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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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Malocchio Moody


   La mattina dopo la tempesta si era esaurita, anche se il soffitto della Sala Grande era ancora coperto; pesanti nuvole grigio peltro vorticavano in alto mentre Harry, Ron e Hermione studiavano i nuovi orari scolastici a colazione. Qualche sedia più in là, Fred, George e Lee Jordan discutevano i metodi magici per invecchiarsi e riuscire a essere ammessi di straforo al Torneo Tremaghi.
    «Oggi non è male… siamo fuori tutta la mattina» disse Ron, che scorreva col dito la colonna dell’orario dedicata al lunedì. «Erbologia con quelli di Tassorosso e Cura delle Creature Magiche… accidenti, siamo ancora con i Serpeverde».
    «Due ore di Divinazione oggi pomeriggio» gemette Harry leggendo più avanti. Divinazione era la materia che amava di meno, dopo Pozioni. La professoressa Cooman non faceva che predire la morte di Harry, cosa che lui trovava estremamente seccante.
    «Avreste dovuto mollarla come ho fatto io» disse Hermione impaziente, imburrandosi una fetta di pane tostato. «Così fareste qualcosa di sensato come Aritmanzia».
    «Vedo che hai ripreso a mangiare» disse Ron, osservando Hermione stendere una dose generosa di marmellata sul pane imburrato.
    «Ho deciso che ci sono modi migliori per prendere posizione sui diritti degli elfi» disse Hermione altezzosa.
    «Sì… e poi avevi fame» disse Ron con un ghigno.
    Sopra di loro si udì un improvviso fruscio, e un centinaio di gufi planarono dalle finestre aperte, carichi della posta del mattino. D’istinto Harry guardò in su, ma non c’era traccia di qualcosa di bianco nella massa di bruno e grigio. I gufi volteggiarono sui tavoli, cercando i destinatari delle lettere e dei pacchi. Un grosso allocco calò su Neville Paciock e gli depositò in grembo un pacchetto: Neville si dimenticava quasi sempre di mettere in valigia qualcosa. All’altro capo della Sala, il barbagianni di Draco Malfoy era atterrato sulla sua spalla, portando da casa quella che sembrava la consueta scorta di caramelle e dolci. Cercando di nascondere la delusione che gli attanagliava lo stomaco, Harry tornò al suo porridge. Possibile che fosse successo qualcosa a Edvige, e che Sirius non avesse nemmeno ricevuto la sua lettera?
    Questo cupo pensiero lo accompagnò per tutto il sentiero inzuppato dell’orto finché non raggiunsero la serra numero tre, e lì venne distratto dalla professoressa Sprite che mostrò alla classe le piante più brutte che Harry avesse mai visto. Più che piante sembravano lumache nere giganti, e spuntavano in verticale dal terriccio. Ciascuna si contorceva ed era ricoperta di bozzi grossi e lucenti che sembravano pieni di liquido.
    «Bubotuberi» disse loro in tono sbrigativo la professoressa Sprite. «Devono essere strizzati. Dovete raccogliere il pus…»
    «Che cosa?» esclamò Seamus Finnigan, disgustato.
    «Pus, Finnigan, pus» ripeté la professoressa Sprite, «ed è estremamente prezioso, quindi non sprecatelo. Dovete raccogliere il pus, dicevo, in queste bottiglie. Mettetevi i guanti di pelle di drago, può fare strane cose alla pelle se non è diluito, il pus di Bubotubero».
    Strizzare i Bubotuberi era rivoltante, ma dava anche una strana soddisfazione. Quando le bolle esplodevano, ne schizzava una grossa quantità di un liquido denso gialloverde, che aveva un forte odore di benzina. Lo misero nelle bottiglie come aveva detto la professoressa Sprite, e per la fine della lezione ne avevano raccolti parecchi litri.
