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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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La veggente spiata


   Il fatto che Harry Potter stesse con Ginny Weasley parve interessare un sacco di gente, soprattutto ragazze, ma nelle settimane che seguirono Harry si scoprì impermeabile in un modo tutto nuovo ai pettegolezzi. In fondo, era un bel cambiamento essere sulla bocca di tutti per qualcosa che lo rendeva più felice di quanto fosse stato da molto tempo, invece che per orripilanti fatti di Magia Oscura.
    «Verrebbe da dire che ci sono cose più importanti su cui spettegolare» osservò Ginny, seduta sul pavimento della sala comune, appoggiata alle gambe di Harry e intenta a leggere La Gazzetta del Profeta. «Tre attacchi di Dissennatori in una settimana, e Romilda Vane mi chiede se è vero che hai un Ippogrifo tatuato sul petto».
    Ron e Hermione si sbellicarono dalle risate. Harry li ignorò.
    «E tu che cosa le hai risposto?»
    «Che è un Ungaro Spinato» disse Ginny, voltando pigramente una pagina del giornale. «Fa molto più macho».
    «Grazie» ribatté Harry con un gran sorriso. «E Ron, che cosa le hai detto che si è fatto tatuare?»
    «Una Puffola Pigmea, ma non le ho detto dove».
    Hermione si rotolò dalle risate. Ron si rabbuiò.
    «Attenti» minacciò lui, indicando Harry e Ginny. «Solo perché vi ho dato il permesso non vuol dire che non posso riprendermelo…»
    «Il permesso»lo schernì Ginny. «Da quand’è che mi dai il permesso di fare qualcosa? Non l’hai detto tu, che preferisci Harry a Michael o Dean?»
    «Certo» ammise Ron a malincuore. «E finché non cominciate a pastrugnarvi in pubblico…»
    «Schifoso ipocrita! E tu e Lavanda, che vi contorcevate dappertutto come due anguille?»chiese Ginny.
    Ma una volta arrivato giugno la tolleranza di Ron non dovette essere messa molto alla prova, perché il tempo che Harry e Ginny passavano insieme diventò sempre più limitato. I G.U.F.O. di Ginny si avvicinavano e lei era costretta a ripassare per ore, fino a notte fonda. Una sera si ritirò in biblioteca e Harry si sistemò accanto alla finestra nella sala comune, in teoria per finire il compito di Erbologia ma in realtà a rivivere un’ora particolarmente felice passata con Ginny sulla riva del lago. Hermione si lasciò cadere nel posto vicino a lui e a Ron con un’espressione sgradevolmente risoluta.
    «Voglio parlarti, Harry».
    «Di cosa?» chiese lui, sospettoso. Solo il giorno prima, Hermione l’aveva sgridato perché distraeva Ginny, che doveva lavorare sodo per gli esami.
    «Del cosiddetto Principe Mezzosangue».
    «Oh, non di nuovo» gemette lui. «Per favore, vuoi finirla una buona volta?»
    Non aveva osato tornare nella Stanza delle Necessità a recuperare il libro, e il suo rendimento in Pozioni ne soffriva alquanto (anche se Lumacorno, che approvava la relazione con Ginny, aveva scherzosamente attribuito il calo al fatto che Harry era innamorato). Ma Harry era sicuro che Piton non avesse ancora rinunciato a mettere le mani sul libro del Principe, ed era deciso a lasciarlo dov’era finché Piton fosse stato all’erta.
    «Non lascerò perdere» ribatté Hermione decisa, «finché non mi avrai ascoltato fino in fondo. Allora, sto cercando di scoprire chi potrebbe essersi divertito a inventare incantesimi Oscuri…»
    «Lui non si è divertito a inventarli…»
    «Lui, lui… chi dice che sia un lui?»
    «Ne abbiamo già parlato» rispose Harry, imbronciato. «Principe, Hermione, Principe!»
    «Appunto!» esclamò Hermione, rossa in viso mentre si sfilava di tasca un vecchio frammento di giornale e lo schiaffava sul tavolo davanti a Harry. «Guarda qui! Guarda la foto!»
