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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Lettera e testamento


   Harry Potter russava forte. Era rimasto per quasi quattro ore seduto su una sedia vicino alla finestra di camera sua, a fissare la strada sempre più avvolta nel buio, e infine si era addormentato con una guancia schiacciata contro il vetro freddo, gli occhiali storti e la bocca spalancata. L’alone nebuloso lasciato dal suo respiro sulla finestra scintillava al bagliore aranciato del lampione, e la luce artificiale privava il suo volto di ogni colore, dandogli un’aria spettrale sotto il ciuffo ribelle di capelli neri.
    La stanza era disseminata di vari oggetti e di una certa quantità di rifiuti. Piume di civetta, torsoli di mela e carte di caramella ingombravano il pavimento, parecchi libri d’incantesimi giacevano alla rinfusa tra le divise aggrovigliate sul suo letto e una catasta disordinata di giornali si levava in una pozza di luce sulla sua scrivania. Uno dei titoli strillava:
   
    HARRY POTTER: IL PRESCELTO?
    Continuano a correre voci sui recenti misteriosi disordini al Ministero della Magia, durante i quali Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è stato nuovamente avvistato.
    «Non siamo autorizzati a rilasciare interviste, non chiedetemi niente» ha dichiarato ieri sera, all’uscita dal Ministero, un Obliviatore in ansia, che non ha voluto dire il proprio nome.
    Tuttavia fonti ben informate all’interno del Ministero confermano che i disordini si sono concentrati nella leggendaria Sala delle Profezie.
    Nonostante i portavoce del Ministero si siano finora rifiutati persino di confermare l’esistenza di un luogo simile, un crescente numero di appartenenti alla comunità magica crede che i Mangiamorte, ora detenuti ad Azkaban per irruzione in edificio pubblico e tentato furto, stessero cercando di rubare una profezia. La natura di tale profezia è ignota, anche se è opinione diffusa che essa riguardi Harry Potter, l’unico che sia sopravvissuto all’Anatema che Uccide, e presente al Ministero nella notte in questione. Alcuni arrivano a definire Potter il ‘Prescelto’, convinti che la profezia lo indichi come il solo che riuscirà a liberarci di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
    Il luogo in cui si trova al momento la profezia, se essa esiste, è ignoto, sebbene (cont. a pag. 2).
   
    Accanto al primo giaceva un secondo giornale. Questo titolava:
   
    SCRIMGEOUR SUCCESSORE DI CARAMELL
   
    Gran parte della prima pagina era occupata da una grande foto in bianco e nero di un uomo con una criniera leonina e il volto angosciato. La foto si muoveva: l’uomo agitava la mano verso il soffitto.
   
    Rufus Scrimgeour, già Capo dell’Ufficio Auror presso l’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, è il successore di Cornelius Caramell come Ministro della Magia. La nomina è stata generalmente accolta con entusiasmo dalla comunità magica, anche se voci di una spaccatura tra il nuovo Ministro e Albus Silente, recentemente reintegrato nel ruolo di Stregone Capo del Wizengamot, sono affiorate a poche ore dalla nomina di Scrimgeour.
    I portavoce di Scrimgeour hanno ammesso che il neoministro ha incontrato Silente subito dopo il suo insediamento alla massima carica, ma non hanno rilasciato altri commenti. Albus Silente è noto per aver (cont. a pag. 3).
   
    A sinistra di questo c’era’un altro giornale, piegato in modo da mostrare un articolo dal titolo:
   
    IL MINISTERO GARANTISCE LA SICUREZZA DEGLI STUDENTI
    Il neodesignato Ministro della Magia, Rujus Scrimgeour, ha parlato oggi delle rigide misure prese dal suo Ministero per garantire la sicurezza degli studenti che faranno ritorno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts quest’autunno.
