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Harry Potter e l'Ordine della Fenice (9042 citazioni)
   1) Dudley Dissennato (184 citazioni)
   2) Un pacco di gufi (261 citazioni)
   3) L’avanguardia (185 citazioni)
   4) Grimmauld Place, numero dodici (230 citazioni)
   5) L’Ordine della Fenice (216 citazioni)
   6) La Nobile e Antichissima Casata dei Black (230 citazioni)
   7) Il Ministero della Magia (159 citazioni)
   8) L’udienza (156 citazioni)
   9) Le pene della Signora Weasley (322 citazioni)
   10) Luna Lovegood (226 citazioni)
   11) La nuova canzone del Cappello Parlante (173 citazioni)
   12) La Professoressa Umbridge (340 citazioni)
   13) Punizione con Dolores (298 citazioni)
   14) Percy e Felpato (295 citazioni)
   15) L'Inquisitore Supremo di Hogwarts (274 citazioni)
   16) Alla Testa di Porco (211 citazioni)
   17) Decreto Didattico Numero Ventiquattro (261 citazioni)
   18) L'esercito di Silente (268 citazioni)
   19) Il serpente e il leone (207 citazioni)
   20) Il racconto di Hagrid (255 citazioni)
   21) L'occhio del serpente (258 citazioni)
   22) L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (252 citazioni)
   23) Natale nel reparto riservato (229 citazioni)
   24) Occlumanzia (287 citazioni)
   25) Lo scarabeo in trappola (257 citazioni)
   26) Visto e imprevisto (274 citazioni)
   27) Il centauro e la spia (265 citazioni)
   28) Il peggior ricordo di Piton (287 citazioni)
   29) Orientamento professionale (270 citazioni)
   30) Grop (262 citazioni)
   31) I G.U.F.O. (216 citazioni)
   32) Fuori dal camino (236 citazioni)
   33) Lotta e fuga (140 citazioni)
   34) L'Ufficio Misteri (182 citazioni)
   35) Oltre il velo (280 citazioni)
   36) L’unico che abbia mai temuto (116 citazioni)
   37) La profezia perduta (210 citazioni)
   38) La seconda guerra comincia (270 citazioni)
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Lotta e fuga


   Harry non riusciva a capire il piano di Hermione, sempre che ne avesse uno. In corridoio si tenne mezzo passo dietro di lei, sapendo che sarebbe parso alquanto sospetto se avesse avuto l’aria di ignorare dove andavano. Non osava nemmeno tentare di parlarle: la Umbridge li seguiva così da vicino che sentivano il suo ansito sul collo.
    Hermione li precedette sulle scale e nella Sala d’Ingresso. Dalle porte chiuse della Sala Grande filtrava l’eco di un frastuono di voci allegre e acciottolio di posate; a Harry parve incredibile che a pochi metri da loro ci fossero persone che si godevano la cena e festeggiavano la fine degli esami senza un pensiero al mondo…
    Hermione varcò decisa il portone di quercia e scese i gradini di pietra, inoltrandosi nell’aria fragrante della sera. Ormai il sole calava oltre le cime degli alberi della foresta proibita, e mentre Hermione marciava decisa sul prato — costringendo la Umbridge a trottare per tenerle dietro — le loro lunghe ombre scure li seguirono increspandosi sull’erba come mantelli.
    «È nascosta nella capanna di Hagrid?» sussurrò impaziente la Umbridge all’orecchio di Harry.
    «Certo che no» rispose Hermione severa. «Hagrid avrebbe potuto azionarla per sbaglio».
    «Sì, giusto». La Umbridge annuì con crescente eccitazione. «Sì, avrebbe potuto farlo benissimo, quell’ibrido stupidone».
    Scoppiò a ridere. Harry controllò a stento l’impulso di voltarsi di scatto e prenderla per la gola. Sentiva la cicatrice pulsare nell’aria dolce della sera, ma ancora il dolore non era lacerante come sarebbe successo se Voldemort avesse sferrato il colpo mortale.