    Harry prese il pezzo di carta mezzo stracciato e fissò la foto animata, ingiallita dal tempo; anche Ron si chinò a guardare. La foto mostrava una ragazza magra sui quindici anni. Non era carina; pareva insieme imbronciata e cupa, con pesanti sopracciglia e un lungo volto pallido. Sotto la foto, la didascalia recitava: ‘Eileen Prince, Capitano della Squadra di Gobbiglie di Hogwarts’.
    «E allora?» chiese Harry, scorrendo la breve notizia a cui era riferita la foto; era un articolo noioso sui tornei tra scuole.
    «Si chiamava Eileen Prince. Prince come Principe,Harry».
    Si guardarono e Harry capì quello che Hermione stava cercando di dire. Scoppiò a ridere.
    «Impossibile».
    «Cosa?»
    «Tu credi che lei fosse il Principe…? Oh, andiamo».
    «Be’, perché no? Harry, non esistono principi nel mondo magico! O è un soprannome, un titolo che qualcuno si è attribuito, oppure è un vero nome, ti pare? No, senti! Se, diciamo, suo padre fosse stato un mago di cognome ‘Prince’, e sua madre una Babbana, questo avrebbe fatto di lei una ‘Prince Mezzosangue’!»
    «Sì, molto ingegnoso, Hermione…»
    «Ma è così! Forse era fiera di essere una mezza Prince!»
    «Ascolta, Hermione, so che non era una ragazza. Lo so e basta».
    «La verità è che non credi che una ragazza sarebbe stata abbastanza intelligente» ribatté Hermione, adirata.
    «Come faccio a essere tuo amico da cinque anni e a pensare che le ragazze non siano intelligenti?» insorse Harry, ferito. «È il modo in cui scrive. Io so che il Principe era un maschio, lo capisco. Questa ragazza non c’entra. Dove l’hai trovato, comunque?»
    «In biblioteca»rispose Hermione, prevedibilmente. «C’è l’intera collezione dei vecchi Profeti. Be’, ho intenzione di scoprire qualcos’altro su Eileen Prince».
    «Divertiti» fece Harry, seccato.
    «Esattamente» replicò Hermione. «E il primo posto dove andrò a guardare» aggiunse con veemenza, avvicinandosi al buco del ritratto, «sono i registri dei vecchi premi di Pozioni!»
    Harry la seguì per un attimo, accigliato, poi riprese a contemplare il cielo che si scuriva.
    «Non ha mai accettato il fatto che tu l’abbia superata in Pozioni» commentò Ron, tornando alla lettura di Mille Erbe e Funghi Magici.
    «Tu non credi che io sia pazzo a volere indietro quel libro, vero?»
    «Certo che no» affermò Ron convinto. «Era un genio, quel Principe. E tra l’altro… senza quel suggerimento sul bezoar…» si passò il dito sulla gola con un gesto eloquente «… non sarei qui a parlarne, no? Insomma, non dico che quell’incantesimo che hai usato contro Malfoy sia grandioso…»
    «Nemmeno io» convenne subito Harry.
    «Ma comunque è guarito, no? È tornato in piedi in un baleno».
    «Già» mormorò Harry. Era verissimo, ma la coscienza gli si contorse lo stesso. «Grazie a Piton…»
    «Sei ancora in punizione con lui, sabato?» continuò Ron.
    «Certo, e il sabato dopo, e quello dopo ancora» sospirò Harry. «E ha lasciato intendere che, se le scatole non saranno terminate per la fine del quadrimestre, continueremo il prossimo anno».
    Trovava le punizioni particolarmente gravose perché gli sottraevano il tempo già limitato che poteva passare con Ginny. E in effetti, si chiedeva se Piton non lo sapesse, perché ogni volta lo tratteneva più a lungo, facendo maligne digressioni su come Harry perdesse le belle giornate e le possibilità che offrivano.
    A riscuoterlo da queste amare riflessioni fu l’apparizione al suo fianco di Jimmy Peakes, che gli tendeva una pergamena.
    «Grazie, Jimmy… Ehi, è di Silente!» esclamò Harry emozionato, scorrendo il foglio. «Vuole che vada nel suo ufficio appena posso!»
    Si fissarono, turbati.
    «Accidenti» sussurrò Ron. «Credi… che abbia trovato…?»