    «Questo farà felice Madama Chips» disse la professoressa Sprite, chiudendo l’ultima bottiglia con un tappo. «È un ottimo rimedio per le forme più ostinate di acne, il pus di Bubotubero. Dovrebbe impedire agli studenti di ricorrere a misure disperate per liberarsi dei foruncoli».
    «Come la povera Eloise Midgen» disse Hannah Abbott, una di Tassorosso, in un sussurro. «Ha cercato di far sparire via i suoi con una maledizione».
    «Che sciocca ragazza» commentò la professoressa Sprite scuotendo la testa. «Ma Madama Chips alla fine le ha riattaccato il naso».
    Il rimbombo di una campana echeggiò dal castello attraverso i prati umidi, segnalando la fine della lezione, e la classe si divise; i Tassorosso rientrarono per andare a Trasfigurazione, e i Grifondoro presero la direzione opposta e percorsero il prato in discesa verso la piccola capanna di legno di Hagrid, che si trovava al limitare della Foresta Proibita.
    Hagrid li aspettava fuori, la mano sul collare del suo enorme cane nero, Thor. Per terra ai suoi piedi c’erano parecchie casse di legno, e Thor uggiolava e tirava il collare, chiaramente impaziente di indagare più da vicino sul contenuto. Mentre si avvicinavano, udirono uno strano rumore di sonagli, punteggiato da quelle che sembravano piccole esplosioni.
    «’giorno!» disse Hagrid, con un gran sorriso rivolto a Harry, Ron e Hermione. «Aspetto i Serpeverde, non vorranno perdersi questa roba: Schiopodi Sparacoda!»
    «Puoi ripetere?» disse Ron.
    Hagrid indicò il contenuto delle casse.
    «Bleah!» strillò Lavanda Brown, facendo un balzo indietro.
    ’Bleah’ era una descrizione perfetta per gli Schiopodi, secondo Harry. Avevano l’aspetto di aragoste deformi senza corazza, orrendamente pallide e viscide, con le zampe che sbucavano da punti molto strani, e senza testa, almeno non visibile. In ogni cassa ce n’erano un centinaio, ciascuno lungo una ventina di centimetri, e brulicavano l’uno addosso all’altro, urtando ciechi contro i lati dei contenitori. Emanavano un foltissimo odore di pesce marcio. Ogni tanto dalla coda di uno Schiopodo volavano via delle scintille, e con un piccolo fuut questo schizzava in avanti di parecchi centimetri.
    «Sono appena usciti dall’uovo» disse Hagrid fiero, «così potete tirarli su voi! Ho pensato che poteva essere una bella ricerca!»
    «E perché dovremmo desiderare di allevarli?» disse una voce fredda.
    Era Draco Malfoy. I Serpeverde erano arrivati: Tiger e Goyle sghignazzarono in segno di approvazione.
    Hagrid parve in difficoltà.
    «Voglio dire, che cosa fanno?» chiese Malfoy. «A che cosa servono?»
    Hagrid aprì la bocca, e parve riflettere intensamente; ci fu una pausa di qualche secondo, poi rispose in tono rude: «Quella sarà la prossima lezione, Malfoy. Oggi dovete solo darci da mangiare. Dovrete provare a darci delle cose diverse — io non ne ho mai tenuti prima, non so che cosa ci piace. Io ho qua uova di formica e fegato di rana e un po’ di bisce: provate un po’ di tutto».
    «Prima il pus, adesso questo» borbottò Seamus.
    Solo il profondo affetto che provavano per Hagrid poté indurre Harry, Ron e Hermione ad afferrare viscide manciate di fegato di rana e calarle nelle casse per tentare gli Schiopodi. Harry non riuscì a reprimere il sospetto che tutta la faccenda fosse completamente inutile, perché pareva proprio che gli Schiopodi non fossero provvisti di bocca.
    «Ahia!» strillò Dean Thomas dopo una decina di minuti. «Mi ha preso!»
    Hagrid gli corse vicino, preoccupato.
    «Gli è esplosa la coda!» disse Dean arrabbiato, mostrando a Hagrid una scottatura sulla mano.
