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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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L'Uovo e l'Occhio


   Visto che Harry non aveva idea di quanto dovesse durare il bagno per scoprire il segreto dell’uovo d’oro, decise di farlo di notte, quando avrebbe potuto prendersi tutto il tempo che voleva. Pur riluttante all’idea di accettare altri favori da Cedric, decise anche di usare il bagno dei Prefetti; erano pochissime le persone ammesse là dentro, quindi era molto meno probabile che qualcuno lo disturbasse.
    Harry preparò accuratamente il suo piano, perché era già stato sorpreso una volta da Gazza il custode fuori dal letto e nel posto sbagliato nel cuore della notte, e non desiderava ripetere l’esperienza. Il Mantello dell’Invisibilità, naturalmente, sarebbe stato fondamentale, e come ulteriore precauzione Harry pensò di portare con sé la Mappa del Malandrino, che, insieme al Mantello, era il mezzo più efficace che possedesse per infrangere le regole. Sulla mappa era riportata l’intera Hogwarts, comprese le sue molte scorciatoie e i passaggi segreti, e, cosa più importante di tutte, mostrava le persone all’interno del castello, ferme o in movimento, come minuscoli puntini con tanto di nome, così che Harry avrebbe potuto individuare in tempo chiunque si fosse avvicinato al bagno.
    Il giovedì sera Harry scivolò fuori dal letto, indossò il Mantello, sgattaiolò di sotto e, proprio come aveva fatto la sera che Hagrid lo aveva portato dai draghi, attese che il buco del ritratto si aprisse. Stavolta era Ron ad aspettare fuori per dire la parola d’ordine alla Signora Grassa (’Frittelle di banana’). «Buona fortuna» mormorò entrando nella sala comune mentre Harry usciva di soppiatto.
    Quella notte era strano muoversi sotto il Mantello, perché Harry teneva il pesante uovo sotto un braccio, e reggeva la mappa davanti al naso con l’altro. Comunque, i corridoi illuminati dalla luna erano deserti e silenziosi, e controllando la mappa a intervalli strategici, Harry si assicurò di non incontrare nessuno che voleva evitare. Quando raggiunse la statua di Boris il Basito, un mago dall’aria smarrita con i guanti infilati sulle mani sbagliate, individuò la porta giusta, le si avvicinò e borbottò la parola d’ordine, Frescopino, proprio come gli aveva detto Cedric.
    La porta si aprì cigolando. Harry la oltrepassò, la chiuse a chiave e si sfilò il Mantello dell’Invisibilità, guardandosi attorno.
    Il suo primo pensiero fu che valeva la pena di diventare Prefetto solo per poter usare quel bagno. Era illuminato dolcemente da un magnifico candeliere acceso, ed era tutto di marmo bianco, compresa quella che sembrava una piscina vuota rettangolare incassata al centro del pavimento. Almeno un centinaio di rubinetti d’oro si trovavano ai bordi della piscina, ciascuno con una pietra di colore diverso incastonata nel pomolo. C’era anche un trampolino. Lunghe tende di lino bianco pendevano alle finestre; una grossa pila di soffici asciugamani candidi si ergeva in un angolo, e sulla parete c’era un solo dipinto con la cornice dorata. Ritraeva una sirena bionda profondamente addormentata su una roccia, i lunghi capelli che le fluttuavano davanti al viso tutte le volte che russava.
    Harry avanzò, guardandosi attorno, mentre i suoi passi rimbombavano. Per quanto splendido fosse il bagno — e benché avesse un gran desiderio di provare un po’ di quei rubinetti — ora che si trovava lì non riusciva a scacciare l’idea che Cedric l’avesse preso in giro. Come diavolo era possibile che tutto questo lo aiutasse a risolvere il mistero dell’uovo? Alla fine depose uno dei soffici asciugamani, il Mantello, la mappa e l’uovo accanto alla vasca grande come una piscina, poi si inginocchiò e aprì alcuni rubinetti.
    Ne scorse acqua mischiata a vari tipi di bagnoschiuma, anche se era un genere di bagnoschiuma che Harry non aveva mai provato prima. Da un rubinetto schizzavano bolle rosa e azzurre grandi come palloni da calcio, un altro versava una schiuma candida così densa all’aspetto che pareva ci si potesse camminare sopra; un terzo spruzzava nubi violette dall’aroma intenso che galleggiavano appena sopra l’acqua. Harry si divertì per un po’ ad aprire e chiudere i rubinetti, apprezzandone soprattutto uno, dal getto che rimbalzava in ampi archi sulla superficie dell’acqua. Poi, quando la piscina fu piena di acqua calda, schiuma e bolle (e ci mise pochissimo tempo, considerate le dimensioni), Harry chiuse tutti i rubinetti, si sfilò la vestaglia, il pigiama e le pantofole, e scivolò dentro.
    Era così profonda che toccava appena, e fece un paio di vasche prima di tornare accanto al bordo e tenersi a galla fissando l’uovo. Per quanto piacevole fosse nuotare nell’acqua calda e schiumosa con nuvole di vapore colorato che gli danzavano intorno, non gli venne alcun lampo di genio né ebbe un’improvvisa rivelazione.
    Harry allungò le braccia, prese l’uovo tra le mani bagnate e lo aprì. L’alto, stridulo gemito riempì il bagno, echeggiando contro le pareti di marmo, ma era incomprensibile come al solito, se non di più, a causa dell’eco. Lo richiuse di scatto, temendo che il rumore potesse attrarre Gazza e chiedendosi se non fosse proprio quello il piano di Cedric; e poi qualcuno parlò, facendolo sobbalzare tanto che l’uovo gli cadde e rotolò con un gran fracasso sul pavimento del bagno.
    «Io proverei a metterlo dentro l’acqua, se fossi in te».
    Harry aveva inghiottito un bel po’ di bolle per lo spavento. Si rimise diritto, sputacchiando, e vide il fantasma di una ragazza dall’aria molto depressa seduto a gambe incrociate sopra un rubinetto. Era Mirtilla Malcontenta, che di solito singhiozzava nel tubo di scarico di un bagno tre piani più giù.
    «Mirtilla!» esclamò Harry indignato. «Io… non ho niente addosso!»
    La schiuma era così densa che non si vedeva nulla, ma Harry aveva la sgradevole sensazione che Mirtilla lo avesse spiato da uno dei rubinetti fin dal suo arrivo.
    «Ho chiuso gli occhi quando sei entrato» disse lei, strizzando gli occhi attraverso gli occhiali spessi. «Sono secoli che non vieni a trovarmi».
    «Sì… be’…» disse Harry, piegando appena le ginocchia, giusto per essere sicuro che Mirtilla non vedesse altro che la sua testa. «Non dovrei venire nel tuo bagno, no? È uno di quelli delle femmine».
    «Una volta non ci badavi» disse Mirtilla malinconica. «Ci venivi sempre».
    Era vero, anche se era solo perché Harry, Ron e Hermione avevano scoperto nel bagno guasto di Mirtilla il luogo adatto per preparare in segreto la Pozione Polisucco, una miscela proibita che aveva trasformato Harry e Ron in copie viventi di Tiger e Goyle per un’ora, in modo da permettere loro di intrufolarsi nella sala comune di Serpeverde.
    «E infatti mi sono beccato una punizione» disse Harry, cosa vera solo a metà: una volta Percy l’aveva sorpreso mentre usciva dal bagno di Mirtilla. «Ho pensato che era meglio non tornarci, dopo».
    «Oh… capisco…» disse Mirtilla, tormentandosi un brufolo sul mento con aria bellicosa. «Be’… comunque… io proverei l’uovo nell’acqua. Cedric Diggory ha fatto così».
    «Hai spiato anche lui?» disse Harry indignato. «Che cosa fai, t’intrufoli qui dentro la sera per vedere i Prefetti che fanno il bagno?»
    «A volte» rispose Mirtilla in tono malizioso, «ma non sono mai venuta fuori a parlare con qualcuno prima d’ora».
    «Sono commosso» ribatté Harry, cupo. «Tieni gli occhi chiusi!»
    Controllò che Mirtilla avesse coperto bene gli occhiali con le mani prima di issarsi su dalla vasca, avvolgersi l’asciugamano ben stretto e andare a prendere l’uovo.
    Una volta che fu tornato nell’acqua, Mirtilla spiò tra le dita e disse: «Avanti, dai… aprilo sott’acqua!»
    Harry mise l’uovo sotto la superficie schiumosa e lo aprì… e questa volta non si lamentò. Ne usci invece un suono gorgogliante, una canzone le cui parole non si riuscivano a distinguere attraverso l’acqua.
    «Devi mettere sotto anche la testa» disse Mirtilla, che sembrava divertirsi moltissimo a dargli ordini. «Avanti!»
    Harry trasse un bel respiro e scivolò sott’acqua. E poi, seduto sul fondo di marmo della vasca piena di bolle, udì un coro di voci misteriose che cantava dentro l’uovo aperto tra le sue mani:
    «Vieni a cercarci dove noi cantiamo, che sulla terra cantar non possiamo, e mentre cerchi, sappi di già: abbiam preso ciò che ti mancherà, hai tempo un’ora per poter cercare quel che rubammo. Non esitare, che tempo un’ora mala sorte avrà: ciò che fu preso mai ritornerà».
    Harry ritornò a galla e infranse la superficie coperta di bolle, scuotendosi via i capelli dagli occhi.
    «Sentito?» disse Mirtilla.
