Esplora le Citazioni

<< Tutti i libri


Harry Potter e La Camera dei Segreti (3199 citazioni)
   1) Il peggior compleanno (95 citazioni)
   2) L'avvertimento di Dobby (126 citazioni)
   3) La Tana (183 citazioni)
   4) Alla libreria "Il Ghirigoro" (202 citazioni)
   5) Il Platano Picchiatore (196 citazioni)
   6) Gilderoy Allock (152 citazioni)
   7) Mezzosangue e mezze voci (172 citazioni)
   8) La festa di complemorte (190 citazioni)
   9) La scritta sul muro (211 citazioni)
   10) Il bolide fellone (180 citazioni)
   11) Il Club dei Duellanti (191 citazioni)
   12) La Pozione Polisucco (211 citazioni)
   13) Il diario segretissimo (211 citazioni)
   14) Cornelius Caramell (147 citazioni)
   15) Aragog (160 citazioni)
   16) La Camera dei Segreti (236 citazioni)
   17) L'erede di Serpeverde (192 citazioni)
   18) Un premio per Dobby (144 citazioni)
Ricerca tra le citazioni:

Download

Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo

Il diario segretissimo


   Hermione rimase in infermeria per diverse settimane. Quando gli studenti tornarono dalle vacanze di Natale corsero varie voci sulla sua scomparsa, perché naturalmente tutti pensarono che fosse l’ennesima vittima. Erano talmente tanti gli studenti che facevano la fila fuori dell’infermeria per farle visita che Madama Chips tirò di nuovo fuori le famose tende e le appese tutt’attorno al letto, per risparmiarle la vergogna di farsi vedere con la faccia pelosa.
    Harry e Ron andavano a trovarla tutte le sere. Quando ricominciò il trimestre le portavano i compiti del giorno.
    «Magari mi fossero spuntati i baffi anche a me, almeno potrei prendermi una vacanza!» sospirò Ron una sera, rovesciando una pila di libri sul comodino di Hermione.
    «Non essere sciocco, Ron, io devo tenermi al passo» gli rispose lei vivace. Il suo umore era molto migliorato da quando i peli se ne erano andati dalla faccia e gli occhi stavano ritornando lentamente del loro colore. «Ci sono novità?» aggiunse in un sussurro per non farsi sentire da Madama Chips.
    «Nessuna» rispose Harry cupo.
    «Eppure, avrei giurato che fosse Malfoy» ripeté Ron per la centesima volta.
    «E quello cos’è?» chiese Harry indicando un oggetto d’oro che spuntava da sotto il cuscino di Hermione.
    «Soltanto un cartoncino di auguri» disse in fretta Hermione, cercando di farlo sparire. Ma Ron fu più veloce di lei. Lo tirò fuori, lo aprì e lesse ad alta voce:
   
    «Alla signorina Granger, con l’augurio di una pronta guarigione, dal suo preoccupato insegnante, Professor Gilderoy Allock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorriso-più-Affascinante promosso dal Settimanale delle streghe».
   
    Ron fissò Hermione disgustato.
    «E dormi tenendotelo sotto il cuscino?»
    L’arrivo provvidenziale di Madama Chips, che portava la medicina della sera, evitò a Hermione di rispondere.
    «Non trovi che Allock è l’individuo più viscido che hai mai incontrato in vita tua?» chiese Ron a Harry mentre lasciavano il dormitorio e si avviavano su per le scale verso la torre del Grifondoro. Piton gli aveva assegnato tanti di quei compiti che si sarebbero ritrovati al sesto anno senza averli ancora finiti. Ron si stava appunto rammaricando di non aver chiesto a Hermione quante code di topo andavano aggiunte alla pozione Drizzacapelli, quando, dal piano di sopra, gli giunse alle orecchie uno scoppio di grida.
    «È Gazza» bisbigliò Harry; fecero di corsa l’ultima rampa di scale, poi si fermarono, si nascosero e rimasero in ascolto con le orecchie tese fino allo spasimo.
    «Pensi che sia stato aggredito qualcun altro?» chiese Ron nervoso.
    Rimasero immobili, sporgendosi nella direzione da cui proveniva la voce isterica di Gazza.
    «…ancora altro lavoro! È tutta la notte che asciugo pavimenti, come se non avessi già abbastanza da fare! No, questa è la goccia che fa traboccare il vaso! Adesso vado da Silente…»
    Il rumore di passi si affievolì e una porta sbatté in lontananza.
    Harry e Ron fecero capolino dietro l’angolo per dare un’occhiata. Era chiaro che, come al solito, Gazza aveva fatto un giro d’ispezione: i due si trovavano di nuovo sul luogo dove era stata aggredita Mrs Purr. Bastò un’occhiata per capire il motivo di tanto chiasso. Il corridoio era per metà allagato da un grosso rivolo d’acqua che sembrava provenire da sotto la porta del gabinetto di Mirtilla Malcontenta. Ora che Gazza aveva smesso di gridare si udivano i lamenti di Mirtilla trapassare i muri.
    «E ora che cosa le ha preso?» chiese Ron.