    «Ah, sì, può succedere quando scoppiano» annuì Hagrid.
    «Bleah!» disse di nuovo Lavanda. «Hagrid, che cos’è quella cosa a punta?»
    «Ah, certi hanno il pungiglione» disse Hagrid entusiasta (Lavanda ritrasse in fretta la mano dal contenitore). «Mi sa che sono i maschi… le femmine hanno delle cosette per succhiare sulla pancia… per succhiare il sangue, credo».
    «Be’, adesso capisco perché stiamo cercando di tenerli in vita» disse Malfoy sarcastico. «Chi non vorrebbe un animaletto che brucia, punge e morde contemporaneamente?»
    «Solo perché non sono proprio carini non vuol dire che non servono a niente» ribatté Hermione. «Il sangue di drago è straordinariamente magico, ma non per questo vorresti avere un drago come animale di compagnia, no?»
    Harry e Ron fecero un gran sorriso a Hagrid, che scoccò loro un sorriso furtivo da sotto la barba cespugliosa. Hagrid sarebbe andato matto per un drago di compagnia, come Harry, Ron e Hermione sapevano fin troppo bene. Ne aveva avuto uno per un breve periodo durante il loro primo anno, un malvagio Dorsorugoso di Norvegia che rispondeva al nome di Norberto. Hagrid semplicemente adorava le creature mostruose: più letali erano, meglio era.
    «Be’, almeno gli Schiopodi sono piccoli» disse Ron mentre tornavano al castello per il pranzo un’ora più tardi.
    «Adesso lo sono» disse Hermione con tono esasperato, «ma una volta che Hagrid avrà scoperto cosa mangiano, ci scommetto che diventeranno lunghi due metri».
    «Be’, non importa, se vien fuori che servono a curare il mal di mare, no?» disse Ron, con un sorriso malizioso.
    «L’ho detto solo per zittire Malfoy» rispose Hermione. «Che, tra parentesi, secondo me ha ragione. La cosa migliore da fare sarebbe schiacciarli tutti prima che comincino ad attaccarci».
    Sedettero al tavolo di Grifondoro e si servirono di costolette d’agnello e patate. Hermione cominciò a mangiare così in fretta che Harry e Ron la fissarono esterrefatti.
    «Ehm… è questa la nuova presa di posizione a favore dei diritti degli elfi?» disse Ron. «Cercare di procurarti il vomito?»
    «No» rispose Hermione con tutta la dignità che si può avere con la bocca piena di cavolini di Bruxelles. «Voglio solo andare in biblioteca».
    «Cosa?» disse Ron incredulo. «Hermione, è il primo giorno! Non abbiamo ancora nemmeno i compiti da fare!»
    Hermione alzò le spalle e continuò a ingurgitare cibo come se non mangiasse da giorni. Poi balzò in piedi, disse «Ci vediamo a cena!» e si allontanò a gran velocità.
    Quando suonò la campana che segnalava l’inizio delle lezioni del pomeriggio, Harry e Ron si diressero alla Torre Nord: in cima a una stretta scala a chiocciola, una scaletta a pioli d’argento portava fino a una botola rotonda nel soffitto e alla stanza in cui viveva la professoressa Cooman.
    Il familiare profumo dolciastro che si sprigionava dal fuoco colpì le loro narici quando sbucarono in cima alla scala. Come al solito, le tende erano tutte tirate; la stanza circolare era immersa nella fioca luce rossastra delle molte lampade drappeggiate con sciarpe e scialli. Harry e Ron superarono la folla di poltrone e pouf di chintz già occupati che riempivano la stanza e sedettero insieme a un tavolino rotondo.
    «Buondì» disse la voce velata della professoressa Cooman proprio alle spalle di Harry, facendolo sobbalzare.
    Molto esile, con enormi occhiali che rendevano i suoi occhi smisurati nel viso affilato, la professoressa Cooman sbirciava Harry con l’espressione tragica che riservava solo a lui. Il consueto notevole quantitativo di perline, catenelle e braccialetti che portava addosso scintillava alla luce del fuoco.
    «Tu sei preoccupato, mio caro» disse a Harry in tono lugubre. «Il mio Occhio Interiore vede oltre il tuo viso spavaldo, vede l’anima inquieta che c’è dentro di te. E sono spiacente di dover dire che le tue preoccupazioni non sono infondate. Vedo che ti aspettano tempi difficili, ahimè… molto difficili… temo che la cosa di cui hai paura invero accadrà… e forse più presto di quel che credi…»
    La sua voce si fece quasi un sussurro. Ron si voltò verso Harry con gli occhi al cielo, e Harry gli rispose con uno sguardo impassibile. La professoressa Cooman li oltrepassò e sedette in una gran poltrona coi braccioli davanti al camino, di fronte alla classe. Lavanda Brown e Calì Patil, che nutrivano una profonda ammirazione per la professoressa Cooman, sedevano su pouf, molto vicino a lei.
    «Miei cari, è giunto il momento di prendere in esame le stelle» annunciò l’insegnante. «Il movimento dei pianeti e gli eventi misteriosi che rivelano solo a coloro che comprendono i passi della danza celestiale. Il destino umano può essere decifrato attraverso i raggi planetari, che si mescolano…»
    Ma la mente di Harry era alla deriva. Il fuoco aromatico lo faceva sempre sentire sonnolento e ottuso, e i vaneggiamenti della professoressa Cooman non avevano propriamente effetti incantatori su Harry — anche se non poté fare a meno di pensare a quello che gli aveva appena detto. “Temo che la cosa di cui hai paura invero accadrà…”
    Ma Hermione aveva ragione, si disse Harry irritato. La professoressa Cooman era davvero una vecchia impostora. Al momento non aveva paura proprio di niente… be’, a parte i suoi timori che Sirius fosse stato catturato… ma cosa ne sapeva la professoressa Cooman? Da molto tempo era giunto alla conclusione che le sue predizioni in realtà non fossero altro che risposte casualmente azzeccate e modi spettrali.
    A parte, naturalmente, quella volta alla fine dell’ultimo trimestre, quando aveva predetto il ritorno di Voldemort… e Silente stesso si era detto convinto che quella trance fosse autentica, quando Harry gliel’aveva descritta…
    «Harry!» sussurrò Ron.
    «Cosa?»
    Harry si guardò intorno; tutta la classe lo stava fissando. Si raddrizzò; si era quasi assopito, perso nel calore e nei suoi pensieri.
    «Stavo dicendo, mio caro, che è evidente che sei nato sotto l’influenza funesta di Saturno» disse la professoressa Cooman, una debole nota di risentimento nella voce per il fatto che chiaramente Harry non pendeva dalle sue labbra.
    «Nato sotto… cosa, mi scusi?» disse Harry.
    «Saturno, il pianeta Saturno!» disse la professoressa Cooman, questa volta decisamente seccata che non fosse costernato dalla notizia. «Stavo dicendo che Saturno era di sicuro in una posizione di potere nei cieli al momento della tua nascita… i tuoi capelli scuri… la tua piccola statura… due tragiche perdite così presto… Credo di poter affermare a ragione, mio caro, che sei nato a metà inverno…»
    «No» disse Harry. «Sono nato a luglio».
    Ron trasformò rapidamente la risata in un accesso di tosse.
    Mezz’ora dopo, a tutti era stata distribuita una complicata mappa circolare, e ciascuno tentava di definire la posizione dei pianeti al momento della sua nascita. Era un lavoro noioso, che richiedeva ripetute consultazioni di schemi e calcoli di angoli.
    «Ho due Nettuni qui» disse Harry dopo un po’, guardando torvo la sua pergamena, «non può essere giusto, vero?»