    «Sì… “Vieni a cercarci dove noi cantiamo…” e poi una specie di minaccia… aspetta, devo ascoltarlo un’altra volta…» E si rituffò sott’acqua.
    Ci vollero altri tre ascolti subacquei prima che Harry imparasse la canzone a memoria; poi rimase a galla per un po’, lambiccandosi il cervello, mentre Mirtilla stava lì seduta a guardarlo.
    «Devo andare a cercare delle persone che non possono usare la loro voce sulla terraferma…» disse lentamente. «Ehm… chi potrebbero essere?»
    «Sei un po’ tardo, eh?»
    Non aveva mai visto Mirtilla Malcontenta così allegra, a parte il giorno in cui la dose di Pozione Polisucco aveva appioppato a Hermione un muso peloso e la coda di un gatto.
    Harry si guardò intorno, pensando… se le voci si potevano sentire solo sott’acqua, allora potevano verosimilmente appartenere a creature subacquee. Espose la teoria a Mirtilla, che gli rivolse un sorrisetto di superiorità.
    «Be’, è quello che pensava Diggory» disse. «È rimasto li a parlare da solo per un secolo. Un secolo… erano sparite quasi tutte le bolle…»
    «Sott’acqua…» disse Harry lentamente. «Mirtilla… che cosa vive nel lago, a parte la piovra gigante?»
    «Oh, un sacco di creature» rispose lei. «A volte ci vado, laggiù… a volte non ho scelta, se qualcuno tira l’acqua quando non me lo aspetto…»
    Cercando di non pensare a Mirtilla Malcontenta che finiva nel lago risucchiata da un tubo assieme al contenuto di un water, Harry chiese: «Be’, là sotto c’è qualcosa che ha voci umane? Aspetta…»
    Lo sguardo di Harry era caduto sulla sirena che russava appesa al muro. «Mirtilla, ci sono sirene là sotto, vero?»
    «Oooh, molto bene» replicò lei, gli spessi occhiali che brillavano. «Diggory ci ha messo molto di più! Eppure lei era sveglia…» — Mirtilla fece un cenno verso la sirena con una smorfia di disgusto sulla faccia triste — «che ridacchiava e si metteva in mostra e agitava la coda…»
    «È così, vero?» disse Harry eccitato. «La seconda prova è andare a cercare le sirene nel lago e… e…»
    Ma all’improvviso capì quello che stava dicendo, e sentì l’entusiasmo svanire come se qualcuno avesse appena tirato via un tappo dal suo stomaco. Non nuotava molto bene; non aveva mai avuto occasioni per farlo. Dudley aveva preso lezioni quando era piccolo, ma zia Petunia e zio Vernon, senza dubbio nella speranza che prima o poi annegasse, non si erano preoccupati che Harry imparasse a sua volta. Un paio di vasche di quella piscina andavano benissimo, ma il lago era molto grande, e molto profondo… e le sirene di sicuro non vivevano in superficie…
    «Mirtilla» disse Harry lentamente, «come faccio a respirare?»
    A quelle parole, gli occhi di Mirtilla si riempirono di nuovo di lacrime.
    «Insensibile!» mormorò, frugandosi in tasca alla ricerca di un fazzoletto.
    «Perché insensibile?» disse Harry, esterrefatto.
    «Parlare di respirare davanti a me!» disse lei con voce acuta, e la sua voce rimbombò contro le pareti del bagno. «Quando non posso… quando non… da secoli…» Seppellì il viso nel fazzoletto e tirò su forte col naso.
    Harry si ricordò che Mirtilla era sempre stata permalosa sul fatto di essere morta, mentre nessun altro fantasma a lui noto faceva tante storie. «Scusa» disse, impaziente. «Non volevo… È solo che mi sono dimenticato…»
    «Oh, certo, è facile dimenticarsi che Mirtilla è morta» ribatté Mirtilla singhiozzando e guardandolo con gli occhi gonfi. «Nessuno ha sentito la mia mancanza, anche quando ero viva. Gli ci sono volute ore e ore per scoprire il mio corpo — lo so, ero là seduta ad aspettarli. Olive Hornby è venuta in bagno — “Sei ancora li a fare il muso, Mirtilla?” ha detto. “Perché il professor Dippet mi ha detto di venire a cercarti…” E poi ha visto il mio cadavere… ooooh, non se l’è dimenticato finché è vissuta, ho fatto le cose per bene… l’ho seguita dappertutto e gliel’ho ricordato, sissì, e una volta, al matrimonio di suo fratello…»
    Ma Harry non la ascoltava; stava pensando di nuovo alla canzone delle sirene. “Abbiamo preso ciò che ti mancherà”. Suonava come se volessero rubare qualcosa di suo, qualcosa che doveva riprendersi. Che cosa avrebbero portato via?
    «… e poi, naturalmente, è andata al Ministero della Magia perché smettessi di perseguitarla, così sono dovuta tornare qui a vivere nel mio bagno».
    «Bene» disse Harry in tono distratto. «Be’, ne so molto più di prima… chiudi ancora gli occhi, per favore, devo uscire».
    Recuperò l’uovo dal fondo della vasca, si arrampicò fuori, si asciugò e si rimise il pigiama e la vestaglia.
    «Verrai a trovarmi ancora nel mio bagno qualche volta?» chiese Mirtilla Malcontenta in tono lugubre, mentre Harry raccoglieva il Mantello dell’Invisibilità.
    «Ehm… ci proverò» disse Harry, anche se dentro di sé pensava che sarebbe andato al bagno di Mirtilla solo se ogni altro bagno del castello fosse stato intasato. «Ci vediamo, Mirtilla… grazie per il tuo aiuto».
    «Ciao ciao» disse lei cupa, e mentre si infilava il Mantello dell’Invisibilità, Harry la vide sparire di nuovo su per il rubinetto.
    Fuori, nel buio corridoio, Harry studiò la Mappa del Malandrino per controllare che la strada fosse ancora libera. Sì, i puntini con i nomi di Gazza e Mrs Purr erano ancora al sicuro nei loro uffici… tutto sembrava immobile tranne Pix, che saltellava nella sala dei trofei al piano di sopra… Harry aveva fatto il primo passo verso la Torre di Grifondoro, quando qualcos’altro sulla mappa attrasse la sua attenzione… qualcosa di decisamente strano.
    Pix non era la sola cosa in movimento. Un singolo puntino volteggiava in una stanza nell’angolo in basso a sinistra: l’ufficio di Piton. Ma il puntino non era marchiato “Severus Piton”… era Bartemius Crouch.
    Harry fissò la macchiolina. Il signor Crouch stava troppo male per andare a lavorare o per partecipare al Ballo del Ceppo: e allora che cosa stava facendo di nascosto a Hogwarts all’una del mattino? Harry guardò attentamente mentre il puntino girava per la stanza, fermandosi qua e là…
    Harry esitò, riflettendo… e poi la curiosità prevalse. Si voltò e s’incamminò dalla parte opposta, verso la scala più vicina. Voleva vedere che cosa stava combinando Crouch.
    Scese le scale più piano che poteva, anche se i volti in alcuni ritratti si girarono incuriositi allo scricchiolio di un’asse, al fruscio del suo pigiama. Sgattaiolò lungo il corridoio, spinse di lato un arazzo a metà strada e imboccò una scala più stretta, una scorciatoia che lo avrebbe portato due piani più in basso. Continuava a scrutare la mappa, perplesso… non era in carattere con il corretto, rigoroso signor Crouch intrufolarsi nell’ufficio di un’altra persona a quell’ora della notte…
    E poi, a metà della scala, senza pensare ad altro che al bizzarro comportamento del signor Crouch, Harry sprofondò dritto nello scalino infido che Neville dimenticava sempre di saltare. Annaspò e l’uovo d’oro, ancora umido per il bagno, gli scivolò da sotto il braccio. Si lanciò in avanti per cercare di prenderlo al volo, ma era troppo tardi; l’uovo cadde giù per la lunga scala con un boato di grancassa a ogni gradino… il Mantello dell’Invisibilità scivolò via… Harry lo afferrò, e la Mappa del Malandrino gli sfuggì di mano e cadde giù per sei gradini, dove, sprofondato com’era nello scalino fino al ginocchio, non poteva arrivare a prenderla.
    L’uovo d’oro rotolò al di là dell’arazzo ai piedi della scala, si aprì di scatto e cominciò a ululare. Harry estrasse la bacchetta e cercò di toccare la Mappa del Malandrino per cancellarla, ma era troppo lontana…
    Rimettendosi addosso il Mantello, Harry si rialzò, le orecchie tese, gli occhi sbarrati dalla paura… e quasi immediatamente…
    «Pix!»
    Era l’inconfondibile urlo di guerra di Gazza il custode. Harry sentì i suoi rapidi passi strascicati che si avvicinavano sempre di più, la voce affannosa vibrante di rabbia.
    «Che cos’è questo fracasso? Vuoi svegliare tutto il castello? Ti prenderò, Pix, ti prenderò, sai… e questo cos’è?»
    I passi di Gazza si arrestarono; si udì un tintinnio di metallo contro metallo, e l’ululato s’interruppe. Gazza aveva raccolto l’uovo e l’aveva chiuso. Harry rimase immobile, una gamba ancora incastrata profondamente nel gradino magico, in ascolto. Da un momento all’altro, Gazza avrebbe scostato l’arazzo, aspettandosi di vedere Pix… e non ci sarebbe stato nessun Pix… ma se avesse salito le scale, avrebbe visto la Mappa del Malandrino… e, Mantello dell’Invisibilità o no, la mappa avrebbe mostrato un “Harry Potter” nel punto esatto in cui si trovava lui.
    «Un uovo?» disse piano mastro Gazza ai piedi delle scale. «Tesorino!» (Mrs Purr era evidentemente con lui). «Questo è uno degli enigmi del Tremaghi! Appartiene a un campione della scuola!»
    Harry si sentì male; il cuore gli martellava forte…
    «Pix!» ruggì Gazza trionfante. «Hai rubato!»
    Scostò bruscamente l’arazzo, e Harry vide il suo orrendo viso gonfio e i pallidi occhi sporgenti che scrutavano la scala oscura e, per Gazza, deserta.
    «Ti nascondi, eh?» disse piano. «Vengo a prenderti, Pìx… hai rubato un enigma del Tremaghi, Pix… Silente ti butterà fuori di qui per questo, sporco ladruncolo di un poltergeist…»
    Gazza prese a salire le scale, l’ossuta gatta color polvere alle caviglie. Gli occhi a lampadina di Mrs Purr, così simili a quelli del suo padrone, erano fissi proprio addosso a Harry. Lui s’era già chiesto prima d’allora se il Mantello dell’Invisibilità funzionasse con i gatti… sopraffatto dall’ansia, osservò Gazza avvicinarsi sempre di più avvolto nella vecchia vestaglia di flanella. Cercò disperatamente di liberare la gamba imprigionata, ma riuscì solo a sprofondare ancora di qualche centimetro. A momenti, Gazza avrebbe visto la mappa o gli sarebbe venuto addosso…
    «Gazza? Che cosa succede?»
    Gazza si fermò qualche gradino più in basso di Harry e si voltò. Ai piedi delle scale c’era l’unica persona in grado di peggiorare la situazione: Piton. Indossava una lunga camicia da notte grigia e sembrava cadaverico.
    «È Pix, professore» sussurrò Gazza, malevolo. «Ha gettato quest’uovo giù dalle scale».
    Piton salì in fretta le scale e si fermò accanto a Gazza. Harry strinse i denti, certo che il cuore, che batteva tanto forte, lo avrebbe tradito da un momento all’altro…
    «Pix?» disse piano Piton, guardando l’uovo tra le mani di Gazza. «Ma Pix non avrebbe potuto entrare nel mio ufficio…»
    «Quest’uovo era nel suo ufficio, professore?»
    «Certo che no» sbottò Piton. «Ho sentito dei colpi e degli ululati…»
    «Sì, professore, era l’uovo…»
    «… Stavo venendo a vedere…»
    «… L’ha tirato Pix, professore…»
    «… e quando sono passato davanti al mio ufficio, ho visto che le torce erano accese e lo sportello di un armadio era aperto! Qualcuno ci ha frugato dentro!»
    «Ma Pix non poteva…»
    «Lo so che non poteva, Gazza!» esplose Piton. «Sigillo il mio ufficio con un incantesimo che solo un mago potrebbe spezzare!» Piton guardò su per le scale, diritto attraverso Harry, e poi giù nel corridoio sottostante. «Voglio che tu venga ad aiutarmi a cercare l’intruso, Gazza».
    «Io… sì, professore… ma…»
    Gazza guardò con desiderio su per le scale, passando da parte a parte Harry, che capì che esitava a rinunciare all’opportunità di incastrare Pix. Vai, lo supplicò in silenzio, vai con Piton… vai… Mrs Purr spiava da dietro le gambe di Gazza… Harry ebbe la netta impressione che riuscisse a fiutarlo… perché aveva riempito la vasca con tutta quella schiuma profumata?
    «Il fatto è, professore» disse Gazza in tono supplichevole, «che il Preside dovrà starmi a sentire questa volta, Pix ha rubato a uno studente, potrebbe essere la mia occasione per farlo espellere dal castello una volta per tutte…»
    «Gazza, non m’importa un accidente di quel maledetto poltergeist, è il mio ufficio che è…»
    Clunk. Clunk. Clunk.
    Piton zittì all’improvviso. Lui e Gazza guardarono giù, verso i piedi della scala. Harry vide Malocchio Moody avanzare zoppicando nello stretto spazio tra le loro teste. Moody indossava il vecchio mantello da viaggio sulla camicia da notte, e si appoggiava al bastone come al solito.
    «Cos’è, un pigiama party?» ringhiò su per le scale.
    «Io e il professor Piton abbiamo sentito dei rumori, professore» disse subito Gazza. «Pix il poltergeist, che buttava roba in giro come al solito… e poi il professor Piton ha scoperto che qualcuno è penetrato nel suo uff…»
    «Zitto!» sibilò Piton a Gazza.
