Esplora le Citazioni

<< Tutti i libri


Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
Ricerca tra le citazioni:

Download

Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo

Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici


   Quella sera Harry, Ron e Hermione salirono alla Guferia a cercare Leo: Harry voleva scrivere a Sirius per dirgli che era riuscito a superare incolume la prova del drago. Lungo le scale, Harry aggiornò Ron su tutto quello che Sirius gli aveva detto di Karkaroff. Sulle prime Ron fu sconvolto dalla notizia che Karkaroff era stato un Mangiamorte, ma quando entrarono nella Guferia decretò che avrebbero dovuto sospettarlo fin dall’inizio.
    «Tutto torna, no?» disse. «Ti ricordi quello che aveva detto Malfoy sul treno, che suo padre e Karkaroff erano amici? Ora sappiamo dove si sono conosciuti. Probabilmente giravano insieme incappucciati alla Coppa del Mondo. Però, Harry, se è stato davvero Karkaroff a mettere il tuo nome nel Calice, adesso si sentirà un idiota, no? Non ha funzionato, eh? Ti sei fatto appena un graffio! Vieni qui: faccio io…»
    Leo era cosi sovreccitato all’idea di una consegna che continuava a svolazzare attorno alla testa di Harry, ululando ininterrottamente. Ron afferrò il piccolo gufo e lo tenne ben stretto mentre Harry gli fissava la lettera alla zampa.
    «Non è assolutamente possibile che le altre prove siano cosi pericolose: come potrebbero?» riprese Ron portando Leo verso la finestra. «La sai una cosa? Scommetto che potresti vincere il Torneo, Harry, dico sul serio».
    Harry sapeva che Ron voleva solo farsi perdonare il comportamento delle ultime settimane, ma gli fece piacere lo stesso. Hermione, invece, si appoggiò alla parete della Guferia, incrociò le braccia e guardò torva Ron.
    «Harry ha ancora un bel po’ di strada da fare prima della fine del Torneo» disse seria. «Se quella era la prima prova, non oso pensare a quello che si prepara».
    «Sempre ottimista, eh?» ribatté Ron beffardo. «Tu e la professoressa Cooman dovreste uscire insieme qualche volta».
    Lanciò Leo fuori dalla finestra. Il gufetto precipitò per quattro metri prima di riuscire a rimettersi diritto; la lettera fissata alla sua zampa era molto più lunga e pesante del solito, perché Harry non aveva potuto fare a meno di scrivere la cronaca dettagliata di come aveva schivato, accerchiato e infine giocato l’Ungaro Spinato.
    Guardarono Leo sparire nell’oscurità, e poi Ron disse: «Be’, sarà meglio scendere per la tua festa a sorpresa, Harry. Fred e George ormai dovrebbero aver rubato abbastanza cibo dalle cucine».
    E quando fecero il loro ingresso nella sala comune di Grifondoro questa esplose di nuovo di urla e applausi. C’erano montagne di torte e brocche di succo di zucca e di Burrobirra dappertutto; Lee Jordan aveva sparato alcuni Favolosi Fuochi d’Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua, e l’aria era pervasa di stelline e scintille; e Dean Thomas, che disegnava benissimo, aveva appeso alcuni stendardi nuovi davvero notevoli, con Harry che sfrecciava attorno alla testa dello Spinato sulla sua Firebolt, anche se, a dir la verità, un paio mostravano Cedric con la testa in fiamme. Harry aveva quasi dimenticato cht cosa si provava ad aver davvero fame, e si sedette con Ron e Hermione. Non riusciva a credere alla sua felicità: aveva di nuovo Ron al suo fianco, aveva superato la prima prova, e non avrebbe dovuto affrontare la seconda prima di tre mesi.
    «Accidenti, quanto pesa» disse Lee Jordan, soppesando l’uovo d’oro che Harry aveva posato su un tavolo. «Aprilo, Harry, dai! Vediamo un po’ che cosa c’è dentro!»
    «Dovrebbe cercare di risolvere l’indovinello da solo» intervenne prontamente Hermione. «Sono le regole del Torneo…»
    «Avrei dovuto arrangiarmi da solo anche per superare il drago» sussurrò Harry, in modo che solo Hermione lo sentisse, e lei gli sorrise con aria colpevole.
    «Sì, dai, Harry, aprilo!» ripeterono in parecchi.
    Lee passò l’uovo a Harry, che infilò le dita nel solco che correva tutto intorno, e lo divise in due.
    Era cavo e completamente vuoto: ma nell’istante in cui Harry lo aprì, un fragore tremendo, un gemito alto e stridulo invase la stanza. La cosa più simile che Harry avesse mai sentito era stato alla Festa di Complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa, dove tutti i componenti dell’Orchestra Fantasma suonavano la Sega Musicale.
    «Fallo star zitto!» ululò Fred, le mani premute sulle orecchie. Harry lo richiuse di scatto.