    «Allora… dov’è?» chiese la Umbridge, con una nota d’incertezza nella voce quando Hermione puntò verso la foresta.
    «Là dentro, naturalmente» rispose Hermione, indicando gli alberi avvolti dall’oscurità. «Dovevamo tenerla in un posto dove gli studenti non potessero trovarla per caso».
    «Sì, giusto» ripeté la Umbridge, ma nella sua voce c’era ansia. «Giusto… benissimo, dunque… voi due camminate davanti a me».
    «Possiamo avere la sua bacchetta, allora, visto che dobbiamo andare per primi?» le chiese Harry.
    «Questo è fuori discussione, signor Potter» replicò mielata la Umbridge, conficcandogliela nella schiena. «Temo che per il Ministero la mia vita abbia molto più valore della vostra».
    Quando raggiunsero la frescura ombrosa dei primi alberi, Harry tentò di intercettare lo sguardo di Hermione: addentrarsi nella foresta senza bacchetta gli sembrava più temerario di qualunque altra cosa avessero fatto quella sera. Ma Hermione si limitò a scoccare alla Preside un’occhiata sprezzante e si inoltrò fra gli alberi così svelta che le gambe corte della Umbridge facevano fatica a tenere il passo.
    «È molto lontano?» chiese la Umbridge, mentre i rovi le strappavano la veste.
    «Naturalmente» rispose Hermione. «L’abbiamo nascosta bene».
    I timori di Harry aumentarono. Hermione non aveva preso il sentiero che portava da Grop, ma quello che tre anni prima lo aveva condotto alla tana del mostruoso Aragog. Quella volta Hermione non c’era, e Harry era sicuro che ignorasse verso quale pericolo li stava guidando.
    «Ehm… sei sicura che sia la strada giusta?» le chiese in modo esplicito.
    «Altroché» rispose Hermione decisa, aprendosi un varco nel sottobosco e facendo una quantità di rumore che a lui parve superflua. Dietro di loro, sentirono la Umbridge inciampare su un alberello caduto. Nessuno dei due si fermò ad aiutarla. Hermione continuò a camminare, voltando appena la testa per gridare: «Ancora un po’ più avanti!»
    «Abbassa la voce» le sussurrò Harry, accelerando il passo per tenerle dietro. «Potrebbe esserci qualunque creatura in ascolto…»
    «Voglio che ci sentano» replicò lei a voce bassa, mentre la Umbridge arrancava rumorosamente alle loro spalle. «Vedrai…»
    Proseguirono per quella che parve un’eternità, finché si trovarono così immersi nella foresta che il folto baldacchino di foglie bloccava completamente la luce. E ancora una volta Harry provò la sensazione di essere osservato da occhi invisibili.
    «Quanto manca ancora?» domandò rabbiosa la Umbridge alle sue spalle.
    «Non molto!» gridò Hermione, emergendo in una radura umida e buia. «Ormai siamo vicini…»
    Una freccia attraversò l’aria sibilando per conficcarsi con un suono sordo e minaccioso in un tronco, sopra la sua testa. Un improvviso scalpitare di zoccoli fece rimbombare l’aria e tremare il terreno; la Umbridge lanciò un grido e spinse Harry davanti a sé come scudo…
    Con uno strattone, lui si liberò e si guardò attorno. Erano circondati da una cinquantina di centauri, tutti con l’arco levato e puntato su di loro. Lentamente, i tre indietreggiarono verso il centro della radura. La Umbridge farfugliava cose strane e piagnucolava atterrita. Harry lanciò un’occhiata a Hermione. La vide sorridere trionfante.
    «Chi sei?» chiese una voce.
    Harry guardò a sinistra. Magorian, il centauro bruno, era uscito dal cerchio e veniva verso di loro, anche lui con l’arco teso. Alla destra di Harry, la Umbridge alzò con mano tremante la bacchetta contro il centauro senza smettere di piagnucolare.
    «Ti ho chiesto chi sei, umana» ripeté brusco Magorian.