    «Per ovvie ragioni, il Ministero non entrerà nel dettaglio del nuovo rigoroso piano di sicurezza» ha dichiarato il Ministro, anche se fonti a lui vicine hanno confermato che le misure comprendono magie e incantesimi difensivi, una complicata gamma di contromaledizioni e una piccola pattuglia di Auror assegnata esclusivamente alla protezione della Scuola di Hogwarts.
    Molti sembrano rassicurati dalla nuova, ferma presa di posizione del Ministero a proposito della sicurezza degli studenti. La signora Augusta Paciock ha dichiarato: «Mio nipote Neville, tra l’altro un buon amico di Harry Potter, che in giugno ha combattuto i Mangiamorte al suo fianco al Ministero e…»
   
    Ma il resto dell’articolo era coperto da una grossa gabbia: dentro c’era una magnifica civetta delle nevi. I suoi occhi d’ambra scrutavano la stanza con aria imperiosa, e la testa ogni tanto ruotava per consentirle di osservare il padrone intento a russare. Una o due volte fece schioccare il becco, impaziente, ma Harry dormiva troppo profondamente per sentirla.
    Un grande baule campeggiava al centro della stanza. Era aperto, come in attesa, eppure era quasi vuoto, a parte un residuo di vecchia biancheria, dolci, boccette d’inchiostro vuote e piume spezzate che ricopriva il fondo. Lì vicino, a terra, c’era un libriccino viola con stampate le parole:
   
    A cura del Ministero della Magia
    COME PROTEGGERE CASA E FAMIGLIA DALLE FORZE OSCURE
    La comunità magica attualmente è minacciata da un’organizzazione che si fa chiamare i Mangiamorte. Osservare le seguenti semplici regole di sicurezza vi aiuterà a proteggere voi, la vostra famiglia e la vostra casa da attacchi esterni.
    1. Si consiglia di non uscire di casa da soli.
    2. Osservate la massima cautela durante le ore di buio. Se possibile, effettuate eventuali spostamenti prima del cadere della notte.
    3. Controllate le misure di sicurezza attorno alla vostra casa, assicurandovi che tutti i membri della famiglia siano pratici di mezzi di emergenza come gli Incantesimi Scudo e di Disillusione, e, nel caso di minorenni, la Materializzazione Congiunta.
    4. Concordate parole d’ordine con gli amici più stretti e i famigliari in modo da individuare i Mangiamorte che assumessero sembianze altrui tramite la Pozione Polisucco (vedi pagina 2).
    5. Se un membro della famiglia, un collega, un amico o un vicino vi sembrano comportarsi in modo inusuale, contattate immediatamente la Squadra Speciale Magica. Potrebbero trovarsi sotto l’influenza della Maledizione Imperius (vedi pagina 4).
    6. Se il Marchio Nero appare sopra un’abitazione o un altro edificio, NON ENTRATE, ma contattate immediatamente l’Ufficio Auror.
    7. Segnalazioni non confermate suggeriscono che i Mangiamorte attualmente possano servirsi di Inferi (vedi pagina 10). Qualunque avvistamento di un Inferius, o incontro con lo stesso, deve essere riferito al Ministero IMMEDIATAMENTE.
   
    Harry grugnì nel sonno e il suo viso scivolò di qualche centimetro lungo il vetro, inclinandogli ancora di più gli occhiali, ma lui non si destò. Una sveglia che aveva riparato parecchi anni prima ticchettava sonora sul davanzale, indicando le undici meno un minuto. Accanto alla sveglia, fermo sotto la sua mano abbandonata, c’era un foglio di pergamena coperto da una grafìa sottile e obliqua. Harry aveva letto quella lettera tante volte da quando era arrivata tre giorni prima che, sebbene alla consegna fosse arrotolata in un cilindro ben stretto, ormai era decisamente piatta.
   
    Caro Harry,
    Se per te va bene, sarò al numero quattro di Privet Drive questo venerdì alle undici di sera per accompagnarti alla Tana, dove sei stato invitato a trascorrere il resto delle vacanze scolastiche.