    «Che cos’era?» chiese Seamus Finnigan, fissando l’uovo. «Sembrava una Banshee… forse la prossima volta dovrai affrontarne una, Harry!»
    «Era qualcuno che stavano torturando!» esclamò Neville, che era impallidito bruscamente rovesciando panini alla salsiccia su tutto il pavimento. «Dovrai vedertela con la Maledizione Cruciatus!»
    «Non dire sciocchezze, Neville, è illegale» disse George. «Non userebbero la Maledizione Cruciatus sui campioni. Secondo me assomigliava un po’ a Percy quando canta… forse la tua prova è attaccarlo mentre fa la doccia, Harry».
    «Vuoi una crostatina alla marmellata, Hermione?» disse Fred.
    Hermione guardò perplessa il vassoio che le porgeva. Fred fece un gran sorriso.
    «È tutto a posto» disse. «Non gli ho fatto niente. Ma stai attenta a quelle con la crema…»
    Neville, che ne aveva appena addentata una, tossicchiò e la sputò.
    Fred scoppiò a ridere. «Era solo uno scherzetto, Neville…»
    Hermione prese una crostatina alla marmellata. Poi chiese: «Tutta questa roba l’hai presa nelle cucine, Fred?»
    «Sicuro» rispose Fred con un sorriso. Fece uno squittio acuto e imitò un elfo domestico. «“Le daremo tutto quello che vuole, signore, tutto tutto!” Sono spaventosamente utili… mi cucinerebbero un bue arrosto se dicessi che ho un certo languorino».
    «Com’è che fate a entrare laggiù?» chiese Hermione in tono innocente e casuale.
    «Facile» rispose Fred, «c’è una porta nascosta dietro un quadro di una ciotola di frutta. Basta fare il solletico alla pera, e si mette a ridere e…» S’interruppe e la guardò con sospetto. «Perché?»
    «Oh, niente» rispose lei in fretta.
    «Vuoi provare a organizzare uno sciopero degli elfi domestici, vero?» disse George. «Hai deciso di lasciar perdere i volantini e sobillarli direttamente fino all’insurrezione?»
    Parecchi ragazzi ridacchiarono. Hermione non rispose.
    «Guai a te se vai giù a spaventarli con la faccenda della libertà e dello stipendio!» l’ammonì Fred. «Li distrai dai fornelli!»
    In quel momento tutti si voltarono a guardare Neville che si stava trasformando in un grosso canarino.
    «Oh… mi dispiace, Neville!» gridò Fred al di sopra delle risate. «Mi ero dimenticato… erano proprio le crostatine alla crema che abbiamo stregato…»
    Un minuto dopo, comunque, Neville fu in piena muta, e appena gli furono cadute le piume, riprese il suo aspetto di sempre. Si unì addirittura alle risate.
    «Crostatine Canarine!» gridò Fred alla folla agitata. «Le abbiamo inventate io e George… sette zellini l’una, è un affare!»
    Era quasi l’una del mattino quando finalmente Harry salì in dormitorio con Ron, Neville. Seamus e Dean. Prima di chiudere le tende del suo letto a baldacchino. Harry sistemò il modellino dell’Ungaro Spinato sul tavolo accanto al letto, e quello sbadigliò, si acciambellò e chiuse gli occhi. Davvero, pensò Harry tirando le tende, Hagrid aveva ragione, dopotutto… erano a posto, i draghi…
    L’inizio di dicembre portò a Hogwarts vento e nevischio. Per quanto d’inverno il castello fosse sempre pieno di spifferi, Harry si rallegrava dei suoi fuochi e dei muri spessi tutte le volte che passava davanti alla nave di Durmstrang. che beccheggiava sul lago al vento forte, le vele nere gonfie contro il cielo oscuro. Probabilmente, rifletteva, anche la carrozza di Beauxbatons era piuttosto gelida. Hagrid si assicurava che i cavalli di Madame Maxime fossero sempre ben riforniti della loro bevanda preferita, whisky di malto; i vapori che si levavano dall’abbeveratoio nell’angolo del loro recinto bastavano a far girare la testa a tutta quanta la classe di Cura delle Creature Magiche. Cosa inutile se non dannosa, dal momento che si stavano ancora occupando degli orrendi Schiopodi e avevano bisogno di essere del tutto lucidi.
    «Non so bene se vanno in letargo o no» disse Hagrid alla classe che rabbrividiva nell’orto delle zucche spazzato dal vento la lezione dopo. «Magari possiamo provare a vedere se ci va una dormitina… Mettiamoli in queste casse…»
    Erano rimasti solo dieci Schiopodi: a quanto pareva, tra quelli non si era manifestata la tendenza ad ammazzarsi a vicenda. Al momento raggiungevano una lunghezza di due metri: la spessa corazza grigia, le potenti zampe brulicanti, i pungiglioni e i succhiatoi contribuivano a rendere gli Schiopodi le creature più repellenti che Harry avesse mai visto. La classe guardò scoraggiata le enonni casse che Hagrid aveva portato fuori, tutte foderate di cuscini e soffici coperte.