    «Aaaaah» disse Ron, imitando il sussurro mistico della professoressa Cooman, «quando due Nettuni appaiono nel cielo, è un segno sicuro che sta nascendo un piccoletto con gli occhiali, Harry…»
    Seamus e Dean, che lavoravano lì accanto, ridacchiarono forte, anche se non abbastanza da coprire gli squittii eccitati di Lavanda Brown. «Oh, professoressa, guardi qui! Credo di avere un pianeta inaspettato! Oooh, che pianeta è, professoressa?»
    «È Urano, mia cara» rispose la professoressa Cooman, scrutando la mappa.
    «Posso dare anch’io un’occhiata a Urano, Lavanda?» disse Ron.
    Per sua gran sfortuna, la professoressa Cooman lo sentì, e fu questo, forse, che la indusse a dare così tanti compiti alla fine della lezione.
    «Un’analisi dettagliata del modo in cui vi influenzeranno i movimenti planetari del prossimo mese, con riferimento alla vostra mappa personale» sbottò seccamente in un tono molto poco mistico e molto più simile a quello della professoressa McGranitt. «La voglio pronta per lunedì, e niente scuse!»
    «Maledetta vecchia pipistrella» disse Ron amaramente, mentre si univano alla folla che scendeva le scale diretta alla Sala Grande. «Ci vorrà tutto il fine settimana, ci vorrà…»
    «Tanti compiti?» disse Hermione in tono vivace, raggiungendoli. «Il professor Vector a noi non ne ha dato nemmeno uno!»
    «Be’, urrà per il professor Vector» disse Ron imbronciato.
    Raggiunsero l’Ingresso, che era affollato di ragazzi in coda per la cena. Si erano appena messi in fila quando alle loro spalle risuonò una voce forte.
    «Weasley! Ehi, Weasley!»
    Harry, Ron e Hermione si voltarono. Malfoy, Tiger e Goyle erano lì, e tutti e tre parevano gongolare per qualcosa.
    «Cosa c’è?» disse Ron asciutto.
    «Tuo padre è sul giornale, Weasley!» disse Malfoy, brandendo una copia della Gazzetta del Profeta e parlando a voce molto alta, così che lo sentissero tutti nell’Ingresso gremito. «Ascolta un po’!»
   
    ALTRI ERRORI AL MINISTERO DELLA MAGIA
    Pare che i guai del Ministero della Magia non siano ancora finiti, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. Recentemente sotto accusa per lo scarso controllo alla Coppa del Mondo di Quidditch, e ancora incapace di giustificare la sparizione di una delle sue streghe, il Ministero è sprofondato di nuovo nell’imbarazzo ieri a opera di Arnold Weasley, dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani.
   
    Malfoy alzò gli occhi dalla pagina.
    «Figuriamoci, non sono nemmeno riusciti a dare il nome giusto, Weasley: è come se fosse una completa nullità, vero?» gracchiò.
    Ora nell’Ingresso lo ascoltavano tutti. Malfoy raddrizzò la pagina con un gesto pomposo e lesse:
   
    Arnold Weasley, che due anni fa fu accusato di possesso di un’auto volante, ieri è stato coinvolto in una zuffa con parecchi protettori della legge babbani (’poliziotti’) a causa di alcuni bidoni della spazzatura altamente aggressivi. Pare che il signor Weasley sia intervenuto in aiuto di Malocchio Moody, l’anziano ex Auror che è andato in pensione dal Ministero quando non è stato più in grado di distinguere fra una stretta di mano e un tentato omicidio. Com’era prevedibile, il signor Weasley, all’arrivo presso la casa strettamente sorvegliata del signor Moody, ha scoperto che quest’ultimo aveva ancora una volta dato un falso allarme. Il signor Weasley è stato costretto a modificare parecchie memorie prima di riuscire a sfuggire ai poliziotti, ma si è rifiutato di rispondere alle domande della Gazzetta del Profeta sul perché abbia coinvolto il Ministero in una scena tanto indegna e potenzialmente imbarazzante.
   
    «E c’è anche la foto, Weasley!» disse Malfoy, raddrizzando il giornale e reggendolo in alto. «Una foto dei tuoi genitori a casa loro, sempre che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche perdere qualche chilo, no?»
    Ron tremava di rabbia. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
    «Vai al diavolo, Malfoy» disse Harry. «Andiamo, Ron…»
    «Oh, certo, sei stato da loro quest’estate, vero, Potter?» sogghignò Malfoy. «Allora dimmi, sua madre è davvero così cicciona, o è solo la foto?»
    «Hai presente tua madre, Malfoy?» disse Harry che con Hermione tratteneva Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy. «Quella faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l’ha sempre avuta o è solo perché era con te?»
    Il volto pallido di Malfoy arrossì appena. «Non osare insultare mia madre, Potter».
    «Tieni la tua boccaccia chiusa, allora» disse Harry, voltandosi.
    BANG!
    Parecchi ragazzi urlarono. Harry sentì qualcosa di incandescente graffiargli il lato del viso. Affondò la mano in tasca per prendere la bacchetta, ma prima ancora di riuscire a toccarla, udì un secondo forte BANG, e un ruggito che echeggiò per tutta la Sala d’Ingresso.
    «OH NO CHE NON LO FAI, RAGAZZO!»
    Harry si voltò di scatto. Il professor Moody scendeva zoppicando la scalinata di marmo. Aveva estratto la bacchetta e la puntava su un furetto di un bianco immacolato, che tremava sul pavimento di pietra, esattamente nel punto in cui prima c’era Malfoy.
    Nell’Ingresso calò un silenzio terrorizzato. Nessuno mosse un muscolo tranne Moody, che si voltò per guardare Harry — o meglio, il suo occhio normale guardava Harry; l’altro era rivolto verso l’interno della testa.
    «Ti ha preso?» ringhiò Moody. La sua voce era bassa e rauca.
    «No» rispose Harry, «mancato».
    «LASCIALO!» gridò Moody.
    «Lasciare… che cosa?» chiese Harry, esterrefatto.
    «Non tu, lui!» ringhiò Moody, puntando il pollice sopra la spalla per indicare Tiger, che si era appena immobilizzato sul punto di prendere in braccio il furetto bianco. A quanto pareva, l’occhio di Moody era magico e poteva vedere dall’altra parte della testa.
    Moody prese a zoppicare verso Tiger, Goyle e il furetto, che emise uno squittio spaventato e scattò via, filandosela verso i sotterranei.
    «Non credo proprio!» ruggì Moody puntando la bacchetta di nuovo verso il furetto, che volò in aria a tre metri di altezza, cadde con un tonfo al suolo e poi rimbalzò di nuovo in alto.
    «Non mi piace chi attacca quando l’avversario gli volta le spalle» ruggì Moody, mentre il furetto rimbalzava sempre più in alto e squittiva di dolore. «È una cosa sporca, vile e infima…»
    Il furetto volò per aria, le zampe e la coda che si agitavano invano.
    «Non — farlo — mai — più» disse Moody, pronunciando ogni parola man mano che il furetto colpiva il pavimento di pietra e rimbalzava di nuovo.
    «Professor Moody!» disse una voce stupefatta.
    La professoressa McGranitt scendeva la scalinata di marmo con le braccia cariche di libri.
    «Salute, professoressa McGranitt» disse Moody tranquillamente, spedendo il furetto ancora più su.
    «Che cosa… che cosa sta facendo?» chiese la professoressa McGranitt, gli occhi che seguivano l’ascesa del furetto.
    «Insegno» rispose Moody.
    «Insegna… Moody, quello è uno studente?» strillò la professoressa McGranitt mentre i libri le cadevano a terra.
    «Già» rispose Moody.
    «No!» urlò la professoressa McGranitt, scendendo la scala di corsa ed estraendo la bacchetta; un attimo dopo, con un forte schiocco, ricomparve Draco Malfoy, accasciato a terra, i lisci capelli biondi che coprivano la faccia rossa come un papavero. Malfoy si rialzò tremante.
    «Moody, non usiamo mai la Trasfigurazione per punire!» disse debolmente la professoressa McGranitt. «Il professor Silente deve averglielo detto di sicuro!»
    «È possibile che me l’abbia accennato, sì» disse Moody grattandosi il mento, tutt’altro che preoccupato, «ma ho pensato che un bello spavento coi fiocchi…»
    «Noi diamo dei castighi, Moody! O parliamo con il direttore della Casa del colpevole!»
    «Allora farò così» disse Moody, fissando Malfoy con enorme disgusto.
    Malfoy, i cui pallidi occhi lacrimavano ancora dal dolore e dall’umiliazione, scoccò uno sguardo malevolo di sotto in su verso Moody e borbottò qualcosa in cui si distinsero le parole “mio padre”.
    «Ah davvero?» disse Moody piano, zoppicando in avanti di qualche passo, il secco clunk della gamba di legno che echeggiava nell’ingresso. «Be’, conosco tuo padre da molto tempo, ragazzo… digli che Moody tiene d’occhio suo figlio come si deve… digli questo da parte mia… ora, il direttore della tua Casa è Piton, vero?»
    «Sì» rispose Malfoy pieno di rancore.
    «Un altro vecchio amico» ringhiò Moody. «Avevo proprio voglia di fare una bella chiacchierata col vecchio Piton… vieni, tu…» E preso Malfoy per il braccio, lo trasse in piedi senza tanti complimenti e lo condusse verso i sotterranei.
    La professoressa McGranitt rimase a fissarli preoccupata per qualche istante, poi agitò la bacchetta verso i libri sparsi a terra, che si alzarono galleggiando per aria e tornarono fra le sue braccia.
    «Non dite niente» sussurrò Ron a Harry e Hermione, mentre poco dopo si sedevano al tavolo di Grifondoro, circondati da chiacchiere eccitate su ciò che era appena accaduto.
    «Perché no?» chiese Hermione sorpresa.
    «Perché voglio fissare tutto questo nella memoria per sempre» disse Ron, gli occhi chiusi e l’espressione rapita. «Draco Malfoy, lo straordinario furetto rimbalzante…»
    Harry e Hermione risero entrambi, e lei prese a riempire i piatti di stufato.
    «Poteva fargli male sul serio, a Malfoy, però» disse. «È stato un bene, veramente, che la professoressa McGranitt l’abbia fatto smettere…»
    «Hermione!» esclamò Ron veemente, gli occhi di nuovo spalancati. «Stai sciupando il momento più bello della mia vita!»
    Hermione sbuffò d’impazienza e prese di nuovo a mangiare a tutta velocità.
    «Non dirmi che questa sera torni in biblioteca» disse Harry osservandola.
    «Devo» rispose Hermione a bocca piena. «Ho un sacco da fare».
    «Ma hai detto che il professor Vector…»
    «Non sono compiti» rispose. In cinque minuti vuotò il piatto e se ne andò.
    Si era appena alzata che il suo posto fu preso da Fred Weasley. «Moody!» disse. «Ma quanto è forte, eh?»
    «È più che forte» disse George, sedendosi di fronte a Fred.
    «Superforte» disse il migliore amico dei gemelli, Lee Jordan, scivolando nel posto accanto a George. «L’abbiamo avuto oggi pomeriggio» disse a Harry e Ron.
    «Com’è stato?» chiese Harry molto incuriosito.
    Fred, George e Lee si scambiarono sguardi eloquenti.
    «Mai sentita una lezione così» disse Fred.
    «Lui sa, ragazzo» disse Lee.
    «Sa cosa vuol dire andare là fuori a farlo» disse George in tono solenne.
    «Fare che cosa?» chiese Harry.
    «Combattere le Arti Oscure» disse Fred.
    «Ha visto di tutto» disse George.
    «Eccezionale» disse Lee.
    Ron frugò nello zaino in cerca dell’orario.
    «Non ce l’abbiamo fino a giovedì!» disse, deluso.
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