto interessante».
    Solo in quell’istante Harry si rese conto dell’oggetto che si trovava alle spalle di Raptor. Era lo Specchio delle Brame. «Lo specchio è la chiave per trovare la Pietra» mormorava Raptor mentre tastava la cornice. «Figuriamoci se Silente non escogitava una cosa del genere… ma tanto lui è a Londra… e per quando sarà tornato, io sarò già molto lontano».
    Tutto quello cui Harry riusciva a pensare era di continuare a impegnare Raptor nella conversazione, impedendogli di concentrarsi sullo specchio.
    «Ho visto lei e Piton nella foresta…» gli uscì detto.
    «Già» rispose Raptor indolente, girando attorno allo specchio per osservarlo da dietro. «All’epoca, mi stava addosso, cercando di scoprire fino a che punto fossi arrivato. Ha sempre sospettato di me. E ha cercato di spaventarmi… come se fosse stato possibile, con il Signore Voldemort dalla mia parte!»
    Raptor venne fuori da dietro lo specchio e ci guardò dentro avidamente.
    «Vedo la Pietra… La offro al mio padrone, ma dov’è la Pietra?»
    Harry cercò di divincolarsi dalle funi che lo tenevano legato, ma quelle non cedettero. Doveva impedire a tutti i costi che Raptor dedicasse tutta l’attenzione allo specchio.
    «Eppure, mi è sempre sembrato che Piton mi odiasse tanto…»
    «Oh, per odiarti, ti odia» disse Raptor con tono di noncuranza, «ci puoi giurare che ti odia. Era a Hogwarts con tuo padre, lo sapevi? Si detestavano cordialmente. Però non ti ha mai voluto morto».
    «Eppure professore, qualche giorno fa io l’ho sentita singhiozzare… Pensavo che Piton la stesse minacciando…»
    Per la prima volta un fremito di paura attraversò il volto di Raptor.
    «A volte» disse, «trovo difficile seguire le istruzioni del mio padrone… lui è un mago grande e potente, mentre io sono debole…».
    «Intende dire che era insieme a lei in quell’aula?» disse Harry col fiato mozzo.
    «Lui è con me ovunque io vada» disse Raptor in tono pacato. «Lo incontrai all’epoca in cui giravo il mondo. Allora ero un giovanotto scervellato, pieno di idee ridicole sul bene e sul male. Il Signore Voldemort mi ha dimostrato quanto avessi torto. Bene e male non esistono. Esistono soltanto il potere e coloro che sono troppo deboli per ricercarlo… Da allora l’ho sempre servito fedelmente, benché lo abbia deluso molte volte. Ha dovuto essere molto duro con me». Raptor d’improvviso rabbrividì. «Non perdona facilmente gli errori.
    «Quando ho fallito il colpo alla Gringott lui ne è stato molto dispiaciuto. Mi ha punito… Ha deciso di tenermi sotto più stretta sorveglianza…»
    La voce di Raptor si spense. A Harry tornò in mente la gita a Diagon Alley… Come aveva potuto essere tanto stupido? Era proprio lì che quel giorno aveva visto Raptor e scambiato una stretta di mano con lui al Paiolo magico.
    Raptor imprecava a bassa voce.
    «Io non capisco… la Pietra è o non è dentro lo specchio? Che devo fare? Devo romperlo?»
    La mente di Harry galoppava.
    ‘Quel che voglio più di qualsiasi altra cosa al mondo in questo momento’ pensava, ‘è trovare la Pietra prima di Raptor. Perciò se mi guardo nello specchio, dovrei vedermi nell’atto di trovarla… il che significa che dovrei vedere dove è nascosta! Ma come faccio a specchiarmi senza che Raptor capisca le mie intenzioni?’ Cercò di spostarsi verso sinistra per trovarsi di fronte allo specchio senza che Raptor lo notasse, ma le corde intorno alle caviglie erano troppo strette: incespicò e cadde. Raptor continuava a ignorarlo e a parlare tra sé e sé.
    «Vediamo un po’, che cosa fa questo specchio? Come funziona? Padrone, aiutami!»
    E con orrore, Harry senti una voce rispondere, una voce che sembrava provenire dallo stesso Raptor.
    «Usa il ragazzo… Usa il ragazzo…»
    Raptor si voltò verso Harry.
    «Sì… Potter… vieni qui».
    Batté le mani, e le corde che legavano Harry caddero come per incanto. Lentamente, Harry si rimise in piedi.
    «Vieni qui» ripeté Raptor. «Guarda nello specchio e dimmi che cosa vedi».
    Harry si avviò verso Raptor.
    ‘Devo mentire’ pensò disperatamente. ‘Devo guardare e mentire su quel che vedo: tutto qui’.
    Raptor gli si avvicinò e si fermò alle sue spalle. Harry respirò lo strano odore che sembrava provenire dal turbante di Raptor. Chiuse gli occhi, andò a mettersi davanti allo specchio e li apri di nuovo.
    All’inizio vide riflesso il suo viso, pallido e con un’espressione atterrita. Ma un attimo dopo, la sua immagine gli sorrise, mise una mano in tasca e ne tirò fuori una pietra color rosso sangue. Ammiccò e si rimise la pietra in tasca… Nell’attimo stesso in cui l’immagine compiva quel gesto, Harry sentì qualcosa di pesante scivolargli in tasca. Non sapeva come, era accaduto l’incredibile: la Pietra era in suo possesso.
    «Ebbene?» disse Raptor impaziente. «Che cosa vedi?»
    Harry tirò fuori tutto il coraggio che aveva in corpo.
    «Vedo Silente che mi stringe la mano» disse, inventando tutto di sana pianta. «Io… ho appena fatto vincere a Grifondoro la coppa del campionato».
    Raptor imprecò di nuovo.
    «Togliti di mezzo!» disse. Spostandosi di lato, Harry avvertì contro il suo fianco il contatto della Pietra Filosofale. Avrebbe osato darsela a gambe?
    Ma non aveva fatto neanche cinque passi, quando una voce stridula parlò, benché Raptor non avesse aperto bocca.
    «Sta mentendo… sta mentendo…»
    «Potter, torna subito qui!» gridò Raptor. «Dimmi la verità! Che cosa hai visto?»
    La voce stridula parlò di nuovo.
    «Fammi parlare con lui… faccia a faccia…»
    «Padrone, ma voi non ne avete la forza!»
    «Certo che sono abbastanza forte… per questo».
    Harry provò la stessa sensazione di quando il Tranello del Diavolo lo aveva inchiodato dove si trovava. Non riusciva a muovere un muscolo. Pietrificato, guardò Raptor che gli si avvicinava e incominciava a svolgersi il turbante. Che cosa voleva fare? Il turbante cadde a terra. Senza quel copricapo, la testa di Raptor sembrava stranamente piccola. Poi lentamente, Raptor fece dietro-front.
    Harry avrebbe voluto urlare ma non riuscì a emettere alcun suono. Nel punto dove normalmente avrebbe dovuto trovarsi la nuca del professore, c’era un volto, il volto più orrendo che Harry avesse mai visto. Era bianco come il gesso, con occhi rossi che mandavano bagliori, e per narici due fessure, come un serpente.
    «Harry Potter…» sibilò.
    Harry cercò di arretrare di un passo, ma le gambe non gli rispondevano.
    «Lo vedi che cosa sono diventato?» disse il volto. «Pura ombra e vapore… io prendo forma soltanto quando posso abitare il corpo di qualcuno… Ma ci sono sempre state persone disposte ad aprirmi il cuore e la mente… Il sangue di unicorno mi ha rinvigorito, nelle scorse settimane… Hai visto quando il fedele Raptor l’ha bevuto per me. nella foresta… Una volta che sarò entrato in possesso dell’Elisir di Lunga Vita, potrò crearmi un corpo tutto mio… E ora, veniamo a noi… Perché non mi dai quella pietra che hai in tasca?»
    Allora sapeva. Harry ricominciò a sentirsi le gambe. Barcollò all’indietro.
    «Non fare l’idiota» ringhiò il volto. «È meglio che ti salvi la vita e ti unisci a me… altrimenti farai la stessa fine dei tuoi genitori! Loro sono morti implorando la mia clemenza…»
    «BUGIARDO!» gridò Harry d’un tratto. Raptor camminava volgendogli le spalle, cosicché Voldemort poteva continuare a vedere il ragazzo. Ora quel volto maligno sorrideva.
    «Ma che cosa commovente…» sibilò. «Io apprezzo sempre molto il coraggio… Sì, ragazzo, i tuoi genitori erano coraggiosi… Per primo ho ucciso tuo padre: lui aveva ingaggiato un’intrepida lotta… Tua madre, invece, non era necessario che morisse… stava solo cercando di proteggerti… E ora dammi quella pietra, se non vuoi che sia morta invano».
    «MAI!»
    Harry balzò verso la porta lambita dalle fiamme, ma Voldemort gridò: «PRENDILO!», e un istante dopo Harry sentì la mano di Raptor stringerglisi intorno al polso. Di colpo, una fitta acuta corse lungo tutta la cicatrice che Harry aveva sulla fronte: era come se la testa gli si spaccasse in due. Gridò, lottando con tutte le sue forze, e con suo grande stupore Raptor lasciò la presa. Il dolore alla testa diminuì. Harry si guardò intorno, in preda alla disperazione, per vedere dove fosse finito Raptor, e lo vide, piegato in due per il dolore, guardarsi le dita, che si stavano riempiendo di vesciche a vista d’occhio.
    «Prendilo! PRENDILO!» gridò di nuovo Voldemort con voce stridula, e Raptor fece un balzo in avanti mandando Harry lungo disteso per terra e afferrandogli il collo con entrambe le mani. Il dolore della cicatrice quasi lo accecava, ma ciò non gli impedì di vedere Raptor torcersi in preda agli spasimi.
    «Padrone, non riesco a trattenerlo… le mie mani… le mie mani!»
    E Raptor, pur continuando a tenere inchiodato il ragazzo a terra con le ginocchia, mollò la presa sul suo collo per contemplarsi inorridito i palmi delle mani. Anche Harry li vide: erano bruciacchiati, con la carne al vivo, rossa e lucente.
    «E allora ammazzalo, idiota, e facciamola finita!» gridò Voldemort con la sua voce stridula.
    Raptor alzò la mano per eseguire un sortilegio mortale, ma Harry, istintivamente, gli afferrò la faccia…
    «Aaaaaaahhhhhh!»
    Raptor gli rotolò via di dosso, e questa volta anche il volto gli si era coperto di vesciche. A quel punto Harry capì: Raptor non poteva toccarlo senza provare un atroce dolore. La sua unica speranza, quindi, era di non mollarlo: quel contatto doloroso gli avrebbe impedito di fare incantesimi.
    Harry balzò in piedi, afferrò Raptor per un braccio e lo tenne più stretto che poteva. Raptor gridava e cercava di scrollarselo di dosso. Il dolore alla testa di Harry aumentava: ormai udiva soltanto le terribili strida di Raptor, Voldemort che gridava: «UCCIDILO! UCCIDILO!», e poi altre voci (queste forse esistevano soltanto nella sua testa) che urlavano il suo nome.
    Sentì il braccio di Raptor sfuggirgli di mano, capì che tutto era perduto, e sprofondò giù, sempre più giù, in un buio senza fine…
   
    Un oggetto dorato luccicava proprio sopra di lui. Era il Boccino! Cercò di afferrarlo, ma si sentiva le braccia troppo pesanti.
    Sbatté gli occhi. Non era affatto il Boccino. Era un paio di occhiali. Ma che strano.
    Sbatté di nuovo le palpebre. Lentamente, come attraverso una bruma, mise a fuoco il volto sorridente di Albus Silente.
    «Buon pomeriggio, Harry» disse questi.
    Harry lo guardò con tanto d’occhi. Poi recuperò la memoria: «Signor direttore! La Pietra! È stato Raptor! Adesso ce l’ha lui! Bisogna far presto, signore…»
    «Calmati; caro figliolo, sei rimasto un po’ indietro con gli avvenimenti» disse Silente. «La Pietra non ce l’ha affatto Raptor».
    «E allora chi? Signore, io…»
    «Harry ti prego di calmarti, altrimenti Madama Chips mi farà buttare fuori».
    Harry deglutì e si guardò intorno. Si rese conto di essere nell’infermeria del castello. Era adagiato in un letto dalle candide lenzuola di lino, e sul comodino accanto sembrava fosse stato trasferito un intero negozio di dolciumi.
    «Quelli sono pegni di affetto dei tuoi amici e ammiratori» disse Silente illuminandosi in volto. «Quel che è accaduto giù nei sotterranei tra te e il professor Raptor è segretissimo, quindi naturalmente tutta la scuola ne è al corrente. Credo che i tuoi amici Fred e George Weasley abbiano cercato di mandarti la tavoletta di una tazza del gabinetto: devono aver creduto che ti saresti divertito. Ma Madama Chips non l’ha giudicata una cosa molto igienica, e quindi l’ha confiscata».
    «Da quanto tempo sono qui?»
    «Tre giorni. Il signor Ronald Weasley e la signorina Granger saranno molto sollevati di sapere che hai ripreso i sensi. Erano preoccupatissimi».
    «Ma signore, la Pietra…»
    «Vedo che non è facile distrarti. Molto bene, parliamo della Pietra. Il professor Raptor non è riuscito a portartela via. Io sono arrivato in tempo per impedirlo, anche se devo ammettere che te la stavi cavando molto bene da solo».
    «Ma lei ci è arrivato sul luogo dell’appuntamento? Ha ricevuto la civetta da Hermione?»
    «Ci dobbiamo essere incrociati a mezz’aria. Non avevo neanche messo piede a Londra, che ho capito subito che il luogo dove dovevo andare era quello che avevo appena lasciato. Sono arrivato giusto in tempo per toglierti di mano a Raptor…»
    «Ah, è stato lei!»
    «Ho temuto di essere arrivato troppo tardi».