    «Poi li portiamo dentro» disse Hagrid, «e ci mettiamo sopra il coperchio, e stiamo a vedere cos’è che succede».
    Ma gli Schiopodi, si dedusse, non andavano in letargo, e non apprezzarono il fatto di venire costretti prima a entrare, poi a essere rinchiusi in casse imbottite di cuscini. Ben presto Hagrid si trovò a strillare: «Niente paura, insomma, niente paura!» mentre gli Schiopodi zampettavano furiosi nell’orto delle zucche, costellato dai resti bruciacchiati delle casse. Gran parte dei ragazzi — Malfoy, Tiger e Goyle per primi — si erano rifugiati nella capanna di Hagrid passando per la porta sul retro e vi si erano barricati; Harry, Ron e Hermione, invece, furono tra quelli che rimasero all’aperto a cercare di aiutare Hagrid. Insieme riuscirono a bloccare e legare nove Schiopodi, anche se a costo di numerosi tagli e scottature; alla fine ne rimase solo uno.
    «Adesso non spaventatelo!» gridò Hagrid, mentre Ron e Harry usavano le bacchette per sparare getti di scintille ardenti contro lo Schiopodo, che avanzava minaccioso verso di loro, il pungiglione inarcato, vibrante, sopra la schiena. «Provate un po’ a farci scivolare la corda attorno al pungiglione, così non fa del male agli altri!»
    «Sicuro, non sia mai!» urlò Ron arrabbiato mentre lui e Harry arretravano contro il muro della capanna di Hagrid, continuando a tenere a distanza lo Schiopodo con le scintille.
    «Bene, bene, bene… questo si chiama divertirsi».
    Rita Skeeter era appoggiata allo steccato che circondava il giardino di Hagrid, e guardava il caos lì dentro. Portava un pesante mantello rosso vivo con il collo di pelliccia viola, e la borsetta di coccodrillo a tracolla.
    Hagrid si tuffò sullo Schiopodo che minacciava Harry e Ron e lo schiacciò a terra; dalla coda partì un getto di fuoco, che carbonizzò le piante di zucca lì intorno.
    «Lei chi è?» chiese Hagrid a Rita Skeeter, stringendo in un cappio il pungiglione dello Schiopodo.
    «Rita Skeeter, inviato della Gazzetta del Profeta» rispose Rita con un gran sorriso. I suoi denti d’oro luccicarono.
    «Silente non aveva detto che lei non aveva più il permesso di girare dentro la scuola?» disse Hagrid, e si oscurò in viso mentre scendeva dalla groppa dello Schiopodo ora leggermente ammaccata e cominciava a spingerlo verso i suoi compagni.
    Rita fece finta di niente.
    «Come si chiamano queste affascinanti creature?» chiese con un sorriso ancor più ampio.
    «Schiopodi Sparacoda» brontolò Hagrid.
    «Davvero’?» esclamò Rita, che sembrava interessatissima. «Non ne ho mai sentito parlare… da dove vengono?»
    Harry osservò un rossore preoccupante salire di sotto la barba incolta di Hagrid, e il suo cuore ebbe un tuffo. Dove li aveva presi, Hagrid, gli Schiopodi?
    Hermione, che stava pensando la stessa cosa, disse in fretta: «Sono molto interessanti, vero? Vero, Harry?»
    «Cosa? Oh, sì… ahia… interessanti» rispose Harry mentre lei gli pestava un piede.
    «Ah, sei qui, Harry!» esclamò Rita Skeeter voltandosi. «Allora Cura delle Creature Magiche ti piace, eh? È una delle tue materie preferite?»
    «Sì» rispose Harry risoluto. Hagrid gli rivolse un sorriso enorme.
    «Splendido» commentò Rita. «Davvero splendido. Insegna da molto?» aggiunse, rivolta a Hagrid.
    Harry notò che i suoi occhi passavano in rassegna Dean (che aveva un brutto taglio sulla guancia), Lavanda (che aveva i vestiti bruciacchiati), Seamus (che aveva parecchie dita scottate) e poi si posarono sulle finestre della capanna, dietro le quali si trovava gran parte della classe, i nasi schiacciati contro il vetro, aspettando il via libera.
    «Questo è solo il secondo anno» rispose Hagrid.
    «Splendido… Non le andrebbe di rilasciare un’intervista? Rendere note alcune delle sue esperienze con le Creature Magiche? Il Profeta ha una rubrica dedicata agli animali tutti i mercoledì, sono certa che lo sa. Potremmo parlare di questi — ehm — Schifoidi Spegnicoda».
    «Schiopodi Sparacoda» la corresse Hagrid, entusiasta. «Ehm… sì, perché no?»