    «Meglio che vada a vedere, no?» rispose Harry, e balzò in piedi.
    Corse fuori dalla sala comune e attraversò a razzo il settimo piano, incrociando solo Pix, che con aria annoiata gli gettò addosso pezzetti di gesso e ridacchiò sonoramente scansando la sua fattura difensiva. Quando Pix fu sparito, il silenzio calò nei corridoi; mancavano solo quindici minuti al coprifuoco e quasi tutti erano già tornati nelle sale comuni.
    Harry udì un urlo e un tonfo. Si fermò, le orecchie tese.
    «Come… osi… aaaaargh!»
    Il rumore proveniva da un corridoio vicino; Harry corse da quella parte, la bacchetta pronta, girò un altro angolo e vide la professoressa Cooman stesa a terra, la testa coperta da uno scialle, con diverse bottiglie di sherry accanto a lei, una delle quali rotta.
    «Professoressa…»
    Harry si precipitò verso di lei e l’aiutò a rialzarsi. Alcune delle collane luccicanti le si erano impigliate negli occhiali.
    Singhiozzò sonoramente, si sistemò i capelli e si appoggiò al braccio di Harry.
    «Che cosa è successo, professoressa?»
    «È proprio il caso di chiederlo!» strillò. «Stavo passeggiando e meditavo su certi portenti Oscuri che ho intravisto…»
    Ma Harry non le badò. Si era appena accorto di dove si trovavano: sulla destra c’era l’arazzo dei troll ballerini e sulla sinistra la parete di pietra liscia e impenetrabile che celava…
    «Professoressa, stava cercando di entrare nella Stanza delle Necessità?»
    «… presagi che mi sono stati affidati… Cosa?»
    All’improvviso si fece guardinga.
    «La Stanza delle Necessità» ripeté Harry. «Stava cercando di entrare là dentro?»
    «Io… be’… non sapevo che gli studenti fossero al corrente…»
    «Non tutti lo sono. Ma che cosa è successo? Lei ha urlato… Sembrava che fosse ferita…»
    «Io… be’» rispose la Cooman, stringendosi addosso gli scialli come per proteggersi e fissandolo con gli occhi enormi. «Io desideravo depositare… ah… certi… ehm… effetti personali nella Stanza…» E borbottò qualcosa a proposito di ‘perfide accuse’.
    «Capisco» fece Harry, guardando le bottiglie di sherry sul pavimento. «Ma non è riuscita a entrare e a nasconderli?»
    Lo trovò assai strano; la Stanza si era aperta per lui quando aveva voluto nascondere il libro del Principe Mezzosangue.
    «Oh, sì che sono entrata» rispose la Cooman, guardando accigliata la parete. «Ma dentro c’era già qualcuno».
    «Qualcuno dentro…? Chi?» chiese Harry. «Chi c’era dentro?»
    «Non ne ho idea» ribatté lei, un po’ spiazzata dall’insistenza di Harry. «Sono entrata e ho sentito una voce, cosa che non era mai successa in tutti gli anni da che nascondo… uso la Stanza, volevo dire».
    «Una voce? E che cosa diceva?»
    «Non so se stesse dicendo qualcosa. Stava… schiamazzando».
    «Schiamazzando?»
    «E molto allegramente» aggiunse la Cooman, annuendo.
    Harry la fissò.
    «Era un maschio o una femmina?»
    «Oserei dire un maschio».
    «E sembrava felice?»
    «Molto felice» confermò lei, sdegnosa.
    «Come se stesse festeggiando?»
    «Assolutamente sì».
    «E poi…?»
    «E poi io ho gridato: ‘Chi è là?’»
    «Non poteva scoprirlo senza chiederlo?» le domandò Harry, frustrato.
    «L’Occhio Interiore»ribatté la Cooman con dignità, riassestandosi gli scialli e i molti fili di collane, «era concentrato su faccende ben lungi dai banali mondi di voci schiamazzanti».
    «D’accordo» tagliò corto Harry; aveva sentito fin troppo spesso la Cooman parlare del suo Occhio Interiore. «E le ha detto chi era?»
    «No» rispose lei. «È calato il buio, buio pesto e un attimo dopo sono stata scaraventata fuori dalla Stanza!»
    «E non lo ha visto prima?» chiese Harry, incapace di trattenersi.
    «No, come ho detto, era buio…» Si interruppe e lo guardò, sospettosa.
    «Credo che farebbe bene a raccontarlo al professor Silente. Dovrebbe sapere che Malfoy sta festeggiando… voglio dire, che qualcuno l’ha buttata fuori dalla Stanza».
    Con sua sorpresa, la professoressa Cooman si raddrizzò, altera.
    «Il Preside ha dichiarato che gradirebbe meno visite da parte mia» rispose, gelida. «Non sono tipo da imporre la mia presenza a chi non l’apprezza. Se Silente decide di ignorare gli avvertimenti delle carte…»
    La sua mano ossuta si chiuse all’improvviso attorno al polso di Harry.
    «Più e più volte, per quante volte le disponga…»
    Ed estrasse con gesto teatrale una carta da sotto gli scialli.
    «… la Torre» sussurrò. «Calamità. Disastro. E sempre più vicino…»
    «D’accordo» la interruppe Harry. «Be’… secondo me dovrebbe raccontare a Silente di questa voce e del buio che è calato e di come è stata buttata fuori dalla Stanza…»
    «Tu credi?» La Cooman soppesò la faccenda per un attimo, ma Harry capì che l’idea di ripetere la sua piccola avventura la attirava molto.
    «Io sto andando da lui adesso» proseguì Harry. «Ho un appuntamento. Potremmo andarci insieme».
    «Oh, be’, in questo caso». La Cooman sorrise. Si chinò, raccolse le bottiglie di sherry e le gettò senza tante cerimonie in un grande vaso bianco e blu posto in una nicchia lì accanto.
    «Mi manca la tua presenza alle lezioni, Harry» dichiarò con sentimento mentre si avviavano. «Non sei mai stato un gran Veggente… ma eri un meraviglioso Oggetto…»
    Harry non rispose; aveva sempre detestato essere l’Oggetto delle ripetute previsioni di sventura della professoressa Cooman.
    «Temo» riprese lei, «che il ronzino… oh, scusa, il centauro… non sappia nulla di cartomanzia. Gli ho chiesto — da Veggente a Veggente — se non aveva avvertito anche lui le remote vibrazioni della catastrofe che incombe. Ma sembrava che mi ritenesse quasi ridicola. Sì, ridicola!»
    La sua voce crebbe d’intensità, facendosi quasi isterica, e Harry colse un potente sentore di sherry anche se le bottiglie erano ormai lontane.
    «Forse il cavallo ha sentito dire che non ho ereditato il dono della mia bis-bisnonna. Da anni persone gelose mettono in circolazione simili voci. E lo sai che cosa dico io a questa gente, Harry? Silente mi avrebbe permesso di insegnare in questa scuola così importante, mi avrebbe concesso tanta fiducia in tutti questi armi, se non gli avessi dimostrato il mio valore?»
    Harry borbottò qualcosa di indistinto.
    «Ricordo bene il primo incontro con Silente» continuò la Cooman con voce gutturale. «Rimase molto colpito, è naturale, molto colpito… Alloggiavo alla Testa di Porco, che non consiglio, fra parentesi — certe pulci, caro ragazzo — ma avevo poco denaro. Silente mi fece la cortesia di venirmi a trovare nella mia stanza alla locanda. Mi interrogò… devo confessare che all’inizio credetti che fosse maldisposto nei confronti della Divinazione… e ricordo che mi sentivo un po’ strana, non avevo mangiato granché, quel giorno… Ma poi…»
    Harry le stava prestando attenzione per la prima volta, perché sapeva che cos’era successo allora: la professoressa Cooman aveva rivelato la profezia su lui e Voldemort che aveva cambiato tutta la sua vita.
    «… ma poi fummo interrotti con autentica insolenza da Severus Piton!»
    «Cosa?»
    «Sì, si sentì un rumore fuori dalla porta, che si spalancò, e c’era quel rozzo oste con Piton, che cianciava di aver sbagliato strada, anche se io penso che fosse stato sorpreso a origliare… Sai, allora cercava lavoro anche lui, e senza alcun dubbio sperava di cogliere qualche dritta! Be’, dopodiché Silente parve molto più incline a offrirmi un lavoro, e io non potei non pensare, Harry, che fosse perché apprezzava il netto contrasto fra i miei modi modesti e il mio tranquillo talento rispetto all’insistenza di quell’uomo agitato, pronto a origliare dal buco della serratura… Harry, caro?»
    Si guardò indietro; si era appena accorta che Harry non era più accanto a lei; aveva smesso di camminare tre metri prima.
    «Harry?» ripeté, incerta.
    Dall’aria preoccupata e spaventata della Cooman, Harry capì di essere pallidissimo. Era immobile, investito da ondate di orrore che, una dopo l’altra, cancellavano tutto tranne l’informazione che gli era stata taciuta tanto a lungo…
    Era stato Piton a origliare la profezia. Era stato Piton a riferirla a Voldemort. Piton e Peter Minus insieme avevano messo Voldemort sulle tracce di Lily e di James e del loro figlio…
    Al momento, a Harry non importava altro.
    «Harry»insistette la professoressa Cooman. «Harry… non stavamo andando dal Preside?»
    «Lei resti qui» biascicò Harry con la bocca intorpidita.
    «Ma caro… dovevo raccontargli di come sono stata aggredita nella Stanza delle…»
    «Lei resti qui!» ripeté Harry, brusco.
    Corse avanti, voltò l’angolo e si ritrovò nel corridoio dove il gargoyle faceva la guardia. Harry gli gridò la parola d’ordine e corse su per la scala a chiocciola tre gradini alla volta. Non bussò alla porta di Silente, la martellò; e la voce calma rispose «Avanti» dopo che Harry si era già precipitato nella stanza.
    Fanny la Fenice si voltò, i lucidi occhi neri che riflettevano l’oro del tramonto oltre i vetri. Silente era in piedi alla finestra e guardava il parco, con un lungo mantello nero da viaggio tra le braccia.
    «Allora, Harry, ti avevo promesso che avresti potuto venire con me».
    Per qualche istante, Harry non capì; la conversazione con la Cooman gli aveva svuotato la testa di qualunque altra cosa e il suo cervello reagiva molto lentamente.
    «Venire… con lei…?»
    «Solo se lo desideri, è ovvio».
    «Se lo…»
    E poi Harry si ricordò il primo motivo che l’aveva spinto a correre da Silente.
    «Ne ha trovato uno? Ha trovato un Horcrux?»
    «Credo di sì».
    Rabbia e rancore lottarono contro sorpresa ed eccitazione; per parecchi istanti Harry non riuscì a parlare.
    «È naturale avere paura» osservò Silente.
    «Io non ho paura!» ribatté subito Harry, ed era assolutamente vero; la paura era un’emozione che non provava affatto in quel momento. «Qual è? Dov’è?»
    «Non so qual è con precisione — anche se direi che possiamo escludere il serpente — ma credo che sia a molti chilometri da qui, in una caverna sulla costa che da lunghissimo tempo cerco di individuare: la caverna in cui Tom Riddle un giorno terrorizzò due bambini del suo orfanotrofio durante la gita annuale, ricordi?»
    «Sì» rispose Harry. «Com’è protetto?»
    «Non lo so; nutro sospetti che potrebbero rivelarsi assolutamente errati». Silente esitò, poi aggiunse: «Harry, ti ho promesso che avresti potuto venire con me, e mantengo la promessa, ma sarebbe molto scorretto da parte mia non avvertirti che questa faccenda sarà straordinariamente pericolosa».
    «Vengo» esclamò Harry, quasi ancor prima che Silente finisse di parlare. Rabbioso com’era nei confronti di Piton, il suo desiderio di fare qualcosa di estremo e rischioso era aumentato di dieci volte negli ultimi minuti. Glielo si doveva leggere in volto, perché Silente si allontanò dalla finestra e lo guardò più da vicino, con una ruga sottile tra le sopracciglia d’argento.
    «Che cosa ti è successo?»
    «Niente» mentì Harry con prontezza.
    «Che cosa ti ha sconvolto?»
    «Io non sono sconvolto».
    «Harry, non sei mai stato un buon Occlumante…»
    Quella parola fu la scintilla che incendiò la rabbia di Harry.
    «Piton!»urlò quasi, e Fanny emise un roco, basso grido alle loro spalle. «Piton, ecco che cosa è successo! È stato lui a dire a Voldemort della profezia, è stato lui, lui ha ascoltato fuori dalla porta, me l’ha detto la Cooman!»
    L’espressione di Silente non cambiò, ma Harry si accorse che sbiancava sotto la sfumatura rossastra del sole al tramonto. Per un lungo istante, il Preside non disse nulla.
    «Quando l’hai scoperto?» chiese infine.
    «Adesso!» esclamò Harry, trattenendosi con enorme difficoltà dall’urlare. Poi, all’improvviso, non ce la fece più. «E LEI GLI HA PERMESSO DI INSEGNARE QUI E LUI HA DETTO A VOLDEMORT DI DARE LA CACCIA AI MIEI GENITORI!»
    Col respiro affannato come se stesse lottando, Harry voltò le spalle a Silente, che non aveva ancora mosso un muscolo, e marciò su e giù per lo studio, sfregandosi le nocche della mano e cercando di trattenersi dal rovesciare oggetti. Voleva scatenare la sua collera contro Silente, ma voleva anche andare con lui a distruggere l’Horcrux; voleva dirgli che era un vecchio stupido per essersi fidato di Piton, ma aveva il terrore che Silente non lo portasse con sé, se non fosse riuscito a controllarsi…
    «Harry» mormorò Silente. «Per favore, ascoltami».
    Smettere di camminare fu difficile quanto trattenersi dall’urlare. Harry si fermò, mordendosi un labbro, e guardò il volto segnato di Silente.
    «Il professor Piton ha commesso un terribile…»
    «Non mi dica che è stato un errore, stava origliando dietro la porta!»
    «Per favore, lasciami finire». Silente attese che Harry annuisse con un cenno asciutto, poi riprese. «Il professor Piton ha commesso un terribile errore. Era ancora al servizio di Lord Voldemort la sera che sentì la prima metà della profezia. Naturalmente si affrettò a riferire al suo Padrone quanto aveva udito, perché la cosa riguardava Voldemort in prima persona. Ma non sapeva — non aveva alcun modo di sapere — a quale ragazzo Voldemort avrebbe dato la caccia da allora in poi, o che i genitori che avrebbe ucciso nella sua impresa assassina erano persone che conosceva, che erano tua madre e tuo padre…»
    Harry scoppiò in una risata senza gioia.
    «Odiava mio padre quanto odiava Sirius! Non ha notato, professore, che la gente che Piton odia in genere finisce per morire?»
    «Non hai idea del rimorso che provò il professor Piton quando capì come Lord Voldemort aveva interpretato la profezia, Harry. Credo che sia il rimpianto più grande della sua vita e la ragione per cui tornò…»
    «Ma lui è un ottimo Occlumante, vero, signore?» lo interruppe Harry, con la voce tremante per lo sforzo di mantenerla calma. «E Voldemort non è forse convinto che Piton stia dalla sua parte, anche adesso? Professore… come fa a essere sicuro che Piton stia con noi?»
    Silente non parlò per un attimo; sembrava che cercasse di prendere una decisione. Infine rispose: «Ne sono sicuro. Ho piena fiducia in Severus Piton».
    Harry respirò a fondo per qualche istante, tentando di calmarsi. Inutile.
    «Be’, io no!» gridò come prima. «Sta tramando qualcosa con Draco Malfoy in questo stesso momento, proprio sotto il suo naso, e lei continua…»
    «Ne abbiamo già parlato, Harry» ribatté Silente, di nuovo inflessibile. «Ti ho detto la mia opinione».
    «Stasera lei si allontana dalla scuola e scommetto che non ha nemmeno pensato che Piton e Malfoy potrebbero decidere di…»
    «Di fare che cosa?»chiese Silente, le sopracciglia inarcate. «Di che cosa li sospetti, di preciso?»
    «Io… Hanno in mente qualcosa!» sbottò Harry, e le sue mani si chiusero a pugno. «La professoressa Cooman è appena stata nella Stanza delle Necessità per nascondere le sue bottiglie di sherry, e ha sentito Malfoy che schiamazzava e festeggiava! Sta cercando di aggiustare qualcosa di pericoloso, là dentro, e secondo me alla fine c’è riuscito e lei sta per lasciare la scuola senza…»
    «Basta così» lo interruppe Silente. Lo disse in tono tranquillo, eppure Harry tacque all’istante; sapeva di aver varcato una linea invisibile. «Credi che abbia lasciato una sola volta la scuola indifesa durante le mie assenze quest’anno? No. Questa sera, quando me ne andrò, verranno attivate altre protezioni. Ti prego di non insinuare che non prendo sul serio la sicurezza dei miei studenti, Harry».
    «Io non…» borbottò Harry, un po’ confuso, ma Silente lo interruppe.
    «Non desidero discuterne oltre».
    Harry si rimangiò la replica, timoroso di essersi spinto troppo in là, di essersi bruciato la possibilità di accompagnare Silente, ma il Preside continuò: «Desideri venire con me stasera?»
    «Sì» rispose subito Harry.
    «Molto bene, allora: ascolta».
    Silente si erse in tutta la sua altezza.
    «Ti porto con me a una condizione: che tu obbedisca all’istante a qualunque mio ordine, senza discutere».
    «Certo».
    «Cerca di comprendermi, Harry. Intendo dire che devi eseguire anche ordini come ‘fuggi’, ‘nasconditi’ o ‘torna indietro’. Ho la tua parola?»
    «Io… Sì, certo».
    «Se ti dirò di nasconderti, lo farai?»
    «Sì».
    «Se ti dirò di fuggire, obbedirai?»
    «Sì».
    «Se ti dirò di abbandonarmi e metterti in salvo, farai come ti dico?»
    «Io…»
    «Harry?»
    Si guardarono per un attimo.
    «Sì, signore».
    «Molto bene. Allora desidero che tu vada a prendere il tuo Mantello e ti trovi nella Sala d’Ingresso tra cinque minuti».
    Silente si voltò per guardare fuori dalla finestra infuocata: il sole era un riverbero rosso rubino lungo l’orizzonte. Harry uscì rapido dall’ufficio e discese la scala a chiocciola. All’improvviso il suo cervello era stranamente sgombro. Sapeva che cosa fare.
    Ron e Hermione erano seduti nella sala comune quando lui vi fece ritorno. «Che cosa vuole Silente?» chiese subito Hermione. «Harry, tutto a posto?» aggiunse, preoccupata.
    «Sto bene» rispose asciutto Harry, e li oltrepassò di corsa. Sfrecciò su per le scale fino al dormitorio, dove spalancò il baule ed estrasse la Mappa del Malandrino e un paio di calzini appallottolati. Poi corse di nuovo in sala comune e con una scivolata si fermò davanti a Ron e Hermione, che lo guardarono esterrefatti.
    «Non ho molto tempo» ansimò. «Silente crede che sia venuto a prendere il Mantello dell’Invisibilità. Sentite…»
    Disse loro in fretta dove stava andando, e perché. Non s’interruppe né per i sussulti d’orrore di Hermione né per le domande affrettate di Ron; avrebbero scoperto i particolari da soli, più tardi.
    «… capite che cosa vuol dire?» concluse Harry, concitato. «Silente non sarà qui stanotte, quindi Malfoy avrà un’ottima possibilità di tentare qualunque cosa abbia in mente. No, ascoltatemi!»sibilò rabbioso quando sia Ron che Hermione diedero segno di volerlo interrompere. «So che era Malfoy quello che festeggiava nella Stanza delle Necessità. Ecco…» Ficcò in mano a Hermione la Mappa del Malandrino. «Dovete sorvegliarlo, lui e anche Piton. Usate chiunque altro riusciate a mettere insieme dell’ES. Hermione, quei galeoni a contatto funzionano ancora, giusto? Silente dice che ha imposto alla scuola una protezione supplementare, ma se Piton è coinvolto saprà di quale protezione si tratta, e come evitarla… però non si aspetterà che tutti voi stiate in guardia, no?»