    «Sono Dolores Umbridge!» La voce della Umbridge era acuta, terrorizzata. «Sottosegretario Anziano del Ministro della Magia, Preside e Inquisitore Supremo di Hogwarts!»
    «Sei del Ministero della Magia?» ripeté Magorian, mentre parecchi centauri scalpitavano inquieti.
    «Proprio così!» disse la Umbridge con voce ancora più acuta. «Perciò dovete stare molto attenti! Secondo le leggi emanate dall’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, ogni attacco di ibrido a un umano…»
    «Come ci hai chiamato?» gridò un centauro nero dall’aspetto selvaggio che Harry riconobbe subito per Cassandro. Si levarono mormorii rabbiosi e molti archi si tesero ancora di più.
    «Non li chiami così!» sussurrò furiosa Hermione, ma la Umbridge non le diede ascolto.
    Sempre puntando con mano tremante la bacchetta su Magorian, continuò: «La Legge 15B recita chiaramente che ogni attacco di Creature Magiche di presumibile intelligenza quasi umana, perciò considerate responsabili delle proprie azioni…»
    «Intelligenza quasi umana?» urlò Magorian, mentre Cassandro e molti altri gridavano e scalpitavano rabbiosi. «Non insultarci, umana! La nostra intelligenza, e di questo siamo grati, è di gran lunga superiore alla vostra!»
    «Che cosa ci fate nella nostra foresta?» tuonò il centauro grigio dal viso duro che Harry e Hermione avevano già incontrato nella loro ultima visita. «Perché siete venuti?»
    «La vostra foresta?» sbottò la Umbridge, tremando ora non solo di paura ma anche, così pareva, di indignazione. «Vi ricordo che vivete qui solo perché il Ministero della Magia vi ha concesso alcune aree…»
    Una freccia le volò così vicino che s’impigliò nei suoi capelli color topo: con un urlo lacerante, la Umbridge si portò di scatto le mani alla testa, e i centauri esplosero in grida di approvazione e risate rauche. Il suono delle loro selvagge risate simile a nitriti echeggiò nella penombra della radura, e la vista degli zoccoli scalpitanti era davvero terribile.
    «Allora, umana, di chi è questa foresta?» urlò Cassandro.
    «Sudici ibridi!» urlò di rimando la Umbridge, le mani ancora strette attorno alla testa. «Animali! Bestie!»
    «Stia zitta!» strillò Hermione, ma troppo tardi: la Umbridge aveva già puntato la bacchetta contro Magorian, gridando: «Incarceramus!»
    Improvvisamente, funi simili a grossi serpenti scaturirono dal nulla e si avvolsero attorno al centauro, bloccandogli le braccia: Magorian lanciò un verso rabbioso e s’impennò, tentando di liberarsi, e i suoi compagni si buttarono alla carica.
    Harry agguantò Hermione e la scaraventò giù, premendole il viso a terra. Conobbe un momento di puro terrore mentre gli zoccoli rimbombavano attorno a lui, ma i centauri, lanciando urla furiose, li aggirarono o li scavalcarono con un balzo.
    «Nooooo!» sentì strillare la Umbridge. «Nooooooo… Sono Sottosegretario Anziano… Non potete… Lasciatemi, bestie… nooooo!»
    Harry vide un lampo di luce rossa e capì che lei doveva aver tentato di Schiantarne qualcuno, poi la sentì gridare ancora più forte. Alzando di poco la testa, vide che Cassandro l’aveva presa alle spalle sollevandola di peso, e lei si contorceva urlando atterrita. La bacchetta le sfuggì di mano e cadde; il cuore di Harry fece un balzo: se fosse riuscito a prenderla…
    Ma mentre tendeva la mano per afferrarla, uno zoccolo calò sulla bacchetta e la spezzò di netto.