    Sempre se sei d’accordo, ti sarei molto grato se potessi aiutarmi in una faccenda che vorrei sbrigare prima di arrivare alla Tana. Ti spiegherò meglio di persona.
    Per favore, manda la tua risposta con questo gufo. A venerdì, spero.
    Un caro saluto,
    Albus Silente
    Anche se la sapeva già a memoria, Harry aveva continuato a gettare occhiate a quella missiva a intervalli di pochi minuti fin dalle sette di quella sera, quando aveva preso posizione vicino alla finestra della sua camera, che offriva una vista adeguata di entrambe le estremità di Privet Drive. Sapeva che era inutile continuare a rileggere le parole di Silente; aveva rispedito il suo ‘sì’ come richiesto, e ormai non poteva far altro che aspettare: o sarebbe venuto, o non sarebbe venuto.
    Ma Harry non aveva fatto i bagagli. Sembrava troppo bello per essere vero, venire sottratto dai Dursley dopo soli quindici giorni. Non riusciva a liberarsi dalla sensazione che qualcosa sarebbe andato storto: la sua risposta a Silente poteva essersi smarrita; Silente poteva avere qualche impedimento e non riuscire a venire; la lettera poteva rivelarsi non opera di Silente, ma un trucco o uno scherzo o una trappola. Harry non era riuscito ad affrontare l’idea di fare i bagagli, per poi restare deluso e dover disfare il baule. L’unica cosa che aveva fatto nell’eventualità di un viaggio era stata chiudere in gabbia la sua civetta, Edvige.
    La lancetta dei minuti sulla sveglia raggiunse il numero dodici, e in quel preciso istante il lampione fuori dalla finestra si spense.
    Harry si destò al buio improvviso come se la sveglia avesse suonato. Si raddrizzò in fretta gli occhiali, staccò la guancia dal vetro, vi premette invece il naso e socchiuse gli occhi per scrutare il marciapiede. Un’alta figura avvolta in un lungo mantello svolazzante risaliva il vialetto del giardino.
    Harry balzò su, quasi avesse ricevuto una scarica elettrica, rovesciò la sedia e cominciò a recuperare dal pavimento tutto ciò che era alla sua portata e a gettarlo dentro il baule. Mentre lanciava una veste, due libri d’incantesimi e un pacchetto di patatine dall’altra parte della stanza, il campanello suonò.
    Giù in salotto zio Vernon urlò: «Chi diavolo è a quest’ora di notte?»
    Harry rimase paralizzato con un cannocchiale di ottone in una mano e un paio di scarpe da ginnastica nell’altra. Si era completamente dimenticato di avvertire i Dursley dell’arrivo di Silente. In preda al panico e insieme sul punto di scoppiare a ridere, scavalcò il baule e spalancò la porta della sua stanza in tempo per sentire una voce profonda che diceva: «Buonasera. Lei dev’essere il signor Dursley. Harry le ha detto che sarei venuto a prenderlo?»
    Harry si precipitò di sotto e si bloccò di colpo un po’ prima dell’ultimo gradino, poiché una lunga esperienza gli aveva insegnato a restare fuori dalla portata dello zio, per quanto possibile. Sulla soglia c’era un uomo alto e magro, con i capelli e la barba d’argento lunghi fino alla vita. Portava in equilibrio sul naso ricurvo degli occhiali a mezzaluna; indossava un lungo mantello nero da viaggio e un cappello a punta. Vernon Dursley, che aveva baffi cespugliosi quasi quanto quelli di Silente, anche se neri, e indossava una vestaglia color pulce, fissava il visitatore come se non potesse credere ai propri occhietti.
    «A giudicare dalla sua espressione di stordita incredulità, Harry non l’ha avvertita del mio arrivo» proseguì Silente in tono cortese. «Tuttavia, facciamo conto che lei mi abbia invitato con calore a entrare. Non è saggio indugiare troppo a lungo sulle soglie in questi tempi tormentati».