    «Harry…» cominciò Hermione, gli occhi dilatati dalla paura.
    «Non c’è tempo per discutere»la interruppe Harry, secco. «Prendete anche questi…» E ficcò i calzini in mano a Ron.
    «Grazie» rispose Ron. «Ehm… perché mi servono dei calzini?»
    «Ti serve quello che c’è dentro, è la Felix Felicis. Dividetela tra voi e Ginny. Salutatela da parte mia. È meglio che vada, Silente mi sta aspettando…»
    «No!» esclamò Hermione, mentre Ron, intimorito, toglieva la bottiglietta di pozione dorata dai calzini. «Noi non la vogliamo, prendila tu, chissà che cosa dovrai affrontare…»
    «Io sarò con Silente» ribatté Harry. «Voglio essere sicuro che voi stiate bene… non fare quella faccia, Hermione, ci vediamo più tardi…»
    E se ne andò, attraversando di corsa il buco del ritratto, diretto alla Sala d’Ingresso.
    Silente lo aspettava accanto al portone di quercia. Si voltò quando Harry arrivò pattinando al gradino più alto, ansante, con una fitta nel fianco.
    «Per favore, indossa il Mantello» disse il Preside. Harry se lo gettò addosso e Silente aggiunse: «Molto bene. Andiamo?» E cominciò a scendere gli scalini di pietra; il suo mantello da viaggio era quasi immobile nella ferma aria estiva. Harry si affrettò a seguirlo sotto il Mantello dell’Invisibilità, senza smettere di ansimare e sudare.
    «Ma che cosa diranno vedendola partire, professore?» chiese Harry, pensando a Malfoy e Piton.
    «Che vado a bere qualcosa a Hogsmeade» rispose Silente in tono leggero. «Vado spesso da Rosmerta, oppure faccio visita alla Testa di Porco… o così pare. È un modo come un altro per coprire la mia vera destinazione».
    Discesero il viale nel crepuscolo che si addensava. L’aria era carica dell’aroma di erba calda, acqua di lago e fumo di legna proveniente dalla capanna di Hagrid. Era difficile credere che fossero diretti verso qualcosa di pericoloso o terrificante.
    «Professore» mormorò Harry quando apparvero i cancelli in fondo al viale, «ci Materializzeremo?»
    «Sì» confermò Silente. «Ormai sei capace di Materializzarti, suppongo».
    «Sì» rispose Harry, «ma non ho ancora fatto l’esame».
    Sentì che era meglio essere sincero; se avesse rovinato tutto sbucando a cento chilometri di distanza da dove avrebbe dovuto?
    «Non importa» lo rassicurò Silente. «Posso accompagnarti di nuovo».
    Uscirono dai cancelli e imboccarono il viottolo per Hogsmeade, deserto e semibuio. L’oscurità calò in fretta e quando ebbero raggiunto High Street era quasi notte. Le luci baluginavano dalle finestre sopra i negozi; dai Tre Manici di Scopa provenivano rauche grida.
    «… e resta fuori!» urlò Madama Rosmerta, gettando fuori dal locale un mago dall’aria trasandata. «Oh, buonasera, Albus… sei in giro tardi…»
    «Buonasera, Rosmerta, buonasera… perdonami, sto andando alla Testa di Porco… Non avertene a male, ma stasera preferisco un’atmosfera più tranquilla…»
    Un minuto dopo voltavano l’angolo per entrare nella stradina laterale dove l’insegna della Testa di Porco cigolava piano, anche se non c’era vento. A differenza dei Tre Manici di Scopa, il pub sembrava assolutamente vuoto.
    «Non sarà necessario entrare» mormorò Silente, guardandosi intorno. «Purché nessuno ci veda partire… ora posa la mano sul mio braccio, Harry. Senza stringere troppo, mi limiterò a guidarti. Al mio tre: uno… due… tre…»
    Harry si voltò. Provò subito l’orribile sensazione di venire ficcato in un tubo di gomma; non riusciva a respirare, si sentiva comprimere in modo quasi intollerabile, e poi, quando stava per soffocare, le bende invisibili parvero esplodere, e lui si ritrovò in una fredda oscurità, a respirare grandi boccate di fresca aria salmastra.
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