    «C’è mancato poco. Non ce l’avrei fatta a lungo a tenerlo lontano dalla Pietra…»
    «Non dalla Pietra, ragazzo, da te! Lo sforzo che hai fatto per poco non ti è costato la vita. Per un orribile momento, ho temuto che fosse così. Quanto alla Pietra, è andata distrutta».
    «Distrutta?» ripeté Harry come inebetito. «Ma il suo amico, Nicolas Flamel…»
    «Ah, sai di Nicolas?» disse Silente con un tono di voce che sembrava deliziato. «Hai fatto proprio le cose per bene, eh? Be’, Nicolas e io abbiamo fatto due chiacchiere, e abbiamo deciso che era la cosa migliore».
    «Ma questo significa che lui e sua moglie moriranno, non è così?»
    «Dispongono di una quantità sufficiente di Elisir per sistemare i loro affari, dopodiché… ebbene si, moriranno».
    Silente sorrise vedendo lo sguardo allibito che si era dipinto sul volto di Harry.
    «Per uno giovane come te, sono sicuro che tutto questo sembrerà incredibile, ma per Nicolas e Peronella è proprio come andare a dormire dopo una giornata molto, molto lunga. In fin dei conti, per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura. Sai, la Pietra non era poi una cosa tanto prodigiosa. Sì, certo: tutti i soldi e tutta la vita che uno può volere… Sono le due cose che la maggior parte degli esseri umani desidera più di ogni altra… Ma il guaio è che gli uomini hanno una particolare abilità nello scegliere proprio le cose peggiori per loro».
    Harry, steso a letto, sembrava aver perso la parola. Silente canticchiò un motivetto e sorrise guardando il soffitto.
    «Signore?» disse Harry. «Stavo pensando… Ehm, anche se la Pietra non c’è più, Vol… voglio dire, Lei-Sa-Chi…»
    «Chiamalo pure Voldemort, Harry. Bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa».
    «D’accordo, signore. Dicevo, Voldemort cercherà qualche altro modo per tornare, non è vero? Voglio dire, non se n’è mica andato per sempre, no?»
    «No, Harry, non se n’è andato per sempre. È ancora là fuori, da qualche parte, forse in cerca di un altro corpo da abitare… Visto che non è veramente vivo, è impossibile ucciderlo. Ha lasciato morire Raptor: ha tanta poca compassione per i seguaci quanto per i nemici. Comunque, Harry, se tu hai ritardato il suo ritorno al potere, la prossima volta ci vorrà semplicemente qualcun altro che sia in grado di sostenere quella che sembra una battaglia persa… Ma se il suo desiderio di potere continuerà a venire ostacolato, forse non lo riconquisterà mai più».
    Harry annuì, ma smise subito, perché quel movimento gli faceva dolere la testa. Poi disse: «Signore, ci sono alcune altre cose che mi piacerebbe sapere, se lei può rispondermi… cose sulle quali vorrei sapere la verità».
    «La verità…» sospirò Silente. «È una cosa meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con grande cautela. In ogni caso, risponderò alle tue domande, a meno che non abbia ottime ragioni per non farlo, nel qual caso ti prego di perdonarmi. Ma non mentirò».
    «Bene… Voldemort ha detto di avere ucciso mia madre soltanto perché lei cercava di impedirgli di uccidere me. Ma lui perché voleva farmi fuori?»
    Questa volta, Silente fece un sospiro ancora più profondo.
    «Purtroppo, alla prima domanda non posso rispondere. Non oggi. Non ora. Un giorno lo saprai… ma per adesso, Harry, non ci pensare. Quando sarai più grande… Lo so che non sopporti di sentirtelo dire, ma… quando sarai pronto, lo saprai».
    Harry era ben consapevole che sarebbe stato inutile discutere.
    «Ma allora, perché Raptor non poteva toccarmi?»
    «Vedi, tua madre è morta per salvarti. Ora, se c’è una cosa che Voldemort non riesce a concepire, è l’amore. Non poteva capire che un amore potente come quello di tua madre, lascia il segno: non una cicatrice, non un segno visibile… Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ti resta dentro, nella pelle. Raptor, che avendo ceduto l’anima a Voldemort era pieno di odio, di brama e di ambizione, non poteva toccarti per questa ragione. Per lui era un tormento toccare una persona segnata da un marchio di tanta bontà».
    A quel punto l’attenzione di Silente fu attratta da un uccellino che si era posato sul davanzale della finestra, il che lasciò a Harry il tempo di asciugarsi gli occhi col lenzuolo. Quando ebbe ritrovato la voce, il ragazzo disse: «E il mantello che rende invisibili… lei sa chi me l’ha mandato?»
    «Ah… si dà il caso che tuo padre lo abbia lasciato a me, e io ho pensato che avrebbe potuto farti piacere averlo». Gli occhi di Silente ammiccarono. «Sono cose utili… Quando era qui, tuo padre lo usava soprattutto per sgattaiolare in cucina e far fuori qualche buon bocconcino».