    Harry aveva un brutto presentimento, ma non ci fu modo di comunicarlo a Hagrid senza che Rita Skeeter se ne accorgesse, così dovette rimanere lì impalato in silenzio mentre Hagrid e Rita si accordavano per incontrarsi ai Tre Manici di Scopa per una lunga intervista. Poi su al castello suonò la campana, il segnale della fine delle lezioni.
    «Be’, arrivederci, Harry!» esclamò allegramente Rita Skeeter. «A venerdì sera, allora, Hagrid!»
    «Non farà che distorcere tutto quello che le dirà» mormorò Harry sottovoce.
    «Purché non li abbia importati illegalmente, quegli Schiopodi» disse Hermione sconfortata. Si scambiarono uno sguardo: era esattamente il genere di cosa che Hagrid avrebbe potuto fare.
    «Hagrid si è ficcato in un mucchio di guai prima d’ora, e Silente non lo ha mai licenziato» rispose Ron in tono consolatorio. «Il peggio che può capitare è che Hagrid si debba liberare degli Schiopodi. Ooops… ho detto il peggio? Volevo dire il meglio».
    Harry e Hermione risero, e andarono a pranzo un po’ più tranquilli.
    Harry si godette appieno le due ore di Divinazione quel pomeriggio; erano ancora alle prese con mappe stellari e predizioni, ma ora che lui e Ron erano tornati amici, la cosa era di nuovo molto divertente. La professoressa Cooman, che era stata così soddisfatta di tutti e due quando avevano predetto la propria orrenda morte, ben presto reagì bruscamente alle loro risatine, che facevano da sottofondo alla sua spiegazione dei vari modi in cui Plutone poteva sconvolgere la vita quotidiana.
    «Sarei indotta a credere» disse, in un sussurro mistico che non nascondeva la sua evidente irritazione, «che alcuni di noi» — e scoccò uno sguardo molto eloquente a Harry — «sarebbero un po’ meno frivoli se avessero visto ciò che ho visto io durante il mio esame della sfera la scorsa notte. Mentre ero là seduta, assorta nel mio ricamo, la necessità di consultare l’Occhio mi ha sopraffatta. Mi sono alzata, ho preso posto davanti a esso e ho scrutato nelle sue profondità cristalline… e cosa credete che abbia visto là dentro?»
    «Un brutto vecchio pipistrello con gli occhiali enormi?» bisbigliò Ron a mezza voce.
    Harry si sforzò intensamente di restare serio.
    «La Morte, miei cari».
    Sia Calì che Lavanda si portarono le mani alla bocca, terrificate.
    «Sì» riprese la professoressa Cooman, e annuì con decisione, «viene, è sempre più vicina, volteggia sopra di noi come un avvoltoio, sempre più bassa… sempre più bassa sui castello…»
    Fissò con insistenza Harry, che sbadigliò vistosamente.
    «Metterebbe un po’ più paura se non l’avesse già fatto un’ottantina di volte» disse Harry, quando finalmente tornarono all’aria fresca delle scale fuori dall’aula della professoressa Cooman. «Ma se fossi caduto stecchito tutte le volte che me l’ha predetto, sarei un miracolo della scienza medica».
    «Saresti una specie di fantasma superconcentrato» sghignazzò Ron, mentre incrociavano il Barone Sanguinario che avanzava nella direzione opposta, i grandi occhi sinistramente fissi. «Almeno non ci ha dato compiti. Spero che Hermione se ne becchi un bel po’ dal professor Vector, adoro non avere da studiare quando lei sgobba…»
    Ma Hermione non venne a cena, e non era nemmeno in biblioteca più tardi, quando andarono a cercarla. La sola persona là dentro era Victor Krum. Ron gironzolò dietro gli scaffali per un po’, osservò Krum, discusse bisbigliando con Harry se era il caso di chiedergli l’autografo: ma poi si rese conto che sei o sette ragazze erano appostate nel corridoio lì dietro, intente a discutere la stessa identica cosa, e il suo entusiasmo svanì.
    «Chissà dov’è andata» disse Ron, mentre lui e Harry tornavano alla Torre di Grifondoro.
    «Non so… Guazzabuglio».
    Ma la Signora Grassa aveva appena cominciato a scattare in avanti quando un rumore di passi affrettati alle loro spalle annunciò l’arrivo di Hermione.
    «Harry!» esclamò ansante, fermandosi di colpo dietro di lui (la Signora Grassa la guardò dall’alto inarcando le sopracciglia). «Harry, devi venire — devi venire, è successa una cosa incredibile… per favore…»
    Afferrò Harry per un braccio e cercò di trascinarlo indietro nel corridoio.
    «Che cosa succede?» le chiese Harry.
    «Te lo farò vedere quando saremo là… oh, andiamo, presto…»
    Harry cercò con gli occhi Ron, che rispose al suo sguardo, incuriosito.
    «Ok» disse Harry, seguendo Hermione lungo il corridoio, mentre Ron gli teneva dietro.
    «Oh, non fate caso a me!» gridò loro la Signora Grassa, seccata. «Non scusatevi per avermi disturbato! Devo restare qui appesa a occhi aperti finché non tornate, vero?»
    «Sì, grazie» gridò Ron al di sopra della propria spalla.
    «Hermione, dove stiamo andando?» chiese Harry dopo che lei li ebbe trascinati giù per sei piani ed ebbe imboccato la scalinata di marmo che portava alla Sala d’Ingresso.
    «Vedrete, vedrete fra un minuto!» disse Hermione eccitata.
    Ai piedi delle scale voltò a sinistra e corse verso la porta che Cedric Diggory aveva varcato la notte dopo che il Calice di Fuoco aveva sputato il suo nome e quello di Harry. Harry non l’aveva mai oltrepassata prima. Lui e Ron seguirono Hermione giù per una rampa di scalini di pietra, ma invece di finire in un cupo passaggio sotterraneo come quello che portava alla cantina di Piton, si ritrovarono in un ampio corridoio di pietra, ben illuminato da torce, e decorato da allegri quadri che raffiguravano soprattutto cibo.
    «Oh, aspetta un po’…» disse Harry lentamente a metà del corridoio. «Aspetta un attimo, Hermione…»
    «Cosa?» Lei si voltò a guardarlo.
    «So di che cosa si tratta» disse Harry.
    Diede una gomitata a Ron e indicò il quadro alle spalle di Hermione. Ritraeva una gigantesca ciotola d’argento piena di frutta.
    «Hermione!» esclamò Ron, cominciando a capire. «Stai cercando di incastrarci in quella faccenda di CREPA!»
    «No, no, non è così!» disse lei in fretta. «Non è CREPA, Ron…»
    «Hai cambiato il nome?» disse Ron guardandola torvo. «Adesso che cosa siamo, il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici? Non ho intenzione di piombare in quella cucina per cercare di farli smettere di lavorare, non lo farò…»
    «Non ti sto chiedendo questo!» ribatté Hermione con impazienza. «Sono appena scesa a parlare con loro, e ho scoperto… oh, andiamo, Harry, voglio che tu veda!»
    Lo afferrò di nuovo per il braccio, lo trascinò davanti al quadro della ciotola gigante, tese l’indice e fece il solletico alla grossa pera verde, che prese a contorcersi, ridacchiando, e all’improvviso si trasformò in una grossa maniglia verde. Hermione la afferrò, spalancò la porta e spinse con decisione Harry all’interno.
    Harry ebbe appena il tempo di scorgere un’enorme stanza dal soffitto alto, con cumuli di pentole e padelle di rame lucente accatastate lungo le pareti di pietra, e un enorme focolare di mattoni all’altro capo, quando qualcosa di piccolo sfrecciò verso di lui dal centro della stanza, squittendo: «Harry Potter, signore! Harry Potter!»
    Un istante dopo l’elfo urlatore gli piombò dritto contro lo stomaco, abbracciandolo così forte che credette che gli si spezzassero le costole.
    «D-Dobby?» disse, boccheggiando.
    «Sì, è proprio Dobby, signore, sì!» disse la vocina acuta da un punto imprecisato nei dintorni del suo ombelico. «Dobby sperava tanto di vedere Harry Potter, signore, e Harry Potter è venuto a trovarlo, signore!»
    Dobby lo lasciò andare e fece qualche passo indietro, sorridendogli da sotto in su, gli enormi occhi verdi a forma di palline da tennis traboccanti di lacrime di felicità. Aveva quasi lo stesso aspetto che ricordava Harry: naso a matita, orecchie da pipistrello, mani e piedi lunghi — tutto tranne gli abiti, che erano molto diversi. Quando Dobby lavorava per i Malfoy, indossava sempre la stessa vecchia federa sudicia. Ora, invece, portava il più stravagante assortimento di vestiti che Harry avesse mai visto; era ancora peggio dei maghi camuffati da Babbani alla Coppa del Mondo. In testa aveva un copriteiera con attaccato un bel numero di spille vistose; una cravatta a disegni di ferri di cavallo sul petto nudo, un paio di quelli che sembravano pantaloncini da calcio taglia bambino, e calzini spaiati. Uno era quello che Harry aveva usato per far sì che Lucius Malfoy liberasse Dobby; l’altro era a strisce rosa e arancioni.
    «Dobby, che cosa ci fai qui?» disse Harry stupefatto.
    «Dobby è venuto a lavorare a Hogwarts, signore!» strillò Dobby eccitato. «Il professor Silente ha trovato un lavoro a Dobby e a Winky, signore!»
    «Winky?» disse Harry. «Anche lei è qui?»