    Varcò elegantemente l’uscio e si chiuse la porta alle spalle.
    «È passato molto tempo dalla mia ultima visita»continuò Silente, scrutando zio Vernon dall’alto del suo naso ricurvo. «Devo dire che i suoi agapanti sono rigogliosi».
    Vernon Dursley non aprì bocca. Harry non dubitava che la parola gli sarebbe tornata, e presto — le pulsazioni della vena sulla sua tempia stavano raggiungendo la soglia del pericolo — ma qualcosa in Silente sembrava avergli mozzato il fiato. Poteva essere il suo vistoso aspetto stregonesco; o forse poteva essere che, come perfino zio Vernon aveva percepito, lì c’era qualcuno con cui sarebbe stato molto difficile fare il prepotente.
    «Ah, buonasera, Harry» disse Silente, posando lo sguardo su di lui attraverso gli occhiali a mezzaluna con intensa soddisfazione. «Ottimo, ottimo».
    Queste parole parvero riscuotere zio Vernon. Era chiaro che chiunque guardasse Harry dicendo ‘ottimo’ era uno con cui non avrebbe mai potuto trovarsi d’accordo.
    «Non ho intenzione di essere sgarbato…» esordì, con un tono che minacciava sgarbo in ogni sillaba.
    «… ma purtroppo atti di maleducazione accidentale si verificano con allarmante frequenza» concluse Silente con gravità. «Meglio non dire proprio nulla, mio caro signore. Ah, e questa dev’essere Petunia».
    La porta della cucina si era aperta, ed ecco la zia di Harry, con i guanti di gomma e un grembiule sopra la camicia da notte, evidentemente intenta all’abituale ripassata serale di tutte le superfici della cucina. La sua faccia cavallina non mostrava altro che paura.
    «Albus Silente» disse Silente, dato che zio Vernon non faceva le presentazioni. «Ci siamo scritti, come ricorderà». Harry lo trovò un modo curioso di ricordare a zia Petunia che una volta le aveva mandato una Strillettera, ma zia Petunia non contestò la scelta di lessico. «E questo dev’essere vostro figlio Dudley».
    Dudley aveva sbirciato in quel momento dalla soglia del salotto. Il suo testone biondo che spuntava dal colletto a righe del pigiama sembrava curiosamente staccato dal corpo, e la bocca era spalancata in una smorfia di stupore e paura. Silente attese per vedere se qualcuno dei Dursley diceva qualcosa, ma quando il silenzio si protrasse sorrise.
    «Diciamo allora che mi avete invitato ad accomodarmi in salotto?»
    Dudley si tolse di torno quando Silente lo oltrepassò. Harry, con il cannocchiale e le scarpe da ginnastica ancora in mano, superò con un salto gli ultimi scalini e seguì Silente, che si era sistemato nella poltrona più vicina al fuoco e osservava la stanza con benevolo interesse. Era straordinariamente fuori posto.
    «Non… non andiamo, professore?» gli chiese Harry, preoccupato.
    «Sì, certo, ma prima dobbiamo discutere di alcune questioni» disse Silente. «E preferirei non farlo all’aperto. Dovremo abusare dell’ospitalità dei tuoi zii ancora un po’».
    «Ah davvero?»
    Vernon Dursley era entrato nella stanza, con Petunia al suo fianco e Dudley appostato dietro di loro.
    «Sì» rispose con semplicità Silente, «davvero».
    Estrasse la bacchetta così in fretta che Harry quasi non la vide; a un tocco noncurante, il divano sfrecciò in avanti e travolse le gambe di tutti e tre i Dursley, che vi crollarono uno sopra l’altro. Un nuovo tocco di bacchetta e il divano tornò dov’era prima.
    «Tanto vale stare comodi» osservò Silente con garbo.
    Mentre si rimetteva in tasca la bacchetta, Harry vide che la sua mano era annerita e raggrinzita, come se la carne fosse scomparsa, bruciata.
    «Professore… che cosa è successo alla sua…?»