    Moody fece un passo verso i piedi delle scale. Harry vide il suo occhio magico soffermarsi su Piton, e poi, senz’ombra di dubbio, su di lui.
    Il cuore di Harry ebbe un tuffo. Moody riusciva a vedere attraverso i Mantelli dell’Invisibilità… soltanto lui poteva cogliere la bizzarria della situazione… Piton in camicia da notte, Gazza con l’uovo stretto tra le mani, e lui, Harry, imprigionato nella scala sopra di loro. La fessura obliqua che Moody aveva per bocca si spalancò dalla sorpresa. Per qualche secondo, lui e Harry si guardarono negli occhi. Poi Moody chiuse la bocca e rivolse di nuovo l’occhio azzurro su Piton.
    «Ho sentito bene, Piton?» chiese lentamente. «Qualcuno è penetrato nel tuo ufficio?»
    «Non è importante» disse Piton freddamente.
    «Al contrario» ringhiò Moody, «è molto importante. Chi potrebbe voler penetrare nel tuo ufficio?»
    «Uno studente, direi» rispose Piton. Harry vide una vena pulsare in modo orribile sulla tempia unticcia di Piton. «È già successo prima. Ingredienti di pozioni sono spariti dalla mia dispensa privata… studenti che cercavano di preparare misture illegali, senza dubbio…»
    «Quindi devo dedurre che stavano cercando ingredienti di pozioni, eh?» disse Moody. «Non è che tu nascondi qualcos’altro nel tuo ufficio?»
    Harry vide i contorni del viso giallastro di Piton diventare di un brutto color mattone, mentre la vena nella tempia pulsava più in fretta.
    «Lo sai che non nascondo niente, Moody» disse, in tono calmo e minaccioso, «dal momento che tu stesso hai frugato con gran cura nel mio ufficio».
    Il viso di Moody si contorse in un sorriso. «Privilegi da Auror, Piton. Silente mi ha detto di tenere d’occhio…»
    «Si dà il caso che Silente si fidi di me» disse Piton a denti stretti. «Mi rifiuto di credere che ti abbia dato ordine di perquisire il mio ufficio!»
    «Ma certo che Silente si fida di te» ringhiò Moody. «E un uomo fiducioso, vero? È convinto che a tutti sia dovuta una seconda possibilità. Ma io… io dico che ci sono macchie che non vengono via, Piton. Macchie che non vengono mai via, capisci quello che voglio dire?»
    Piton all’improvviso fece una cosa molto strana. Si afferrò convulsamente il braccio sinistro con la mano destra, come se gli facesse male.
    Moody scoppiò a ridere. «Torna a dormire, Piton».
    «Tu non hai l’autorità di mandarmi da nessuna parte!» sibilò Piton, lasciando andare il braccio di botto, come se fosse arrabbiato con se stesso. «Ho diritto quanto te di aggirarmi in questa scuola di notte!»
    «Allora aggirati lontano da qui» disse Moody, con voce carica di minaccia. «Spero tanto di incontrarti in un corridoio buio una volta o l’altra… a proposito, ti è caduto qualcosa…»
    Con una fitta di panico, Harry vide Moody indicare la Mappa del Malandrino, che si trovava ancora sulle scale, sei gradini sotto di lui. Mentre Piton e Gazza si voltavano a guardare, Harry gettò alle ortiche ogni precauzione: alzò le braccia sotto il Mantello e le agitò furiosamente rivolto a Moody per attirare la sua attenzione, e disse, muovendo solo le labbra: «È mia! Mia!»
    Piton si era proteso per prenderla, con una terribile espressione di improvvisa consapevolezza…
    «Accio pergamena!»
    La mappa si alzò da terra, scivolò tra le dita tese di Piton e scese le scale svolazzando a mezz’aria per atterrare in mano a Moody.
    «Colpa mia» disse Moody tranquillamente. «È mia… dev’essermi caduta prima…»
    Ma gli occhi neri di Piton dardeggiarono dall’uovo tra le braccia di Gazza alla mappa in mano a Moody, e Harry capì che stava facendo due più due, come solo lui sapeva…
    «Potter» disse piano.
    «Cosa?» disse Moody quietamente, ripiegando la mappa e intascandola.
    «Potter!» ringhiò Piton, poi voltò la testa e fissò esattamente il punto in cui si trovava Harry, come se all’improvviso riuscisse a vederlo. «Quell’uovo è l’uovo di Potter. Quel foglio di pergamena appartiene a Potter. L’ho visto prima, lo riconosco! Potter è qui! Potter, col suo Mantello dell’Invisibilità!»
    Piton tese le mani come un cieco, e prese a salire le scale; Harry avrebbe giurato che le sue larghe narici erano dilatate, nel tentativo di fiutarlo… Intrappolato, Harry si tirò indietro, cercando di evitare la punta delle dita di Piton, ma da un momento all’altro…
    «Qui non c’è niente, Piton!» abbaiò Moody. «Ma sarò felice di riferire al Preside con quanta prontezza hai pensato a Harry Potter!»
