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Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban (4329 citazioni)
   1) Posta via gufo (109 citazioni)
   2) Il grosso errore di zia Marge (132 citazioni)
   3) Il Nottetempo (170 citazioni)
   4) Il Paiolo Magico (188 citazioni)
   5) Il Dissennatore (282 citazioni)
   6) Artigli e foglie di tè (265 citazioni)
   7) Il Molliccio nell'armadio (197 citazioni)
   8) La fuga della Signora Grassa (225 citazioni)
   9) Una Grama sconfitta (226 citazioni)
   10) La Mappa del Malandrino (258 citazioni)
   11) La Firebolt (226 citazioni)
   12) Il Patronus (200 citazioni)
   13) Grifondoro contro Corvonero (159 citazioni)
   14) L'ira di Piton (221 citazioni)
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   16) La profezia della professoressa Cooman (192 citazioni)
   17) Gatto, topo e cane (197 citazioni)
   18) Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso (67 citazioni)
   19) Il servo di Voldemort (203 citazioni)
   20) Il bacio dei Dissennatori (78 citazioni)
   21) Il segreto di Hermione (348 citazioni)
   22) Ancora posta via gufo (182 citazioni)
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Il grosso errore di zia Marge


   Quando Harry scese a colazione la mattina dopo, trovò i tre Dursley già seduti al tavolo di cucina a guardare la televisione. L'apparecchio era nuovo di zecca, un regalo di fine scuola per Dudley, che si era sempre lamentato del lungo tragitto dal frigo alla tivù del salotto. Dudley aveva passato gran parte dell'estate in cucina, masticando ininterrottamente, con i piccoli occhi porcini fissi sullo schermo e i cinque doppi menti che tremolavano.
   Harry sedette tra Dudley e zio Vernon, un omone bene in carne con il collo cortissimo e folti baffi. Nessuno si sognò di augurare buon compleanno a Harry, anzi nessuno dei Dursley diede segno di accorgersi che fosse entrato in cucina, ma Harry ci era troppo abituato per farci caso. Prese una fetta di pane tostato e guardò il mezzobusto sullo schermo: parlava di un detenuto evaso...
   «Black è armato ed estremamente pericoloso. È stata attivata una linea telefonica speciale, e chiunque lo avvisti è pregato di comunicarlo immediatamente alle autorità».
   «È chiaro che è un delinquente» bofonchiò zio Vernon fissando l'ex prigioniero da sopra il giornale. «Guardatelo un po', guardate com'è sporco! E i capelli, poi!»
   Scoccò un malevolo sguardo obliquo a Harry, la cui chioma ribelle lo aveva sempre molto infastidito. Ma in confronto all'uomo sullo schermo, il volto magro incorniciato da un groviglio sporco che gli arrivava alle spalle, Harry si sentì molto ordinato.
   Ricomparve il mezzobusto.
   «Il Ministero dell'Agricoltura e della Pesca annuncerà oggi...»
   «Ehi!» abbaiò zio Vernon, fissando furente il giornalista. «Non ci hai detto da dove è fuggito quel maniaco! Che razza di modo è? Quel pazzo potrebbe spuntare qui intorno da un momento all'altro!»
   Zia Petunia, una donna ossuta con la faccia cavallina, si alzò di scatto e gettò un'occhiata fuori dalla finestra della cucina. Harry sapeva che zia Pe
   tunia sarebbe stata felicissima di poter chiamare il numero speciale. Era la donna più ficcanaso del mondo e passava gran parte del suo tempo a spiare i vicini, anche se erano noiosi e rispettosi della legge.
   «Quando impareranno che la pena di morte è il solo modo di trattare con gente del genere?» disse zio Vernon picchiando il grosso pugno violaceo sul tavolo.
   «Verissimo» disse zia Petunia, ancora intenta a sbirciare tra i rampicanti del vicino.
   Zio Vernon finì il suo tè, guardò l'orologio e disse: «Esco tra un minuto, Petunia, il treno di Marge arriva alle dieci».
   Harry, i cui pensieri erano tutti per il suo Kit di Manutenzione per Manici di Scopa, ripiombò bruscamente nella realtà.
   «Zia Marge?» esclamò. «N-non è che sta venendo qui, vero?»
   Zia Marge era la sorella di zio Vernon. Anche se per lui era solo una parente acquisita (la madre di Harry era la sorella di zia Petunia), era costretto a chiamarla zia. Zia Marge viveva in campagna, in una casa con un grande giardino, e allevava bulldog. Non veniva spesso a Privet Drive, perché non riusciva a separarsi dai suoi amatissimi cani, ma tutte le sue visite erano vividamente, orribilmente impresse nella memoria di Harry.
   Per il quinto compleanno di Dudley, zia Marge aveva picchiato Harry sugli stinchi con il bastone da passeggio perché la smettesse di battere Dudley al gioco dei mimi. Qualche anno dopo, a Natale, era arrivata con un aereo telecomandato per Dudley e una scatola di biscotti per cani per Harry. Durante la sua ultima visita, Harry aveva calpestato per errore la coda del suo cane preferito, Squarta, che l'aveva rincorso per tutto il giardino, finché il ragazzo non aveva trovato riparo su un albero. Zia Marge aveva richiamato il cane solo a mezzanotte passata; l'episodio faceva ancora ridere Dudley fino alle lacrime.
   «Marge rimarrà da noi per una settimana» sibilò zio Vernon, «e visto che siamo in argomento, sarà il caso di chiarire qualche cosetta prima che io vada a prenderla» aggiunse, puntando un grasso dito minaccioso verso Harry.
   Dudley fece un sorrisetto e distolse lo sguardo dallo schermo. Guardare il padre che strapazzava Harry era il suo divertimento preferito.
   «Prima di tutto» ringhiò zio Vernon, «tieni a posto la lingua quando parli con Marge».
   «Lo farò» ribatté Harry aspramente, «se lei lo fa con me».
   «Secondo» disse zio Vernon, fingendo di non aver sentito, «dal momento che Marge non sa nulla della tua anormalità, non voglio che succedano cose... cose strane mentre lei è qui. Comportati bene, capito?»
   «Sì, se lo fa lei» disse Harry a denti stretti.
   «Terzo» riprese zio Vernon, gli occhietti malvagi ridotti a fessure nel faccione violaceo, «abbiamo detto a Marge che frequenti il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili».
   «Che cosa?» esclamò Harry.
   «E sarà meglio che tu glielo lasci credere, ragazzo, o saranno guai» ribatté zio Vernon.
   Harry rimase seduto, pallido e furibondo, guardando zio Vernon con aria incredula. Zia Marge ospite per una settimana: era il peggior regalo di compleanno che i Dursley gli avessero mai fatto, peggio anche dei vecchi calzini di zio Vernon.
   «Bene, Petunia» disse zio Vernon alzandosi goffamente, «vado alla stazione. Vuoi venire anche tu, Dudders?»
   «No» rispose Dudley. Ora che suo padre aveva smesso di minacciare Harry, era tornato a guardare la televisione.
   «Diddy adesso si fa bello per la zietta» disse zia Petunia accarezzando i folti capelli biondi di Dudley. «La mamma gli ha comprato un bel cravattino nuovo nuovo».
   Zio Vernon diede una pacca sulla spalla porcina di Dudley.
   «Ci vediamo fra poco, allora» disse, e uscì.
   Harry, che era rimasto immobile come impietrito dall'orrore, all'improvviso ebbe un'idea. Lasciò perdere il pane tostato, scattò in piedi e seguì zio Vernon nell'ingresso.
   Zio Vernon s'infilò il giaccone.
   «Non ho intenzione di portare te» ringhiò.
   «Non ho intenzione di venire» rispose Harry gelido. «Volevo chiederti una cosa».
   Zio Vernon lo squadrò con sospetto.
   «I ragazzi del terzo anno a Hog... voglio dire alla mia scuola, hanno il permesso di visitare il villaggio» disse Harry.
   «E allora?» scattò zio Vernon prendendo le chiavi dell'auto da un gancio vicino alla porta.
   «Devi firmare il permesso» disse Harry in fretta.
   «E perché dovrei?» chiese zio Vernon beffardo.
   «Be'» spiegò Harry scegliendo con cura le parole, «non sarà facile per me far finta con zia Marge di frequentare quel Centro Nonsoche...»
   «Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili!» muggì zio Vernon, e Harry fu lieto di cogliere un'evidente nota di panico nella sua voce.
   «Esatto» disse Harry, fissando tranquillamente il faccione paonazzo di zio Vernon. «È lungo da ricordare. E dovrò sembrare credibile, vero? E se per sbaglio mi lascio scappare qualcosa?»
   «Ti spezzo le ossa una per una, capito?» ruggì zio Vernon avanzando verso Harry con il pugno alzato. Ma Harry rimase immobile.
   «Spezzarmi le ossa non farebbe dimenticare a zia Marge quello che le potrei dire» ribatté ironico.
   Zio Vernon si fermò, col pugno ancora alzato, grigiastro in volto.
   «Ma se mi firmi il permesso» riprese Harry in fretta, «giuro che mi ricorderò il nome della scuola che hai detto, e mi comporterò come un Bab... come uno normale».
   Harry capì che zio Vernon stava riflettendo, anche se aveva i denti scoperti e una vena che gli pulsava alla tempia.
   «Va bene!» esclamò alla fine zio Vernon. «Starò molto attento a come ti comporti durante la visita di Marge. E se alla fine avrai rigato dritto, ti firmerò quel maledetto permesso».
   Girò sui tacchi, aprì la porta e la sbatté così forte che uno dei pannelli di vetro cadde fragorosamente.
   Harry non tornò in cucina. Invece andò di sopra, nella sua camera. Se doveva comportarsi come un vero Babbano, era meglio cominciare subito. Lentamente, malinconicamente, raccolse i regali e i biglietti di auguri e li nascose sotto il letto insieme ai compiti. Poi andò alla gabbia di Edvige. Errol si era ripreso; lui ed Edvige erano addormentati, il capo sotto l'ala. Harry sospirò, poi li svegliò.
   «Edvige» disse in tono sconsolato, «devi sparire per una settimana. Vai con Errol, Ron si prenderà cura di te. Gli scriverò un biglietto per spiegargli. E non guardarmi cosi» gli occhi ambrati di Edvige erano colmi di rimprovero «non è colpa mia. E l'unico modo per avere il permesso di andare a Hogsmeade con Ron e Hermione».
   Dieci minuti dopo, Errol ed Edvige (che aveva un messaggio per Ron legato a una zampa) volarono fuori dalla finestra e sparirono. Harry, decisamente triste, ripose la gabbia vuota nell'armadio.
   Non dovette aspettare molto. In men che non si dica, zia Petunia prese a strillare su per le scale ordinandogli di scendere per salutare l'ospite.
   «E fai qualcosa a quei capelli!» gli disse mentre Harry si avviava verso l'ingresso.
   Harry non capiva perché dovesse cercare di lisciarsi i capelli. Zia Marge adorava criticarlo, e quindi più lui era disordinato più sarebbe stata contenta.
   Ben presto si senti scricchiolare la ghiaia mentre l'auto di zio Vernon percorreva il vialetto, poi si udirono il rumore delle portiere che si chiudevano e i passi sul sentiero del giardino.
   «Vai alla porta!» sibilò zia Petunia a Harry.
   Lo stomaco ridotto a un nodo, Harry aprì la porta.
   Sulla soglia c'era zia Marge. Somigliava molto a zio Vernon: larga, bene in carne e paonazza, aveva perfino i baffi, anche se non cespugliosi come quelli dello zio. In una mano reggeva un'enorme valigia, e infilato sotto l'altro braccio c'era un vecchio bulldog dal pessimo carattere.
   «Dov'è il mio Dudders?» ruggì zia Marge. «Dov'è il mio nipotino tesorino?»
   Dudley caracollò avanti, i capelli biondi incollati piatti sul testone, il cravattino appena visibile sotto molteplici strati di doppio mento. Zia Marge scagliò la valigia nello stomaco di Harry, mozzandogli il respiro, sollevò da terra Dudley, lo strizzò forte con il braccio libero e gli stampò un grosso bacio sulla guancia.
   Harry sapeva benissimo che Dudley tollerava gli abbracci di zia Marge solo perché veniva ben ricompensato, ed era certo che, una volta sciolto l'abbraccio, Dudley avesse una crocchiante banconota da venti sterline ben stretta nel pugno ciccione.
   «Petunia!» esclamò zia Marge passando davanti a Harry come se fosse un appendiabiti. Zia Marge e zia Petunia si baciarono, o meglio, zia Marge urtò il mascellone contro lo zigomo ossuto di zia Petunia.
   Zio Vernon entrò, sorrise gioviale e chiuse la porta.
   «Tè, Marge?» chiese. «E Squarta che cosa prende?»
   «Squarta prende il tè dal mio piattino» disse zia Marge mentre entravano tutti in cucina, lasciando Harry solo nell'ingresso con la valigia. Ma lui non si lamentò; ogni scusa era buona per non dover stare con zia Marge. Così prese a trascinare la valigia di sopra, nella stanza degli ospiti, e ci mise più tempo che poteva.
   Quando tornò in cucina, a zia Marge erano stati serviti tè e torta alla frutta e Squarta, in un angolo, leccava rumorosamente il piattino. Harry vide zia Petunia rabbrividire impercettibilmente notando le gocce di tè e bava che macchiavano il pavimento pulito. Zia Petunia odiava gli animali.
   «Chi ti cura gli altri cani, Marge?» chiese zio Vernon.
   «Oh, c'è il Colonnello Fubster che si occupa di loro» esclamò zia Marge. «Ora è in pensione, ed è contento di avere qualcosa da fare. Ma non ho proprio potuto lasciare a casa il povero vecchio Squarta. Quando è lontano da me piange».
   Squarta prese a ringhiare mentre Harry si sedeva. Per la prima volta da quando era arrivata, l'attenzione di zia Marge si concentrò sul ragazzo.
   «Allora!» abbaiò. «Sei ancora qui!»
   «Si» disse Harry.
   «Non dire sì con quel tono ingrato» ringhiò zia Marge. «Vernon e Petunia sono maledettamente gentili a tenerti. Io non l'avrei fatto. Saresti andato dritto filato all'orfanotrofio se ti avessero abbandonato sulla porta di casa mia».
   Harry moriva dalla voglia di dire che avrebbe preferito stare in un orfanotrofio invece che con i Dursley, ma il pensiero del permesso per Hogsmeade lo fermò. Così sorrise a fatica.
   «Non fare quelle smorfie!» tuonò zia Marge. «Vedo che non sei affatto migliorato dall'ultima volta. Speravo che la scuola ti avrebbe ficcato in testa un po' di buone maniere». Prese una gran sorsata di tè, si asciugò i baffi e disse: «Dove hai detto che lo mandate, Vernon?»
   «A San Bruto» rispose prontamente zio Vernon. «È un istituto di prim'ordine per casi senza speranza».
   «Ho capito» disse zia Marge. «Usano la frusta a San Bruto, ragazzo?» abbaiò.
   «Ehm...»
   Zio Vernon fece sì con la testa dietro la schiena di zia Marge.
   «Sì» disse Harry. Poi, pensando che tanto valeva far le cose perbene, aggiunse: «Sempre».
   «Ottimo» disse zia Marge. «Io non la capisco, questa mania di non darle alla gente che se lo merita. È da smidollati, da mollaccioni. Una bella battuta è quello che ci vuole in novanta casi su cento. E te, ti picchiano spesso?»
   «Oh, sì» rispose Harry, «un sacco di volte».
   Zia Marge socchiuse gli occhi.
   «Il tuo tono continua a non piacermi, ragazzo» profferì. «Se usi quel tono svagato per parlare delle frustate che prendi, è chiaro che non te ne danno abbastanza. Petunia, se fossi in te scriverei una lettera al direttore. Per ribadire che approvi l'uso delle maniere forti con il ragazzo».
   Forse zio Vernon temeva che Harry dimenticasse il loro patto; comunque, cambiò bruscamente discorso.
   «Hai sentito il telegiornale stamattina, Marge? Di quel prigioniero evaso? Che storia...»
   Mentre zia Marge cominciava a fare come se fosse a casa sua, Harry si sorprese a pensare con nostalgia alla vita al numero 4 senza di lei. Zio Vernon e zia Petunia di solito lo esortavano a stare fuori dai piedi, cosa che Harry faceva con gran gioia. Zia Marge, invece, voleva tenere Harry sempre sott'occhio, in modo da poter dispensare consigli su come migliorare i suoi modi. Era felice di poter paragonare Harry a Dudley; provava un gran piacere nel comprare al nipote regali costosi e nel darglieli fissando Harry, sfidandolo a chiedere perché non ci fosse un regalo anche per lui. In più. continuava a lasciar cadere cupe allusioni su ciò che faceva di Harry una persona così manchevole.
   «Non devi rimproverarti per come è venuto su il ragazzo, Vernon» disse a pranzo il terzo giorno. «Se c'è qualcosa di marcio dentro, uno non può farci niente».
   Harry cercò di concentrarsi sul piatto, ma gli tremavano le mani ed era rosso di rabbia. Ricordati il permesso, si disse. Pensa a Hogsmeade. Non dire niente. Non alzare...
   Zia Marge prese il bicchiere pieno di vino.
   «È una delle regole base dell'allevamento» disse. «Con i cani è sempre così. Se c'è qualcosa che non va nella madre, anche i cuccioli avranno qualcosa che non...»
   In quel momento, il bicchiere esplose in mano a zia Marge. Frammenti di vetro volarono in tutte le direzioni e zia Marge prese a sputacchiare e a strizzare gli occhi, il faccione rosso grondante di vino.
   «Marge!» squittì zia Petunia. «Marge, va tutto bene?»
   «Non è niente» grugnì zia Marge, asciugandosi la faccia col tovagliolo. «Devo averlo stretto troppo. Mi è successa la stessa cosa l'altro giorno a casa del Colonnello Fubster. Non agitarti, Petunia, è solo che ho una presa molto salda...»
   Ma zia Petunia e zio Vernon lanciarono a Harry occhiate sospettose. Così lui decise che era meglio saltare il dolce e allontanarsi da tavola più in fretta che poteva.
   In corridoio, appoggiò la schiena al muro e respirò profondamente. Da tanto tempo non gli succedeva di perdere il controllo e far esplodere qualcosa. Non poteva permettersi che accadesse di nuovo. Il permesso per Hogsmeade non era la sola posta in gioco: se continuava cosi, sarebbe finito nei guai con il Ministero della Magia.
   Harry era ancora un mago minorenne, e la legge dei maghi gli proibiva di fare magie fuori dalla scuola. Ma il suo curriculum non era proprio immacolato in questo senso. Solo l'estate precedente aveva ricevuto una severa ammonizione ufficiale: se il Ministero avesse avuto notizia di altre pratiche magiche compiute a Privet Drive, Harry sarebbe stato espulso da Hogwarts.
   Harry sentì che i Dursley si alzavano da tavola e corse di sopra, fuori dai piedi.
   Harry riuscì a superare i tre giorni che seguirono sforzandosi di pensare al Manuale di Manutenzione per Manici di Scopa tutte le volte che zia Marge se la prendeva con lui. La cosa funzionò, anche se a quanto pare lo costringeva a una certa fissità dello sguardo, tanto che zia Marge cominciò a vociferare che secondo lei Harry doveva essere anormale.
   Finalmente arrivò l'ultima sera della vacanza di zia Marge. Zia Petunia preparò una cenetta speciale e zio Vernon stappò parecchie bottiglie di vino. Mangiarono la minestra e il salmone senza far cenno ai difetti di Harry; al momento della meringata al limone, zio Vernon li tediò tutti con un lungo discorso sulla Grunnings, la sua ditta produttrice di trapani; poi zia Petunia fece il caffè e zio Vernon tirò fuori una bottiglia di brandy.
   «Un bicchierino, Marge?»
   Zia Marge aveva già bevuto parecchio. Il suo faccione era molto rosso.
   «Ma sì, appena appena» disse ridacchiando. «Un po' di questo, un po' di quello... come il ragazzo».
   Dudley stava facendo sparire la quarta fetta di meringata. Zia Petunia beveva il caffè con il mignolo teso. Harry avrebbe tanto voluto eclissarsi in camera sua, ma incontrò lo sguardo furioso di zio Vernon e capì che doveva resistere.
   «Aah» disse zia Marge schioccando le labbra, e posò il bicchiere vuoto. «Che mangiata, Petunia. Di solito la sera mi faccio due cosette veloci, con dodici cani a cui badare...» Ruttò sonoramente e si batté il grosso stomaco ricoperto di tweed. «Scusate. Ma mi piace vedere un ragazzo sano» riprese, strizzando l'occhio a Dudley. «Diventerai un bell'omone, Dudders, proprio come tuo padre. Sì, ancora un po' di brandy, Vernon... Ma quello lì...»
   Piegò il capo verso Harry, che si sentì stringere lo stomaco. Il Manuale, pensò in fretta.
   «Quello lì ha l'aria poco sana, è così piccolo. Succede anche con i cani. Il Colonnello Fubster l'anno scorso me ne ha annegato uno. Una specie di topo, ecco cos'era. Debole. Malnutrito».
   Harry stava tentando di ricordarsi la pagina 12 del Manuale: Un Incantesimo per curare le Retromarce Riluttanti.
   «Dipende tutto dal sangue, come dicevo l'altro giorno. Cattivo sangue non mente. Ora, non sto dicendo che la tua famiglia ha qualcosa che non va, Petunia» e batté sulla mano ossuta di Petunia con la sua, simile a un badile, «ma tua sorella era la mela marcia. Capita anche nelle migliori famiglie. Poi è scappata con un buono a nulla ed ecco il risultato».
   Harry fissò il piatto, uno strano ronzio nelle orecchie. Prendete la scopa per la coda con fermezza, pensò. Ma non riusciva a ricordare cosa veniva dopo. La voce di zia Marge si faceva strada dentro di lui come uno dei trapani di zio Vernon.
   «Quel Potter» disse zia Marge ad alta voce afferrando la bottiglia di brandy e versandone ancora, un po' nel bicchiere un po' sulla tovaglia, «non mi avete mai detto che lavoro faceva».
   Zio Vernon e zia Petunia erano molto tesi. Perfino Dudley alzò gli occhi dalla torta per osservare i genitori.
   «Lui... non lavorava» disse zio Vernon, lanciando a Harry un'occhiata obliqua. «Era disoccupato».
   «Lo immaginavo!» disse zia Marge buttando giù una gran sorsata di brandy e asciugandosi il mento con la manica. «Un fannullone, un mangiapane a ufo, uno sfaticato che...»
   «Non è vero» disse Harry all'improvviso. Tutti tacquero. Harry tremava. Non era mai stato così arrabbiato.
   «ANCORA UN PO' DI BRANDY!» strillò zio Vernon, che era impallidito. Svuotò la bottiglia nel bicchiere di zia Marge. «Tu, ragazzo» sibilò rivolto a Harry. «Vai a dormire, vai...»
   «No, Vernon» disse zia Marge. Le era venuto il singhiozzo. Tese una mano per interrompere il fratello, gli occhietti iniettati di sangue fissi su Harry. «Va' avanti, ragazzo, va' avanti. Sei fiero dei tuoi genitori, vero? Figurati, due che si ammazzano in un incidente d'auto. Saranno stati ubriachi...»
   «Non sono morti in un incidente!» esclamò Harry scattando in piedi.
   «Sono morti in un incidente, piccolo perfido bugiardo, e ti hanno scaricato come un fardello sulle spalle dei loro bravi, operosi parenti!» strillò zia Marge furiosa. «Sei un insolente, ingrato moccioso...»
   Ma zia Marge all'improvviso tacque. Per un attimo, fu come se le mancassero le parole. Sembrava gonfia di una rabbia inesprimibile, una rabbia che continuava a premere, a premere da dentro. Il suo faccione rosso cominciò ad allargarsi, i suoi occhietti presero a sporgere e la sua bocca si stirò a tal punto da impedirle di parlare. Un attimo dopo, parecchi bottoni saltarono dalla giacca di tweed e rimbalzarono sulle pareti. Si stava gonfiando come un pallone mostruoso, con lo stomaco che esplodeva dalla gonna di tweed e le dita simili a salsicce.
   «MARGE!» gridarono zio Vernon e zia Petunia in coro, mentre il corpo di zia Marge cominciava a sollevarsi dalla sedia e a librarsi verso il soffitto. Ormai era completamente rotonda, un'enorme boa di salvataggio con gli occhi porcini, e le mani e i piedi sporgevano in modo bizzarro mentre navigava a mezz'aria, con uno scoppiettio soffocato. Squarta entrò a scivoloni, abbaiando furiosamente.
   «Noooooo!»
   Zio Vernon afferrò un piede di zia Marge e cercò di tirarla giù, ma rischiò a sua volta di sollevarsi da terra. Un istante dopo, Squarta fece un balzo e affondò i denti nella gamba di zio Vernon.
   Harry scattò prima che qualcuno potesse fermarlo, diretto al ripostiglio del sottoscala. La porta si spalancò da sola per magia. In un attimo, trascinò il suo baule verso la porta. Filò su per le scale e si gettò sotto il letto, strappò l'asse mobile e afferrò la federa che conteneva i libri e i regali di compleanno. Strisciò fuori, prese la gabbia vuota di Edvige e si precipitò di nuovo dabbasso, proprio mentre zio Vernon usciva dalla sala da pranzo, la gamba del pantalone ridotta a brandelli sanguinolenti.
   «TORNA SUBITO QUI!» strillò. «VIENI A RIMETTERLA A POSTO!»
   Ma Harry, preso da una rabbia incontenibile, apri con un calcio il baule, afferrò la bacchetta magica e la puntò su zio Vernon.
   «Se l'è meritato» disse respirando affannosamente. «Se l'è proprio meritato. Stai lontano da me».
   Tese l'altra mano all'indietro, cercando a tentoni la maniglia.
   «Me ne vado» disse. «Ne ho abbastanza».
   E un attimo dopo era fuori, lungo la strada buia e tranquilla, trascinando il baule, con la gabbia di Edvige sottobraccio.
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