    «Più tardi, Harry» rispose Silente. «Per favore, siediti».
    Harry prese la poltrona che restava, deciso a non guardare i Dursley, che sembravano tramortiti.
    «Mi piacerebbe pensare che stiate per offrirmi da bere» disse Silente a zio Vernon, «ma quanto ho visto finora mi dice che sarebbe ottimistico fino alla stoltezza».
    Un terzo colpo di bacchetta e apparvero a mezz’aria una bottiglia impolverata e cinque bicchieri. La bottiglia s’inclinò e versò una dose generosa di liquido color miele nei bicchieri, che poi svolazzarono fino a ciascuno dei presenti.
    «Il miglior idromele di Madama Rosmerta, affinato in barrique» illustrò Silente, levando il bicchiere a Harry, che afferrò il suo e bevve. Non aveva mai assaggiato niente di simile, ma gli piacque moltissimo. Dopo uno scambio di occhiate atterrite, i Dursley cercarono di ignorare del tutto i loro bicchieri, impresa non facile in quanto quelli continuavano a colpirli gentilmente sulla testa. Harry non riuscì a reprimere il sospetto che Silente si stesse divertendo.
    «Bene, Harry» esordì questi, «è sorta una difficoltà che spero riuscirai a risolvere per noi. Quando dico noi, intendo l’Ordine della Fenice. Ma prima di tutto devo dirti che una settimana fa è stato ritrovato il testamento di Sirius e che ha lasciato a te tutto ciò che possedeva».
    Zio Vernon voltò la testa, ma Harry non lo guardò e non riuscì a dire nient’altro che: «Oh».
    «Tutto sommato è piuttosto semplice» continuò Silente. «Aggiungi una discreta quantità d’oro al tuo conto alla Gringott ed erediti tutte le proprietà personali di Sirius. La parte problematica del lascito…»
    «Il suo padrino è morto?»chiese zio Vernon ad alta voce. Sia Silente che Harry si voltarono a guardarlo. Il bicchiere di idromele ormai gli picchiava in testa con una certa insistenza, e lui tentò di scacciarlo. «È morto? Il suo padrino?»
    «Sì» rispose Silente. Non chiese a Harry perché non si era confidato con i Dursley. «Il nostro problema» riprese, come se non ci fosse stata alcuna interruzione, «è che Sirius ti ha lasciato anche il numero dodici di Grimmauld Place».
    «Ha ereditato una casa?»domandò zio Vernon avido, gli occhietti ridotti a fessure, ma nessuno gli rispose.
    «Potete continuare a usarla come Quartier Generale» disse Harry. «Non m’importa. Potete tenerla, non la voglio». Non voleva mai più rimettere piede al numero dodici di Grimmauld Place, se poteva evitarlo. Sarebbe stato ossessionato per sempre dal ricordo di Sirius che si aggirava da solo in quelle cupe stanze muffite, prigioniero del luogo che aveva così disperatamente desiderato lasciare.
    «È generoso da parte tua» disse Silente. «Tuttavia al momento abbiamo abbandonato l’edificio».
    «Perché?»
    «Be’» rispose Silente, ignorando i borbottii di zio Vernon, che ormai riceveva dall’ostinato bicchiere di idromele dei colpi decisi sulla testa, «la tradizione di famiglia dei Black stabiliva che la casa venisse ereditata per linea diretta, passando al maschio successivo di nome Black. Sirius era l’ultimo della sua linea di sangue, perché il fratello minore, Regulus, morì prima di lui ed entrambi non hanno avuto figli. Mentre il suo testamento esprime la chiara volontà che la casa vada a te, è comunque possibile che sul luogo sia stato gettato un incantesimo o un sortilegio per assicurarsi che non possa essere proprietà di nessuno che non sia di sangue puro».
    A Harry balenò in mente una vivida immagine del ritratto urlante e sputacchiante della madre di Sirius appeso nell’ingresso. «Ci scommetto che è così» disse.
    «Già» ribatté Silente. «E se esiste un sortilegio simile, allora è molto probabile che la proprietà della casa passi al più anziano dei parenti in vita di Sirius, ossia sua cugina, Bellatrix Lestrange».
    Senza capire quello che faceva, Harry balzò in piedi; telescopio e scarpe da tennis gli caddero a terra. Bellatrix Lestrange, l’assassina di Sirius, ereditare la sua casa?
    «No» disse.
    «Be’, ovviamente anche noi preferiremmo che non andasse a lei» rispose Silente, tranquillo. «La situazione è carica di complicazioni. Non sappiamo se gli incantesimi che noi stessi vi abbiamo imposto, per esempio, rendendola indisegnabile, avranno ancora valore, ora che la proprietà non appartiene più a Sirius. Bellatrix potrebbe presentarsi alla porta da un momento all’altro. Naturalmente abbiamo dovuto trasferirci finché le cose non saranno chiarite».
    «Ma come farete a scoprire se io posso averla?»
    «Per fortuna» replicò Silente, «c’è una prova semplice».
    Posò il bicchiere vuoto su un tavolino accanto alla poltrona, ma prima che potesse fare altro, zio Vernon urlò: «Vuole toglierci di dosso questi maledetti cosi?»
    Harry si voltò: tutti e tre i Dursley si riparavano la testa con le mani mentre i bicchieri rimbalzavano su e giù sui loro crani e l’idromele schizzava dappertutto.
    «Oh, mi dispiace tanto» disse Silente con garbo, e levò di nuovo la bacchetta. I bicchieri sparirono. «Ma sarebbe stato più educato bere».
    Zio Vernon sembrava pronto a esplodere in un effluvio di rispostacce, ma si limitò a ritrarsi fra i cuscini con zia Petunia e Dudley senza dire nulla, tenendo gli occhietti porcini fissi sulla bacchetta di Silente.
    «Vedi» riprese quest’ultimo rivolto a Harry, come se zio Vernon non avesse proferito motto, «se hai davvero ereditato la casa, hai ereditato anche…»
    Agitò la bacchetta per la quinta volta. Si udì un forte crac e apparve un elfo domestico, con il naso a grugno, orecchie giganti da pipistrello ed enormi occhi iniettati di sangue, rannicchiato sulla folta moquette pelosa dei Dursley e coperto di stracci sudici. Zia Petunia emise uno strillo da far rizzare i capelli: niente di così sporco era entrato in casa sua a memoria d’uomo; Dudley sollevò dal pavimento i rosei piedoni nudi e rimase seduto tenendoli quasi sopra la testa, come se pensasse che la creatura potesse risalirgli su per i pantaloni del pigiama, e zio Vernon urlò: «Che diavolo è quello?»
    «Kreacher» rispose Silente.
    «Kreacher non vuole, Kreacher non vuole, Kreacher non vuole!» gracchiò l’elfo domestico, forte quasi quanto zio Vernon, pestando i lunghi piedi contorti e tirandosi le orecchie. «Kreacher appartiene alla signorina Bellatrix, oh sì, Kreacher appartiene ai Black, Kreacher vuole la sua nuova padrona, Kreacher non andrà dal moccioso Potter, no, no, no…»
    «Come puoi vedere, Harry» gridò Silente, per superare i ripetuti gracchianti ‘no, no, no’ dell’elfo domestico, «Kreacher mostra una certa riluttanza a diventare tua proprietà».
    «Non mi importa»rispose di nuovo Harry, guardando con disgusto l’elfo domestico che si contorceva e pestava i piedi. «Io non lo voglio».
    «No, no, no…»
    «Preferiresti che passasse nelle mani di Bellatrix Lestrange? Sapendo che ha trascorso l’ultimo anno nel Quartier Generale dell’Ordine della Fenice?»
    «No, no, no…»
    Harry fissò Silente. Sapeva che non si poteva lasciare che Kreacher andasse a stare con Bellatrix Lestrange, ma l’idea di possederlo, di essere responsabile della creatura che aveva tradito Sirius era ripugnante.
    «Dagli un ordine» disse Silente. «Se è diventato tua proprietà, dovrà obbedire. Altrimenti, dovremo pensare a un altro modo per tenerlo lontano dalla sua legittima padrona».
    «No, no, no, NO!»
    La voce di Kreacher era diventata un urlo. Harry non riuscì a pensare a niente da dire, se non: «Kreacher, sta’ zitto!»
    Per un attimo parve che Kreacher stesse per soffocare. Si afferrò la gola, con la bocca che ancora si agitava furiosa e gli occhi sporgenti. Dopo qualche secondo di quelle boccate frenetiche, si gettò faccia in giù sulla moquette (zia Petunia piagnucolò) e batté mani e piedi per terra, lasciandosi andare a una violenta ma del tutto silenziosa scenata.
    «Be’, questo semplifica le cose» commentò Silente con allegria. «Pare che Sirius sapesse quello che faceva. Sei il legittimo proprietario del numero dodici di Grimmauld Place, e di Kreacher».
    «Devo… devo tenerlo con me?» chiese Harry agghiacciato, mentre Kreacher si divincolava ai suoi piedi.
    «No, se non vuoi» rispose Silente. «Se posso darti un suggerimento, potresti mandarlo a Hogwarts a lavorare nelle cucine. Così gli altri elfi domestici lo terranno d’occhio».
    «Sicuro» disse Harry, sollevato, «sì, farò così. Ehm… Kreacher… voglio che tu vada a Hogwarts e lavori nelle cucine con gli altri elfi domestici».
    Kreacher, che giaceva sulla schiena con mani e piedi per aria, scoccò a Harry uno sguardo intriso del più profondo disprezzo e sparì con un altro sonoro crac.
    «Bene»disse Silente. «C’è anche la questione dell’Ippogrifo, Fierobecco. Hagrid si occupa di lui dalla morte di Sirius, ma ora Fierobecco è tuo, quindi se preferisci un’altra sistemazione…»
    «No» rispose subito Harry, «può restare con Hagrid. Credo che sia quello che vorrebbe Fierobecco».
    «Hagrid ne sarà lieto» ribatté Silente con un sorriso. «Era emozionatissimo quando ha rivisto Fierobecco. Tra parentesi, abbiamo deciso, nell’interesse della sua sicurezza, di ribattezzarlo Alisecco per il momento, anche se dubito che il Ministero potrebbe mai indovinare che è l’Ippogrifo che una volta ha condannato a morte. Allora, Harry, il tuo baule è pronto?»
    «Ehm…»
    «Dubitavi che sarei venuto?» suggerì Silente, ironico.
    «Vado a… ehm… finire» rispose subito Harry, e si affrettò a raccogliere cannocchiale e scarpe da tennis.
    Gli ci vollero poco più di dieci minuti per recuperare tutto ciò di cui aveva bisogno; infine riuscì a estrarre il Mantello dell’Invisibilità da sotto il letto, a riavvitare il tappo sulla boccetta di Inchiostro Cambiacolore e a costringere il coperchio del baule a chiudersi sopra il suo calderone. Poi, trascinando il bagaglio con una mano e reggendo la gabbia di Edvige nell’altra, tornò di sotto.
    Fu deluso di scoprire che Silente non lo aspettava nell’ingresso, e che quindi gli toccava tornare in sala.
    Nessuno parlava. Silente canticchiava piano, evidentemente a suo agio, ma l’atmosfera era più densa di una crema pasticcera e Harry non osò guardare i Dursley.
    «Professore… ora sono pronto».
    «Bene» disse Silente. «Un’ultima cosa, allora». E si rivolse di nuovo ai Dursley: «Come senza dubbio saprete, Harry diventerà maggiorenne fra un anno…»
    «No» ribatté zia Petunia, parlando per la prima volta.
    «Prego?»chiese Silente in tono educato.
    «No che non diventa maggiorenne. Ha un mese meno di Dudley, e Didino compirà diciott’anni solo fra due anni».
    «Ah» rispose Silente garbato, «ma nel mondo magico si diventa maggiorenni a diciassette anni».
    Zio Vernon borbottò ‘ridicolo’, ma Silente lo ignorò.
    «Ora, come già sapete, il mago chiamato Lord Voldemort è tornato in questo paese. La comunità magica attualmente è in uno stato di guerra aperta. Harry, che Lord Voldemort ha già cercato di uccidere parecchie volte, è ancora più in pericolo del giorno che lo lasciai sulla vostra soglia quindici anni fa, con una lettera che spiegava dell’assassinio dei suoi genitori ed esprimeva la speranza che vi sareste presi cura di lui come se fosse vostro».
    Silente osservò una pausa, e anche se la sua voce rimase leggera e tranquilla, e lui non diede segni evidenti di rabbia, Harry sentì una sorta di gelo emanare dalla sua persona e notò che i Dursley si stringevano più vicini tra loro.
    «Non avete fatto come vi ho chiesto. Non avete mai trattato Harry come un figlio. Con voi non ha conosciuto altro che abbandono, e spesso crudeltà. Il meglio che si possa dire è che almeno è sfuggito al terribile danno che avete inflitto al disgraziato ragazzo seduto tra voi».
    Sia zia Petunia che zio Vernon si voltarono d’istinto, come se si aspettassero di vedere qualcun altro che non fosse Dudley schiacciato fra loro.
    «Noi… maltrattare Didino? Che cosa…?» cominciò zio Vernon furioso, ma Silente levò un dito e il signor Dursley ammutolì come se il mago l’avesse colpito con un incantesimo.
    «La magia che evocai quindici anni fa implica che Harry abbia su di sé una protezione potente finché ancora può definire questo luogo casa sua. Per quanto infelice sia stato qui, per quanto male accetto, per quanto maltrattato, almeno, pur a malincuore, gli avete concesso un posto. La magia cesserà di funzionare nel momento in cui Harry compirà diciassette anni; in altre parole, nel momento in cui diventerà un uomo. Chiedo solo questo: che concediate a Harry di tornare ancora una volta in questa casa prima del suo diciassettesimo compleanno, il che garantirà che la protezione continui fino ad allora».
    Nessuno dei Dursley disse nulla. Dudley era un po’ accigliato, come se stesse ancora cercando di capire quando mai era stato maltrattato. Zio Vernon sembrava avere qualcosa impigliato in gola; zia Petunia, invece, era stranamente colorita.
    «Be’, Harry… è ora di andare». Silente si alzò e si lisciò il lungo mantello nero. «Ci rivedremo» disse ai Dursley, che avevano tutta l’aria di pensare che, se fosse dipeso da loro, quel momento non sarebbe arrivato mai. E dopo essersi tolto il cappello, uscì dalla stanza.
    «Addio» mormorò Harry in fretta ai Dursley, e seguì Silente, che si fermò accanto al baule, sul quale era in bilico la gabbia di Edvige.
    «Non è il caso che ci carichiamo di queste cose adesso» disse, e sfoderò di nuovo la bacchetta. «Le spedirò alla Tana ad aspettarci. Tuttavia vorrei che tu portassi il Mantello dell’Invisibilità… non si sa mai».
    Harry sfilò il Mantello dal baule con qualche difficoltà, cercando di evitare che Silente notasse il caos che c’era dentro. Quando lo ebbe ficcato in una tasca interna del giubbotto, Silente agitò la bacchetta e baule, gabbia e Edvige svanirono. Allora il mago agitò di nuovo la bacchetta e la porta si aprì sulla fresca, nebbiosa oscurità.
    «E ora, Harry, usciamo nella notte e seguiamo la fugace tentatrice, l’avventura».
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