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Harry Potter e La Camera dei Segreti (3199 citazioni)
   1) Il peggior compleanno (95 citazioni)
   2) L'avvertimento di Dobby (126 citazioni)
   3) La Tana (183 citazioni)
   4) Alla libreria "Il Ghirigoro" (202 citazioni)
   5) Il Platano Picchiatore (196 citazioni)
   6) Gilderoy Allock (152 citazioni)
   7) Mezzosangue e mezze voci (172 citazioni)
   8) La festa di complemorte (190 citazioni)
   9) La scritta sul muro (211 citazioni)
   10) Il bolide fellone (180 citazioni)
   11) Il Club dei Duellanti (191 citazioni)
   12) La Pozione Polisucco (211 citazioni)
   13) Il diario segretissimo (211 citazioni)
   14) Cornelius Caramell (147 citazioni)
   15) Aragog (160 citazioni)
   16) La Camera dei Segreti (236 citazioni)
   17) L'erede di Serpeverde (192 citazioni)
   18) Un premio per Dobby (144 citazioni)
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La scritta sul muro


   «Che cosa succede qua? Che cosa succede?»
    Certamente attratto dal grido di Malfoy, Gazza arrivò facendosi largo a spallate tra la folla. Poi vide Mrs Purr e cadde all’indietro, coprendosi il viso per l’orrore.
    «La mia gatta! La mia gatta! Cosa è successo a Mrs Purr?» gridava.
    I suoi occhi sbarrati si posarono su Harry.
    «Tu!» gridò, «Tu! Sei stato tu a uccidere la mia gatta. Sei stato tu a ucciderla! Io ti ammazzo! Io…»
    «Gazza!»
    Silente era giunto sulla scena del delitto, seguito da molti altri insegnanti. Superò velocemente Harry, Ron e Hermione e in un attimo staccò Mrs Purr dal braccio della torcia dove era appesa.
    «Seguimi, Gazza» disse al custode. «E anche voi, signor Potter, signor Weasley e signorina Granger».
    Allock si fece avanti baldanzoso.
    «Il mio ufficio è il più vicino, signor Preside… qui al piano di sopra… la prego di fare come se fosse a casa sua…»
    «Grazie, Gilderoy» disse Silente.
    La folla ammutolita indietreggiò per lasciarli passare. Allock, infervorato e dandosi arie di grande importanza, si affrettò dietro a Silente, seguito dalla McGranitt e da Piton.
    Quando entrarono nel suo ufficio completamente buio si udì un grande fermento su tutte le pareti: Harry vide scomparire dalle cornici appese al muro molte fotografie di Allock con i bigodini in testa. Allock — quello in carne e ossa — accese le candele sulla scrivania e si fece da parte. Silente stese Mrs Purr sul piano lucido e cominciò a esaminarla. Harry, Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata nervosa, poi andarono a sedersi in un angolo fuori dal cono di luce e rimasero a guardare.
    La punta del lungo naso aquilino di Silente si trovava a poco più di un centimetro dal pelo di Mrs Purr. La stava osservando da vicino, attraverso i suoi occhiali a mezzaluna e le sue dita tastavano e premevano con garbo. Anche la McGranitt era china sulla bestiola, quasi altrettanto vicina, e i suoi occhi erano due fessure. Piton si teneva in disparte dietro di loro, per metà in ombra, e sul volto aveva l’espressione più strana che si potesse immaginare: era come se stesse facendo di tutto per non sorridere. Quanto ad Allock, gironzolava di qua e di là avanzando ipotesi.
    «È stata certamente una maledizione a ucciderla… probabilmente la Tortura Transilvanica. L’ho vista fare molte volte. Peccato che non fossi presente: conosco il contro-incantesimo che l’avrebbe salvata…»
    I commenti di Allock erano punteggiati dai singhiozzi secchi e rumorosi di Gazza. Il custode si era lasciato cadere pesantemente su una sedia accanto alla scrivania con il viso tra le mani, incapace di guardare Mrs Purr. Per quanto lo detestasse, Harry non poté fare a meno di provare pena per lui, ma non quanta ne provava per se stesso. Se Silente avesse creduto alla versione di Gazza, lui sarebbe stato certamente espulso.
    Intanto Silente mormorava strane parole, colpendo delicatamente Mrs Purr con la bacchetta magica, ma non accadde nulla: la gatta continuava ad avere l’aspetto di un animale appena impagliato.
    «…Ricordo che a Ouagadougou è accaduto qualcosa di molto simile» diceva intanto Allock. «Una serie di aggressioni: racconto tutto nella mia autobiografia. Allora riuscii a dare agli abitanti alcuni amuleti che risolsero la situazione una volta per tutte…»
    Allock parlava, e le sue foto appese alle pareti annuivano in segno di approvazione. Una di loro aveva dimenticato di togliersi la retina dai capelli.
    Finalmente Silente si tirò su.
    «Non è morta, Gazza» disse tranquillamente.
    Allock interruppe di colpo la litania di tutti gli omicidi che era riuscito a sventare.
    «Non è morta?» disse Gazza con voce soffocata guardando Mrs Purr da dietro le mani con cui si era coperto la faccia. «Ma allora perché è così… rigida e congelata?»
    «È stata pietrificata» disse Silente («Proprio quel che pensavo!» esclamò Allock). «Ma non sono in grado di dire come…»
    «Lo chieda a lui!» strillò Gazza volgendo verso Harry la faccia chiazzata e rigata di lacrime.
    «Nessun allievo del secondo anno può aver fatto questo» disse Silente con fermezza. «È una cosa che richiede la più sofisticata Magia Nera…»
    «Sì, sì, è stato lui!» continuava a gridare Gazza con il viso gonfio e paonazzo. «Lei ha visto quel che ha scritto sul muro! Ha scoperto… nel mio ufficio… lui sa che io sono… che io sono…» il viso gli si contorse in una smorfia orribile. «Lui sa che io sono un Magonò!» concluse.
    «Io non ho mai neanche sfiorato Mrs Purr» disse Harry a voce molto alta, con la sgradevole certezza che tutti, comprese le foto di Allock appese alle pareti, lo stessero guardando. «E non so neanche che cosa sia un Magonò!»
    «Sciocchezze!» sbraitò Gazza. «Ha visto la lettera che mi è arrivata da SpeedyMagic!»
    «Preside, mi permette una parola?» La voce di Piton proveniva dall’angolo buio dove lui si trovava e i presentimenti di Harry si fecero ancor più cupi. Era sicuro che qualsiasi cosa avesse detto Piton non avrebbe certo giovato alla sua situazione.
    «Può darsi semplicemente che a Potter e ai suoi amici sia capitato di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato» disse Piton con un sorriso che gli incurvava le labbra in una smorfia, come se dubitasse delle sue stesse parole. «Ma qui abbiamo una serie di circostanze sospette. Perché si trovavano nel corridoio del terzo piano? E perché non erano alla festa di Halloween?»
    Harry, Ron e Hermione si lanciarono in una spiegazione circostanziata della Festa di Complemorte: «…c’erano centinaia di fantasmi; loro potranno dirvi che eravamo là…»
    «Ma perché, dopo, non siete andati alla festa?» chiese Piton con gli occhi neri che brillavano alla luce delle candele. «Perché siete saliti fino a quel corridoio?»
    Ron e Hermione guardarono Harry.
    «Perché… perché…» cominciò lui con il cuore che gli martellava in petto; qualcosa gli diceva che se avesse raccontato che aveva seguito una voce disincarnata che soltanto lui aveva udito sarebbe parsa una spiegazione molto stiracchiata. «Perché eravamo stanchi e volevamo andare a letto» disse.
    «Senza cena?» chiese Piton, e un sorriso trionfante gli guizzò sul volto ossuto. «Non sapevo che, alle loro feste, i fantasmi offrissero cibo commestibile per i vivi».
    «Non avevamo fame» spiegò Ron, con lo stomaco che brontolava.
    Sul volto di Piton il sorriso malevolo si fece ancora più largo.
    «Preside, secondo me Potter non sta dicendo tutta la verità» disse. «Sarebbe bene che egli venisse privato di certi privilegi fino a che non si decide a vuotare il sacco. Personalmente, ritengo che fintanto che non si sente disposto a essere sincero dovrebbe essere espulso dalla squadra di Quidditch di Grifondoro».
    «Ma insomma, Severus!» disse la professoressa McGranitt con voce tagliente. «Non vedo il motivo di impedire al ragazzo di giocare a Quidditch. La gatta non è stata colpita alla testa da un manico di scopa. Non ci sono prove che Potter abbia fatto qualcosa di male».
    Silente lanciò a Harry un’occhiata inquisitoria. Sotto lo sguardo dei suoi scintillanti occhi azzurri il ragazzo si sentì come trapassato da parte a parte.
    «Innocente fino a prova contraria» sentenziò Silente con fermezza.
    Piton pareva furibondo. E anche Gazza.
    «La mia gatta è stata pietrificata!» strillava con gli occhi che mandavano saette. «Qualcuno deve essere punito!»
    «Riusciremo a curarla, Gazza» disse Silente con grande pazienza. «Ultimamente, la professoressa Sprite è riuscita a procurarsi alcune Mandragole. Non appena saranno cresciute farò una pozione che riporterà in vita Mrs Purr».
    «Lasci fare a me» si mise in mezzo Allock. «Devo averla fatta centinaia di volte. La Pozione ricostituente alla mandragola so prepararla a occhi chiusi …»
    «Fino a prova contraria» disse Piton glaciale, «l’esperto di Pozioni in questa scuola sono io».
    Segui una pausa imbarazzata.
    «Voi potete andare» disse Silente a Harry, Ron e Hermione.
    I tre ragazzi uscirono più in fretta che poterono senza dare l’impressione di tagliare la corda. Quando ebbero messo un piano di distanza tra loro e l’ufficio di Allock entrarono in una classe vuota e, senza far rumore, si richiusero la porta alle spalle. Harry scrutò i volti accigliati dei due amici.
    «Pensate che avrei dovuto dirgli della voce?»
    «No» rispose Ron senza esitazione. «Udire voci che nessun altro sente non è un buon segno, neanche tra i maghi».
    Qualcosa nel tono di Ron spinse Harry a chiedere: «Ma voi, mi credete?»
    «Certo» si affrettò a rispondere Ron. «Ma… devi ammettere che è misterioso…»
    «Lo so che è misterioso» disse Harry. «Tutta la storia è misteriosa. Che cos’era quella scritta sulla parete? La Camera dei Segreti è stata aperta… cosa diavolo vuol dire?»
    «Sai, mi ricorda qualcosa» disse lentamente Ron. «Forse qualcuno una volta mi ha raccontato la storia di una camera segreta a Hogwarts… può essere stato Bill…»
    «E cosa diavolo è un Magonò?» lo interruppe Harry.
    Con sua sorpresa, Ron soffocò una risata.
    «Be’… veramente non è tanto da ridere… ma pensando a Gazza…» disse. «Un Magonò è uno nato in una famiglia di maghi, ma privo di qualsiasi potere magico. Un po’ il contrario dei maghi nati nelle famiglie dei Babbani, solo che i Maghinò sono rari. Se Gazza sta cercando di imparare la magia con un corso SpeedyMagic penso che sia perché è un Magonò. Questo spiegherebbe molte cose. Per esempio, perché odia cosi tanto gli studenti». Ron sorrise soddisfatto. «È invidioso».
    In lontananza si udirono i rintocchi di un pendolo.
    «Mezzanotte» disse Harry. «È meglio che andiamo a letto prima che arrivi Piton e provi ad accusarci di qualcos’altro».
    Per alcuni giorni, a scuola, non si parlò d’altro che dell’attentato a Mrs Purr. Ci pensava Gazza a tenerne desto il ricordo, pattugliando il corridoio dove era avvenuto il misfatto, come se pensasse che il colpevole sarebbe tornato sulla scena del delitto. Harry lo aveva visto darsi da fare con il Solvente Magico di Nonna Acetonella per Ogni Tipo di Sporcizia, per cancellare il messaggio scritto sulla parete, ma invano. Le lettere continuavano a luccicare sulla pietra, imperterrite. Quando Gazza non montava la guardia al luogo del misfatto si appiattava nei corridoi con gli occhi iniettati di sangue e poi saltava fuori all’improvviso davanti agli studenti ignari, pretendendo di punirli accusandoli di ‘respirare rumorosamente’, oppure di ‘avere l’aria felice’.
    Ginny Weasley sembrava molto sconvolta per la sorte toccata a Mrs Purr. A detta di Ron, amava molto i gatti.
    «Ma in fondo tu Mrs Purr non l’hai neanche conosciuta» le disse Ron per rincuorarla. «Te lo assicuro, senza di lei stiamo tutti molto meglio». A Ginny tremarono le labbra. «Cose di questo genere non capitano spesso a Hogwarts» la rassicurò il fratello. «Vedrai che acciufferanno quel matto che l’ha aggredita e lo sbatteranno fuori in un batter d’occhio. Spero solo che prima di venire espulso ce la faccia a pietrificare Gazza. Sto scherzando…» si affrettò ad aggiungere, perché Ginny era sbiancata come un cencio.
    L’attentato aveva avuto ripercussioni anche su Hermione che aveva sempre letto moltissimi libri, ma ora non faceva quasi più nient’altro. Né Harry né Ron riuscivano a farle spiccicare parola quando le chiedevano cosa avesse in mente. Questo fino al mercoledì successivo, quando lo scoprirono.
    Harry era stato trattenuto alla lezione di Pozioni, dove Piton lo aveva incaricato di ripulire le scrivanie dai vermi. Dopo un pranzo veloce Harry si era avviato di sopra per incontrarsi con Ron in biblioteca, quando si vide venire incontro Justin Finch-Fletchley del Tassorosso, di ritorno dalla lezione di Erbologia. Harry aveva appena aperto bocca per salutarlo, ma Justin, scorgendolo, gli aveva voltato d’improvviso le spalle ed era scappato nella direzione opposta.
    Harry trovò Ron in fondo alla biblioteca, alle prese con i compiti di Storia della Magia. Il Professor Rüf aveva chiesto un tema lungo un metro su: ‘Il Consiglio dei Maghi nell’Europa Medievale’.
    «Non ci posso credere, mi mancano ancora venticinque centimetri…» disse Ron furibondo mollando la pergamena che tornò ad arrotolarsi. «E pensare che Hermione ha fatto un tema di un metro e mezzo, e per giunta ha una calligrafia piccola!»
    «Dov’è Hermione?» chiese Harry prendendo il metro a nastro e srotolando il suo compito.
    «Laggiù, da qualche parte» disse Ron indicando gli scaffali. «In cerca dell’ennesimo libro. Credo che voglia leggere tutta la biblioteca prima di Natale».
    Harry raccontò a Ron di Justin Finch-Fletchley che era scappato per evitarlo.
    «Non so perché te la prendi tanto; pensavo che fosse un ragazzo un po’ stupido» commentò Ron continuando a scribacchiare e cercando di ingrandire più che poteva la sua calligrafia. «Tutte quelle stupidaggini sulla grandezza di Allock…»
    Hermione emerse da dietro gli scaffali. Pareva irritata e finalmente disposta a parlare con loro.
    «Non c’è più una copia disponibile di Hogwarts: storia di una Scuola di Magia» disse andandosi a sedere vicino ai suoi amici. «E c’è una lista d’attesa di due settimane. Come vorrei non aver lasciato la mia a casa! Ma con tutti quei libri di Allock non sono riuscita a farlo entrare nel baule!»
    «Perché ti serve?» chiese Harry.
    «Per lo stesso motivo per cui lo cercano tutti» rispose Hermione, «per leggere la storia della Camera dei Segreti».
    «E sarebbe?» chiese subito Harry.
    «Non lo so. Non mi ricordo» disse Hermione mordicchiandosi le labbra. «E non riesco a trovare la leggenda da nessun’altra parte…»
    «Hermione, fammi leggere il tuo tema» chiese Ron disperato, controllando l’ora.
    «Non se ne parla neanche!» lo redarguì lei, divenuta d’un tratto severa. «Hai avuto dieci giorni per finirlo».
    «Ti prego, mi mancano soltanto sei centìmetri…»
    La campanella suonò. Battibeccando, Ron e Hermione si avviarono alla lezione di Storia della Magia.
    Storia della Magia era la materia più noiosa del programma. La teneva il professor Rüf, l’unico insegnante fantasma, e la cosa più eccitante mai accaduta durante le sue lezioni era il suo ingresso in aula attraverso la lavagna. Decrepito e avvizzito, molti dicevano che non si era accorto di essere morto. Era accaduto semplicemente che un giorno, alzatosi per andare a lezione, aveva lasciato il proprio corpo su una poltrona davanti al camino, nella stanza dei professori; ma anche così, le sue abitudini non erano minimamente cambiate.
    Quel giorno, come al solito, la lezione era noiosa. Rüf aprì i suoi appunti e cominciò a leggere: la sua voce era un ronzio monotono, come un vecchio aspirapolvere, tanto che tutta la classe cadde in un torpore profondo, risvegliandosi di tanto in tanto per prendere nota di un nome o di una data, e poi tornando a dormire. Rüf parlava da circa mezz’ora, quando accadde qualcosa di assolutamente inedito: Hermione aveva alzato la mano.
    Il professore, sollevando lo sguardo nel bel mezzo di una lezione mortalmente noiosa sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289, parve stupito.
    «Signorina… ehm…»
    «Granger, professore. Mi chiedevo se lei poteva dirci qualcosa sulla Camera dei Segreti» chiese la ragazza con voce limpida.
    Dean Thomas, che fino a quel momento aveva guardato fuori dalla finestra, uscì dalla trance con un sussulto; Lavanda Brown rialzò la testa che aveva appoggiato sulle braccia e a Neville scivolò il gomito giù dal banco.
    Il professor Rüf sbatté le palpebre.
    «La mia materia è Storia della Magia» disse con la sua vocetta secca. «Io mi occupo di fatti, signorina Granger, non di miti e leggende». Si schiarì la gola con un piccolo schiocco, come di un gessetto che si spezzasse, e proseguì: «Nel settembre di quello stesso anno, un sotto-comitato di stregoni sardi…»
    Si interruppe un’altra volta. La mano di Hermione sventolava di nuovo in aria.
    «Signorina Grant?»
    «Granger, signore… Mi scusi, ma le leggende non si basano sempre su un fatto reale?»
    Il professor Rüf la guardò talmente sbalordito che Harry ebbe la certezza che mai studente, né vivo né morto, lo avesse interrotto prima di allora.
    «Be’» rispose lentamente, «sì, suppongo che questa tesi sia sostenibile». Scrutò Hermione come se fino a quel momento non avesse mai visto bene in faccia uno studente. «Ma la leggenda di cui lei parla è un racconto talmente fantastico, addirittura ridicolo…»
    Ora però, tutta la classe pendeva dalle sue labbra. Lui li fissò con il suo sguardo un po’ perso; tutti gli occhi erano puntati su di lui. Harry avrebbe giurato che il professore era completamente sconvolto da quella insolita manifestazione di interesse.
    «Oh, molto bene» disse lentamente. «Vediamo un po’… la Camera dei Segreti…
    «Naturalmente, sapete tutti che Hogwarts è stata fondata più di mille anni fa — si ignora la data precisa — dai due maghi e dalle due streghe più famosi dell’epoca. Le quattro Case prendono nome da loro: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Priscilla Corvonero e Salazar Serpeverde. Insieme, essi costruirono questo castello, lontano dagli occhi curiosi dei Babbani, perché a quel tempo la magia era molto temuta dalla gente comune, e maghi e streghe erano crudelmente perseguitati».
    S’interruppe, volse intorno alla stanza uno sguardo opaco e proseguì: «Per alcuni anni, i quattro fondatori lavorarono insieme in grande armonia, andando in cerca di giovani che mostrassero doti magiche e portandoli al castello per educarli. Ma un giorno tra loro nacquero dei dissapori. Fra Serpeverde e gli altri cominciò a crearsi una spaccatura. Serpeverde voleva essere più severo nella scelta degli studenti da ammettere a Hogwarts. Era convinto che il sapere magico dovesse essere custodito nelle famiglie di maghi. Non gli piaceva prendere studenti nati in famiglie di Babbani: li riteneva inaffidabili. Dopo qualche tempo, tra Grifondoro e Serpeverde scoppiò una gravissima lite al riguardo e Serpeverde lasciò la scuola».
    Il professor Rüf si interruppe di nuovo e increspò le labbra: pareva proprio una vecchia tartaruga grinzosa.
    «Tutto ciò proviene da fonti storiche sicure» proseguì, «ma questi fatti chiari e inoppugnabili sono stati offuscati dalla fantasiosa leggenda della Camera dei Segreti. Si racconta che Serpeverde costruì nel castello una stanza segreta, di cui gli altri fondatori ignoravano l’esistenza.
    «Stando alla leggenda, Serpeverde sigillò la Camera dei Segreti affinché nessuno potesse aprirla fintanto che non fosse giunto il suo vero erede. Soltanto lui sarebbe stato in grado di spezzare il sigillo apposto sulla Camera dei Segreti, sprigionare gli orrori che vi erano racchiusi e servirsene per epurare la scuola da tutti coloro che erano indegni di studiare la magia».
    Il professor Rüf concluse il racconto nel silenzio generale, ma non era il solito silenzio sonnacchioso, tipico delle sue lezioni. Gli alunni continuavano a fissarlo sperando che la storia avesse un seguito, ma nell’aria si avvertiva un certo disagio. Il professore aveva un’aria lievemente annoiata.
    «Senza dubbio, si tratta di stupidaggini belle e buone» disse. «Naturalmente la scuola è stata perquisita molte volte in lungo e in largo dai maghi e dalle streghe più colti per trovare la prova dell’esistenza di un luogo simile. Ma quella stanza non esiste. È una storia che si racconta per spaventare i creduloni».
    Hermione aveva alzato di nuovo la mano.
    «Signore… che cosa intende dire esattamente con ‘orrori’ racchiusi nella Camera?»
    «Si ritiene che si tratti di una specie di mostro, da cui solo l’erede di Serpeverde riesce a farsi obbedire» rispose il professor Rüf con la sua solita voce esile e asciutta.
    I ragazzi si scambiarono occhiate nervose.
    «Statemi a sentire bene, questa cosa non esiste» disse Rüf riordinando gli appunti. «Non esiste nessuna Camera dei Segreti e non esiste nessun mostro».
    «Ma, signore» disse Seamus Finnigan, «se la Camera può essere aperta soltanto dal vero erede di Serpeverde, nessun altro può trovarla, non le pare?»
    «Stupidaggini, Gannifin» disse Rüf annoiato. «Se tanti direttori e direttrici di Hogwarts non hanno trovato…»
    «Ma, professore» saltò su Calì Patil, «probabilmente per aprirla bisogna fare ricorso alla Magia Nera…»
    «Il semplice fatto che un mago non ricorra alla Magia Nera, non vuol dire che non sappia usarla, signorina Palì Catil» la rimbeccò il professor Rüf. «Ripeto, se figure della levatura di Silente…»
    «Ma forse bisogna che ci sia un legame con Serpeverde; per questo Silente non è riuscito…» cominciò a dire Dean Thomas. Ma Rüf ne aveva abbastanza.
    «Basta così» disse tagliando corto. «È un mito! Non esiste! Non c’è la minima prova che Serpeverde abbia mai costruito neanche un armadio per le scope che sia segreto! Mi rincresce di avervi raccontato una storia tanto insensata! E ora, se non vi dispiace, torniamo alla storia, ai fatti concreti, credibili, verificabili!»
    Nel giro di cinque minuti la classe era sprofondata di nuovo nel torpore di sempre.
    «L’ho sempre saputo che Salazar Serpeverde era un vecchio pazzo strampalato» disse Ron a Harry e a Hermione mentre, finita la lezione, si facevano largo nell’affollato corridoio per andare a posare le cartelle prima di pranzo. «Ma non sapevo che fosse stato lui a inventare questa storia dei purosangue. Non vorrei essere nella sua Casa per tutto l’oro del mondo. Sinceramente, se il Cappello Parlante avesse cercato di mettermi tra i Serpeverde avrei ripreso di filato il treno per tornarmene a casa…»
    Hermione annuiva calorosamente, ma Harry taceva. Gli si era chiuso lo stomaco, ed era una sensazione decisamente sgradevole.
    Harry non aveva mai raccontato a Ron e a Hermione che il Cappello Parlante aveva preso in seria considerazione la possibilità di mandare lui dai Serpeverde. Ricordava come fosse stato ieri quel che gli aveva detto all’orecchio la vocina, un anno prima, quando si era messo il cappello in testa: Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio…
    Ma Harry, che aveva già sentito dire che la Casa di Serpeverde aveva fama di aver formato molti maghi oscuri, aveva pensato disperatamente: Non a Serpeverde, non a Serpeverde! Allora il cappello aveva detto: Be’, se sei proprio così sicuro… meglio Grifondoro!
    Mentre venivano spintonati tra la folla, gli passò accanto Colin Canon.
    «Ciao, Harry!»
    «Ehilà, Colin!» gli rispose meccanicamente Harry.
    «Harry… Harry… un ragazzo in classe mia ha detto che tu sei…»
    Ma Colin era così basso di statura che non riusciva a contrastare il flusso di persone che lo sospingevano verso la Sala Grande; non avevano fatto in tempo a sentirlo strillare: «Ci vediamo, Harry!» che era già scomparso.
    «Cos’è che direbbe di te il suo compagno di classe?» chiese Hermione.
    «Che sono l’erede di Serpeverde, immagino» rispose Harry con lo stomaco che gli si era chiuso ancora di più al ricordo improvviso di come era scappato Justin Finch-Fletchley quando lo aveva incontrato.
    «La gente qui riesce a credere a qualsiasi cosa» disse Ron con aria disgustata.
    La folla si diradò e i tre risalirono senza difficoltà la successiva rampa di scale.
    «Pensi veramente che esista una Camera dei Segreti?» chiese Ron a Hermione.
    «Non lo so» rispose lei aggrottando la fronte. «Silente non è riuscito a curare Mrs Purr, e questo mi fa pensare che qualsiasi cosa abbia colpito la gatta non è… ehm… umana».
    Chiacchierando, i tre ragazzi girarono un angolo e si trovarono proprio all’estremità del corridoio dove era avvenuto il fattaccio. Si fermarono a guardare. La scena era esattamente come l’avevano vista la sera prima, tranne che ora al braccio della torcia non c’era appeso nessun gatto rigido e stecchito come un baccalà, mentre invece, contro la parete c’era una sedia con su appoggiato il seguente messaggio: ‘La Camera è stata aperta’.
    «È qui che Gazza monta la guardia» bofonchiò Ron.
    Si scambiarono un’occhiata. Il corridoio era deserto.
    «Non c’è niente di male a dare un’occhiatina in giro» disse Harry liberandosi della cartella e mettendosi a quattro zampe per cercare indizi.
    «Segni di bruciature!» disse. «Qui… e qui…»
    «Vieni a vedere!» esclamò Hermione. «È strano…»
    Harry si rialzò in piedi e si avvicinò alla finestra, accanto al messaggio scritto sulla parete. Hermione indicava il pannello di vetro in alto, dove una ventina di ragni si davano alla fuga azzuffandosi per passare attraverso una piccola fenditura. Un lungo filo argenteo pendeva a mo’ di fune, come se tutti, nella fretta di andarsene, se ne fossero serviti per arrampicarsi.
    «Hai mai visto dei ragni comportarsi in questo modo?» chiese Hermione pensierosa.
    «No» disse Harry. «E tu, Ron? Ron?»
    Si voltò a guardare. Ron si teneva scrupolosamente in disparte e sembrava si trattenesse a stento dal correre via.
    «Cosa c’è?» gli chiese Harry.
    «Non… mi… piacciono… i ragni» rispose nervoso.
    «Non lo sapevo» disse Hermione guardandolo sorpresa. «Hai maneggiato ragni migliaia di volte, nelle pozioni…»
    «Se sono morti è un altro conto» rispose Ron guardando ovunque tranne che verso la finestra. «Non mi piace come si muovono…»
    Hermione rise.
    «Non c’è niente da ridere» disse Ron arrabbiato. «Se proprio volete saperlo, quando avevo tre anni Fred ha trasformato il mio… il mio orsacchiotto in un orrendo ragno grossissimo, perché io gli avevo rotto il suo manico di scopa. Neanche a voi piacerebbero, se quando tenevate in braccio il vostro orsacchiotto tutt’a un tratto gli fossero spuntate zampe da tutte le parti e…»
    Si interruppe e rabbrividì. Naturalmente Hermione stava ancora facendo di tutto per non ridere. Harry si rese conto che era meglio cambiare argomento e disse: «Vi ricordate tutta quell’acqua per terra? Da dove sarà venuta? Qualcuno l’ha asciugata».
    «Era pressappoco qui» disse Ron che si era ripreso ed era riuscito a fare qualche passo oltre la sedia di Gazza, indicando un punto, «all’altezza di questa porta».
    Allungò la mano sulla maniglia d’ottone, ma la ritrasse di colpo come se si fosse ustionato.
    «Cosa c’è?» chiese Harry.
    «Non si può entrare» disse Ron abbassando la voce. «È la toilette delle ragazze».
    «Oh, Ron, di sicuro non c’è nessuno» disse Hermione avvicinandosi. «Questo è il regno di Mirtilla Malcontenta. Vieni, su, andiamo a dare un’occhiata».
    E ignorando il grosso cartello ‘GUASTO’ aprì la porta.
    Era il bagno più squallido e deprimente dove Harry avesse mai messo piede. Sotto un grosso specchio rotto e macchiato c’era una fila di lavandini in pietra sbreccati. Il pavimento era bagnaticcio e rifletteva la luce fioca di alcuni mozziconi di candela; le porte di legno dei gabinetti erano graffiate e scorticate e una ciondolava fuori dai cardini.
    Hermione si mise un dito sulla bocca e si avviò verso il gabinetto in fondo. Lì disse: «Salve, Mirtilla, come stai?»
    Harry e Ron si avvicinarono per guardare. Mirtilla Malcontenta era sospesa a mezz’aria sopra la cassetta dello scarico e si stava strizzando un brufolo sul mento.
    «Questo è un bagno per ragazze» disse lanciando un’occhiata sospettosa a Ron e Harry. «Loro non sono ragazze».
    «E vero» convenne Hermione. «volevo soltanto fargli vedere come… ehm… come è carino qui».
    E con gesto vago indicò il vecchio specchio tutto sporco e il pavimento bagnato.
    «Chiedile se ha visto niente» le sussurrò Harry.
    «Che cosa vi state bisbigliando?» disse Mirtilla guardandolo fisso.
    «Niente» si affrettò a dire Harry. «Volevamo chiederti…»
    «Vorrei che la gente la smettesse di parlarmi dietro alle spalle!» disse Mirtilla con la voce rotta dal pianto. «Ho anch’io dei sentimenti, sapete, anche se sono morta».
    «Mirtilla, nessuno vuole farti star male» disse Hermione. «Harry voleva solo…»
    «Nessuno vuole farmi star male, eh? Questa sì che è buona!» gemette cupa Mirtilla. «In questo posto la vita non mi ha dato che infelicità e ora mi vogliono rovinare anche la morte!»
    «Volevamo chiederti se ultimamente avevi visto per caso qualcosa di strano» si affrettò a spiegare Hermione, «perché proprio di fronte alla tua porta, il giorno di Halloween, qualcuno ha fatto un attentato a un gatto».
    «Hai visto nessuno aggirarsi qui intorno, quella notte?» chiese Harry.
    «Non ci ho fatto caso» rispose Mirtilla con aria melodrammatica. «Pix mi ha sconvolto così tanto, quella sera, che me ne sono venuta qui e ho cercato di ammazzarmi. Poi naturalmente mi sono ricordata che sono… che sono…»
    «Che sei già morta» concluse Ron venendole in aiuto.
    Mirtilla fece un sospiro tragico, si sollevò in aria, si voltò e si tuffò a capofitto nella tazza, spruzzando acqua tutt’intorno e scomparendo; dalla direzione da cui provenivano i suoi singhiozzi smorzati, si sarebbe detto che si fosse fermata da qualche parte nel sifone.
    Harry e Ron rimasero a bocca aperta, ma Hermione scrollò stancamente le spalle e disse: «Questa sera Mirtilla era davvero quasi di buon umore… Andiamo via, su!»
    Harry aveva appena richiuso la porta sui singhiozzi gorgoglianti di Mirtilla, quando uno scoppio di voce li fece saltare tutti e tre.
    «RON!»
    Percy Weasley si era fermato di botto in cima alle scale, con il cartellino di Prefetto che gli luccicava sul petto e sul volto un’espressione completamente sconvolta.
    «Ma quello è il bagno delle ragazze!» Era senza fiato. «Che cosa stavate…?»
    «Stavamo semplicemente dando un’occhiata in giro» disse Ron facendo spallucce. «Cerchiamo indizi, sai…»
    Percy si gonfiò in un modo che a Harry non poté non ricordare mamma Weasley.
    «Fuori… di… qui…» disse avvicinandosi a grandi passi, e cominciò a inseguirli battendo le mani. «Non vi importa proprio niente di quel che si potrebbe pensare di voi? Tornare qui mentre tutti sono a pranzo…»
    «E perché mai non dovremmo essere qui?» disse Ron risentito, fermandosi e dando un’occhiataccia al fratello.
    «Senti un po’, guarda che la gatta noi non l’abbiamo sfiorata neanche con un dito!»
    «È quel che ho detto a Ginny» disse Percy con foga, «ma a quanto sembra, lei continua a pensare che sarete espulsi: non l’ho mai vista così sconvolta, piange come una fontana. Potreste anche pensare a lei: tutti quelli del primo anno sono assolutamente sovreccitati per questa faccenda…»
    «È a te che non importa niente di Ginny!» disse Ron con le orecchie rosse dalla rabbia. «L’unica cosa che ti preoccupa è che io possa rovinarti la promozione a Caposcuola!»
    «Cinque punti in meno al Grifondoro!» tagliò corto Percy indicando il suo cartellino di Prefetto. «E spero che questo ti insegni qualcosa. Niente più giocare al detective o scrivo a mamma!»
    E si allontanò a gran passi, con la collottola rossa quanto le orecchie di Ron.
    Quella sera, quando si riunirono nella sala di ritrovo, Harry, Ron e Hermione andarono a sedersi più lontano possibile da Percy. Ron, ancora di pessimo umore, continuava a imbrattare il suo compito di Incantesimi. Quando poi, distrattamente, prese la bacchetta magica per eliminare le macchie, diede fuoco alla pergamena. Fumando quasi quanto il suo compito, chiuse di malagrazia il secondo volume del Manuale degli incantesimi. Con grande sorpresa di Harry, Hermione fece altrettanto.
    «Ma allora chi può essere?» disse a bassa voce, come riprendendo una conversazione interrotta poco prima. «Chi può volere che tutti i Maghinò e i figli dei Babbani abbandonino Hogwarts?»
    «Aspetta, fammi pensare» disse Ron con finta perplessità. «Chi conosciamo che pensa che i figli di Babbani siano il rifiuto della società?»
    Fissò Hermione, che gli ricambiò l’occhiata, poco convinta.
    «Stai parlando di Malfoy?»
    «E di chi altro?» disse Ron. «L’hai sentito: ‘La prossima volta tocca a voi, mezzosangue!’ Dài, basta che gli guardi quella stupida faccia da topo per capire che è lui…»
    «Malfoy l’Erede di Serpeverde?» commentò Hermione scettica.
    «Guarda la sua famiglia» disse Harry chiudendo anche lui il libro. «Sono stati sempre tutti Serpeverde, lui non fa che vantarsene in continuazione. Non è impossibile che discendano da Serpeverde in persona. Il padre di Malfoy è decisamente abbastanza cattivo per esserlo».
    «Forse possiedono la chiave della Camera dei Segreti da secoli» disse Ron, «e se la tramandano di padre in figlio…»
    «Be’» disse cauta Hermione, «è possibile…»
    «Ma come possiamo dimostrarlo?» chiese Harry cupo.
    «Un modo ci sarebbe» disse lentamente Hermione, abbassando ancora di più la voce e lanciando una rapida occhiata a Percy, all’altro capo della stanza. «Naturalmente è difficile. E pericoloso, molto pericoloso. Se lo facessimo, immagino che infrangeremmo almeno cinquanta regole della scuola».
    «Se fra un paio di mesi vorrai degnarti di spiegarcelo faccelo sapere, eh?» disse Ron irritato.
    «Va bene» disse Hermione in tono gelido. «Dovremmo introdurci nella sala di ritrovo dei Serpeverde e fare a Malfoy qualche domanda senza che lui sappia che siamo noi».
    «Ma è impossibile!» disse Harry, e Ron scoppiò a ridere.
    «No che non lo è» replicò Hermione. «Basterebbe un po’ di Pozione Polisucco».
    «E che cos’è?» chiesero all’unisono Ron e Harry.
    «L’ha nominata Piton in classe, alcune settimane fa…»
    «Pensi proprio che durante le lezioni di Pozioni non abbiamo niente di meglio da fare che ascoltare Piton?» borbottò Ron.
    «È una pozione che ti trasforma in un’altra persona. Pensateci! Potremmo trasformarci in tre studenti del Serpeverde. Nessuno saprebbe che siamo noi. È assai probabile che Malfoy sputerebbe fuori tutto. Forse se ne sta vantando nella sala di ritrovo dei Serpeverde in questo preciso momento, se solo potessimo ascoltarlo».
    «Questa roba Polisucco mi sembra un po’ pericolosa» disse Ron aggrottando la fronte. «E se ci rimane addosso per sempre la faccia dei tre Serpeverdi?»
    «Dopo un po’ svanisce da sola» disse Hermione con un gesto d’impazienza. «Resta il fatto che impadronirsi della ricetta sarà molto difficile. Piton ha detto che si trova in un libro intitolato De Potentissimis Potionibus, che viene custodito nel Reparto Proibito della biblioteca».
    C’era un solo modo per poter prendere un libro dal Reparto Proibito: avere un permesso firmato da un professore.
    «Il difficile è spiegare perché lo vogliamo» disse Ron, «se non per cercare di eseguire una delle ricette».
    «Io penso» disse Hermione, «che se lo facessimo passare per il desiderio di approfondire lo studio teorico avremmo una possibilità…»
    «Ma che dici! Nessun insegnante ci cascherà» la rimbeccò Ron. «Dovrebbero essere veramente ottusi…»
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