    «Ora!» ruggì una voce all’orecchio di Harry, e un attimo dopo un robusto braccio peloso lo afferrò e lo rimise in piedi. Anche Hermione era stata tirata su. Al di sopra dei dorsi e delle teste sussultanti e multicolori dei centauri, Harry vide Cassandro sparire fra gli alberi trascinando con sé la Umbridge, le cui urla risuonarono sempre più attutite e lontane, finché furono sommerse dal tambureggiare degli zoccoli attorno a loro.
    «E questi?» chiese il severo centauro grigio che teneva stretta Hermione.
    «Sono giovani» disse una lenta voce triste alle spalle di Harry. «Noi non attacchiamo i puledri».
    «Sono stati loro a portarla qui, Conan» replicò il centauro che bloccava Harry. «E non sono tanto giovani… questo è quasi un uomo».
    Scrollò Harry tenendolo per il colletto.
    «Per piacere» disse Hermione senza fiato, «vi prego, non fateci del male, noi non la pensiamo come lei, non lavoriamo per il Ministero della Magia! Siamo venuti qui perché speravamo che ci avreste liberato di lei».
    Harry capì all’istante che Hermione aveva appena commesso un errore fatale. Il centauro grigio che la teneva stretta gettò indietro la testa e scalpitò furioso, urlando: «Vedi, Conan? Hanno già tutta l’arroganza della loro specie! Dunque speravi che avremmo fatto il lavoro sporco per voi, giovane umana? Che vi avremmo fatto da servi, scacciando i vostri nemici come cani obbedienti?»
    «No!» strillò inorridita Hermione. «Vi prego… non volevo dire questo! Speravo solo che ci… ci aiutaste…»
    Di male in peggio.
    «Noi non aiutiamo gli umani!» ringhiò il centauro che teneva Harry, impennandosi al punto che i piedi del ragazzo si staccarono per un attimo da terra. «Noi siamo una razza a parte, e fieri di esserlo. Non vi permetteremo di andar via di qui a vantarvi di averci fatto eseguire i vostri ordini!»
    «Non diremo mai una cosa del genere!» urlò Harry. «Sappiamo che non l’avete fatto perché lo volevamo noi…»
    Ma nessuno gli diede ascolto.
    «Sono venuti senza essere invitati!» urlò un centauro barbuto in fondo al branco. «Devono pagare le conseguenze!»
    Un coro di approvazione accolse le sue parole e un esemplare dal manto bigio gridò: «Che raggiungano la donna!»
    «Avete detto che non avreste attaccato gli innocenti!» urlò Hermione, adesso piangendo sul serio. «Non vi abbiamo fatto niente di male, non vi abbiamo minacciato e non abbiamo usato la bacchetta, vogliamo solo tornare a scuola, vi prego, lasciateci andare…»
    «Non siamo tutti come il traditore Fiorenzo, giovane umana!» sbraitò il centauro grigio, suscitando ruggenti nitriti di approvazione. «Forse ci credete graziosi cavalli parlanti? Noi siamo un popolo antico, non sopportiamo le invasioni e gli insulti dei maghi! Non accettiamo le vostre leggi, non riconosciamo la vostra superiorità, noi siamo…»
    Ma che cos’altro fossero i centauri non lo sentirono, perché in quel momento ai margini della radura risuonò uno schianto cosi fragoroso che tutti, Harry, Hermione e i cinquanta e più centauri, si voltarono di scatto. Le mani che stringevano Harry lo lasciarono ricadere a terra e scattarono verso l’arco e la faretra. Anche Hermione era finita a terra, e Harry si affrettò a raggiungerla mentre due tronchi massicci si scostavano con lentezza minacciosa e nel varco compariva la figura mostruosa di Grop il gigante.
    I centauri più vicini indietreggiarono e urtarono contro quelli dietro di loro; in un istante, la radura si trasformò in una foresta di archi e frecce, tutti puntati in alto contro l’enorme faccia grigiastra che incombeva su di loro sotto il fitto baldacchino di rami. La bocca storta di Grop era stolidamente aperta; nella luce incerta videro baluginare i denti giallastri grossi come mattoni; gli ottusi occhi color fango si socchiusero, scrutando le creature ai suoi piedi. Una scia di funi spezzate gli partiva dalle caviglie.
    La bocca del gigante si aprì ancora di più.
    «Hagger».
    Harry non sapeva che cosa volesse dire “hagger”, né che lingua fosse, e nemmeno gliene importava; stava fissando i piedi di Grop, grossi praticamente quanto lui. Hermione gli si aggrappò a un braccio; i centauri tacevano e osservavano l’enorme testa rotonda girare prima da una parte e poi dall’altra, come se cercasse qualcosa che gli era caduto.
    «Hagger!» ripeté a voce più alta.
    «Vattene, gigante!» gridò Magorian. «Non sei il benvenuto fra noi!»
    Ma queste parole non parvero impressionare Grop. Si curvò (gli archi dei centauri tornarono a tendersi) e urlò: «HAGGER!»
    Qualche centauro aveva l’aria preoccupata. Hermione trattenne il fiato.
    «Harry!» sussurrò. «Credo che voglia dire “Hagrid”!»
    In quel momento Grop li vide, i soli due umani in un mare di centauri. Calò la testa di un’altra trentina di centimetri e li fissò assorto. Harry sentì Hermione tremare mentre il gigante spalancava di nuovo la bocca e tuonava: «Hermy».
    «Santo cielo» gemette Hermione, che sembrava lì lì per svenire, stringendo il braccio di Harry con tanta forza da fermargli il sangue. «Se… se l’è ricordato!»
    «HERMY!» ruggì Grop. «DOVE HAGGER?»
    «Non lo so!» squittì lei, atterrita. «Mi dispiace, Grop, non lo so!»
    «GROP VUOLE HAGGER!»
    Una mano immensa calò verso terra. Hermione urlò, indietreggiò di scatto e finì lunga distesa. Privo com’era di bacchetta, Harry si preparò a usare pugni, calci e morsi o qualunque altra cosa, mentre la mano si abbassava verso di lui e strada facendo stendeva un centauro candido come la neve.
    Era quello che gli altri stavano aspettando: le dita tese di Grop erano a meno di mezzo metro da Harry quando più di cinquanta frecce sibilarono verso il gigante e gli si conficcarono nella faccia, facendolo ululare di dolore e di rabbia. Si raddrizzò di scatto, strofinandosi il volto con le mani enormi, spezzando le frecce ma spingendo le punte ancora più in profondità.
    Urlò di dolore e pestò i piedi, e i centauri si dispersero, portandosi fuori tiro; gocce di sangue grosse come ciottoli piovvero su Harry mentre aiutava Hermione a rimettersi in piedi e tutti e due correvano a perdifiato al riparo degli alberi. Una volta al sicuro, si voltarono a guardare: Grop, accecato dal sangue che gli scorreva sulla faccia, brancolava in direzione dei centauri, che arretravano disordinati, galoppando verso gli alberi dall’altra parte della radura. Harry e Hermione videro il gigante lanciarsi al loro inseguimento con un altro ruggito furioso, abbattendo un altro po’ di piante.
    «Oh, no» disse Hermione, tremando tanto che le cedettero le ginocchia. «Oh, è stato terribile. E potrebbe ucciderli tutti».
    «Non mi turberebbe più di tanto, a essere sincero» commentò Harry amareggiato.
    Lo scalpitare dei centauri e i tonfi del gigante diventarono sempre più deboli. Mentre Harry tendeva l’orecchio, sentì una fitta lancinante attraversargli la cicatrice e un’ondata di terrore lo sommerse.
    Avevano perso tanto tempo… e ora salvare Sirius era ancora più difficile di quando aveva avuto la visione. Non solo aveva perso la bacchetta, ma erano bloccati — e per giunta a piedi — in mezzo alla foresta proibita.
    «Un piano fantastico» sibilò a Hermione, più che altro per sfogare la collera. «Proprio eccezionale. E adesso che cosa facciamo?»
    «Dobbiamo tornare al castello» mormorò esausta Hermione.
    «Quando arriveremo, Sirius probabilmente sarà morto!» sbottò Harry, tirando un calcio a un albero vicino. Sopra di lui esplose un cinguettio acuto, e alzando lo sguardo vide un Asticello furioso agitare le lunghe dita sottili.
    «Be’, non possiamo fare niente senza bacchette» disse avvilita Hermione, rialzandosi a fatica. «E comunque, Harry, come pensavi di arrivare fino a Londra esattamente?»
    «Proprio quello che ci chiedevamo anche noi» disse una voce familiare alle sue spalle.
    D’istinto, Harry e Hermione si avvicinarono l’uno all’altra e scrutarono fra gli alberi.
    Ron uscì dalle ombre, con Ginny, Neville e Luna che si affrettavano alle sue spalle. Avevano tutti l’aria un po’ sciupata — su una guancia di Ginny spiccavano diversi lunghi graffi; l’occhio destro di Neville era diventato un bozzo purpureo; il labbro di Ron sanguinava più che mai — ma anche piuttosto soddisfatta.
    «Allora» disse Ron, scostando un ramo che gli bloccava la strada e restituendo a Harry la bacchetta, «che cosa avevi in mente?»
    «Come avete fatto a liberarvi?» chiese sbalordito Harry, riprendendola.
    «Un paio di Schiantesimi, un Incantesimo di Disarmo, e Neville ne ha tirato fuori uno di Ostacolo niente male» rispose Ron disinvolto, e rese la bacchetta anche a Hermione. «Ma Ginny è stata il massimo: ha sistemato Malfoy con una Fattura Orcovolante assolutamente superba… aveva la faccia coperta di mostruosi esseri svolazzanti. Comunque, vi abbiamo visto entrare nella foresta e vi abbiamo seguito. Che fine ha fatto la Umbridge?»
    «L’hanno portata via» disse Harry. «Un branco di centauri».
    «E vi hanno lasciato andare?» chiese Ginny, sbalordita.
    «Non volevano, ma poi è arrivato Grop e li ha inseguiti» rispose Harry.
    «Chi è Grop?» chiese Luna, interessata.
    «Il fratellino di Hagrid» rispose pronto Ron. «Ma lasciamo perdere, adesso. Harry, cos’hai scoperto nel camino? Tu-Sai-Chi ha preso Sirius o…?»
    «Sì» rispose Harry, mentre la cicatrice tornava a bruciare di dolore. «Sono sicuro che è ancora vivo, ma non so come fare a raggiungerlo in tempo».
    Tutti tacquero, preoccupati: il problema sembrava insormontabile.
    «Be’, dovremo volare, no?» disse Luna col tono più pratico che Harry le avesse mai sentito.
    «Allora» la interruppe lui irritato. «Prima di tutto, non dovremo fare un bel niente se in quel “dovremo” ti ci metti anche tu; secondo, Ron è l’unico ad avere una scopa che non sia sorvegliata da un troll, quindi…»
    «Io ce l’ho, una scopa!» disse Ginny.
    «Sì, ma tu rimani qui» ribatté Ron.
    «Chiedo scusa, ma quello che succede a Sirius mi sta a cuore quanto a te!» esclamò lei, sporgendo la mascella in un modo che ricordò straordinariamente Fred e George.
    «Tu sei troppo…» cominciò Harry, ma Ginny lo interruppe decisa: «Avevi tre anni meno di me quando hai lottato contro Tu-Sai-Chi per la Pietra Filosofale, ed è grazie a me che Malfoy è bloccato nell’ufficio della Umbridge da enormi spettri volanti…»
    «Sì, ma…»
    «Facciamo tutti parte dell’ES» gli ricordò a voce bassa Neville. «Era per prepararci a combattere Tu-Sai-Chi, no? E questa è la prima occasione di fare davvero qualcosa… o era solo un gioco?»
    «No… certo che no…» rispose Harry nervoso.