    «Andiamo a vedere» disse Harry, e tirandosi gli abiti sopra le caviglie attraversarono la grande pozza d’acqua, fino alla porta con su scritto GUASTO. Come sempre ignorarono l’avviso ed entrarono.
    Mirtilla Malcontenta stava piangendo, se possibile, ancor più rumorosa e disperata di prima. Sembrava fosse nascosta nel solito gabinetto. Il locale era buio, perché le candele erano state spente dallo scroscio d’acqua che aveva inondato pareti e pavimento.
    «Che cosa è successo, Mirtilla?» chiese Harry.
    «Chi è?» gorgogliò lei con una voce da far pietà. «Siete venuti a scaraventarmi addosso qualche altra cosa?»
    Harry si avvicinò al suo cubicolo e disse: «E perché dovrei scaraventarti addosso qualcosa?»
    «Non lo chiedere a me!» gridò Mirtilla emergendo e provocando un’altra ondata d’acqua che finì sul pavimento già fradicio. «Io me ne sto qui, a farmi i fatti miei, ed ecco che qualcuno si diverte a tirarmi addosso un libro…»
    «Ma se qualcuno ti tira addosso qualcosa non può certo farti male» disse Harry in tono ragionevole. «Voglio dire che l’oggetto ti passerebbe attraverso, non è così?»
    Ma, decisamente, aveva detto la cosa sbagliata. Mirtilla si gonfiò tutta e strillò: «Molto bene! Allora facciamo che tutti tirino libri addosso a Mirtilla, tanto lei non sente dolore! Dieci punti se le attraversi lo stomaco! Cinquanta se le attraversi la testa! Benone, ha, ha, ha! Ma che gioco divertente! Per tutti, tranne che per me!»
    «Ma insomma, chi te l’ha tirato?» chiese Harry.
    «E che ne so… me ne stavo tranquillamente seduta nel sifone a pensare alla morte quando mi è caduto proprio sopra la testa» spiegò Mirtilla fissandoli. «Eccolo lì, si è bagnato tutto».
    Harry e Ron guardarono sotto il lavandino, nella direzione indicata da Mirtilla. Per terra c’era un libriccino. Aveva una copertina nera molto malandata e, come tutto il resto nel gabinetto, era fradicio. Harry si avvicinò e lo raccolse, ma Ron allungò un braccio per trattenerlo.
    «Che cosa c’è?» chiese Harry.
    «Ma sei matto?» disse Ron. «Potrebbe essere pericoloso».
    «Pericoloso?» rise Harry. «Ma stai scherzando? Come potrebbe essere pericoloso?»
    «Non si sa mai!» esclamò Ron guardando il libriccino con apprensione. «Fra i libri confiscati dal Ministero… mi ha detto papà… ce n’era uno che ti bruciava gli occhi. E quelli che leggevano Sonetti di uno stregone dopo parlavano in versi per tutta la vita. Una vecchia strega che viveva a Bath aveva un libro che non si riusciva mai a smettere di leggere! Eri costretto ad andartene in giro con il naso incollato alle pagine, cercando di fare tutto con una mano sola. E…»
    «Va bene, ho capito quel che vuoi dire» disse Harry.
    Il libriccino era ancora lì per terra, tutto zuppo e dall’aria apparentemente inoffensiva.
    «Be’, non sapremo mai di che cosa si tratta se non gli diamo un’occhiata» disse Harry, e si chinò, scansando Ron, per raccoglierlo da terra.
    Vide subito che si trattava di un diario e dalla data scolorita sulla copertina capi che risaliva a cinquant’anni prima. Lo aprì con impazienza. Nella prima pagina riuscì soltanto a decifrare un nome, scritto con un inchiostro sbavato: ‘T.O. Riddle’.
    «Aspetta un po’» disse Ron che si era avvicinato cautamente e stava guardando da sopra la spalla di Harry. «Io questo nome lo conosco… Cinquant’anni fa T.O. Riddle ebbe un premio per servigi speciali resi alla scuola».
    «E come diavolo fai a saperlo?» chiese Harry sbalordito.
    «Perché Gazza mi ha fatto pulire la sua targa cinquanta volte, quando ero in castigo» disse Ron ancora risentito al pensiero. «È quello su cui ho vomitato tutte quelle lumache. Te ne ricorderesti anche tu se avessi passato un’ora a ripulire un’iscrizione dalla bava di lumaca!»
    Harry scollò le pagine bagnate. Erano completamente bianche. Non v’era traccia di scrittura, neanche, tanto per dire: ‘Oggi è il compleanno di zia Mabel’, oppure: ‘Ore quindici e trenta: dentista’.
    «Non ci ha mai scritto niente» disse Harry deluso.
    «Mi chiedo perché qualcuno abbia voluto liberarsene» disse incuriosito Ron.
    Harry guardò il retro della copertina e vide stampato il nome di un giornalaio di Vauxhall Road, a Londra.
    «Per aver comperato un diario a Vauxhall Road doveva essere figlio di Babbani…» disse pensieroso.
    «Be’, non è un’informazione che ci torni particolarmente utile» commentò Ron. Poi, abbassando la voce: «Cinquanta punti se riesci a farlo passare attraverso il naso di Mirtilla».
    A ogni buon conto, Harry se lo mise in tasca.
    I primi di febbraio una Hermione finalmente priva di baffi, coda e pelo lasciò l’infermeria. La sera stessa del suo ritorno alla Torre del Grifondoro Harry le mostrò il diario di T.O. Riddle e le raccontò in che modo lo avevano trovato.
    «Oooh, potrebbe avere poteri nascosti» disse lei entusiasta, prendendolo in mano e rigirandolo da tutte le parti.
    «Nascosti benissimo, direi» commentò Ron. «Forse è timido. Non capisco perché non lo butti via, Harry!»
    «Vorrei proprio sapere perché qualcuno abbia cercato di buttarlo via» disse Harry. «E anche in che modo Riddle si è guadagnato quel premio per servigi speciali a Hogwarts».
    «Può essere stato per una cosa qualsiasi» azzardò Ron. «Forse aveva ottenuto trenta G.U.F.O., oppure aveva salvato un professore dal calamaro gigante. Forse ha ammazzato Mirtilla, con il che avrebbe reso un grande favore alla collettività…»
    Ma dallo sguardo assorto di Hermione, Harry capì che stava pensando quel che pensava lui.
    «Che cosa c’è?» chiese Ron spostando lo sguardo dall’uno all’altra.
    «Be’, la Camera dei Segreti è stata aperta cinquant’anni fa, non è vero?» disse. «Così ha detto Malfoy».
    «Già» disse Ron lentamente.
    «E questo diario ha cinquant’anni» disse Hermione indicandolo con il dito, elettrizzata.
    «E allora?»
    «Dài, Ron, svegliati!» sbottò Hermione con impazienza. «Noi sappiamo che la persona che ha aperto la Camera l’ultima volta è stata espulsa cinquant’anni fa. Sappiamo che cinquant’anni fa T.O. Riddle ha ricevuto un premio per servigi speciali resi alla scuola. Che ne diresti se Riddle avesse ottenuto il premio per aver scoperto chi era l’Erede di Serpeverde? Probabilmente il suo diario potrebbe dirci tutto: dove si trova la Camera, come si fa ad aprirla e che genere di creatura ci vive chiusa dentro. La persona che oggi sta dietro agli attentati non vorrebbe certo che il diario andasse in giro, non trovi?»
    «Teoria brillante, Hermione» insistette Ron, «ma ha una piccola magagna: nel diario non c’è scritto un bel niente».
    Ma Hermione stava già tirando fuori dalla borsa la bacchetta magica.
    «Potrebbe essere stato scritto con inchiostro simpatico!» bisbigliò.
    Colpì tre volte il diario e disse: «Aparecium!»
    Niente. Senza perdersi d’animo, Hermione tornò a infilare la mano nella borsa e ne estrasse qualcosa che assomigliava a una gomma da cancellare, di color rosso acceso.
    «È un Rivelatore, l’ho preso a Diagon Alley» disse.
    Strofinò forte sulla pagina del primo di gennaio. Niente.
    «Date retta a me, dentro a quel diario non c’è proprio un fico secco da scoprire!» disse Ron. «È successo semplicemente che Riddle ha ricevuto un diario per Natale e che non si è dato la pena di scriverci su».
    Harry non riuscì a spiegare neanche a se stesso perché non gettasse via il diario di Riddle. Il fatto era che, pur sapendo che le sue pagine erano intonse, continuava a sfogliarle distrattamente, come se ci fosse scritta una storia che voleva finire di leggere. Era sicuro di non a’ver mai sentito prima il nome di T.O. Riddle, e tuttavia gli pareva che significasse qualcosa per lui, come se Riddle fosse un amico d’infanzia, quasi dimenticato. Ma tutto questo era assurdo. Lui non aveva mai avuto amici prima di andare a Hogwarts: Dudley aveva fatto di tutto per impedirglielo.
    Ma Harry era deciso a saperne di più su Riddle. Per questo il giorno dopo durante la ricreazione si avviò verso la sala dei trofei con l’intenzione di esaminare il premio speciale; lo seguivano Hermione, curiosissima, e Ron, sempre scettico, dichiarando che della sala dei trofei aveva visto abbastanza per tutta la vita.
    La targa d’oro brunito di Riddle era riposta in un armadio d’angolo. Mancavano i particolari del perché gli fosse stata conferita («Meno male!» commentò Ron, «altrimenti sarebbe stata ancora più grande e io sarei ancora qui a lucidarla!»). Ma trovarono il nome di Riddle su una vecchia Medaglia al Merito Magico e su un elenco di vecchi Caposcuola.
    «Sembra Percy» disse Ron arricciando il naso disgustato. «Prefetto, Caposcuola… probabilmente sempre il primo della classe…»
    «Lo dici come se fosse un delitto» lo rimbeccò Hermione un po’ urtata.
    Un sole pallido aveva ricominciato a brillare su Hogwarts. Nel castello, l’umore tendeva allo speranzoso. Dopo l’aggressione a Justin e a Nick-Quasi-Senza-Testa gli attentati non si erano più ripetuti e Madama Chips era lieta di far sapere che le mandragole stavano diventando lunatiche e scontrose, il che significava che stavano rapidamente uscendo dall’infanzia.
    «Quando gli sarà sparita l’acne saranno pronte per la rinvasatura» Harry la sentì un pomeriggio spiegare gentilmente a Gazza. «Dopo di che non mancherà molto al momento di tagliarle e metterle a bollire. In men che non si dica, lei riavrà la sua Mrs Purr viva e vegeta».
    Forse l’erede di Serpeverde si era scoraggiato, pensò Harry. Doveva essere sempre più rischioso aprire la Camera dei Segreti, con la scuola così allertata e sospettosa. Chissà, forse in quello stesso momento il mostro — di qualsiasi cosa si trattasse — si stava preparando ad andare in letargo per altri cinquant’anni…
    Ernie Macmillan del Tassorosso non condivideva questa visione ottimistica. Era ancora convinto che il colpevole fosse Harry, che si era svelato durante il Duello. Pix non contribuiva certo a sdrammatizzare la situazione: continuava a spuntare nei corridoi affollati cantando «È Potter canaglia che infuria e si scaglia…», e per di più accompagnava la canzone con un balletto.
    Gilderoy Allock sembrava convinto di essere stato lui a metter fine agli attentati. Harry glielo sentì dire alla professoressa McGranitt, una volta che i Grifondoro si stavano preparando per la lezione di Trasfigurazione.
    «Non credo che ci saranno altri disordini, Minerva» disse battendosi un dito sul naso con l’aria di chi la sa lunga e ammiccando. «Credo proprio che stavolta la Camera sia stata chiusa per sempre. Il colpevole deve essersi reso conto che io l’avrei stanato: era solo questione di tempo. Ragionevole, direi, a essersi fermato ora, prima che lo massacrassi.
    «Vede, quello di cui la scuola ha bisogno in questo momento è un sostegno morale. Cancellare i ricordi dell’ultimo trimestre! Ora non voglio anticipare niente, ma credo di sapere esattamente di che cosa…»
    Si picchiò di nuovo la punta del naso e si allontanò a gran passi.
    Quel che intendesse Allock quando parlava di sostegno morale fu chiaro la mattina del 14 febbraio, a colazione. La notte prima Harry non aveva dormito molto per via di un allenamento notturno di Quidditch e quando arrivò trafelato al tavolo dei Grifondoro era in leggero ritardo. Per un attimo credette di avere varcato la porta sbagliata.
    Le pareti erano coperte di grossi fiori di un rosa acceso. Come se non bastasse, dal soffitto color azzurro pallido piovevano coriandoli a forma di cuore. Harry si avvicinò al tavolo dei Grifondoro, dove Ron sembrava in preda a un attacco di nausea e Hermione rideva in maniera insulsa.
    «Che cosa succede?» chiese Harry sedendosi e togliendo i coriandoli dal bacon.
    Ron indicò il tavolo degli insegnanti, troppo disgustato per parlare. Allock, che indossava un abito dello stesso colore rosa acceso delle decorazioni, stava agitando le braccia per chiedere silenzio. Gli insegnanti che sedevano al suo fianco erano impassibili, come pietrificati. Dal punto dove si trovava, Harry vedeva un muscolo contrarsi sulla guancia della McGranitt. Quanto a Piton, pareva gli avessero propinato un bel bicchierone di Ossofast.
    «Buon San Valentino!» esclamò Allock. «E il mio grazie alle quarantasei persone che mi hanno mandato una cartolina di auguri! Si, mi sono preso la libertà di farvi una piccola sorpresa… e non finisce qui!»
    Così dicendo batté le mani e dalle porte della Sala d’Ingresso entrarono una dozzina di nani dall’aria arcigna. Ma non erano nani qualsiasi. Allock li aveva dotati tutti di ali dorate e di un’arpa.
    «I miei amici cupidi, postini d’amore!» annunciò raggiante Allock. «Oggi andranno in giro per tutta la scuola, consegnando i vostri auguri di San Valentino! E il bello non finisce qui. Sono sicuro che i miei colleghi vorranno condividere lo spirito della festa! Perché non chiedete al professor Piton di mostrarvi in quattro e quattr’otto come si prepara una Pozione d’Amore? E già che ci siamo, il professor Vitious, quel vecchio furbacchione, di Incantesimi Incantevoli ne sa più di qualsiasi mago io abbia mai conosciuto!»
    Il professor Vitious si nascose la faccia tra le mani. Quanto a Piton, la prima persona che si fosse azzardata a chiedergli una Pozione d’Amore rischiava l’avvelenamento.
    «Ti prego, Hermione, dimmi che non sei tra quei quarantasei!» disse Ron quando ebbero lasciato la Sala Grande per la prima ora di lezione. Ma tutt’a un tratto Hermione sentì il bisogno impellente di cercare l’orario nella borsa e non rispose.
    Per tutto il giorno i nani non smisero di fare irruzione nelle aule per consegnare gli auguri di San Valentino, con grande disappunto degli insegnanti; più tardi, nel pomeriggio, mentre i Grifondoro stavano salendo in classe per la lezione di Incantesimi, un nano chiamò Harry a gran voce.
    «Oh, proprio te, Harry Potter!» gridò. Aveva l’aria particolarmente arcigna, e si fece largo a gomitate per raggiungere il ragazzo.
    Infuriato al pensiero di ricevere un San Valentino davanti a una folla di studenti del primo anno, tra cui Ginny Weasley, Harry cercò di scappare. Ma il nano gli tagliò la ritirata tra la folla tirando calci sugli stinchi a tutti e lo raggiunse prima che avesse potuto fare due passi.
    «Ho un messaggio musicale da consegnare a Harry Potter in persona» disse pizzicando l’arpa con fare stranamente minaccioso.
    «Non qui!» sibilò Harry cercando nuovamente di darsela a gambe.
    «Fermo dove sei!» grugnì il nano, afferrandolo per la cartella.
    «Lasciami andare!» ringhiò Harry dando uno strattone.
    Si udì il rumore di qualcosa che si lacerava e la sua cartella si strappò in due. I libri, la bacchetta magica, la pergamena e la penna d’oca si sparpagliarono a terra, e sopra a tutto andò a rovesciarsi la bottiglietta dell’inchiostro.
    Harry cercò di raccogliere la sua roba prima che il nano cominciasse a cantare, provocando una specie di ingorgo nel corridoio.
    «Che cosa succede qui?» Era la voce fredda e strascicata di Draco Malfoy. Con movimenti febbrili Harry cominciò a infilare tutto nella cartella sconquassata, nel disperato tentativo di riuscire a filarsela prima che Malfoy potesse sentire il suo San Valentino musicale.
    «Che cos’è questo trambusto?» chiese un’altra voce familiare. E infatti sopraggiunse Percy.
    Harry perse la testa e cercò di spiccare una corsa, ma il nano lo placcò alle ginocchia e lo buttò a terra.
    «Bene» disse sedendoglisi sulle caviglie. «Ecco il tuo San Valentino musicale».
    Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia Capelli neri e lucidi come di corvo in volo Vorrei che fosse mio — quale divina gioia! — L’eroe che ha sgominato del Mago Oscuro il dolo.
    Harry avrebbe dato tutto l’oro che aveva alla Gringott per dissolversi nell’aria. Facendosi coraggio e sforzandosi di ridere insieme a tutti gli altri, si rialzò, con i piedi addormentati per il peso del nano. Intanto Percy Weasley si dava da fare per allontanare gli studenti, alcuni dei quali avevano le lacrime agli occhi dalle risate.
    «Via, via tutti, la campanella è già suonata da cinque minuti, tutti in classe ora!» gridò spingendo alcuni dei più giovani. «Anche tu, Malfoy!»
    Alzando gli occhi, Harry vide Malfoy chinarsi e afferrare qualcosa. Con sguardo avido, lo mostrò a Tiger e Goyle: Harry capì che aveva agguantato il diario di Riddle.
    «Ridammelo!» disse sottovoce.
    «Chissà cosa ci ha scritto Potter?» disse Malfoy che ovviamente non aveva notato la data sulla copertina e pensava che si trattasse del diario personale di Harry. Fra gli astanti cadde il silenzio. Ginny guardava ora Harry ora il diario con aria terrorizzata.
    «Dallo a me, Malfoy» intimò Percy con fermezza.
    «Non prima di averci dato un’occhiata» replicò sarcasticamente Malfoy sventolando il libretto in direzione di Harry.
    Percy cominciò: «Come Prefetto della scuola…» ma Harry aveva perso la pazienza. Tirò fuori la bacchetta magica e gridò: «Expelliarmus!» E come Piton aveva disarmato Allock, così Malfoy si vide volare via di mano il diario, che Ron afferrò con un largo sorriso stampato in faccia.
    «Harry» disse Percy alzando la voce, «niente magie nei corridoi! Dovrò fare rapporto, lo sai!»
    Ma a Harry non importava un accidente: aveva avuto la meglio su Malfoy, e per questo valeva la pena di far perdere anche cinque punti al Grifondoro. Malfoy era furibondo e quando Ginny gli passò accanto per entrare in classe, le gridò dietro con voce dispettosa: «Non credo proprio che a Potter sia piaciuto il tuo San Valentino!»
    Ginny si coprì il viso con le mani e corse in classe. Ringhiando, anche Ron estrasse la sua bacchetta, ma Harry lo fermò. Non era proprio il caso che l’amico passasse tutta la lezione di Incantesimi a vomitare lumache.
    Soltanto quando furono in classe Harry notò qualcosa di strano nel diario di Riddle. Tutti i suoi libri erano imbrattati d’inchiostro scarlatto a parte il diario, che era immacolato come prima che la boccetta dell’inchiostro vi cadesse sopra. Cercò di farlo notare a Ron, ma in quel momento l’amico aveva qualche difficoltà con la sua bacchetta, dalla cui estremità uscivano grosse bolle viola, per cui non era interessato a niente altro.
    Quella sera Harry andò a letto prima degli altri compagni di stanza, in parte perché non ne poteva più di sentire Fred e George canticchiare Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia, e in parte perché voleva esaminare meglio il diario di Riddle, sapendo che Ron la considerava una perdita di tempo.
    Si sedette sul suo letto a baldacchino e sfogliò velocemente le pagine bianche, senza alcuna macchia d’inchiostro scarlatto. Poi dal comodino prese una nuova boccetta d’inchiostro, vi intinse la penna d’oca e lasciò cadere una goccia sulla prima pagina.
    Per un attimo l’inchiostro brillò vivido sulla carta poi, come se fosse stato risucchiato nella pagina, scomparve. Emozionatissimo, Harry intinse di nuovo la penna e scrisse: Mi chiamo Harry Potter.
    Le parole brillarono un istante sulla pagina, poi svanirono senza lasciar traccia. Alla fine accadde qualcosa.
    Trasudando dalla pagina, nel suo stesso inchiostro, apparvero parole che Harry non aveva mai scritto.
    Salve, Harry Potter. Io mi chiamo Tom Riddle. Come sei venuto in possesso del mio diario?
    Anche queste parole svanirono, ma non prima che Harry cominciasse a scrivere una risposta.
    Qualcuno l’ha gettato nel gabinetto e ha tirato la catena.
    Attese ansiosamente la risposta di Riddle.
    Meno male che ho affidato le mie memorie a qualcosa di più duraturo dell’inchiostro. Ho sempre saputo che a qualcuno non sarebbe andato a genio che questo diario venisse letto.
    Cosa intendi dire? scarabocchiò Harry, seminando qualche macchia d’inchiostro per l’eccitazione.
    Voglio dire che questo diario custodisce il ricordo di cose terribili. Cose che sono state occultate. Cose accadute nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
    È li che mi trovo in questo momento scrisse velocemente Harry. Sono a Hogwarts, e stanno accadendo cose orribili. Sai niente della Camera dei Segreti?
    Il cuore gli martellava in petto. La risposta di Riddle non si fece attendere e la sua scrittura divenne più disordinata, come se avesse fretta di raccontare tutto quel che sapeva.
    Certo che so della Camera dei Segreti. Ai miei tempi ci dissero che era una leggenda, che non esìsteva. Ma era una bugia. Quando frequentavo il quinto anno, la Camera venne aperta, il mostro aggredì molti studenti e alla fine ne uccise una. Io presi la persona che aveva aperto la Camera e questa fu espulsa. Ma il professor Dippet, il Preside, vergognandosi che a Hogwarts fosse accaduta una cosa del genere, mi proibì di raccontare la verità. Fu messa in giro la storia che la ragazza era morta in un misterioso incidente. A me, per il disturbo, fu consegnato un bel trofeo lucente tutto istoriato, e mi fu intimato di tenere la bocca chiusa. Ma sapevo che la cosa avrebbe potuto ripetersi. Il mostro rimase in vita e l’unica persona dotata del potere di liberarlo non fu messa in prigione.
    Nella fretta di rispondere, per poco Harry non rovesciò la boccetta dell’inchiostro.
    Tutto si sta ripetendo in questo momento. Ci sono stati tre attentati e sembra che nessuno sappia chi c’è dietro. Chi è stato l’ultima volta?
    Posso fartelo vedere, se vuoi giunse pronta la risposta di Riddle. Non devi credermi per forza. Posso portarti dentro al mio ricordo della notte in cui presi il colpevole.
    Harry esitò, con la penna d’oca sospesa a mezz’aria, sopra il diario. Che cosa voleva dire Riddle? Come poteva essere trasportato dentro ai ricordi di un’altra persona? Lanciò un’occhiata nervosa alla porta del dormitorio, dove il buio si stava facendo sempre più fitto. Quando tornò a posare gli occhi sul diario, vide che si stavano formando nuove parole.
    Lascia che ti mostri.
    Harry rimase incerto per una frazione di secondo, poi scrisse due parole.
    Va bene.
    Le pagine del diario cominciarono a sfogliarsi come al soffio di un vento forte e si fermarono a metà del mese di giugno. Con la bocca spalancata per lo stupore, Harry vide che il riquadro della data del 13 giugno sembrava essere diventato un minuscolo schermo televisivo. Con mani tremanti, sollevò il libro per mettere l’occhio sulla piccola finestra e prima ancora di sapere cosa stesse accadendo si trovò piegato in avanti verso la finestra che si allargava. Sentì il proprio corpo lasciare il letto, poi fu scaraventato a capofitto nella pagina, in un turbinio di luci e ombre.
    A un tratto sentì i piedi poggiarsi sulla terraferma; rimase immobile, tremante, mentre le sagome dapprima sfocate acquistavano contorni precisi.
    Seppe immediatamente dove si trovava. Quella stanza circolare con i ritratti addormentati alle pareti era l’ufficio di Silente… ma quello seduto dietro alla scrivania non era Silente. Un mago grinzoso e dall’aria fragile, calvo tranne che per qualche raro ciuffo di capelli bianchi, stava leggendo una lettera al lume di candela. Harry non l’aveva mai visto prima.
    «Mi spiace» disse con voce incerta, «non era mia intenzione disturbare…»
    Ma il mago non alzò lo sguardo. Continuò a leggere, aggrottando leggermente la fronte. Harry si avvicinò alla scrivania e balbettò: «Ehm… che faccio, me ne vado?»
    Il mago continuò a ignorarlo. Sembrava non lo avesse neanche sentito. Pensando che fosse sordo, Harry alzò la voce.
    «Mi scusi se l’ho disturbata, ora me ne vado» disse quasi gridando.
    Il mago ripiegò la lettera con un sospiro, si alzò in piedi, gli passò davanti senza degnarlo di uno sguardo e andò a tirare le tende della finestra.
    Fuori il cielo era di un rosso rubino; sembrava il tramonto. Il mago tornò alla scrivania, si sedette e si girò i pollici, fissando la porta.
    Harry si guardò intorno. Niente fenice Fanny; niente strani congegni d’argento. Questa era Hogwarts come l’aveva conosciuta Riddle, e ciò significava che il Preside era quel mago sconosciuto e non Silente, e che lui, Harry, era poco più di un fantasma, invisibile per la gente di cinquant’anni prima.
    Qualcuno bussò alla porta.
    «Avanti» disse il vecchio mago con voce flebile.
    Entrò un ragazzo di circa sedici anni, togliendosi il cappello a punta. Sul petto gli brillava il cartellino d’argento da Prefetto. Era molto più alto di Harry, ma anche lui aveva capelli neri come l’inchiostro.
    «Ah, Riddle!» fece il Preside.
    «Voleva vedermi, professor Dippet?» chiese Riddle. Sembrava nervoso.
    «Siediti» disse Dippet. «Ho appena letto la lettera che mi hai mandato».
    «Oh!» disse Riddle. Si sedette, stringendosi forte le mani.
    «Mio caro ragazzo» disse il preside con voce gentile, «non ho la minima possibilità di farti rimanere a scuola per l’estate. Non vuoi tornare a casa per le vacanze?»
    «No» rispose prontamente Riddle. «Preferirei molto di più restare a Hogwarts che tornare in quel… in quel…»
    «Se non sbaglio, trascorri le vacanze in un orfanotrofio di Babbani» disse Dippet.
    «Sì, signore» rispose il ragazzo arrossendo lievemente.
    «Tu sei figlio di Babbani?»
    «Sono un mezzosangue, signore» disse Riddle. «Padre Babbano e madre strega».
    «E i tuoi genitori sono tutti e due…»
    «Mia madre è morta appena sono nato, signore. All’orfanotrofio mi hanno detto che visse appena quanto bastava a darmi il nome: Tom, come mio padre, e Orvoloson, come mio nonno».
    Dippet scosse il capo con aria comprensiva.
    «Il fatto è, Tom» sospirò, «che si sarebbe anche potuto fare uno strappo alla regola per te, ma date le attuali circostanze…»
    «Parla di tutti questi attentati, signore?» chiese Riddle. Il cuore balzò in petto a Harry, che si avvicinò per paura di perdere qualche battuta.
    «Proprio così» disse il preside. «Mio caro ragazzo, devi capire quanto sarebbe irragionevole da parte mia lasciarti rimanere al castello, una volta terminato il trimestre. Specialmente alla luce della recente tragedia… la morte di quella povera ragazza… Sarai molto più al sicuro nel tuo orfanotrofio. Il Ministero della Magia sta parlando addirittura di chiudere la scuola. Non abbiamo fatto nessun progresso nell’individuare la… ehm… fonte di questa antipatica…»
    Gli occhi di Riddle si erano fatti più grandi.
    «Ma, signore… se la persona venisse presa… se tutto finisse…»
    «Cosa vuoi dire?» chiese Dippet con una nota stridula nella voce, raddrizzandosi sulla sedia. «Riddle, tu sai qualcosa di questa storia?»
    «No, signore» si affrettò a rispondere il ragazzo.
    Ma Harry ebbe la certezza che quel ‘no’ assomigliasse molto a quello che lui stesso aveva detto a Silente.
    Dippet tornò ad appoggiarsi all’indietro, con l’aria vagamente delusa.
    «Puoi andare, Tom…»
    Riddle si alzò e uscì dalla stanza. Harry lo segui.
    Scesero la scala a chiocciola mobile e uscirono vicino al mascherone, nel corridoio ora sempre più buio. Riddle si fermò e altrettanto fece Harry, fissandolo. Avrebbe giurato che Riddle stesse pensando qualcosa di serio. Si mordicchiava le labbra e aveva la fronte aggrottata.
    Poi, come se avesse finalmente preso una decisione, si allontanò in fretta, e Harry gli tenne dietro senza far rumore. Non incontrarono nessuno fino a che non furono nella Sala d’Ingresso; lì un mago molto alto dai lunghi capelli castani e dalla barba fluente chiamò Riddle dalla scalinata di marmo.
    «Cosa fai in giro a quest’ora, Tom?»
    Harry lo guardò. Era Silente, di cinquant’anni più giovane.
    «Il preside ha voluto parlarmi, signore» disse Riddle.
    «Be’, fila a letto» disse Silente, lanciandogli la stessa occhiata penetrante che Harry conosceva così bene. «In questi giorni è meglio non girovagare per i corridoi. Almeno da quando…»
    Sospirò profondamente, augurò a Riddle la buonanotte e si allontanò. Riddle lo segui con lo sguardo finché non fu sparito, poi si diresse rapidamente verso la scala di pietra che portava ai sotterranei, sempre con Harry alle calcagna.
    Ma con sua grande delusione Riddle non lo condusse in un passaggio nascosto o in un tunnel segreto, ma semplicemente nel sotterraneo dove Piton teneva le sue lezioni di Pozioni. Le torce non erano accese e quando Riddle entrò richiudendo la porta quasi del tutto Harry non vedeva più altri che lui, immobile, mentre sorvegliava il corridoio.
    A Harry sembrò di essere rimasto lì almeno un’ora. L’unica cosa che riusciva a scorgere era Riddle, appostato vicino alla porta, immobile come una statua, spiare attraverso la fessura. La tensione dell’attesa si allentò, e proprio mentre Harry cominciava a desiderare di tornare al presente, udì qualcosa muoversi fuori della porta.
    Qualcuno percorreva furtivo il passaggio. Chiunque fosse, lo udi oltrepassare il sotterraneo dove lui e Riddle erano nascosti. Quest’ultimo, silenzioso come un’ombra, sgattaiolò fuori e lo seguì. E Harry dietro di lui, in punta di piedi, senza pensare che non potevano udirlo.
    Seguirono i passi forse per cinque minuti; poi Riddle si fermò di scatto, teso all’ascolto di nuovi rumori. Harry udì il cigolio di una porta che si apriva e poi un bisbiglio rauco.
    «Dài… tocca andare via di qui… andiamo, su… nella scatola…»
    Quella voce aveva un che di familiare.
    Con un balzo improvviso, Riddle svoltò l’angolo. Harry gli andò dietro. Vide la sagoma nera di un ragazzo enorme, accucciato davanti a una porta aperta, con accanto uno scatolone.
    «’Sera, Rubeus» lo salutò Riddle secco.
    Il ragazzo chiuse la porta sbattendosela dietro e si alzò in piedi.
    «Tom, che ci sei venuto a fare quaggiù?»
    Riddle gli si avvicinò.
    «È finita» disse. «Sarò costretto a consegnarti, Rubeus. Se non finiscono gli attentati, si parla di chiudere Hogwarts».
    «Che diavolo…»
    «Non penso che tu volessi uccidere nessuno. Ma i mostri non possono diventare animali domestici. Suppongo che tu l’abbia fatto uscire solo per fargli sgranchire un po’ le zampe e…»
    «Non ha ammazzato nessuno!» disse il ragazzo corpulento, indietreggiando verso la porta chiusa. Dietro di lui, Harry sentiva un curioso raspare e schioccare.
    «Coraggio, Rubeus» disse Riddle avvicinandosi. «I genitori della ragazza morta saranno qui domani. Il minimo che Hogwarts può fare è assicurarsi che la cosa che gli ha ucciso la figlia sia fatta fuori…»
    «Ma non è stato lui!» tuonò il ragazzo, e la sua voce rimbombò nel buio del corridoio. «Non è capace! Non lo farebbe mai!»
    «Fatti da parte» disse Riddle estraendo la bacchetta magica.
    L’incantesimo accese il corridoio di un’improvvisa luce fiammeggiante. La porta alle spalle del ragazzo corpulento si spalancò con tale forza che lo mandò a sbattere contro la parete opposta. La cosa che uscì fece emettere a Harry un grido lungo e penetrante, che lui solo sembrò udire.
    Un corpo immenso, basso e peloso, e un groviglio di zampe nere; il bagliore di una miriade di occhi e un paio di chele taglienti come lame di rasoio. Riddle alzò di nuovo la bacchetta, ma troppo tardi. La cosa lo travolse al suo passaggio e poi sparì veloce lungo il corridoio. Riddle si rialzò annaspando e le corse dietro; fece per sollevare la bacchetta, ma il ragazzo corpulento con un balzo gli fu addosso, gliela strappò di mano e lo scaraventò all’indietro gridando: «Nooooooo!»
    Tutto cominciò a girare vorticosamente, il buio divenne completo, Harry si sentì cadere e con un tonfo atterrò all’indietro, a braccia e gambe aperte, sul suo letto a baldacchino, nel dormitorio del Grifondoro. Sulla pancia giaceva, aperto, il diario di Riddle.
    Prima che avesse avuto il tempo di riprendere fiato, la porta si aprì ed entrò Ron.
    «Ah, ecco dove sei!» disse.
    Harry si mise seduto. Sudava e tremava tutto.
    «Cosa è successo?» chiese Ron guardandolo preoccupato.
    «È stato Hagrid, Ron. Hagrid ha aperto la Camera dei Segreti, cinquant’anni fa».
Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo