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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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La tomba bianca


   Tutte le lezioni furono sospese, tutti gli esami posticipati. Alcuni studenti furono portati frettolosamente via da Hogwarts dai genitori nei due giorni che seguirono: le gemelle Patil partirono prima di colazione la mattina dopo la morte di Silente, e Zacharias Smith fu scortato fuori dal castello dal suo altezzoso padre. Seamus Finnigan, invece, si rifiutò categoricamente di seguire la madre a casa; fecero a chi urlava di più nella Sala d’Ingresso, e la sfida si risolse quando lei acconsentì a lasciarlo a scuola per il funerale. Ebbe difficoltà a trovare un letto a Hogsmeade, raccontò Seamus a Harry e Ron, perché maghi e streghe si riversavano nel villaggio, preparandosi a rendere l’ultimo tributo a Silente.
    Tra gli studenti più giovani corse una certa agitazione quando una carrozza che non avevano mai visto, di un blu polveroso, grande come una casa, trainata da una dozzina di immensi cavalli palomino alati, planò dal cielo nel tardo pomeriggio prima del funerale e atterrò al limitare della Foresta. Harry vide dalla finestra una bella donna gigantesca, con la pelle olivastra e i capelli neri, scendere i gradini della carrozza e gettarsi tra le braccia di Hagrid, che la aspettava. Nel frattempo una delegazione di funzionari del Ministero, compreso il Ministro della Magia in persona, veniva alloggiata nel castello. Harry evitò accuratamente ogni contatto con loro; era sicuro che prima o poi avrebbe dovuto di nuovo rendere conto dell’ultima escursione di Silente fuori da Hogwarts.
    Harry, Ron, Hermione e Ginny non si lasciavano mai. Il bel tempo sembrava prendersi gioco di loro; Harry immaginava come sarebbe stato se Silente non fosse morto e avessero trascorso quel periodo insieme, la fine della scuola, gli esami di Ginny alle spalle, il sollievo di non avere più compiti… e ora dopo ora, rimandava quello che sapeva di dover dire, di dover fare, perché era troppo difficile rinunciare al conforto più dolce.
    Andavano in infermeria due volte al giorno: Neville era stato dimesso, ma Bill era ancora ricoverato da Madama Chips. Le sue cicatrici non erano migliorate; anzi, ormai somigliava molto a Malocchio Moody, anche se grazie al cielo possedeva tutti e due gli occhi e le gambe, ma per il resto era lo stesso di sempre. Il solo cambiamento sembrava la nuova, smodata passione per le bistecche molto al sangue.
    «… persciò è una fortuna che sposi me» concluse Fleur allegramente, sprimacciandogli i cuscini, «perché gli anglesi cuosciono troppo la carne, l’ho sompre detto».
    «Dovrò abituarmi all’idea che la sposerà sul serio» sospirò Ginny quella sera, seduta con Harry, Ron e Hermione accanto alla finestra aperta della sala comune a guardare fuori, verso il parco al crepuscolo.
    «Non è poi così male» commentò Harry. «Brutta, però» aggiunse in fretta quando Ginny alzò le sopracciglia, e lei fece una risatina.
    «Be’, immagino che se lo può sopportare mamma posso farlo anch’io».
    «È morto qualcun altro che conosciamo?» chiese Ron a Hermione, che stava scorrendo Il Profeta della Sera.
    Hermione sussultò per la durezza forzata nella sua voce.
    «No» rispose in tono di rimprovero, ripiegando il giornale. «Stanno ancora cercando Piton, ma non c’è traccia…»
    «Naturalmente» sbottò Harry, che si scaldava ogni volta che si toccava l’argomento. «Non troveranno Piton finché non trovano Voldemort, e visto che non ci sono mai riusciti in tutto questo tempo…»
    «Io vado a dormire» sbadigliò Ginny. «Non dormo bene da quando… Be’… mi serve un po’ di sonno».
    Baciò Harry (Ron distolse ostentatamente lo sguardo), salutò con la mano gli altri due e si diresse verso il dormitorio femminile. Non appena la porta si fu chiusa, Hermione si protese verso Harry con un’espressione assolutamente hermionesca.
    «Harry, ho scoperto una cosa questa mattina in biblioteca…»
    «R.A.B.?» chiese Harry, rizzandosi a sedere.
    Non era più come in passato, quando era emozionato, incuriosito, desideroso di risolvere un mistero; ora, scoprire la verità sull’autentico Horcrux era un compito da portare a termine prima di procedere sul lungo, tortuoso sentiero che si stendeva davanti a lui, il sentiero sul quale lui e Silente si erano incamminati insieme, e che ora sapeva di dover percorrere da solo. Potevano esserci ancora fino a quattro Horcrux e bisognava trovarli ed eliminarli tutti per poter avere anche solo una possibilità di uccidere Voldemort. Continuava a recitarne i nomi tra sé e sé, come se elencarli potesse avvicinarli alla sua portata: «Il medaglione… la coppa… il serpente… qualcosa di Grifondoro o di Corvonero… il medaglione… la coppa… il serpente… qualcosa di Grifondoro o di Corvonero…»
    Harry si ripeteva questo mantra la sera prima di addormentarsi, e i suoi sogni erano popolati da coppe, medaglioni e oggetti misteriosi che non riusciva a raggiungere, anche se Silente gli offriva una scala di corda che si trasformava in un intreccio di serpenti non appena lui cominciava a salire…
    Aveva mostrato a Hermione il biglietto dentro il medaglione la mattina dopo la morte di Silente, e anche se lei non aveva riconosciuto subito le iniziali come quelle di qualche oscuro mago di cui aveva letto, da allora correva in biblioteca un po’ più spesso del necessario per qualcuno che non aveva più compiti.
    «No» rispose lei triste, «ci sto provando, Harry, ma non ho trovato nulla… ci sono un paio di maghi abbastanza noti con quelle iniziali… Rosalind Antigone Bungs… Rupert ‘Asciarude’ Brookstanton… ma non sembra proprio che corrispondano. A giudicare da quel biglietto, la persona che ha rubato l’Horcrux conosceva Voldemort, e non riesco a trovare uno straccio di prove che la Bungs o Asciarude abbiano mai avuto a che fare con lui… No, veramente si tratta… be’, di Piton».
    Anche solo pronunciare di nuovo quel nome la rese nervosa.
    «Cosa hai scoperto?» chiese Harry in tono grave, accasciandosi di nuovo nella poltrona.
    «Be’, è solo che avevo quasi ragione sulla faccenda del Principe Mezzosangue».
    «Devi proprio girare il coltello nella piaga, Hermione?»
    «No… no… Harry, non intendevo questo!» ribatté subito lei, guardandosi intorno per controllare che nessuno origliasse. «È solo che avevo ragione sul fatto che un tempo quel libro era appartenuto a Eileen Prince. Era la madre di Piton!»
    «Non doveva essere proprio una bellezza»osservò Ron. Hermione lo ignorò.
    «Stavo scorrendo il resto dei vecchi Profeti e c’era un brevissimo annuncio del matrimonio di Eileen Prince con un uomo di nome Tobias Piton, e poi più tardi un altro che diceva che aveva dato alla luce un…»
    «… assassino»sbottò Harry.
    «Be’… sì» disse Hermione. «Quindi… avevo ragione. Piton doveva essere fiero di essere ‘un mezzo Prince’, un mezzo principe. Tobias Piton era un Babbano, stando a quello che diceva Il Profeta».
    «Sì, corrisponde»concordò Harry. «Punta sul suo lato Purosangue in modo da farsi amici Lucius Malfoy e tutti gli altri… come Voldemort. Madre Purosangue, padre Babbano… si vergogna della propria ascendenza, vuole farsi temere usando le Arti Oscure, si sceglie un nuovo nome impressionante… Lord Voldemort… Principe Mezzosangue… Com’è possibile che sia sfuggito a Silente…?»
    S’interruppe e guardò fuori dalla finestra. Non riusciva a non rimuginare sull’ingiustificabile fiducia di Silente in Piton… Ma come Hermione gli aveva appena ricordato senza volerlo, lui, Harry, era stato ingannato allo stesso modo… Nonostante la crescente ferocia di quegli incantesimi scarabocchiati, si era rifiutato di pensare male del ragazzo che era stato così intelligente, che l’aveva tanto aiutato…
    Aiutato… era un pensiero quasi insopportabile, ora…
    «Continuo a non capire come mai non ti ha denunciato per aver usato quel libro» dichiarò Ron. «Doveva aver capito da dove prendevi tutto».
    «Lo sapeva»rispose Harry, amareggiato. «L’ha capito quando ho usato il Sectumsempra. Non ha avuto bisogno della Legilimanzia… Forse lo sapeva anche prima, quando Lumacorno continuava a ripetere quanto ero abile in Pozioni… Non avrebbe dovuto lasciare il suo vecchio manuale in fondo a quell’armadio, no?»
    «Ma perché non ti ha denunciato?»
    «Non credo che volesse essere collegato a quel libro» intervenne Hermione. «Non penso che Silente avrebbe gradito. E se anche Piton avesse finto che non fosse suo, Lumacorno avrebbe riconosciuto subito la scrittura. Comunque, il manuale è rimasto nella vecchia classe di Piton, e scommetto che Silente sapeva che sua madre si chiamava ‘Prince’».
    «Avrei dovuto far vedere il libro a Silente» disse Harry. «Lui mi mostrava quanto Voldemort fosse malvagio fin da quando era a scuola, e io avevo la prova che anche Piton lo era…»
    «’Malvagio’ è una parola forte» mormorò Hermione.
    «Eri tu che continuavi ad avvertirmi che il libro era pericoloso!»
    «Harry, voglio dire che ti stai dando colpe eccessive. Io pensavo che il Principe avesse un orrendo senso dell’umorismo, ma non avrei mai sospettato che fosse un potenziale assassino…»
    «Nessuno di noi avrebbe potuto sospettare. che Piton avrebbe… ecco» concluse Ron.
    Calò il silenzio. Ciascuno di loro era smarrito nei propri pensieri, ma Harry era certo che i suoi amici, come lui, stessero pensando alla mattina dopo, quando Silente sarebbe stato deposto nella tomba. Harry non era mai stato a un funerale; non c’era stato un corpo da seppellire quando Sirius era morto. Non sapeva che cosa aspettarsi ed era un po’ in ansia per quello che avrebbe visto, per quello che avrebbe provato. Si chiese se la morte di Silente gli sarebbe sembrata più vera a funerale concluso. Anche se in alcuni momenti l’orribile verità minacciava di sopraffarlo, c’erano distese vuote di stordimento nelle quali, nonostante il fatto che non si parlasse d’altro in tutto il castello, trovava difficile credere che fosse davvero morto. Non aveva cercato disperatamente una sorta di scappatoia, come con Sirius, un modo per far tornare indietro Silente… cercò nella tasca la fredda catena del falso Horcrux che portava con sé ovunque, non come talismano, ma come memoria di quanto era costato e di quanto ancora restava da fare.
    Il giorno dopo si alzò presto per fare i bagagli: l’Espresso per Hogwarts sarebbe partito un’ora dopo il funerale. In Sala Grande trovò un’atmosfera sommessa. Tutti indossavano vesti da cerimonia e nessuno sembrava avere molta fame. La professoressa McGranitt aveva lasciato vuota la poltrona simile a un trono al centro della tavola degli insegnanti. Anche la sedia di Hagrid era vuota: Harry si disse che forse non era riuscito ad affrontare la colazione; il posto di Piton, invece, era stato semplicemente occupato da Rufus Scrimgeour. Harry evitò i suoi occhi giallastri che percorrevano la Sala; ebbe la spiacevole sensazione che stesse cercando proprio lui. Nel seguito di Scnmgeour notò i capelli rossi e gli occhiali cerchiati di corno di Percy Weasley. Ron non diede segno di averlo visto, ma trafisse la sua aringa affumicata con insolita ferocia.
    Alla tavola di Serpeverde, Tiger e Goyle borbottavano tra loro. Corpulenti com’erano, sembravano stranamente soli senza l’alta figura pallida di Malfoy che li strapazzava. Harry non gli aveva dedicato molti pensieri. La sua ostilità era tutta per Piton, ma non aveva dimenticato la paura nella voce di Malfoy in cima a quella Torre, e nemmeno il fatto che aveva abbassato la bacchetta prima che arrivassero gli altri Mangiamorte. Harry non credeva che Malfoy avrebbe ucciso Silente. Lo disprezzava per la sua infatuazione per le Arti Oscure, ma ora una minuscola goccia di pietà si mescolava alla sua avversione. Si chiese dove fosse in quel momento, e che cosa Voldemort lo stesse costringendo a fare sotto la minaccia di ucciderlo insieme ai genitori.
    I pensieri di Harry furono interrotti da una gomitata di Ginny. La professoressa McGranitt si era alzata e il mormorio funereo nella Sala cessò all’istante.
    «È quasi ora»annunciò. «Per favore, seguite i direttori delle vostre Case nel parco. Grifondoro, dietro di me».
    Si misero in fila dietro le panche in un silenzio quasi perfetto. Harry scorse Lumacorno in testa alla colonna di Serpeverde, con una magnifica veste verde smeraldo ricamata d’argento. Non aveva mai visto la professoressa Sprite, direttrice dei Tassorosso, cosi pulita; sul suo cappello non c’era una sola toppa, e quando raggiunsero la Sala d’Ingresso trovarono Madama Pince in piedi accanto a Gazza, lei avvolta in un pesante velo nero che le arrivava alle ginocchia, lui in un antico completo con la cravatta, sempre neri, e olezzanti di naftalina.
    Come Harry scoprì uscendo sui gradini di pietra, erano diretti verso il lago. Il calore del sole gli accarezzò il viso, mentre seguivano in silenzio la professoressa McGranitt fino al luogo in cui centinaia di sedie erano state disposte in file ordinate. Al centro si apriva un corridoio: in fondo c’era una tavola di marmo, e tutte le sedie erano rivolte da quella parte. Era un magnifico giorno d’estate.
    Uno straordinario assortimento di persone aveva già preso posto: sciatti ed eleganti, vecchi e giovani. Harry non ne riconobbe la gran parte, ma alcuni sì, compresi i membri dell’Ordine della Fenice: Kingsley Shacklebolt, Malocchio Moody, Tonks dai capelli tornati miracolosamente di un accesissimo rosa, Remus Lupin, mano nella mano con lei, i signori Weasley, Bill sorretto da Fleur e seguito da Fred e George, che indossavano giacche di pelle di drago nera. Poi c’erano Madame Maxime, che occupava da sola due sedie e mezzo, Tom, il padrone del Paiolo Magico, Arabella Figg, la vicina Maganò di Harry, la villosa bassista del gruppo magico le Sorelle Stravagarie, Ernie Urto, autista del Nottetempo, Madama McClan del negozio di vestiti di Diagon Alley, e alcune persone che Harry conosceva solo di vista, come il barista della Testa di Porco e la strega che spingeva il carrello dell’Espresso per Hogwarts. C’erano anche i fantasmi del castello, appena visibili alla splendente luce del sole, riconoscibili solo quando si muovevano, tremando evanescenti nell’aria luminosa.
    Harry, Ron, Hermione e Ginny si sedettero all’estremità di una fila accanto al lago. La gente sussurrava; era come una brezza nell’erba, ma il canto degli uccelli era più sonoro. La folla continuava a crescere; con un enorme impeto di affetto per entrambi, Harry vide Neville, e Luna che lo aiutava a sedersi. Soltanto loro di tutto l’ES avevano risposto all’appello di Hermione la notte in cui Silente era morto, e Harry sapeva perché: erano quelli a cui l’ES mancava di più… probabilmente quelli che controllavano regolarmente la loro moneta nella speranza che ci fosse un’altra riunione…
    Cornelius Caramell li oltrepassò, diretto alle file davanti, con aria derelitta, rigirando la bombetta verde come al solito; Harry riconobbe poi Rita Skeeter, che, osservò con uno scatto d’ira, aveva un bloc-notes stretto nella mano armata di rossi artigli; e poi, con un sussulto di rabbia ancora peggiore, Dolores Umbridge, che ostentava sul volto da rospo una poco convincente espressione contrita, e un fiocco di velluto nero sopra i ricci color ferro. Alla vista del centauro Fiorenzo, che si ergeva come una sentinella al limitare dell’acqua, sussultò e sgattaiolò rapida a distanza di sicurezza.
    Finalmente tutti i professori si sedettero. Harry vide Scrimgeour grave e austero in prima fila con la professoressa McGranitt. Si chiese se a Scrimgeour o a qualcuna di quelle persone importanti dispiacesse davvero della morte di Silente. Ma poi udì una musica, una musica strana, ultraterrena, e guardandosi attorno in cerca della fonte si dimenticò di tutto il resto. Non fu il solo: molte teste si voltavano, cercavano, un po’ nervose.
    «Là dentro» gli sussurrò Ginny all’orecchio.
    Li vide nell’acqua verde chiaro illuminata dal sole, pochi centimetri sotto la superficie, e gli ricordarono orrendamente gli Inferi: un coro di sirene e tritoni che cantavano in una lingua incomprensibile, i pallidi volti increspati, i capelli violetti che danzavano attorno alle teste. La musica gli fece venire la pelle d’oca, eppure non era sgradevole. Parlava chiaramente di perdita e disperazione. Mentre guardava in basso i volti selvaggi dei cantori ebbe la sensazione che almeno loro fossero davvero tristi. Poi Ginny gli diede un altro colpetto e lui si voltò.
    Hagrid risaliva lentamente il passaggio tra le sedie. Piangeva in silenzio, il volto bagnato di lacrime, e tra le sue braccia, avvolto in un drappo di velluto viola trapunto di stelle dorate, c’era il corpo di Silente. Harry percepì un dolore acuto salirgli alla gola: per un attimo, la strana musica e la consapevolezza che il corpo di Silente era così vicino parvero sottrarre tutto il calore al giorno. Ron era pallido e spaventato. Ginny e Hermione piangevano silenziosamente.
    Non videro bene ciò che accadde davanti. Hagrid doveva aver posato Silente sulla tavola. Si ritirò lungo il corridoio, soffiandosi il naso con alti strombettii che attrassero gli sguardi scandalizzati di alcuni presenti, fra cui, notò Harry, Dolores Umbridge… ma luì sapeva che Silente non ci avrebbe badato. Tentò di rivolgere un gesto amichevole a Hagrid mentre passava, ma gli occhi del guardiacaccia erano così gonfi che c’era da meravigliarsi che sapesse dove metteva i piedi. Harry lanciò un’occhiata alla fila in fondo, dove si dirigeva Hagrid e capì che cosa lo guidava: laggiù, vestito con giacca e pantaloni grandi ciascuno come una piccola tenda, c’era il gigante Grop, il brutto testone roccioso chino, docile, quasi umano. Hagrid sedette vicino al suo fratellastro e Grop gli diede una pacca sulla testa, tanto forte da far sprofondare le gambe della sedia nel terreno. Harry ebbe una meravigliosa, momentanea gran voglia di ridere. Ma poi la musica cessò e lui si voltò di nuovo a guardare la scena.
    Un ometto con i capelli a ciuffi e una semplice veste nera si era alzato e stava diritto davanti al corpo di Silente. Harry non riuscì a sentire che cosa diceva. Strane parole fluttuavano fino a loro sopra le centinaia di teste. «Nobiltà di spirito»… «contributo intellettuale»… «grandezza di cuore»… non voleva dire granché. Aveva poco a che fare con il Silente che Harry aveva conosciuto. Si ricordò di che cosa intendeva Silente per ‘qualche parola’: «pigna, pizzicotto, manicotto, tigre» e di nuovo dovette trattenere il sorriso… ma che cosa gli succedeva?
    Udì un morbido sciacquio alla propria sinistra e vide che gli esseri marini erano affiorati per ascoltare. Ricordò Silente rannicchiato sulla riva due anni prima, molto vicino a dove si trovava ora lui, a conversare in Marino con la Capitansirena. Si domandò dove Silente avesse imparato il Marino. C’erano tante cose che non gli aveva mai chiesto, tante cose che avrebbe dovuto dire…
    E poi, a sorpresa, gli si riversò addosso la spaventosa verità, assoluta e irreversibile. Silente era morto, se n’era andato… strinse in mano il freddo medaglione, così forte da farsi male, ma non riuscì a evitare che lacrime bollenti gli scivolassero dagli occhi: distolse lo sguardo da Ginny e dagli altri e guardò oltre il lago, verso la Foresta, mentre l’ometto in nero continuava a declamare monotono… Ci fu un movimento tra gli alberi. Anche i centauri erano venuti a rendere omaggio. Non uscirono allo scoperto ma Harry li vide immobili, seminascosti nell’ombra, osservare i maghi, gli archi appesi al fianco. E ricordò la sua prima gita da incubo nella Foresta, la prima volta che aveva incontrato la cosa che allora era Voldemort, e come l’aveva affrontato, e come non molto tempo dopo lui e Silente avevano parlato del fatto di combattere una battaglia persa. Era importante, aveva detto Silente, combattere, e ancora combattere, e continuare a combattere, perché solo così il male poteva essere tenuto a bada, anche se non poteva mai essere completamente sradicato…
    E Harry, seduto sotto il sole caldo, vide con estrema chiarezza come coloro che gli avevano voluto bene si erano messi, uno alla volta, davanti a lui per proteggerlo: sua madre, suo padre, il suo padrino, e infine Silente; ma ormai era finita. Non poteva permettere a nessun altro di porsi fra lui e Voldemort. Doveva abbandonare per sempre l’illusione che avrebbe dovuto perdere già all’età di un anno: che tra le braccia di un genitore nulla poteva fargli del male. Non c’era modo di svegliarsi dal suo incubo, nessun conforto nel buio a dirgli che era al sicuro, che era tutto un sogno; l’ultimo e il più grande dei suoi protettori era morto, e lui era più solo di quanto non fosse mai stato.
    L’ometto in nero aveva smesso di parlare, finalmente, ed era tornato a sedersi. Harry attese che qualcun altro si alzasse; si aspettava discorsi, probabilmente dal Ministro, ma nessuno si mosse.
    Poi molte persone urlarono. Bianche fiamme splendenti si erano levate attorno a Silente e alla tavola sulla quale giaceva; diventarono sempre più alte, nascondendo il corpo. Fumo bianco salì a spirale nell’aria disegnando strane forme: Harry credette, per un istante che gli fermò il cuore, di vedere una fenice volare gioiosa nell’azzurro, ma un attimo dopo il fuoco era sparito. Al suo posto c’era una tomba di marmo bianco, che racchiudeva il corpo di Silente e la tavola sulla quale aveva riposato.
    Si levarono ancora alcune grida di spavento quando una pioggia di frecce planò nell’aria, per ricadere a una certa distanza dalla folla. Era il tributo dei centauri: Harry li vide voltarsi e sparire di nuovo tra i freschi alberi. Allo stesso modo, gli esseri marini s’inabissarono nell’acqua verde.
    Harry guardò Ginny, Ron e Hermione: il volto di Ron era contratto come se la luce del sole lo accecasse. Quello di Hermione era lucido di lacrime, ma Ginny non piangeva più. Incrociò gli occhi di Harry con la stessa espressione dura e ardente di quando lo aveva abbracciato dopo aver vinto la Coppa di Quidditch senza di lui, e lui seppe che in quel momento si capivano alla perfezione e che, quando lui le avesse detto che cosa avrebbe fatto, non avrebbe detto ‘sta’ attento’ o ‘non farlo’, ma avrebbe accettato la sua decisione, perché non si sarebbe aspettata da lui niente di meno. E così si preparò a dire quello che doveva da quando Silente era morto.
    «Ginny, ascolta…» mormorò pianissimo, mentre il brusio cresceva attorno a loro e la gente cominciava ad alzarsi. «Non posso più stare con te. Dobbiamo smettere di vederci. Non possiamo stare insieme».
    Lei chiese, con uno strano sorriso storto: «È per qualche stupida, nobile ragione, vero?»
    «Queste ultime settimane con te sono state come… come la vita di un altro» continuò Harry. «Ma io non posso… noi non possiamo… Devo fare delle cose da solo, ora».
    Lei non pianse; lo guardò negli occhi.
    «Voldemort usa le persone a cui i suoi nemici tengono. Ti ha già usato una volta come esca, e solo perché sei la sorella del mio migliore amico. Pensa a quanto più grande sarà il pericolo che correrai se continuiamo a stare insieme. Lo verrà a sapere, lo scoprirà. Cercherà di arrivare a me attraverso di te».
    «E se a me non importasse?» ribatté Ginny con forza.
    «Importa a me» rispose Harry. «Come credi che mi sentirei se questo fosse il tuo funerale… e fosse colpa mia…»
    Lei distolse lo sguardo per fissare il lago.
    «Io non ho mai davvero rinunciato a te» disse. «Mai. Ho sempre sperato… Hermione mi ha detto di vivere la mia vita, magari di stare con altri, di lasciarti perdere per un po’, perché non riuscivo a spiccicare parola se c’eri tu nella stessa stanza, ti ricordi? E lei pensava che forse mi avresti notato di più se io fossi stata un po’ più… me stessa».
    «Astuta, quell’Hermione». Harry cercò di sorridere. «Vorrei solo averti chiesto di stare con me prima. Avremmo avuto un sacco di tempo… mesi… forse anni…»
    «Ma tu eri troppo occupato a salvare il mondo magico» lo interruppe Ginny con una mezza risata. «Be’… non posso dire di essere sorpresa. Sapevo che sarebbe successo, alla fine. Sapevo che non saresti stato contento se non fossi andato a caccia di Voldemort. Forse è per questo che mi piaci tanto».
    Harry non sopportava quelle parole, e temeva di non riuscire a mantenere la risoluzione presa se fosse rimasto seduto accanto a lei. Vide Ron, con le lacrime che gli colavano dalla punta del lungo naso, stringere a sé Hermione e accarezzarle i capelli mentre lei gli singhiozzava contro la spalla. Carico di infelicità, Harry si alzò, voltò le spalle a Ginny e alla tomba di Silente e andò a camminare sulla riva del lago. Muoversi gli sembrava molto più sopportabile che restare seduto. Come partire al più presto per scovare gli Horcrux e uccidere Voldemort sarebbe stato meglio che aspettare…
    «Harry!»
    Si voltò. Rufus Scrimgeour zoppicava rapido verso di lui, appoggiandosi al bastone da passeggio.
    «Speravo di scambiare due parole… Ti dispiace se ti accompagno per un po’?»
    «No» rispose Harry, indifferente, e riprese a camminare.
    «Harry, è stata una tragedia terribile» mormorò Scrimgeour, «non so dirti quanto mi ha sconvolto quando l’ho saputo. Silente era un mago grandissimo. Abbiamo avuto i nostri dissapori, certo, ma nessuno sa meglio di me…»
    «Che cosa vuole?» gli chiese Harry in tono piatto.
    Scrimgeour sembrò irritato ma, come già una volta, esibì un’aria comprensiva e contrita.
    «Naturalmente sei devastato» disse. «So che eri molto vicino a Silente. Credo che tu sia stato il suo allievo preferito di tutti i tempi. Il legame tra voi due…»
    «Che cosa vuole?» ripeté Harry, arrestandosi.
    Anche Scrimgeour si fermò, si appoggiò al bastone e fissò Harry con espressione ora astuta.
    «Si dice che eri con lui la notte che morì».
    «Chi lo dice?» chiese Harry.
    «Qualcuno ha inflitto uno Stupeficium a un Mangiamorte sulla cima della Torre dopo la morte di Silente. C’erano anche due manici di scopa, lassù. Il Ministero sa fare due più due, Harry».
    «Sono lieto di sentirlo» rispose Harry. «Be’, dove sono andato con Silente e cosa abbiamo fatto sono affari miei. Non voleva che lo si sapesse».
    «Una lealtà ammirevole» commentò Scrimgeour, trattenenendo a stento la rabbia, «ma Silente non c’è più, Harry. Non c’è più».
    «Avrà veramente lasciato la scuola solo quando non ci sarà più nessuno che gli sia fedele» ribatté Harry, sorridendo suo malgrado.
    «Mio caro ragazzo… nemmeno Silente può tornare da…»
    «Non sto dicendo che tornerà. Lei non può capire. Ma io non ho niente da dirle».
    Scrimgeour esitò, poi insistette in quello che doveva essere un tono delicato: «Il Ministero può offrirti ogni genere di protezione, Harry. Sarei felice di porre un paio di Auror al tuo servizio…»
    Harry rise.
    «Voldemort vuole uccidermi personalmente e non saranno gli Auror a fermarlo. Quindi le sono grato per l’offerta, ma no, grazie».
    «Quindi» incalzò Scrimgeour, ora freddo, «la richiesta che ti ho fatto a Natale…»
    «Quale richiesta? Ah, già… dire al mondo intero che gran bel lavoro state facendo in cambio di…»
    «… per sollevare il morale di tutti!» sbottò Scrimgeour.
    Harry lo osservò per un momento.
    «Avete già rilasciato Stan Picchetto?»
    Scrimgeour diventò di un brutto viola che ricordava molto zio Vernon.
    «Vedo che sei…»
    «L’uomo di Silente, fino in fondo» concluse Harry. «Proprio così».
    Scrimgeour lo guardò torvo per un altro istante, poi si voltò e se ne andò zoppicando, senza aggiungere altro. Harry vide Percy e il resto della delegazione del Ministero che lo aspettavano, guardando nervosamente Hagrid in singhiozzi e Grop, ancora seduti al loro posto. Ron e Hermione, che stavano correndo verso di lui, incrociarono Scrimgeour; Harry si voltò e continuò a camminare lentamente, aspettando che lo raggiungessero, cosa che fecero all’ombra di una betulla sotto la quale si erano seduti in tempi più lieti.
    «Che cosa voleva Scrimgeour?» sussurrò Hermione.
    «La stessa cosa che voleva a Natale» rispose Harry con un’alzata di spalle. «Che gli dessi informazioni su Silente e che fossi il nuovo ragazzo-immagine del Ministero».
    Ron parve lottare con se stesso per un attimo, poi gridò a Hermione: «Senti, io torno indietro a picchiare Percy!»
    «No» ribatté lei, decisa, afferrandolo per un braccio.
    «Mi farà sentire meglio!»
    Harry rise. Perfino Hermione abbozzò un sorriso, che però svanì quando alzò lo sguardo verso il castello.
    «Non sopporto l’idea che potremmo non tornare mai più» mormorò con dolcezza. «Come può Hogwarts essere chiusa?»
    «Forse non lo sarà» obiettò Ron. «Non siamo più in pericolo qui che a casa, no? Ogni posto è lo stesso, ormai. Direi che Hogwarts è più sicura, ci sono più maghi dentro, a difenderla. Che cosa ne pensi, Harry?»
    «Anche se riaprisse, io non tornerò» dichiarò Harry.
    Ron lo guardò a bocca aperta, ma Hermione replicò, triste: «Lo sapevo. Ma allora che cosa farai?»
    «Tornerò ancora una volta dai Dursley, perché Silente voleva che lo facessi. Ma sarà una visita breve, e poi me ne andrò per sempre».
    «Ma dove andrai, se non tornerai a scuola?»
    «Pensavo di tornare a Godric’s Hollow» borbottò Harry. Aveva in testa quell’idea dalla notte della morte di Silente. «Per me è cominciato lì, tutto quanto. Ho come la sensazione di doverci andare. E posso far visita alle tombe dei miei genitori, mi piacerebbe».
    «E poi?» chiese Ron.
    «Poi devo rintracciare gli altri Horcrux» continuò Harry, lo sguardo fisso sulla tomba bianca di Silente, riflessa nell’acqua dall’altra parte del lago. «È quello che voleva da me, è per questo che mi ha detto della loro esistenza. Se Silente aveva ragione — e sono sicuro che è così — ce ne sono ancora quattro. Devo trovarli e distruggerli e poi devo cercare il settimo frammento dell’anima di Voldemort, quello che si trova ancora nel suo corpo. Sarò io a ucciderlo. E se incontrerò Severus Piton sul mio cammino» aggiunse, «meglio per me e peggio per lui».
    Calò un lungo silenzio. La folla ormai si era quasi dispersa, e gli ultimi rimasti stavano bene attenti a girare alla larga dalla monumentale sagoma di Grop che coccolava Hagrid, i cui ululati di dolore echeggiavano ancora nell’aria.
    «Noi ci saremo, Harry» annunciò Ron.
    «Cosa?»
    «A casa dei tuoi zii. E poi verremo con te, ovunque tu vada».
    «No…» rispose Harry rapido; non l’aveva previsto, pensava che avessero capito che intendeva affrontare da solo quel pericolosissimo viaggio.
    «Ce l’hai già detto una volta» sussurrò Hermione, «che c’era tutto il tempo per tornare indietro, se avessimo voluto. Il tempo l’abbiamo avuto, no?»
    «Siamo con te qualunque cosa accada» ribadì Ron. «Però, amico, devi venire a casa mia prima di tutto, prima ancora che andiamo a Godric’s Hollow».
    «Perché?»
    «Le nozze di Bill e Fleur, no?»
    Harry lo guardò, esterrefatto; l’idea che potesse ancora esistere una cosa normale come un matrimonio era incredibile eppure meravigliosa.
    «Già, non dobbiamo perdercelo» disse infine.
    Le sue mani si chiusero meccanicamente attorno al falso Horcrux, ma nonostante tutto, nonostante il sentiero buio e tortuoso che vedeva dipanarsi davanti a lui, nonostante l’incontro finale con Voldemort che doveva accadere di lì a un mese, un anno, o dieci, si sentì il cuore leggero all’idea che restava ancora un ultimo giorno dorato di pace da assaporare con Ron e Hermione.
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