    «Cosa vorrebbe dire?» ringhiò Piton, voltandosi di nuovo a guardare Moody, le mani ancora tese, a pochi centimetri dal petto di Harry.
    «Vorrebbe dire che Silente è molto interessato a sapere chi ce l’ha con quel ragazzo!» disse Moody, zoppicando più vicino ai piedi delle scale. «E anch’io, Piton… molto interessato…» La luce della torcia baluginò sul suo viso straziato, così che le cicatrici e il pezzo di naso mancante parvero più fondi e cupi che mai.
    Piton stava guardando Moody, e Harry non riuscì a vederlo in faccia. Per un istante, nessuno si mosse né parlò. Poi Piton abbassò lentamente le mani.
    «Pensavo solo» disse, la voce forzatamente calma, «che se Potter fosse di nuovo in giro di notte… è un’abitudine sbagliata… bisognerebbe impedirglielo. Per… per la sua incolumità».
    «Ah, capisco» disse Moody dolcemente. «Ti stanno molto a cuore gli interessi di Potter, vero?»
    Ci fu una pausa. Piton e Moody continuavano a scrutarsi. Mrs Purr diede in un sonoro miagolio, sempre spiando tra le gambe di Gazza, alla ricerca della fonte del profumo di bagnoschiuma di Harry.
    «Credo che tornerò a letto» disse Piton bruscamente.
    «È l’idea migliore che ti sia venuta in tutta la notte» ribatté Moody. «Ora, Gazza, se vuole darmi quell’uovo…»
    «No!» disse Gazza, stringendo l’uovo come se fosse il suo figlioletto primogenito. «Professor Moody, questa è la prova della slealtà di Pix!»
    «È di proprietà del campione a cui l’ha rubato» disse Moody. «Ora me lo consegni».
    Piton scese le scale e oltrepassò Moody senza aggiungere una parola. Gazza richiamò Mrs Purr, che fissò Harry con sguardo vacuo per qualche altro istante prima di voltarsi e seguire il suo padrone. Col respiro ancora affannoso, Harry sentì Piton allontanarsi lungo il corridoio; Gazza tese a Moody l’uovo, e sparì a sua volta, borbottando rivolto a Mrs Purr: «Non importa, carina… domattina andremo da Silente… gli diremo che cos’ha combinato Pix…»
    Una porta sbatté. Harry rimase a fissare Moody, che posò il bastone sull’ultimo scalino e cominciò a salire a fatica verso di lui, con un sordo clunk un gradino sì e uno no.
    «C’è mancato poco, Potter» borbottò.
    «Sì… io… ehm… grazie» disse Harry debolmente.
    «Che cos’è questa cosa?» chiese Moody, estraendo la Mappa del Malandrino dalla tasca e dispiegandola.
    «Una mappa di Hogwarts» disse Harry, sperando che Moody lo tirasse fuori presto dalla scala; la gamba gli faceva proprio male.
    «Per la barba di Merlino» sussurrò Moody, fissando la mappa, l’occhio magico che roteava impazzito. «Questa… questa sì che è una mappa, Potter!»
    «Sì, è… piuttosto utile» disse Harry. Gli occhi gli cominciavano a lacrimare dal dolore. «Ehm… professor Moody, crede che potrebbe aiutarmi…?»
    «Cosa? Oh! Sì… sì, certo…»
    Moody afferrò Harry per le braccia e tirò; la gamba di Harry si liberò dal gradino infingardo, e lui si mise diritto su quello di sopra.
    Moody continuava a osservare la mappa. «Potter…» disse lentamente, «non è che per caso tu abbia visto chi è entrato nell’ufficio di Piton, vero? Su questa mappa, voglio dire?»
    «Ehm… sì che l’ho visto…» ammise Harry. «Era il signor Crouch».
    L’occhio magico di Moody scorse roteando l’intera mappa. All’improvviso Moody parve preoccupato.
    «Crouch?» disse. «Ne sei… ne sei sicuro, Potter?»
    «Sicurissimo» disse Harry.
    «Be’, non è più qui» disse Moody, l’occhio che continuava a sfrecciare sulla mappa. «Crouch… ciò è molto… molto interessante…»
    Non disse nulla per quasi un minuto, continuando a fissare il foglio. Harry capì che la notizia aveva per lui un preciso significato, e desiderava tanto sapere qual era. Chissà se avrebbe osato chiederlo. Moody gli faceva un po’ paura… però lo aveva appena aiutato a evitare un bel mucchio di guai…
    «Ehm… professor Moody… secondo lei perché il signor Crouch voleva dare un’occhiata all’ufficio di Piton?»
    Moody distolse l’occhio magico dalla mappa e lo fissò ancora vibrante su Harry. L’occhio sembrava passare Harry da parte a parte, e lui ebbe l’impressione che Moody stesse valutando se rispondergli o no e quanto rivelargli.
    «Mettiamola così, Potter» borbottò Moody alla fine, «dicono che il vecchio Malocchio ha la fissazione di catturare Maghi Oscuri… ma Malocchio è niente — niente — in confronto a Barty Crouch».
    Continuò a scrutare la pergamena. Harry bruciava dalla voglia di saperne di più.
    «Professor Moody» disse di nuovo. «Crede… che questo possa avere qualcosa a che fare con… forse il signor Crouch crede che stia succedendo qualcosa…»
    «Che cosa?» chiese Moody con voce secca.
    Harry si chiese quanto poteva dire. Non voleva che Moody sospettasse che aveva una fonte d’informazione al di fuori di Hogwarts; ciò avrebbe potuto portare a domande spinose su Sirius.
    «Non lo so» borbottò Harry, «ultimamente succedono cose strane, no? C’era scritto anche sulla Gazzetta del Profeta… il Marchio Nero alla Coppa del Mondo, e i Mangiamorte e il resto…»
    Entrambi gli occhi male assortiti di Moody si allargarono.
    «Sei un ragazzo sveglio, Potter» disse. L’occhio magico tornò a vagare sulla Mappa del Malandrino. «È possibile che Crouch la pensi così» disse lentamente. «Alquanto possibile… ultimamente sono circolate strane voci… corroborate da Rita Skeeter, naturalmente. Fanno innervosire parecchie persone, credo». Un cupo sorriso gli increspò la bocca storta. «Oh, se c’è una cosa che odio» sussurrò, più rivolto a se stesso che a Harry, mentre l’occhio magico era immobile sull’angolo in basso a sinistra del foglio, «è un Mangiamorte rimesso in libertà…»
    Harry lo fissò sbigottito. Possibile che Moody volesse dire proprio quello che pensava Harry?
    «E ora voglio fare una domanda a te, Potter» disse Moody, in tono più pratico.
    Il cuore di Harry sprofondò; lo sapeva che ci si sarebbe arrivati. Moody stava per chiedergli dove aveva preso quella mappa, che era un oggetto magico alquanto dubbio — e la storia di come era finita nelle sue mani incolpava non solo lui, ma suo padre, Fred e George Weasley, e il professor Lupin, il loro ultimo professore di Difesa contro le Arti Oscure. Moody agitò la mappa davanti a Harry, che si preparò…
    «Me la puoi prestare?»
    «Oh!» disse Harry. Era molto affezionato alla sua mappa, ma d’altra parte era decisamente sollevato che Moody non gli chiedesse dove l’aveva presa, e senza dubbio gli doveva un favore. «Sì, certo».
    «Bravo ragazzo» ringhiò Moody. «Posso farne buon uso… potrebbe essere esattamente ciò di cui avevo bisogno… su, a letto, Potter, andiamo…»
    Salirono insieme fino in cima alla rampa di scale, con Moody che esaminava la mappa come se fosse un tesoro di cui non avesse mai visto l’uguale prima d’allora. Avanzarono in silenzio fino alla porta dell’ufficio di Moody, e qui quest’ultimo si fermò e alzò gli occhi verso Harry. «Mai pensato a una carriera come Auror, Potter?»
    «No» rispose Harry, preso alla sprovvista.
    «È il caso che tu ci pensi su» disse Moody annuendo, e guardando Harry, pensieroso. «Si, davvero… e tra parentesi… suppongo che tu non stessi portando quell’uovo a passeggio stanotte, eh?»
    «Ehm… no» disse Harry, sorridendo. «Stavo riflettendo sull’indovinello».
    Moody gli strizzò l’occhio, mentre quello magico impazziva di nuovo. «Non c’è niente di meglio di un giretto notturno per farti venir delle idee, Potter… ci vediamo domani…» Entrò nel suo ufficio, gli occhi di nuovo incollati alla Mappa del Malandrino, e chiuse la porta.
    Harry tornò lentamente alla Torre di Grifondoro, assorto: pensava a Piton, e a Crouch, e a quel che significava tutta la faccenda… perché Crouch fingeva di essere ammalato, se poteva entrare a Hogwarts quando voleva? Cosa credeva che Piton nascondesse nel suo ufficio?
    E Moody pensava che lui, Harry, dovesse diventare un Auror! Idea interessante… ma dieci minuti dopo, mentre s’infilava piano nel letto a baldacchino, l’uovo e il Mantello di nuovo al sicuro nel baule, Harry ridletté che valeva la pena di controllare quante cicatrici avessero tutti gli altri prima di intraprendere quella carriera.
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