    «Allora verremo anche noi» concluse Neville con semplicità. «Vogliamo aiutarti».
    «Giusto» annuì Luna, sorridendo allegra.
    Harry scambiò un’occhiata con Ron. Sapeva che l’amico la pensava esattamente come lui: se per tentare di salvare Sirius avesse dovuto farsi accompagnare da un qualsiasi altro membro dell’ES non avrebbe scelto né Ginny, né Neville, né Luna.
    «E va bene, non ha importanza, comunque» disse scoraggiato. «Tanto non sappiamo come arrivare a Londra…»
    «Mi pareva che questo punto fosse risolto» lo interruppe Luna con la sua calma esasperante. «Volando!»
    «Senti» disse Ron, controllandosi a stento, «forse tu sei capace di volare senza una scopa, ma noi non possiamo farci spuntare le ali…»
    «Si possono usare altri mezzi, oltre alla scopa» replicò tranquilla Luna.
    «Sì, magari il Riccio Cornuto o come diavolo si chiama!» sbottò Ron.
    «Il Ricciocorno Schiattoso non vola» rispose Luna con tutta la sua dignità, «ma loro sì, e secondo Hagrid sono abilissimi nel portare a destinazione i loro cavalieri».
    Harry si voltò di scatto. Immobili fra gli alberi, gli occhi bianchi che luccicavano spettrali, due Thestral sembravano seguire la conversazione come se capissero ogni parola.
    «Sì!» bisbigliò Harry, avanzando verso di loro. I Thestral scossero la testa da rettili, scrollando la lunga criniera nera, e Harry tese una mano per accarezzare il collo lucente di quello più vicino: come aveva fatto a trovarli brutti?
    «Sono quelle bestie pazzesche che assomigliano a cavalli?» chiese incerto Ron, fissando un punto appena a sinistra del Thestral che Harry stava accarezzando. «Quelli che non puoi vedere se prima non hai visto morire qualcuno?»
    «Sì» rispose Harry.
    «Quanti sono?»
    «Soltanto due».
    «Be’, ce ne servono tre» disse Hermione, ancora piuttosto scossa, ma comunque decisa.
    «Quattro» la corresse Ginny, accigliata.
    «Credo che siamo in sei, veramente» osservò calma Luna.
    «Non dire sciocchezze, non possiamo andare tutti!» protestò Harry. «Sentite, voi…» e indicò Neville, Ginny e Luna, «voi tre non siete coinvolti, non…»
    Esplosero altre proteste. E la cicatrice gli diede una nuova fitta, più dolorosa. Ogni momento perduto era prezioso; non aveva tempo per discutere.
    «Va bene, fate come volete» disse brusco, «ma se non arrivano altri Thestral non potrete…»
    «Oh, arriveranno» gli assicurò Ginny, rivolta come Ron nella direzione sbagliata, a quel che pareva convinta di guardare i cavalli.
    «Cosa te lo fa credere?»
    «Nel caso non te ne sia accorto, tu e Hermione siete coperti di sangue e sappiamo che per attirarli Hagrid usa la carne cruda. Probabilmente è per questo che sono arrivati».
    Harry sentì qualcosa tirargli delicatamente una manica, e abbassando lo sguardo vide il Thestral più vicino leccare il sangue di Grop che la inzuppava.
    «D’accordo» disse, colpito da un’idea luminosa. «Intanto io e Ron prendiamo questi due e andiamo avanti, mentre Hermione rimane qui con voi per richiamare altri Thestral…»
    «Io non resto qui!» protestò Hermione furiosa.
    «Non ce n’è bisogno» disse Luna sorridendo. «Guardate, ecco che ne arrivano altri… dovete puzzare davvero…»
    Harry si voltò: almeno sei o sette Thestral avanzavano fra gli alberi, le grandi ali coriacee chiuse e strette accanto al corpo, gli occhi lucenti nell’oscurità. Ormai non aveva più scuse.
    «E va bene» si arrese furibondo. «Sceglietene uno e salite».
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