    «E… ci sarebbe ancora un’altra cosa…»
    «Avanti, spara!»
    «Raptor ha detto che Piton…»
    «Il professor Piton, Harry».
    «Sì, lui… Raptor ha detto che lui mi odia perché odiava mio padre. È vero?»
    «Be’, sì, direi proprio che si detestavano. Più o meno come te e Malfoy. Ma poi, tuo padre ha fatto una cosa che Piton non gli ha mai perdonato».
    «E cioè?»
    «Gli ha salvato la vita».
    «Che cosa?»
    «Già…» fece Silente in tono sognante. «Strano come funziona la mente delle persone, non trovi? Il professor Piton non sopportava di dovere qualcosa a tuo padre… Io credo che quest’anno si sia tanto impegnato a proteggerti solo perché in quel modo credeva di mettersi in pari con tuo padre. Dopodiché, avrebbe potuto tranquillamente tornare a odiarne la memoria…»
    Harry cercò di capire quel difficile concetto, ma poiché gli faceva dolere la testa, ci rinunciò.
    «Ehm… un’altra domanda, signore!»
    «Un’altra sola?»
    «Come ho fatto a tirare fuori la Pietra dallo specchio?»
    «Ah, sono proprio contento che tu me lo chieda. E stata una delle mie idee più brillanti… e, detto fra noi, è tutto dire! Vedi, soltanto chi avesse voluto trovare la Pietra… bada bene: trovarla, non usarla… sarebbe stato capace di prenderla. Altrimenti lo specchio gli avrebbe rimandato l’immagine di uno che fabbrica oro o che beve Elisir di Lunga Vita. Devo dire che certe volte il mio cervello mi sorprende… Be’, adesso basta con le domande. Propongo che tu cominci ad assaggiare qualcuno di questi dolci. Ah! Gelatine Tuttigusti+1! Da giovane ho avuto la sfortuna di trovarne una al gusto di vomito, e da allora devo dire che per me hanno perso ogni attrattiva… Ma se prendo una bella caramella mou, non dovrei correre rischi… Tu che dici?»
    Sorrise e si cacciò in bocca un cubetto dal bel colore ambrato. Appena l’ebbe masticata, esclamò: «Povero me! Cerume!»
   
    Madama Chips, la capo-infermiera, era una donna simpatica ma inflessibile.
    «Solo cinque minuti» implorò Harry.
    «Nemmeno per sogno!»
    «Ma ha lasciato entrare il professor Silente…»
    «Be’, che c’entra: lui è il direttore, è una cosa completamente diversa. Hai bisogno di riposo».
    «Ma mi sto riposando. Guardi, sono qui steso a letto e… Oh, la prego, Madama Chips…»
    «E va bene» acconsentì lei, «ma soltanto cinque minuti».
    E lasciò entrare Ron e Hermione.
    «Harry!»
    Hermione sembrava sul punto di gettargli di nuovo le braccia al collo, ma Harry fu contento che si trattenesse, perché la testa gli doleva ancora molto.
    «Oh, Harry, eravamo sicuri che tu ce l’avresti… Silente era talmente preoccupato…»
    «Tutta la scuola non parla d’altro» disse Ron, «ma che cosa è successo veramente?»
    Era uno dei rari casi in cui la storia vera è ancor più strana e appassionante delle voci incontrollate. Harry raccontò loro tutto; gli parlò di Raptor, dello specchio, della Pietra e di Voldemort. Ron e Hermione erano un pubblico ideale; trattenevano il fiato al momento giusto, e quando Harry disse quel che c’era sotto il turbante di Raptor, la ragazza cacciò un urlo.
    «Allora, la Pietra non c’è più?» commentò Ron alla fine. «Quindi Flamel dovrà morire…»
    «È quel che ho detto anch’io, ma Silente dice che… com’era?… ‘per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura’».
    «lo l’ho sempre detto che è un po’ svitato» disse Ron, che pareva molto colpito dal livello di follia del suo eroe.
    «E di voi due, che cosa ne è stato?» chiese Harry.
    «Be’, io sono riuscita a ritornare indietro sana e salva» disse Hermione. «Ho fatto rinvenire Ron, e c’è voluto un bel po’ di tempo… Quando siamo corsi su alla voliera per mandare il messaggio a Silente, lo abbiamo incontrato nel salone d’ingresso. Sapeva già tutto, e ha detto soltanto: ‘Harry gli è andato dietro, vero?’ Poi si è precipitato su al terzo piano».
    «Tu pensi che lui abbia voluto farti fare tutto questo intenzionalmente?» disse Ron. «Intendo dire, quando ti ha fatto avere il mantello di tuo padre, eccetera…»
    «Be’» esplose Hermione, «se è così… voglio dire, è terribile… potevi anche rimanerci!»
    «No, non è così» disse Harry pensieroso. «È un tipo strano, Silente. Penso che abbia voluto darmi una possibilità. Sapete, credo che sappia più o meno tutto quel che accade qui. Perciò doveva essergli abbastanza chiaro che noi ci avremmo provato, e invece di fermarci, ci ha insegnato tanto da darci una mano. Non credo sia un caso, il fatto che mi abbia lasciato scoprire come funzionava lo specchio: probabilmente, ha pensato che era mio diritto affrontare Voldemort, se ce la facevo…»
    «Sì, Silente lo va strombazzando ai quattro venti» disse Ron tutto orgoglioso. «Senti, devi rimetterti in piedi per la festa di fine anno di domani. Il conteggio dei punti è stato ultimato, e naturalmente i Serpeverde hanno vinto: tu mancavi all’ultima partita di Quidditch e, senza di te, il Corvonero ci ha stracciati… Ma almeno il rinfresco sarà ottimo».
    In quel momento, entrò di corsa Madama Chips.
    «Siete rimasti quasi quindici minuti, e ora… FUORI!» disse in tono che non ammetteva repliche.
    Dopo una buona nottata di sonno, Harry si sentì quasi tornato alla normalità.
    «Voglio andare alla festa» disse a Madama Chips mentre questa era occupata a rimettere in ordine le molte scatole di dolci sul tavolino. «Posso, no?»
    «Il professor Silente dice che bisogna dartelo, questo permesso» disse in tono un po’ sdegnoso, come se a parer suo il professor Silente ignorasse quanto potessero essere rischiose le feste. «Comunque, qui ci sono altre visite per te».
    «Che bellezza!» disse Harry. «Chi è?»
    Mentre parlava, Hagrid era sgattaiolato dentro la stanza. Come sempre, quando si trovava in un luogo chiuso, sembrava troppo grosso per starci tutto. Si sedette accanto a Harry, gli lanciò un’occhiata e poi scoppiò in lacrime.
    «È stata… tutta… colpa… mia… maledetto me!» singhiozzò con la faccia tra le mani. «Sono stato io a dire a quel malvagio come sfuggire alla sorveglianza di Fuffi! Proprio io gliel’ho detto! Era l’unica cosa che non sapeva, e io gliel’ho detta! Tu potevi morire! E tutto per un uovo di drago! Giuro che non berrò più neanche un goccio! Mi meritavo d’essere buttato fuori e mandato a vivere fra i Babbani!»
    «Hagrid!» disse Harry scosso, vedendo Hagrid tremare di pena e di rimorso, con i lucciconi che gli rotolavano giù per la barba. «Dài, Hagrid, l’avrebbe scoperto lo stesso. Parliamo di Voldemort: l’avrebbe scoperto anche senza che glielo dicessi tu!»
    «Hai rischiato di morire!» singhiozzò Hagrid. «E poi, non dire quel nome!»
    A quel punto Harry gridò con quanto fiato aveva: «Voldemort!» Hagrid rimase talmente sconvolto che smise di piangere. «Io l’ho conosciuto, e lo chiamo per nome. Dài, Hagrid, consolati: abbiamo salvato la Pietra, ora non c’è più e lui non può usarla. Su, prendi una Cioccorana, ne ho a vagoni…»
    Hagrid si asciugò il naso con il dorso della mano e disse: «Questo mi fa tornare in mente che ho un regalo per te».
    «Non sarà mica un panino alla donnola, eh?» disse Harry con un filo d’ansia, e finalmente Hagrid accennò una risatina incerta.
    «No. Ieri Silente mi ha dato una giornata di libertà per fabbricarlo… anche se naturalmente faceva bene a buttarmi fuori… A ogni modo, questo è per te…»
    Sembrava un bel libro rilegato in cuoio. Harry lo aprì, curioso. Era pieno di foto magiche: da ogni pagina, suo padre e sua madre gli sorridevano salutandolo con la mano.
    «Ho mandato gufi e civette a tutti i vecchi compagni di scuola dei tuoi genitori, chiedendogli delle foto… Sapevo che tu non ne avevi… Ti piace?»
    Harry non riusciva a parlare, ma Hagrid capì ugualmente.
   
    Quella sera Harry si avviò da solo alla festa di fine anno. Era stato trattenuto dalle assidue cure di Madama Chips, che aveva insistito per dargli un’ultima controllata, quindi la Sala Grande era già piena. Era parata a festa con i colori di Serpeverde, verde e argento, per festeggiare il fatto che aveva vinto la coppa per il settimo anno di fila. Un immenso stendardo con il serpente di Serpeverde copriva la parete dietro alla Tavola delle Autorità.
    Quando Harry entrò, ci fu un improvviso silenzio: poi tutti cominciarono a parlare ad alta voce. Lui si infilò in un posto rimasto libero tra Ron e Hermione al tavolo di Grifondoro, facendo finta di non vedere che tutti gli altri erano in piedi e lo guardavano.
    Per sua fortuna, di lì a pochi istanti Silente arrivò e il brusio si spense.
    «Un altro anno è passato!» iniziò Silente con tono allegro. «E io devo tediarvi con una chiacchierata da vecchio bacucco, prima che possiamo affondare i denti nelle nostre deliziose leccornie. Che anno è stato questo! Si spera che adesso abbiate la testa un po’ meno vuota di quando siete arrivati… E ora, avete tutta l’estate davanti a voi per tornare a vuotarvela, prima che cominci il nuovo anno…
    «Ora, se ho ben capito» proseguì, «deve essere assegnata la Coppa delle Case, e la classifica è questa: al quarto posto Grifondoro, con trecentododici punti; terzo Tassorosso con trecentocinquantadue punti; secondo Corvonero, con quattrocentoventisei punti e primo Serpeverde, con quattrocentosettantadue».
    Una boato di ovazioni e battimani esplose dal tavolo di Serpeverde. Harry vide Draco Malfoy che batteva il suo calice sul tavolo, e quella visione lo fece star male.
    «Sì, sì, molto bene, Serpeverde» continuò Silente. «Ma ci sono alcuni recenti avvenimenti che vanno presi in considerazione».
    La stanza piombò nel silenzio più assoluto. A quelli di Serpeverde si gelò il sorriso sulle labbra.
    «Ehm…» disse Silente, «ho alcune comunicazioni dell’ultimo minuto da fare, a proposito del punteggio. Vediamo un po’. Ecco…
    «Primo, al signor Ronald Weasley…»
    Ron si fece tutto rosso in faccia: sembrava un ravanello gravemente ustionato dal sole.
    «…per la migliore partita a scacchi che si sia vista a Hogwarts da molti anni a questa parte, attribuisco al Grifondoro cinquanta punti».
    Gli applausi dei Grifondoro raggiunsero quasi il soffitto incantato; le stelle, da lassù, sembravano fremere. Si sentiva Percy dire agli altri prefetti: «È mio fratello, sapete? Il mio fratello più piccolo! Ha passato la prova alla scacchiera gigante della McGranitt!»
    Finalmente si fece di nuovo silenzio.
    «Secondo, alla signorina Hermione Granger… per avere usato freddamente la sua logica di fronte al fuoco, attribuisco al dormitorio di Grifondoro cinquanta punti».
    Hermione si nascose il viso tra le braccia; Harry ebbe il forte sospetto che fosse scoppiata in lacrime. Alla tavola di Grifondoro, i ragazzi non stavano più nella pelle… avevano guadagnato cento punti!
    «Terzo, al signor Harry Potter…» proseguì Silente. Nella sala non si udì più volare una mosca. «…per il suo sangue freddo e l’eccezionale coraggio, attribuisco al Grifondoro altri sessanta punti!»
    Il frastuono divenne assordante. Quelli che erano riusciti a fare il conto mentre gridavano a squarciagola, sapevano che il Grifondoro aveva raggiunto quattrocentosettantadue punti, esattamente come il Serpeverde. La coppa sarebbe stata loro… se soltanto Silente avesse dato a Harry un punto in più!
    Silente alzò la mano. Pian piano nella sala si fece di nuovo silenzio.
    «Esistono molti tipi di coraggio» disse Silente sorridendo. «Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. E pertanto… attribuisco dieci punti al signor Neville Paciock».
    Chi si fosse trovato fuori della sala avrebbe potuto credere che ci fosse stata un’esplosione, tanto fu il baccano che scoppiò alla tavola del Grifondoro. Harry, Ron e Hermione si erano alzati in piedi gridando e battendo le mani, mentre Neville, bianco come un cencio per lo shock, scompariva sotto un capannello di compagni che cercavano di abbracciarlo. Prima di allora, non aveva mai vinto neanche un punto per Grifondoro! Harry, che stava ancora applaudendo, diede qualche calcio sugli stinchi a Ron indicandogli Malfoy, il quale non avrebbe potuto apparire più stupefatto e inorridito se qualcuno gli avesse fatto l’Incantesimo della Pastoia Total-Body.
    «Ciò significa» riprese Silente sovrastando l’uragano di applausi dei Corvonero e dei Tassorosso, anche loro al settimo cielo per la sconfitta di Serpeverde, «ciò significa che dovremo ritoccare un po’ quelle decorazioni!»
    Batté le mani, e istantaneamente i parati verdi si fecero scarlatti e quelli d’argento divennero d’oro; l’enorme serpente di Serpeverde scomparve, lasciando il posto al leone rampante di Grifondoro. Piton stringeva la mano alla professoressa McGranitt con stampato in volto un orribile sorriso stiracchiato. Il suo sguardo incrociò quello di Harry e il ragazzo capì all’istante che i sentimenti di Piton verso di lui non erano cambiati di un ette. Ma questo non lo preoccupava: a quanto pareva, l’anno seguente la vita sarebbe tornata normale… o quanto meno, normale per Hogwarts.
    Quella fu la serata più felice della sua vita: meglio ancora che aver vinto a Quidditch, meglio del Natale, meglio che sconfiggere i mostri di montagna… quella serata, non l’avrebbe dimenticata mai più.
    A Harry era passato di mente che non erano ancora usciti i risultati degli esami; ma quelli puntualmente arrivarono. Con loro grande sorpresa, sia lui che Ron erano stati promossi con ottimi voti; quanto a Hermione, com’era da prevedere, risultò l’alunna migliore dell’anno. Persino Neville riuscì a passare per il rotto della cuffia: i buoni voti che aveva preso in Erbologia avevano compensato quelli disastrosi in Pozioni. Avevano sperato che Goyle, stupido quasi quanto cattivo, venisse buttato fuori; ma anche lui venne promosso. Era un gran peccato ma, come disse Ron, nella vita non si poteva avere tutto.
    Poi, un bel giorno, i loro guardaroba si svuotarono di colpo, i bauli si riempirono, il rospo di Neville fu trovato acquattato in un angolo dei bagni; a tutti gli studenti vennero distribuiti avvisi scritti di non usare la magia durante le vacanze («Spero sempre che si dimentichino di darceli» aveva detto Fred Weasley tutto triste). Hagrid si presentò per accompagnarli giù al porticciolo sul lago, dove li attendeva una flottiglia di barche per traghettarli; tutti salirono a bordo del Hogwarts Express, ridendo e chiacchierando mentre la campagna filava via sempre più verde e ordinata. Si rimpinzarono di caramelle Tuttigusti+1 mentre fuori del finestrino guardavano sfrecciare le città dei Babbani; si tolsero di dosso i mantelli da mago e rimisero giacche e cappotti; poi, finalmente, giunsero al binario nove e tre quarti della stazione di King’s Cross.
    Ci volle un po’, prima che tutti si allontanassero dal binario. Al tornello c’era un anziano vigile tutto rugoso che li fece uscire a due o tre alla volta, in modo che non attirassero l’attenzione saltando fuori tutti insieme da un muro e non suscitassero allarme fra i Babbani.
    «Dovete venire tutti e due a trovarci, quest’estate» disse Ron, «vi manderò un gufo».
    «Grazie» disse Harry, «sarà piacevole pregustare questo programma».
    La gente li urtava mentre procedevano verso i cancelli, pronti a rientrare nel mondo dei Babbani. Qualcuno gridò:
    «Ciao, Harry!»
    «Ci vediamo, Potter!»
    «Sei ancora una celebrità» gli fece Ron con un sorrisetto.
    «Ma non dove sono diretto, sta’ pur tranquillo» fece Harry di rimando.
    Lui, Ron e Hermione uscirono insieme dai cancelli.
    «Eccolo, mamma, è lì, guarda!»
    Era Ginny Weasley, la sorellina di Ron, ma non era il fratello che indicava.
    «Harry Potter!» strillò. «Guarda, mamma, vedo…»
    «Sta’ zitta, Ginny, è maleducazione segnare a dito la gente».
    La signora Weasley li guardò dall’alto e sorrise.
    «Allora, è stato un anno duro?» chiese.
    «Molto» rispose Harry. «Signora, volevo dirle grazie per le caramelle e il maglione».
    «Ma figurati, caro».
    «Siete pronti?»
    Era zio Vernon, paonazzo in volto come sempre, baffuto come sempre, e come sempre arrabbiato per la faccia tosta di Harry, che nel bel mezzo di una stazione affollata di gente comune andava in giro con una civetta in gabbia. Dietro di lui c’erano zia Petunia e Dudley, che alla sola vista di Harry assunse un’espressione atterrita.
    «Voi dovete essere i parenti di Harry!» fece la signora Weasley.
    «In un certo senso» rispose zio Vernon. «Spicciati, ragazzo, non abbiamo mica tempo da perdere». E si avviò.
    Harry rimase indietro per scambiare un ultimo saluto con Ron e Hermione.
    «Allora ci vediamo quest’estate».
    «Spero che tu… ehm… faccia buone vacanze» disse Hermione lanciando un’occhiata dubbiosa a zio Vernon, ancora incredula che qualcuno potesse essere tanto antipatico.
    «Ma sicuro» rispose Harry, e i due compagni rimasero meravigliati di vedergli spuntare in volto un largo sorriso. «Loro mica lo sanno, che non abbiamo il permesso di usare la magia a casa. Mi divertirò un mondo con Dudley, quest’estate…»
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