    «Si, signore, sì!» esclamò Dobby. Afferrò la mano di Harry e lo trascinò dentro le cucine, passando tra quattro lunghi tavoli di legno disposti esattamente sotto ognuno dei quattro tavoli delle Case che si trovavano di sopra, nella Sala Grande. Al momento erano sgombri, visto che la cena era terminata, ma immaginò che un’ora prima fossero stati coperti di piatti che venivano spediti su, attraverso il soffitto, ai loro corrispondenti.
    Almeno un centinaio di piccoli elfi gremivano la cucina: sorridevano, si inchinavano e facevano riverenze mentre Dobby guidava Harry. Portavano tutti la stessa uniforme: uno strofinaccio con ricamato il blasone di Hogwarts, drappeggiato a mo’ di toga.
    Dobby si fermò davanti al focolare di mattoni.
    «Winky, signore!» disse. Winky era seduta su uno sgabello vicino al fuoco. A differenza di Dobby, evidentemente non era andata in cerca di vestiti particolari. Indossava un grazioso completino e un cappellino blu coordinato, con dei buchi per far posto alle sue grandi orecchie. Comunque, mentre ciascun pezzo della stravagante collezione di abiti di Dobby era così pulito e ben tenuto che sembrava nuovo di zecca, era chiaro che Winky non si prendeva affatto cura dei suoi vestiti. C’erano macchie di minestra sulla camicetta e una bruciatura sulla gonna.
    «Ciao, Winky» la salutò Harry.
    Le labbra di Winky tremarono. Poi l’elfa scoppiò in lacrime, che zampillarono dai suoi grandi occhi marroni e le bagnarono gli abiti, proprio come alla Coppa del Mondo di Quidditch.
    «Oh, santo cielo» disse Hermione. Lei e Ron avevano seguito Harry e Dobby all’altro capo della cucina. «Winky, non piangere, ti prego, non…»
    Ma Winky gemette più forte che mai. Dobby sorrise a Harry.
    «Harry Potter gradisce una tazza di tè?» squittì ad alta voce, sovrastando i singhiozzi di Winky.
    «Ehm… si, va bene» disse Harry.
    In un attimo, sei elfi domestici gli si avvicinarono trotterellando con un grosso vassoio d’argento carico di teiere, tazze per Harry, Ron e Hermione, un bricco del latte e un bel piattone di biscotti.
    «Il servizio è ottimo!» commentò Harry impressionato. Hermione lo guardò cupa, ma tutti gli elfi sembravano felicissimi; fecero un profondo inchino e arretrarono.
    «Da quanto tempo sei qui, Dobby?» gli chiese Harry, mentre Dobby serviva il tè.
    «Solo da una settimana, Harry Potter, signore!» disse Dobby allegramente. «Dobby è venuto a trovare il professor Silente, signore. Signore, è molto difficile per un elfo domestico che è stato licenziato trovare un nuovo lavoro, signore, davvero molto difficile…»
    A queste parole, Winky gemette ancora più forte, mentre il naso a pomodoro schiacciato le colava abbondantemente, ma lei non faceva niente per arginare il flusso.
    «Dobby ha girato il paese per due anni interi, signore, cercando di trovare lavoro» strillò Dobby. «Ma Dobby non ha trovato lavoro, signore, perché Dobby vuole essere pagato, adesso!»
    A queste parole gli elfi domestici sparsi per la cucina, che avevano guardato e ascoltato con interesse, distolsero tutti lo sguardo, come se Dobby avesse detto qualcosa di volgare e imbarazzante.
    Hermione invece disse: «Meglio per te, Dobby!»
    «Grazie, signorina!» disse Dobby rivolgendole un sorriso a trentadue denti. «Ma gran parte dei maghi non vogliono un elfo domestico che vuole la paga, signorina. “Gli elfi domestici non fanno così” dicono, e hanno chiuso la porta in faccia a Dobby! A Dobby piace lavorare, ma vuole mettersi dei vestiti e vuole essere pagato, Harry Potter… a Dobby piace essere libero!»
    Gli elfi domestici di Hogwarts avevano cominciato a tenersi a distanza da Dobby, come se avesse una malattia contagiosa. Winky rimase dov’era, anche se il volume del suo pianto si alzò decisamente.
    «E poi, Harry Potter, Dobby va a trovare Winky, e scopre che anche Winky è stata liberata, signore!» disse Dobby incantato.
    A questo punto, Winky si gettò dallo sgabello su cui era seduta e piombò lunga distesa a faccia in giù sui lastroni di pietra, picchiando i piccoli pugni per terra e ululando di dolore. Hermione si chinò accanto a lei e cercò di consolarla, ma niente di ciò che disse riuscì a fare la minima differenza.
    Dobby riprese il suo racconto, urlando per sovrastare gli strilli di Winky. «E poi a Dobby è venuta l’idea, Harry Potter, signore! “Perché Dobby e Winky non trovano lavoro insieme?” dice Dobby. “Dove c’è abbastanza lavoro per due elfi domestici?” dice Winky. E Dobby pensa, e poi gli viene in mente, signore! A Hogwarts! Così Dobby e Winky sono venuti a trovare il professor Silente, signore, e il professor Silente ci ha presi!»
    Dobby fece un gran sorriso, e lacrime di felicità gli inumidirono di nuovo gli occhi.
    «E il professor Silente dice che pagherà Dobby, signore, se Dobby vuole essere pagato! E così Dobby è un elfo libero, signore, e Dobby guadagna un galeone alla settimana e ha un giorno libero al mese!»
    «Non è molto!» gridò Hermione indignata dal pavimento, sovrastando gli urli e il picchiar di pugni di Winky.
    «Il professor Silente ha offerto a Dobby dieci galeoni la settimana, e i finesettimana di riposo» disse Dobby, con un improvviso piccolo brivido, come se la prospettiva di tanti agi e ricchezze fosse spaventosa, «ma Dobby gli ha fatto abbassare il prezzo, signorina… A Dobby piace la libertà, signorina, ma lui non pretende troppo, signorina, preferisce il lavoro».
    «E tu, Winky? Quanto ti paga il professor Silente?» chiese Hermione gentilmente.
    Se aveva pensato che questo avrebbe rincuorato Winky, si sbagliava di grosso. Winky in effetti smise di piangere, ma quando si alzò a sedere guardò torva Hermione con gli enormi occhi marroni, il viso completamente bagnato e d’un tratto furibondo.
    «Winky è un’elfa caduta in disgrazia, ma Winky non si fa ancora pagare!» strillò. «Winky non è caduta così in basso! Winky si vergogna di essere stata liberata, come è giusto che sia!»
    «Si vergogna?» ripeté Hermione senza capire. «Ma… Winky, andiamo! È il signor Crouch che dovrebbe vergognarsi, non tu! Tu non hai fatto niente di sbagliato, lui è stato davvero orribile con te…»
    Ma a queste parole, Winky si picchiò le mani sui buchi nel cappello, schiacciandosi le orecchie in modo da non riuscire a sentire una parola, e strillò: «Tu non deve insultare il mio padrone, signorina! Tu non insulta signor Crouch! Signor Crouch è un bravo mago, signorina! Signor Crouch fa bene a licenziare cattiva Winky!»
    «Winky ha qualche difficoltà ad adattarsi, Harry Potter» squittì Dobby in tono confidenziale. «Winky dimentica che non è più legata al signor Crouch; adesso può dire quello che pensa, ma non vuole farlo».
    «Gli elfi domestici non possono dire quello che pensano dei loro padroni, allora?» chiese Harry.
    «Oh no, signore, no» disse Dobby, improvvisamente serio. «Fa parte della schiavitù dell’elfo domestico, signore. Noi tiene i loro segreti e sta zitti, signore, noi tiene alto l’onore della famiglia, e non parla mai male di loro… anche se il professor Silente ha detto a Dobby che non è severo su questa cosa. Il professor Silente ha detto che noi è liberi di… di…» parve improvvisamente nervoso, e fece cenno a Harry di avvicinarsi. Harry si curvò in avanti e Dobby sussurrò: «Ha detto che noi è liberi di chiamarlo… vecchio rimbambito se ci va, signore!»
    Scoppiò in una risatina spaventata. «Ma Dobby non vuole, Harry Potter» continuò, tornando a parlare normalmente, e scuotendo la testa tanto che le orecchie sbatacchiarono di qua e di là. «A Dobby piace tanto il professor Silente, signore, ed è fiero di tenere i suoi segreti per sé».
    «Ma adesso puoi dire quello che vuoi dei Malfoy?» gli chiese Harry sorridendo.
    Uno sguardo vagamente terrorizzato invase gli occhi enormi di Dobby.
    «Dobby… Dobby potrebbe» disse in tono dubbioso. Raddrizzò le piccole spalle. «Dobby potrebbe dire a Harry Potter che i suoi vecchi padroni erano… cattivi Maghi Oscuri!»
    Dobby per un istante fu scosso da un tremito, sconvolto dalla sua stessa audacia: poi corse al tavolo più vicino e cominciò a picchiarci la testa contro, molto forte, e a squittire «Dobby cattivo! Dobby cattivo!»
    Harry afferrò Dobby per il nodo della cravatta e lo allontanò dal tavolo.
    «Grazie, Harry Potter, grazie» disse Dobby senza fiato, massaggiandosi la testa.
    «Hai solo bisogno di un po’ di allenamento» disse Harry.
    «Allenamento!» squittì Winky furiosa. «Tu dovrebbe vergognarti, Dobby, di parlare così dei tuoi padroni!»
    «Loro non è più i miei padroni, Winky!» esclamò Dobby in tono di sfida. «A Dobby non importa più di quello che loro pensa!»
    «Oh, tu è un elfo cattivo, Dobby!» gemette Winky mentre le lacrime riprendevano a scorrerle sul viso. «Il mio povero signor Crouch, che cosa farà senza Winky? Ha bisogno di me, ha bisogno del mio aiuto! Io ha curato i Crouch per tutta la vita, e mia madre l’ha fatto prima di me, e la mia nonna prima di lei… oh, che cosa direbbe loro due se sapesse che Winky è stata liberata? Oh, che vergogna, che vergogna!» Seppellì di nuovo il viso nella gonna e ululò.
    «Winky» intervenne Hermione con fermezza, «sono sicura che il signor Crouch se la cava benissimo senza di te. L’abbiamo incontrato, sai…»
    «I signori ha visto il mio padrone?» esclamò Winky senza fiato, alzando la faccia striata di lacrime dalla gonna e fissando Hermione. «I signori l’ha visto a Hogwarts?»
    «Sì» rispose Hermione. «Lui e il signor Bagman sono giudici al Torneo Tremaghi».
    «Viene anche il signor Bagman?» squittì Winky, e con gran sorpresa di Harry (e anche di Ron e di Hermione, a giudicare dalle loro espressioni), parve di nuovo arrabbiata. «Il signor Bagman è un mago cattivo! Un mago tanto cattivo! Al mio padrone non piace, oh no, neanche un po’!»
    «Bagman… cattivo?» chiese Harry.
    «Oh sì» rispose Winky, e annuì furiosamente. «Il mio padrone dice delle cose a Winky! Ma Winky non le ripete… Winky… Winky custodisce i segreti del suo padrone…»
    Si sciolse di nuovo in lacrime; la sentirono singhiozzare nella gonna: «Povero padrone, povero padrone, niente più Winky che lo aiuta!»
    Non riuscirono a cavarle un’altra parola sensata. La lasciarono al suo pianto, e finirono di bere il tè mentre Dobby chiacchierava allegramente della sua vita di elfo liberato e dei progetti che aveva per i risparmi.
    «Dobby si compra presto un golfino, Harry Potter!» disse tutto felice, indicando il petto nudo.
    «Sai che cosa ti dico, Dobby?» disse Ron, che sembrava aver preso in gran simpatia l’elfo. «Ti regalerò quello che la mia mamma mi farà per Natale. Me ne regala sempre uno. Ti piace il marrone, vero?»
    Dobby ne fu felicissimo.
    «Forse dovremo rimpicciolirlo un po’ per fartelo andar bene» gli disse Ron, «ma starà a meraviglia con il tuo copriteiera».
    Mentre lasciavano la cucina, molti degli elfi tutti intorno li assediarono, offrendo spuntini da portare di sopra. Hermione rifiutò, osservando con sguardo addolorato gli elfi che continuavano a fare inchini e riverenze, ma Harry e Ron si riempirono le tasche di tortine e pasticcini.
    «Grazie mille!» disse Harry agli elfi, tutti radunati attorno alla porta per dar loro la buonanotte. «Ci vediamo, Dobby!»
    «Harry Potter… Dobby può venire a trovarti qualche volta, signore?» chiese Dobby esitante.
    «Ma certo che puoi» gli rispose Harry, e Dobby sorrise radioso.
    «La sapete una cosa?» disse Ron quando lui, Hermione e Harry si furono lasciati alle spalle le cucine e presero a salire i gradini che portavano all’Ingresso. «Per tutti questi anni ho sempre ammirato tanto Fred e George che rubavano cibo dalle cucine… be’, non si può dire che sia difficile, vero? Non vedono l’ora di dartelo!»
    «È la cosa migliore che sia potuta capitare a quegli elfi» disse Hermione, precedendo gli altri su per la scalinata di marmo. «Il fatto che Dobby sia venuto a lavorare qui, intendo. Gli altri elfi vedranno com’è felice, ora che è libero, e piano piano capiranno che è proprio quello che desiderano anche loro!»
    «Speriamo che non facciano troppo caso a Winky» disse Harry.
    «Oh, si riprenderà» disse Hermione, anche se sembrava un po’ perplessa. «Quando lo shock sarà passato, e lei si sarà abituata a Hogwarts, capirà quanto sta meglio senza quel Crouch».
    «Pare che lo adori» disse Ron masticando una crostatina alla crema.
    «Non ha molta stima per Bagman, però, vero?» disse Harry. «Chissà come ne parla Crouch a casa».
    «Probabilmente dice che non è un granché come Capufficio» disse Hermione, «e diciamocelo… ha le sue ragioni, non è così?»
    «Comunque preferirei lavorare per lui che per il vecchio Crouch» disse Ron. «Almeno Bagman ha il senso dell’umorismo».
    «Se ti sentisse Percy» disse Hermione con un sorrisetto.
    «Sì, be’, Percy non vorrebbe lavorare con nessuno che abbia senso dell’umorismo, no?» esclamò Ron, addentando un cremino al cioccolato. «Percy non riconoscerebbe una battuta di spirito nemmeno se ballasse nuda davanti a lui con il copriteiera di Dobby in testa».
Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo