Esplora le Citazioni

<< Tutti i libri


Harry Potter e l'Ordine della Fenice (9042 citazioni)
   1) Dudley Dissennato (184 citazioni)
   2) Un pacco di gufi (261 citazioni)
   3) L’avanguardia (185 citazioni)
   4) Grimmauld Place, numero dodici (230 citazioni)
   5) L’Ordine della Fenice (216 citazioni)
   6) La Nobile e Antichissima Casata dei Black (230 citazioni)
   7) Il Ministero della Magia (159 citazioni)
   8) L’udienza (156 citazioni)
   9) Le pene della Signora Weasley (322 citazioni)
   10) Luna Lovegood (226 citazioni)
   11) La nuova canzone del Cappello Parlante (173 citazioni)
   12) La Professoressa Umbridge (340 citazioni)
   13) Punizione con Dolores (298 citazioni)
   14) Percy e Felpato (295 citazioni)
   15) L'Inquisitore Supremo di Hogwarts (274 citazioni)
   16) Alla Testa di Porco (211 citazioni)
   17) Decreto Didattico Numero Ventiquattro (261 citazioni)
   18) L'esercito di Silente (268 citazioni)
   19) Il serpente e il leone (207 citazioni)
   20) Il racconto di Hagrid (255 citazioni)
   21) L'occhio del serpente (258 citazioni)
   22) L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (252 citazioni)
   23) Natale nel reparto riservato (229 citazioni)
   24) Occlumanzia (287 citazioni)
   25) Lo scarabeo in trappola (257 citazioni)
   26) Visto e imprevisto (274 citazioni)
   27) Il centauro e la spia (265 citazioni)
   28) Il peggior ricordo di Piton (287 citazioni)
   29) Orientamento professionale (270 citazioni)
   30) Grop (262 citazioni)
   31) I G.U.F.O. (216 citazioni)
   32) Fuori dal camino (236 citazioni)
   33) Lotta e fuga (140 citazioni)
   34) L'Ufficio Misteri (182 citazioni)
   35) Oltre il velo (280 citazioni)
   36) L’unico che abbia mai temuto (116 citazioni)
   37) La profezia perduta (210 citazioni)
   38) La seconda guerra comincia (270 citazioni)
Ricerca tra le citazioni:

Download

Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo

Il serpente e il leone


   Nelle due settimane che seguirono fu come se Harry portasse dentro il petto una sorta di talismano, un segreto luminoso che lo sosteneva nel corso delle lezioni della Umbridge e gli rendeva perfino possibile sorridere quando guardava quegli orribili occhi sporgenti. Lui e l’ES la combattevano sotto il suo stesso naso, facendo proprio quello che lei e il Ministero temevano di più, e a ogni sua lezione, invece di leggere il libro di Wilbert Slinkhard, si abbandonava ad appaganti ricordi delle ultime riunioni: Neville era riuscito a disarmare Hermione, Colin Canon aveva imparato a padroneggiare l’Incantesimo di Ostacolo dopo tre incontri di grande impegno, Calì Patil aveva prodotto un Incantesimo Reductor così ben fatto da mandare in polvere il tavolo degli Spioscopi.
    Era praticamente impossibile fissare un appuntamento regolare per gli incontri dell’ES, per via degli allenamenti di Quidditch di tre squadre diverse, che spesso venivano spostati a causa del maltempo, ma a Harry non dispiaceva. Se qualcuno li avesse tenuti d’occhio, sarebbe stato difficile ricavarne uno schema preciso.
    Hermione escogitò ben presto un sistema di comunicazione molto astuto per far sapere la data e l’ora dell’incontro a tutti i membri del gruppo, perché sarebbe parso sospetto se ragazzi di Case diverse si fossero raggruppati troppo spesso nella Sala Grande. Diede a ciascun membro dell’ES un falso galeone (Ron si entusiasmò moltissimo quando vide il cestino, convinto che lei stesse davvero distribuendo oro).
    «Vedete le cifre attorno al bordo delle monete?» disse Hermione, mostrandone una alla fine del quarto incontro. La moneta splendeva grossa e gialla alla luce delle torce. «Sui galeoni veri è solo un numero di serie riferito al goblin che li ha coniati. Su questi falsi, invece, il numero cambierà per comunicare l’ora e la data del prossimo incontro. Quando la data cambia, le monete diventeranno calde; ve ne accorgerete se le portate in tasca. Ne prendiamo una ciascuno: ho messo un Incanto Proteus su tutte, così quando Harry decide la nuova data e il numero sulla sua moneta cambia, anche le altre cambieranno».
    Un silenzio totale accolse le parole di Hermione. Lei guardò le facce che la fissavano, stupita.
    «Be’… credevo che fosse una buona idea» disse incerta. «Cioè, se la Umbridge ci chiede di vuotare le tasche, non c’è niente di sospetto in un galeone, no? Ma certo… se non volete…»
    «Tu sai fare un Incanto Proteus?» le chiese Terry Steeval.
    «Sì» rispose Hermione.
    «Ma… è un livello da M.A.G.O.» osservò lui debolmente.
    «Oh» disse Hermione, cercando di apparire modesta. «Be’, sì… Credo di sì».
    «E come mai non sei a Corvonero?» chiese lui, guardandola con qualcosa di simile alla venerazione. «Con un cervello come il tuo?»
    «Be’, il Cappello Parlante ha preso seriamente in considerazione l’idea di mandarmi a Corvonero» disse Hermione allegramente, «ma alla fine ha deciso per Grifondoro. Questo significa che useremo i galeoni?»
    Ci fu un mormorio di assenso e tutti si fecero avanti per prenderne uno dal cestino. Harry lanciò a Hermione un’occhiata di traverso.
    «Sai che cosa mi ricorda?»
    «No, che cosa?»
    «Le cicatrici dei Mangiamorte. Voldemort ne tocca una, e tutte le cicatrici bruciano, così gli altri sanno che devono andare da lui».
    «Ecco… sì» ammise piano Hermione, «l’idea l’ho presa da lì… ma noterai che ho deciso di incidere la data su pezzi di metallo invece che sulla pelle dei nostri associati».
    «Già… preferisco il tuo stile» rispose Harry con un sorriso, facendosi scivolare il galeone in tasca. «Immagino che l’unico rischio sia che questo puoi spenderlo per sbaglio».
    «Non c’è pericolo» disse Ron, che stava esaminando la sua moneta falsa con aria un po’ lugubre, «io non ho galeoni veri con cui confonderlo».
    All’avvicinarsi della prima partita di Quidditch della stagione, Grifondoro contro Serpeverde, le riunioni dell’ES furono sospese perché Angelina pretese allenamenti quasi quotidiani. Il fatto che la Coppa di Quidditch non si tenesse da molto tempo aumentava di parecchio l’interesse e l’eccitazione per la partita; per Corvonero e Tassorosso il risultato era importante, perché naturalmente avrebbero incontrato entrambe le squadre nel corso dell’anno; e i Direttori delle Case in campo, malgrado tentassero di esibire un decoroso equilibrio, erano determinati a veder vincere la propria parte. Harry si rese conto di quanto la professoressa McGranitt tenesse a battere Serpeverde quando lei si astenne dall’assegnare compiti la settimana prima dell’incontro.
    «Credo che abbiate abbastanza da fare al momento» disse, altera. Nessuno riuscì a credere alle proprie orecchie finché lei non guardò Harry e Ron negli occhi e aggiunse con aria truce: «Mi sono abituata ad avere la coppa nel mio ufficio, ragazzi, e non ho proprio voglia di cederla al professor Piton, perciò usate il tempo libero per allenarvi, intesi?»
    Piton non era meno partigiano; aveva prenotato il campo di Quidditch per gli allenamenti di Serpeverde così spesso che Grifondoro aveva difficoltà ad andare a giocare. Faceva anche orecchie da mercante alle varie testimonianze di fatture scagliate dai Serpeverde sui giocatori di Grifondoro nei corridoi. Quando Alicia Spinnet si presentò in infermeria con le sopracciglia così folte che le oscuravano la vista e le finivano in bocca, Piton sostenne che doveva aver tentato un Incantesimo Parruccone su se stessa e rifiutò di ascoltare i quattordici testimoni oculari che dichiaravano di aver visto il Portiere di Serpeverde, Miles Bletchley, colpirla alle spalle con un incantesimo mentre studiava in biblioteca.
    Harry era ottimista sulle possibilità di Grifondoro; dopotutto non erano mai stati battuti dalla squadra di Malfoy. Bisognava ammettere che le prestazioni di Ron non erano all’altezza di quelle di Baston, ma si stava impegnando davvero molto. Il suo punto debole era la tendenza a perdere fiducia quando commetteva un errore; se lasciava passare un tiro si agitava e aumentavano le possibilità che sbagliasse di nuovo. D’altra parte, Harry aveva visto Ron fare alcune parate davvero spettacolari quando era in forma; durante un allenamento memorabile si era appeso con una sola mano alla scopa e aveva calciato via la Pluffa dalla porta così forte che quella aveva attraversato il campo ed era finita nella porta avversaria. L’intera squadra dichiarò che era una parata degna di quella di Barry Ryan, il Portiere della Nazionale Irlandese, contro il miglior Cacciatore della Polonia, Ladislaw Zamojski. Persino Fred aveva detto che Ron poteva ancora rendere fieri lui e George, e che stavano prendendo in seria considerazione l’ipotesi di ammettere di essere suoi parenti, cosa che, gli assicurò Fred, cercavano di negare da quattro anni.
    L’unica preoccupazione reale di Harry era che le tattiche della squadra di Serpeverde per far perdere le staffe a Ron ancor prima di entrare in campo funzionavano benissimo. Harry sopportava i loro commenti velenosi da oltre quattro anni, perciò i bisbigli del tipo «Ehi, Potty, ho sentito che Warrington ha giurato di buttarti giù dalla scopa, sabato» non gli facevano neanche il solletico, invece di gelargli il sangue. «Warrington? Con la mira che ha, mi preoccuperei di più se puntasse qualcuno accanto a me» ribatteva, facendo ridere Ron e Hermione e cancellando il sorrisetto dalla faccia di Pansy Parkinson.
    Ma Ron non aveva mai affrontato un’implacabile campagna di insulti, beffe e intimidazioni. Quando quelli di Serpeverde, alcuni dei quali avevano diciassette anni ed erano parecchio più grossi di lui, gli mormoravano nei corridoi «Prenotato il letto in infermeria, Weasley?» lui non rideva, ma assumeva una delicata tonalità di verde. Quando Draco Malfoy imitava Ron che si lasciava sfuggire la Pluffa (e lo faceva ogni volta che si incontravano), le orecchie di Ron avvampavano e le mani gli tremavano così forte che lasciava cadere qualunque cosa avesse in mano in quel momento.
    Ottobre passò tra raffiche di vento e scrosci d’acqua, e novembre arrivò, freddo come ferro ghiacciato, con grandi gelate ogni mattina e piogge che tagliavano mani e viso. Il cielo e il soffitto della Sala Grande si fecero di un grigio tenue e perlaceo, le montagne attorno a Hogwarts si coprirono di neve e la temperatura nel castello si abbassò tanto che molti studenti indossavano spessi guanti di pelle di drago nei corridoi, tra una lezione e l’altra.
    La mattina dell’incontro era limpida e fredda. Quando Harry si svegliò, si voltò verso il letto di Ron e lo trovò seduto, con le braccia attorno alle ginocchia, a guardare nel vuoto.
    «Stai bene?» gli chiese.
    Ron annuì, ma non disse nulla. Harry non poté fare a meno di ricordare quella volta in cui Ron aveva accidentalmente rivolto contro se stesso un Incantesimo Vomita-Lumache; al momento era pallido e sudato come allora, oltre che altrettanto restio ad aprir bocca.
    «Hai solo bisogno di far colazione» tentò di incoraggiarlo Harry. «Dài, andiamo».
    La Sala Grande si riempiva in fretta, il volume delle chiacchiere era più alto e l’umore più esuberante del solito. Quando passarono davanti al tavolo di Serpeverde, scoppiò un gran vociare. Harry si voltò e vide che, oltre alle solite sciarpe e cappelli verdi e argento, ciascuno di loro portava un distintivo d’argento dalla forma simile a una corona. Per qualche motivo molti salutarono Ron, ridendo forte. Harry cercò di scorgere che cosa c’era scritto sulle spille, ma era troppo occupato a portare via Ron in fretta per riuscire a leggere.
    Furono accolti da un fragoroso benvenuto al tavolo di Grifondoro, dove tutti vestivano di rosso e oro, ma invece di sollevare il morale di Ron l’ovazione parve sotterrare quello che ne restava; si lasciò cadere sulla panca con l’aria di uno che sta per affrontare l’ultimo pasto.
    «Devo essere demente per fare questo» sussurrò con voce roca. «Demente».
    «Non fare lo scemo» ribatté Harry con fermezza, passandogli un assortimento di cereali, «andrai benissimo. È normale essere nervosi».
    «Io sono una schiappa» gracchiò Ron. «Uno schifo totale. Non giocherei bene nemmeno se ne andasse della mia vita. Ma che cosa mi è venuto in mente?»
    «Piantala» lo rimproverò Harry severo. «Pensa alla parata che hai fatto col piede l’altro giorno: persino Fred e George hanno detto che è stata clamorosa».
    Il volto di Ron si contrasse.
    «È stato un incidente» bisbigliò, infelice. «Non l’ho fatto apposta… sono scivolato dalla scopa quando voi non guardavate e mentre cercavo di risalire ho dato un calcio alla Pluffa per sbaglio».
    «Be’» disse Harry, riprendendosi in fretta dalla brutta sorpresa, «un altro paio di incidenti così e abbiamo la vittoria in tasca!»
    Hermione e Ginny vennero a sedersi di fronte a loro, con sciarpe, guanti e coccarde rossi e oro.
    «Come ti senti?» chiese Ginny a Ron, che fissava il fondo di latte nella ciotola di cereali come se stesse seriamente pensando di affogarcisi.
    «È solo nervoso» rispose Harry per lui.
    «È un buon segno, anche agli esami non si rende mai molto se non si è nervosi» aggiunse Hermione di cuore.
    «Ciao» disse una voce sognante alle loro spalle. Harry si voltò: Luna Lovegood veleggiava verso di loro dal tavolo di Corvonero. Molti la fissavano e alcuni ridevano apertamente; sulla sua testa, in equilibrio precario, c’era un cappello a forma di testa di leone a grandezza naturale.
    «Io faccio il tifo per Grifondoro» disse Luna, indicando inutilmente il cappello. «Guardate che cosa fa…»
    Alzò la mano e toccò il cappello con la bacchetta. Il leone spalancò la bocca ed emise un ruggito molto realistico che fece trasalire tutti i vicini.
    «Bello, vero?» chiese Luna, allegra. «Volevo mettergli in bocca un serpente che rappresentava Serpeverde, ma non ho avuto tempo. Comunque… forza, Ronald!»
    E fluttuò via. Si erano a malapena ripresi dallo shock del cappello di Luna quando Angelina arrivò di corsa, seguita da Katie e Alicia, le cui sopracciglia erano state caritatevolmente riportate alla normalità da Madama Chips.
    «Quando siete pronti» disse, «andiamo subito al campo, verifichiamo le condizioni e ci cambiamo».
    «Arriviamo» le assicurò Harry. «Ron deve solo mandar giù qualcosa».
    Dopo dieci minuti, però, fu evidente che Ron non sarebbe riuscito a mangiare altro, e Harry pensò che era meglio portarlo negli spogliatoi. Quando si alzarono, Hermione li imitò e prese Harry da parte.
    «Non far vedere a Ron che cosa c’è scritto sulle spille di Serpeverde» bisbigliò concitata.
    Harry la guardò con aria interrogativa, ma lei scosse il capo in segno di avvertimento: Ron stava venendo verso di loro, smarrito e desolato.
    «In bocca al lupo, Ron» disse Hermione, si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla guancia. «E a te, Harry…»
    Ron parve riprendersi appena mentre attraversavano la Sala Grande. Si toccò perplesso dove Hermione l’aveva baciato, come se non fosse sicuro di che cosa era successo. Era troppo distratto per notare altro, ma Harry lanciò un’occhiata curiosa alle spille passando accanto al tavolo di Serpeverde, e stavolta distinse le parole che vi erano incise:
   
    Weasley è il nostro re
    Con la sgradevole sensazione che non volesse dire nulla di buono, sospinse Ron attraverso la Sala d’Ingresso, giù per le scale di pietra e fuori, nell’aria gelida.
    L’erba ghiacciata scricchiolava sotto i loro piedi. Non c’era un filo di vento e il cielo era bianco, perlaceo, uniforme, il che significava buona visibilità senza lo svantaggio del sole negli occhi. Harry fece notare a Ron questi fattori incoraggianti, ma non era sicuro che stesse ascoltando.
    Negli spogliatoi, Angelina si era già cambiata e parlava alla squadra. Harry e Ron indossarono le divise (Ron cercò di infilarsi la sua al contrario prima che Alicia, impietosita, andasse ad aiutarlo), poi sedettero ad ascoltare il discorso pre-partita, mentre il vociare all’esterno si faceva sempre più intenso via via che la folla si riversava fuori dal castello verso il campo.
    «Allora, ho avuto solo adesso la formazione ufficiale di Serpeverde» disse Angelina, consultando una pergamena. «I Battitori dell’anno scorso, Derrick e Bole, sono andati via, ma a quanto pare Montague li ha rimpiazzati con i soliti gorilla, invece che con gente brava a volare. Sono due tipi che si chiamano Tiger e Goyle, non so molto di loro…»
    «Noi sì» dissero in coro Harry e Ron.
    «Be’, non sembrano abbastanza svegli da distinguere un capo della scopa dall’altro» commentò Angelina infilandosi la pergamena in tasca, «ma in fondo mi ha sempre sorpreso che Derrick e Bole trovassero la strada per il campo senza cartelli indicatori».
    «Tiger e Goyle sono dello stesso stampo» confermò Harry.
    Si sentivano centinaia di passi salire sugli spalti. Alcune voci cantavano, ma Harry non riuscì a capire le parole. Cominciava a sentirsi un po’ nervoso, anche se il suo mal di pancia era nulla in confronto a quello di Ron, che si teneva le mani sullo stomaco, aveva le mascelle senate e un colorito grigiastro.
    «È ora» disse piano Angelina, guardando l’orologio. «Forza, tutti quanti… in bocca al lupo».
    La squadra si alzò, si mise le scope in spalla e uscì in fila indiana dagli spogliatoi nella luce abbagliante. Furono accolti da un boato, nel quale Harry sentì ancora quel canto, seppure confuso tra le ovazioni e i fischi.
    La squadra di Serpeverde li stava aspettando. Anche loro portavano le spille d’argento a forma di corona. Il nuovo Capitano, Montague, era un tipo alla Dudley Dursley, con avambracci come prosciutti pelosi. Alle sue spalle erano appostati Tiger e Goyle, quasi altrettanto grossi, che battevano stolidamente le palpebre nella luce facendo oscillare le loro nuove mazze da Battitori. Malfoy era su un lato, e la sua testa biondo platino luccicava. Incrociò lo sguardo di Harry e ghignò, picchiettando la spilla a forma di corona sul petto.
    «Capitani, datevi la mano» ordinò l’arbitro Madama Bumb, quando Angelina e Montague si avvicinarono. Harry vide che Montague tentava di stritolare le dita di Angelina, ma lei non batté ciglio. «Sulle scope…»
    Madama Bumb s’infilò in bocca il fischietto e soffiò.
    Le palle furono liberate e i quattordici giocatori decollarono. Con la coda dell’occhio, Harry vide Ron volare verso la porta. Harry volò più in alto, evitando un Bolide, e fece un gran giro di campo, cercando con lo sguardo un bagliore d’oro; dall’altra parte dello stadio, Draco Malfoy faceva esattamente lo stesso.
    «Ed ecco Johnson… Johnson con la Pluffa, che classe, quella ragazza, lo dico da anni, ma lei continua a non voler uscire con me…»
    «JORDAN!» urlò la professoressa McGranitt.
    «…solo una battutina, professoressa, un po’ di colore… schiva Warrington, supera Montague, e… ahi… è stata colpita alle spalle da un Bolide di Tiger… Montague prende la Pluffa, ecco che risale all’indietro e… bel Bolide di George Weasley, un bel Bolide in testa a Montague, che lascia cadere la Pluffa, la prende Katie Bell, passaggio all’indietro di Katie Bell di Grifondoro per Alicia Spinnet, Spinnet si lancia…»
    La cronaca di Lee Jordan rìsuonava nello stadio e Harry ascoltò meglio che poteva tra il vento che gli fischiava nelle orecchie e lo strepito della folla, che urlava, fischiava e cantava.
    «…evita Warrington, schiva un Bolide… per un pelo, Alicia… la folla è impazzita, sentiteli, che cosa cantano?»
    E mentre Lee si interrompeva per ascoltare, la canzone si levò forte e chiara dal mare verde e argento della curva di Serpeverde:
    Perché Weasley è il nostro re ogni due ne manca tre così noi cantiam perché perché Weasley è il nostro re. Weasley è nato in un bidon ha la testa nel pallon vinceremo noi perché perché Weasley è il nostro re.
    «…Alicia ripassa ad Angelina!» gridò Lee, e Harry scartò, ribollente di rabbia: sapeva che Lee stava cercando di coprire le parole della canzone. «Forza, Angelina… è sola davanti al Portiere! TIRA… E… aaah…»
    Bletchley, il Portiere di Serpeverde, aveva parato; lanciò la Pluffa a Warrington che schizzò via, zigzagando tra Alicia e Katie; il canto dal basso si fece sempre più forte man mano che lui si avvicinava a Ron.
    Perché Weasley è il nostro re perché Weasley è il nostro re ogni due ne manca tre perché Weasley è il nostro re.
    Harry non poté farne a meno: abbandonò la ricerca del Boccino e puntò la Firebolt verso Ron, solo davanti ai tre anelli della porta, mentre il grosso Warrington si precipitava su di lui.
    «…ed è Warrington con la Pluffa, Warrington si lancia verso la porta, è fuori portata dei Bolidi, solo contro il Portiere…»
    Il canto si levò forte dagli spalti di Serpeverde:
    Perché Weasley è il nostro re ogni due ne manca tre…
    «…prima prova per il nuovo Portiere di Grifondoro Weasley, fratello dei Battitori Fred e George, nuovo promettente talento della squadra… forza, Ron!»
    Ma l’urlo di trionfo venne da Serpeverde: Ron si era tuffato, a braccia aperte, e la Pluffa ci era passata proprio in mezzo, finendo nell’anello centrale.
    «Serpeverde segna!» urlò la voce di Lee tra gli applausi e i fischi della folla. «Dieci a zero per Serpeverde… che sfortuna, Ron».
    I Serpeverde cantarono ancora più forte:
    WEASLEY È NATO IN UN BIDON HA LA TESTA NEL PALLON…
    «…Grifondoro torna in possesso di palla ed è Katie Bell che risale il campo…» gridò animoso Lee, ma il canto era così assordante che a stento riusciva a farsi sentire.
    VINCEREMO NOI PERCHÉ PERCHÉ WEASLEY È IL NOSTRO RE…
    «Harry, CHE COSA STAI FACENDO?» gridò Angelina, sfrecciandogli accanto per seguire Katie. «VAI!»
    Harry si rese conto che era fermo a mezz’aria da oltre un minuto, a guardare la partita senza pensare affatto al Boccino; inorridito, si tuffò e cominciò a sorvolare il campo, guardando in giro, cercando di ignorare il coro che ormai dominava lo stadio:
    PERCHÉ WEASLEY È IL NOSTRO RE WEASLEY È IL NOSTRO RE…
    Non c’era traccia del Boccino da nessuna parte; Malfoy stava sorvolando il campo proprio come lui. Si incrociarono a metà campo, mentre puntavano in direzioni opposte, e Harry lo sentì cantare forte:
    WEASLEY È NATO IN UN BIDON…
    «…di nuovo Warrington» ululò Lee, «che passa a Pucey, Pucey supera Spinnet, forza, Angelina, puoi prenderlo ora… e invece no… bel Bolide di Fred Weasley, cioè George Weasley, oh, chi se ne importa, uno di loro, e Warrington perde la Pluffa e Katie Bell… ehm… la perde anche lei, è Montague con la Pluffa, il Capitano di Serpeverde Montague prende la Pluffa e si lancia, forza Grifondoro, bloccalo!»
    Harry sfrecciò attorno all’estremità dello stadio, dietro le porte di Serpeverde, deciso a non guardare dalla parte di Ron. Quando passò accanto al Portiere di Serpeverde, lo sentì cantare insieme alla folla di sotto:
    HA LA TESTA NEL PALLON…
    «…e Pucey schiva di nuovo Alicia e si lancia verso la porta, fermalo, Ron!»
    Harry non ebbe bisogno di guardare per sapere che cos’era successo: sentì il rumoroso disappunto dei tifosi di Grifondoro, insieme a nuove grida e applausi di Serpeverde. Harry guardò giù e vide la faccia rincagnata di Pansy Parkinson in piedi di fronte agli spalti, con le spalle al campo, che dirigeva il coro dei tifosi di Serpeverde:
    COSÌ NOI CANTIAM PERCHÉ PERCHÉ WEASLEY È IL NOSTRO RE.
    Ma venti a zero era ancora nulla, c’era tutto il tempo di rimontare o di acchiappare il Boccino. Tre tiri ben fatti e sarebbero stati al comando come al solito, si disse Harry, zigzagando tra i giocatori all’inseguimento di qualcosa di luccicante che risultò essere il cinturino dell’orologio di Montague.
    Ma Ron fece passare altre due Pluffe. Ormai nel desiderio di Harry di trovare il Boccino c’era una punta di panico. Se solo l’avesse preso subito, la partita sarebbe finita.
    «…Katie Bell di Grifondoro dribbla Pucey, schiva Montague, bella virata Katie, e lancia a Johnson, Angelina Johnson prende la Pluffa, supera Warrington, si lancia verso la porta, forza, Angelina… E GRIFONDORO SEGNA! Quaranta a dieci, quaranta a dieci per Serpeverde e Pucey ha la Pluffa…»
    Harry udì il ridicolo cappello di Luna ruggire nella curva festante di Grifondoro e si sentì rincuorato; solo trenta punti, non era nulla, potevano recuperare facilmente. Harry evitò un Bolide che Tiger aveva sparato verso di lui e riprese la frenetica ricerca del Boccino, con un occhio a Malfoy, nel caso desse segno di averlo visto; ma Malfoy, come lui, continuava a librarsi sullo stadio, cercando invano…
    «…Pucey passa a Warrington, Warrington a Montague, Montague ripassa a Pucey… Johnson interviene, Johnson in possesso di Pluffa, passa a Bell, buona mossa… invece no, un Bolide di Goyle di Serpeverde colpisce Bell e la Pluffa ripassa a Pucey…»
    WEASLEY È NATO IN UN BIDON HA LA TESTA NEL PALLON VINCEREMO NOI PERCHÉ…
    Ma Harry finalmente l’aveva visto: il piccolo svolazzante Boccino d’Oro fluttuava basso sul lato avversario del campo.
    Si tuffò…
    In un secondo, Malfoy piombò alla sinistra di Harry, un turbine verde e argento appiattito sulla scopa…
    Il Boccino aggirò il palo di un anello e schizzò verso il lato opposto; il cambio di direzione favorì Malfoy, che era più vicino; Harry spinse la sua Firebolt, ora lui e Malfoy erano testa a testa…
    A pochi metri da terra, Harry tolse la mano destra dalla scopa, la tese verso il Boccino… al suo fianco, anche Malfoy protese il braccio, c’era quasi…
    Tutto si concluse in due fulminei, disperati secondi: le dita di Harry si chiusero attorno alla pallina che si dibatteva e le unghie di Malfoy graffiarono invano il dorso della mano di Harry, che puntò in alto la scopa reggendo il Boccino. Gli spettatori di Grifondoro urlarono la loro soddisfazione…
    Erano salvi, quei tiri fatti passare da Ron non significavano nulla, nessuno li avrebbe ricordati dato che Grifondoro aveva vinto…
    SBAM!
    Un Bolide colpì Harry in pieno nelle reni, facendolo cadere in avanti dalla scopa. Per fortuna era solo a poco più di un metro da terra, visto che si era tuffato così in basso per prendere il Boccino, ma rimase lo stesso senza fiato quando atterrò di schiena sull’erba gelata. Sentì l’acuto trillo di Madama Bumb, il boato dagli spalti, un misto di fischi, grida e canzonature, un tonfo, e poi la voce concitata di Angelina: «Stai bene?»
    «Certo» rispose cupo Harry, afferrando la mano di lei per rimettersi in piedi. Madama Bumb sfrecciava verso uno dei giocatori di Serpeverde sopra di lui, anche se Harry dalla sua posizione non riuscì a vedere chi era.
    «È quell’idiota di Tiger» disse rabbiosa Angelina, «ti ha lanciato il Bolide quando ha visto che avevi il Boccino… ma abbiamo vinto, Harry, abbiamo vinto!»
    Harry sentì qualcuno sbuffare alle sue spalle e si voltò, sempre stringendo il Boccino in mano: Draco Malfoy era atterrato, pallido di rabbia. Ma riusciva ancora a sogghignare.
    «Hai salvato il collo di Weasley, eh?» disse a Harry. «Non ho mai visto un Portiere peggiore… ma d’altra parte è nato in un bidon… ti sono piaciuti i miei versi, Potter?»
    Harry non rispose. Si voltò per salutare gli altri compagni di squadra che atterravano uno alla volta, gridando e agitando il pugno in segno di trionfo; tutti tranne Ron, che era sceso dalla scopa e sembrava intenzionato ad avviarsi da solo agli spogliatoi.
    «Volevamo scrivere un altro paio di strofe!» continuò Malfoy, mentre Katie e Alicia abbracciavano Harry. «Ma non abbiamo trovato delle rime per grassa e brutta… volevamo omaggiare anche sua madre, e…»
    «Tutta invidia, Malfoy» disse Angelina, scoccandogli un’occhiata disgustata.
    «…non siamo riusciti nemmeno a inserire povero fallito… sai, suo padre…»
    Fred e George lo sentirono. Mentre stringevano la mano a Harry, s’irrigidirono e si voltarono verso Malfoy.
    «Lasciate stare!» intervenne subito Angelina, afferrando il braccio di Fred. «Lascia stare, Fred, lascialo strillare, gli brucia perché ha perso, quel piccolo insolente…»
    «…ma a te piacciono i Weasley, vero, Potter?» lo canzonò Malfoy. «Ci passi le vacanze e tutto il resto… Non capisco come fai a sopportare la puzza, ma immagino che quando uno è stato allevato da Babbani anche la baracca dei Weasley vada bene…»
    Harry trattenne George. Ci vollero gli sforzi combinati di Angelina, Alicia e Katie per impedire a Fred di saltare addosso a Malfoy, che rideva sguaiatamente. Harry cercò con lo sguardo Madama Bumb, ma stava ancora rampognando Tiger per il suo Bolide scorretto.
    «O forse» incalzò Malfoy, lanciando un’occhiata maligna di traverso mentre se ne andava, «ti ricordi di quanto puzzava la casa di tua madre, e il porcile dei Weasley te la fa tornare in mente…»
    Harry non si rese neanche conto che lasciava andare George; fatto sta che un secondo dopo entrambi si avventarono su Malfoy. Aveva completamente dimenticato che tutti gli insegnanti stavano guardando: desiderava solo fare a Malfoy più male possibile; senza perdere tempo a sfilare la bacchetta, prese la mira col pugno che stringeva il Boccino e lo colpì più forte che poteva allo stomaco…
    «Harry! HARRY! GEORGE! NO!»
    Sentiva le ragazze gridare, Malfoy che urlava, George che imprecava, il suono di un fischietto e gli schiamazzi della folla attorno a lui, ma non gli importava. Fu solo quando qualcuno nei paraggi gridò «Impedimenta!» e lui fu respinto indietro dalla forza dell’incantesimo che abbandonò il proposito di malmenare ogni centimetro di Malfoy che riusciva a raggiungere.
    «Che cosa credevi di fare, eh?» gridò Madama Bumb, quando Harry balzò in piedi. A quanto pareva era stata lei a colpirlo con l’Incantesimo di Ostacolo; aveva il fischietto in una mano e la bacchetta nell’altra; la scopa giaceva abbandonata più in là. Malfoy era raggomitolato a terra, gemente e piagnucolante, con il naso insanguinato; George esibiva un labbro gonfio; Fred era ancora trattenuto a forza dalle tre Cacciatrici e Tiger ridacchiava sullo sfondo. «Non ho mai visto un comportamento simile… subito al castello, tutti e due, dal Direttore della vostra Casa! Adesso!»
    Harry e George uscirono dal campo, con il respiro affannoso, senza scambiarsi una parola. Le urla e i fischi della folla si affievolirono sempre più, finché, arrivati alla Sala d’Ingresso, i due non sentirono altro che i propri passi. Harry si rese conto che qualcosa si dibatteva ancora nella sua mano destra, che aveva le nocche arrossate per l’urto contro la mascella di Malfoy. Abbassò lo sguardo e vide le ali argentee del Boccino che gli spuntavano tra le dita, lottando per liberarsi.
    Avevano appena raggiunto la porta dell’ufficio della professoressa McGranitt quando la sentirono arrivare alle loro spalle a passo deciso. Portava una sciarpa di Grifondoro, ma se la strappò dal collo con mani tremanti. Era livida.
    «Dentro!» esclamò furiosa, indicando la porta. Harry e George entrarono. Lei si mise dietro la scrivania e li fronteggiò, tremando dalla rabbia e gettando da una parte la sciarpa di Grifondoro.
    «Allora?» disse. «Non ho mai visto un simile spettacolo. Due contro uno! Giustificatevi!»
    «Malfoy ci ha provocato» rispose Harry, rigido.
    «Provocato?» gridò la professoressa McGranitt, battendo un pugno sul tavolo così forte che la scatola di latta scozzese scivolò a terra e si aprì, spargendo Zenzerotti sul pavimento. «Aveva appena perso! Certo che voleva provocarvi! Ma che cosa può aver detto mai per giustificare quello che voi…»
    «Ha insultato i miei genitori» ringhiò George. «E la madre di Harry».
    «Ma invece di lasciare che Madama Bumb sistemasse la questione, voi avete deciso di mettere in scena un duello alla Babbana, vero?» urlò la McGranitt. «Avete la più pallida idea di che cosa…?»
    «Hem, hem».
    Harry e George si voltarono. Dolores Umbridge era sulla soglia, avvolta in un mantello di tweed verde che accresceva più che mai la sua somiglianza con un grosso rospo, e sorrideva in quel modo orribile, nauseante e infausto che Harry aveva imparato ad associare a una disgrazia imminente.
    «Posso esserle d’aiuto, professoressa McGranitt?» chiese, con il suo tono più velenosamente dolce.
    La McGranitt avvampò.
    «D’aiuto?» ripeté con voce trattenuta. «In che senso, d’aiuto?»
    La Umbridge avanzò nell’ufficio senza deporre il suo sorriso viscido.
    «Ecco, ho pensato che potesse farle comodo un piccolo supplemento d’autorità».
    Harry non sarebbe stato sorpreso di veder volare scintille dalle narici della professoressa McGranitt.
    «Ha pensato male» disse, voltando le spalle alla Umbridge. «Ora statemi bene a sentire, voi due. Non mi interessa come vi abbia provocato Malfoy, non mi interessa se ha insultato ogni singolo membro delle vostre famiglie: il vostro comportamento è stato disgustoso e per questo vi do una settimana di punizione ciascuno! Non guardarmi così, Potter, te lo meriti! E se uno di voi…»
    «Hem, hem».
    La McGranitt chiuse gli occhi come per invocare la pazienza e si voltò verso la Umbridge.
    «Sì?»
    «Credo che meritino qualcosa di più di una punizione» disse la Umbridge, con un sorriso ancora più ampio.
    La McGranitt spalancò gli occhi.
    «Purtroppo» rispose, tentando un sorriso di rimando che assomigliava di più a un sintomo del tetano, «conta quello che penso io, visto che sono nella mia Casa, Dolores».
    «Be’, in realtà, Minerva» precisò leziosa la Umbridge, «credo che scoprirà che la mia opinione conta. Dove l’ho messa? Cornelius l’ha appena mandata… voglio dire» e diede in una risatina fasulla mentre frugava nella borsa, «il Ministro l’ha appena mandata… ah sì…»
    Estrasse una pergamena e la srotolò. Si schiarì la voce con affettazione prima di leggere.
    «Hem hem… Decreto Didattico Numero Venticinque».
    «Un altro!» esclamò con veemenza la McGranitt.
    «Sì» disse la Umbridge, sempre sorridendo. «In effetti, Minerva, è stata proprio lei a farmi capire che era necessario un ulteriore emendamento… ricorda come mi ha scavalcato, quando non volevo consentire alla squadra di Quidditch di Grifondoro di ricomporsi? Ha portato il caso davanti a Silente, che ha insistito perché la squadra tornasse a giocare. Be’, non potevo accettarlo. Ho preso subito contatti con il Ministro, e lui ha convenuto che l’Inquisitore Supremo deve avere il potere di sottrarre privilegi agli allievi, o non avrebbe… o, per meglio dire, non avrei più autorità di un qualsiasi insegnante! E ora vede, Minerva, che avevo ragione a non volere che la squadra di Grifondoro si ricostituisse? Hanno dei caratteri spaventosi… stavo leggendo il Decreto, comunque… hem hem… All’Inquisitore Supremo è conferita la massima autorità sulle punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi riguardanti gli allievi di Hogwarts, nonché la facoltà di alterare punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi comminate da altri membri del personale. Firmato Cornelius Caramell, Ministro della Magia, Ordine di Merlino, Prima Classe eccetera eccetera».
    Arrotolò la pergamena e la ripose nella borsa, senza smettere di sorridere.
    «Dunque… credo proprio che dovrò squalificare questi due dal gioco del Quidditch a tempo indeterminato» disse, guardando da Harry a George e viceversa.
    Harry sentì il Boccino agitarsi freneticamente nella sua mano.
    «Squalificarci?» ripeté, e la sua voce suonò stranamente remota. «A tempo… indeterminato?»
    «Sì, signor Potter, ritengo che una squalifica a vita sia l’ideale» disse la Umbridge, con un sorriso che si allargava sempre più mentre Harry si sforzava di capire quello che aveva appena sentito. «Lei e il signor Weasley qui presente. E per essere sicuri, credo che anche il gemello di questo giovanotto vada fermato… se le sue compagne di squadra non gliel’avessero impedito, sono certa che avrebbe attaccato anche lui il giovane Malfoy. Naturalmente le loro scope sono confiscate; le terrò al sicuro nel mio ufficio, per essere certa che la squalifica non venga violata. Ma non sono irragionevole, professoressa McGranitt» proseguì, rivolgendosi alla McGranitt, che la fissava, immobile come una statua di ghiaccio. «Il resto della squadra può continuare a giocare, non ho visto segni di violenza da parte loro. Bene… buon pomeriggio».
    E con uno sguardo di somma soddisfazione, la Umbridge uscì dall’ufficio, lasciandosi alle spalle una scia di orripilato silenzio.
   
    * * *
    «Squalificati» mormorò Angelina con voce sepolcrale, quella sera nella sala comune. «A vita. Niente Cercatore e niente Battitori… ora che accidenti facciamo?»
    Non pareva proprio che avessero vinto la partita. Ovunque Harry guardasse, c’erano facce sconsolate e furiose; la squadra era sprofondata nelle poltrone attorno al fuoco, tutti tranne Ron, che non si vedeva dalla fine dell’incontro.
    «È così ingiusto» disse Alicia, stordita. «Insomma, e Tiger, che ha tirato quel Bolide dopo il fischio? Lui l’ha squalificato?»
    «No» disse Ginny mesta; lei e Hermione erano sedute ai due lati di Harry. «Avrà solo una punizione, ho sentito Montague che ne rideva a cena».
    «E squalificare Fred, che non ha fatto nulla!» esclamò furiosa Alicia, battendosi più volte il pugno sul ginocchio.
    «Non per scelta» precisò Fred, con una faccia bruttissima. «Avrei ridotto quel piccolo rifiuto a una polpetta se voi tre non mi aveste trattenuto».
    Harry fissava infelice la finestra scura. Nevicava. Il Boccino che aveva catturato sfrecciava su e giù per la sala comune; la gente lo guardava come ipnotizzata e Grattastinchi saltava da una sedia all’altra, cercando di acchiapparlo.
    «Io vado a letto» annunciò Angelina, alzandosi lentamente. «Forse è tutto un brutto sogno… forse mi sveglierò domani mattina e scoprirò che non abbiamo ancora giocato…»
    Alicia e Katie la seguirono subito. Fred e George si trascinarono a letto poco dopo, lanciando occhiate torve, e Ginny se ne andò non molto più tardi. Solo Harry e Hermione rimasero accanto al fuoco.
    «Hai visto Ron?» chiese Hermione a voce bassa.
    Harry scosse il capo.
    «Credo che ci stia evitando» disse Hermione. «Dove credi che…»
    In quel preciso istante, con un cigolio alle loro spalle, il ritratto della Signora Grassa si aprì e Ron entrò arrancando dal buco. Era molto pallido e aveva neve sui capelli. Quando vide Harry e Hermione si fermò di botto.
    «Dove sei stato?» chiese ansiosa Hermione, balzando in piedi.
    «In giro» mugugnò Ron. Portava ancora la divisa da Quidditch.
    «Sei congelato» disse Hermione. «Vieni a sederti!»
    Ron si avvicinò al camino e sprofondò nella poltrona più lontana da Harry, senza guardarlo. Il Boccino rubato sfrecciò sopra le loro teste.
    «Mi dispiace» mormorò Ron, guardandosi i piedi.
    «Di cosa?» chiese Harry.
    «Di aver pensato di poter giocare a Quidditch» rispose Ron. «Domani mattina mi dimetto, per prima cosa».
    «Se ti dimetti» rispose Harry stizzito, «resteranno solo tre giocatori in squadra». E quando Ron lo guardò perplesso, spiegò: «Mi hanno squalificato per il resto della vita. E anche Fred e George».
    «Cosa?» urlò Ron.
    Hermione gli raccontò tutta la storia; Harry non avrebbe sopportato di doverla ripetere da capo. Quando ebbe finito, Ron era più angosciato che mai.
    «È tutta colpa mia…»
    «Non sei stato tu a farmi picchiare Malfoy» ribatté Harry furioso.
    «…se non fossi un tale disastro a Quidditch…»
    «…questo non c’entra niente».
    «…è stata quella canzone a farmi impazzire…»
    «…avrebbe fatto impazzire chiunque».
    Hermione si alzò e andò alla finestra, lontano dalla discussione, a guardare la neve che vorticava contro i vetri.
    «Senti, smettila, d’accordo?» sbottò Harry. «Va già abbastanza male senza che tu ti addossi la colpa di tutto!»
    Ron non rispose, ma guardò l’orlo bagnato della sua veste con aria infelice. Dopo un po’ disse, con voce sorda: «Non mi sono mai sentito peggio in vita mia».
    «Benvenuto nel club» disse amareggiato Harry.
    «Be’» intervenne Hermione, con la voce che tremava appena. «Io so una cosa che potrebbe farvi star meglio tutti e due».
    «Ah, sì?» chiese Harry, scettico.
    «Sì» rispose Hermione, voltando le spalle alla finestra nera come la pece e bagnata di neve, con un sorriso che le si allargava sul volto. «Hagrid è tornato».
Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo