Esplora le Citazioni

<< Tutti i libri


Harry Potter e i Doni della Morte (6958 citazioni)
   1) L’ascesa del Signore Oscuro (113 citazioni)
   2) In memoriam (70 citazioni)
   3) La partenza dei Dursley (126 citazioni)
   4) I sette Potter (179 citazioni)
   5) Il Guerriero caduto (255 citazioni)
   6) Il demone in pigiama (231 citazioni)
   7) Il testamento i Albus Silente (272 citazioni)
   8) Il matrimonio (213 citazioni)
   9) Un nascondiglio (151 citazioni)
   10) Il racconto di Kreacher (197 citazioni)
   11) La mazzetta (211 citazioni)
   12) La Magia è Potere (220 citazioni)
   13) La Commissione per il Censimento dei nati babbani (184 citazioni)
   14) Il ladro (141 citazioni)
   15) La vendetta del folletto (285 citazioni)
   16) Godric’s Hollow (138 citazioni)
   17) Il Segreto di Bathilda (212 citazioni)
   18) Vita e Menzogne di Albus Silente (82 citazioni)
   19) La cerva d’argento (227 citazioni)
   20) Xenophilius Lovegood (152 citazioni)
   21) La storia dei tre fratelli (182 citazioni)
   22) I Doni della Morte (186 citazioni)
   23) Villa Malfoy (351 citazioni)
   24) Il fabbricante di bacchette (257 citazioni)
   25) Villa Conchiglia (160 citazioni)
   26) La Gringott (188 citazioni)
   27) Il nascondiglio finale (73 citazioni)
   28) Lo specchio mancante (146 citazioni)
   29) Il diadema perduto (169 citazioni)
   30) Il congedo di Severus Piton (197 citazioni)
   31) La battaglia di Hogwarts (288 citazioni)
   32) La bacchetta di Sambuco (182 citazioni)
   33) La storia del Principe (345 citazioni)
   34) Ancora la foresta (119 citazioni)
   35) King’s Cross (170 citazioni)
   36) La falla nel piano (286 citazioni)
Ricerca tra le citazioni:

Download

Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo

Villa Malfoy


   Harry si voltò a guardare i due amici, di cui vedeva solo i contorni nell'oscurità. Vide Hermione puntare la bacchetta, non verso l'esterno, ma contro di lui; un'esplosione, un lampo di luce bianca, e si accasciò dolorante, accecato. Sentì il volto gonfiarsi rapidamente sotto le dita, mentre passi pesanti li circondavano.
   «Alzati, feccia».
   Mani ignote lo tirarono brutalmente in piedi. Prima che potesse impedirlo, qualcuno gli aveva frugato nelle tasche e tolto la bacchetta di prugnolo. Harry si tastò la faccia che gli faceva un male terribile ed era irriconoscibile al tatto: tesa, gonfia e dilatata come per una violenta reazione allergica. Gli occhi erano ridotti a fessure attraverso cui vedeva a stento; perse gli occhiali quando lo spinsero fuori dalla tenda; riuscì a distinguere solo le
    forme sfocate di quattro o cinque persone che trascinavano fuori anche Ron e Hermione.
   «Giù... le mani... da lei!» urlò Ron. Si udì il suono inconfondibile di nocche contro la carne. Ron gemette di dolore e Hermione gridò: «No! Lascialo stare, lascialo stare!»
   «Il tuo fidanzato subirà anche di peggio se si trova sulla mia lista» ghignò una voce stridula, orrendamente familiare. «Ragazza deliziosa... che bocconcino... adoro la pelle morbida...»
   A Harry si rivoltò lo stomaco. L'aveva riconosciuto: Fenrir Greyback, il lupo mannaro che aveva il permesso di indossare vesti di Mangiamorte in cambio della sua mercenaria ferocia.
   «Perquisite la tenda!» ordinò un'altra voce.
   Harry fu buttato a terra a faccia in giù. Un tonfo gli disse che Ron era stato gettato accanto a lui. Udirono passi e un gran fragore; gli uomini rovesciavano le sedie setacciando la tenda.
   «Adesso vediamo un po' chi abbiamo preso» gongolò dall'alto la voce di Greyback, e Harry fu rivoltato sulla schiena. Un raggio di luce di bacchetta lo colpì in volto e Greyback rise.
   «Mi ci vorrà un bel po' di Burrobirra per mandare giù questo. Cosa ti è successo, mostro?»
   Harry non rispose subito.
   «Ti ho chiesto» ripeté Greyback, accompagnando la domanda con un colpo al diaframma che fece piegare in due Harry, «cosa ti è successo?»
   «Punto» mugolò Harry. «Qualcosa mi ha punto». «Così pare» osservò una seconda voce.
   «Come ti chiami?» ringhiò Greyback.
   «Dudley» rispose Harry.
   «E di nome?»
   «Io... Vernon, Vernon Dudley».
   «Controlla la lista, Scabior» comandò Greyback, e Harry sentì che si spostava per osservare Ron. «E tu, Rosso?»
   «Stan Picchetto» rispose Ron.
   «Col cavolo» replicò Scabior. «Lo conosciamo bene, Stan Picchetto, ci ha passato un mucchio di lavoro».
   Un altro colpo.
   «Sodo Bardy» disse Ron, e Harry capì che aveva la bocca piena di sangue. «Bardy Weadley».
   «Un Weasley?» domandò Greyback con la sua voce aspra. «Quindi sei
    imparentato con traditori del proprio sangue anche se non sei un Nato Babbano. E infine, la tua graziosa amichetta...» Il piacere con cui lo disse fece accapponare la pelle a Harry.
   «Calma, Greyback» intervenne Scabior sopra le risatine degli altri.
   «Oh, non morderò subito. Vediamo se è più svelta di Barny a ricordare il suo nome. Chi sei, ragazzina?»
   «Penelope Light» rispose Hermione, terrorizzata ma convincente.
   «Qual è il tuo Stato di Sangue?»
   «Mezzosangue» rispose Hermione.
   «Ci vuole un attimo a controllare» disse Scabior. «Ma sembrano tutti in età da Hogwarts...»
   «Abbiabo bollado» spiegò Ron.
   «Avete mollato, Rosso?» chiese Scabior. «E avete deciso di andare un po' in campeggio? E tanto per farvi due risate avete pensato di usare il nome del Signore Oscuro?»
   «Dod per ridere» precisò Ron. «Idcidedde».
   «Un incidente?» Altre risate di scherno.
   «Lo sai a chi piaceva pronunciare il nome del Signore Oscuro, Weasley?» ringhiò Greyback. «A quelli dell'Ordine della Fenice. Ti dice niente?»
   «Do».
   «Be', siccome non portano il dovuto rispetto al Signore Oscuro, il suo nome è diventato Tabù. Ne sono stati trovati un po', in questo modo. Vedremo. Legateli con gli altri due prigionieri!»
   Qualcuno tirò su Harry per i capelli, lo trascinò, lo mise a sedere e cominciò a legarlo ad altri, schiena contro schiena. Era ancora semicieco; con gli occhi così gonfi non riusciva a vedere quasi nulla. Quando l'uomo che li aveva legati si fu allontanato, sussurrò agli altri prigionieri: «Qualcuno ha una bacchetta?»
   «No» risposero Ron e Hermione ai suoi lati.
   «Tutta colpa mia. Ho detto il nome, mi spiace...»
   «Harry?»
   Era una voce nuova, ma nota, e veniva dalle spalle di Harry, dalla persona legata alla sinistra di Hermione.
   «Dean?»
   «Sei proprio tu! Se scoprono cos'hanno per le mani...! Sono Ghermidori, cercano solo dei vagabondi da vendere per denaro...»
   «Un bottino niente male per una sola notte» commentò Greyback, men tre un paio di stivali chiodati marciava accanto a Harry. Udirono altri rumori da dentro la tenda. «Una Mezzosangue, un folletto fuggiasco e tre ragazzi che marinano la scuola. Hai controllato la lista, Scabior?» ruggì.
   «Sì. Qui non c'È nessun Vernon Dudley, Greyback».
   «Interessante» fece Greyback. «Proprio interessante».
   Si accovacciò vicino a Harry, che dalla sottile fessura tra le palpebre gonfie vide una faccia coperta di peli grigi impastati, con denti marroni affilati e piaghe ai lati della bocca. Greyback puzzava come in cima alla Torre dov'era morto Silente: di polvere, sudore e sangue.
   «Quindi non sei ricercato, Vernon? O sei su quella lista sotto un altro nome? A che casa appartenevi a Hogwarts?»
   «Serpeverde» rispose Harry senza pensare.
   «Buffo, sono tutti convinti che è quello che vogliamo sentire, eh?» sogghignò Scabior nell'ombra. «Ma nessuno che sappia dirci dov'È la sala comune».
   «Nei sotterranei» rispose Harry. «Si entra attraverso il muro. è piena di teschi e cose del genere ed è sotto il lago, perciò la luce è verde».
   Ci fu una breve pausa.
   «Bene bene, pare che abbiamo preso davvero un piccolo Serpeverde» osservò Scabior. «Buon per te, Vernon, perché non ci sono tanti Serpeverde impuri. Chi è tuo padre?»
   «Lavora al Ministero» mentì Harry. Sapeva che tutta la sua storia sarebbe crollata alla minima indagine, ma d'altra parte aveva tempo solo finché il suo volto non fosse tornato normale e il gioco sarebbe finito comunque. «Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici».
   «Sai, Greyback» commentò Scabior. «Mi pare che c'È un Dudley là».
   A Harry mancò il respiro: possibile che la fortuna, un puro colpo di fortuna, li tirasse fuori da quel guaio?
   «Bene bene» fece Greyback, e Harry avvertì una lievissima nota di trepidazione in quella voce spietata. Capì che il lupo mannaro si stava chiedendo se aveva davvero aggredito e legato il figlio di un funzionario del Ministero. Il cuore gli batteva contro le corde che gli serravano le costole; non si sarebbe stupito se Greyback l'avesse notato. «Se dici la verità, mostro, non hai niente da temere da un giretto al Ministero. Immagino che tuo padre ci ricompenserà solo perché ti abbiamo trovato».
   «Ma» tentò Harry, la bocca arida «se voi ci lasciate...»
   «Ehi!» Un urlo si levò dalla tenda. «Guarda qui, Greyback!»
   Una sagoma scura corse verso di loro e Harry vide un bagliore argentato
    alla luce delle bacchette. Avevano trovato la spada di Grifondoro. «Moooolto carina» commentò Greyback in tono ammirato, prendendola dal compagno. «Oh, davvero molto carina. Sembra opera di folletti, quella.
   Dove avete trovato una cosa del genere?»
   «È di mio padre» mentì Harry, sperando con tutta l'anima che fosse troppo buio perché Greyback notasse il nome inciso sotto l'elsa. «L'abbiamo presa in prestito per tagliare la legna...»
   «Un momento, Greyback! Guarda qua, sul Profeta!»
   Mentre Scabior parlava, la cicatrice di Harry, che era tirata sulla fronte gonfia, arse dolorosamente. Più nitida di qualunque altra cosa attorno a lui, vide una torre. Una cupa fortezza, minacciosa e nera come la pece. I pensieri di Voldemort erano improvvisamente tornati chiarissimi; avanzava scivolando verso la gigantesca costruzione con serena e gioiosa determinazione...
   Così vicino... così vicino...
   Con un enorme sforzo di volontà, Harry chiuse la mente ai pensieri di Voldemort e tornò dov'era, legato a Ron, Hermione, Dean e Unci-unci nel buio, ad ascoltare Greyback e Scabior.
   «'Hermione Granger'» lesse Scabior, «'la Nata Babbana nota per essere in viaggio con Harry Potter'».
   La cicatrice bruciò nel silenzio e Harry fece una grande fatica per restare lucido, per non scivolare dentro la testa di Voldemort. Udì lo scricchiolio degli stivali di Greyback che si stava accucciando accanto a Hermione.
   «La sai una cosa, ragazzina? Questa qui nella foto ti assomiglia da morire».
   «No! Non sono io!»
   Il suo squittio terrorizzato equivaleva a una confessione.
   «'... nota per essere in viaggio con Harry Potter'» ripeté piano Greyback.
   Sulla scena calò il silenzio. La cicatrice bruciava, il dolore era intensissimo, ma Harry si oppose con tutte le sue forze all'attrazione dei pensieri di Voldemort: restare presente a se stesso non era mai stato tanto importante.
   «Be', questo cambia le cose, vero?» mormorò il lupo mannaro.
   Nessuno parlò; Harry avvertì la banda di Ghermidori attoniti e paralizzati, e il braccio di Hermione tremare contro il suo. Greyback si alzò e fece qualche passo verso di lui, poi si accovacciò di nuovo per osservare da vicino i suoi tratti deformi.
   «Che cos'È quella cosa che hai sulla fronte, Vernon?» chiese con voce
    suadente, e premette un dito sudicio sulla cicatrice tesa; il suo alito fetido investì le narici di Harry.
   «Non toccarla!» gridò Harry; non riuscì a trattenersi; stava per vomitare dal dolore.
   «Pensavo che portassi gli occhiali, Potter» sussurrò Greyback.
   «Ho trovato gli occhiali!» uggiolò uno dei Ghermidori sullo sfondo. «C'erano degli occhiali dentro la tenda, Greyback, aspetta...»
   E un attimo dopo Harry si ritrovò gli occhiali spiaccicati sulla faccia. I Ghermidori si avvicinarono, sogguardandolo.
   «È lui!» ululò Greyback. «Abbiamo preso Potter!»
   Indietreggiarono tutti, storditi dalla loro impresa. Harry, che ancora lottava per restare dentro la propria mente divisa in due, non riuscì a dire nulla: visioni frammentarie gli attraversavano il cervello...
   ... scivolava attorno alle alte mura della fortezza nera...
   No, era Harry, legato e disarmato, in grave pericolo...
   ... guardò in su, verso la finestra più alta, la torre più alta...
   Era Harry, e stavano discutendo della sua sorte...
   ... ora di volare...
   «... al Ministero?»
   «Al diavolo il Ministero» ringhiò Greyback. «Si prenderanno tutto il merito e non ci degneranno di uno sguardo. Io dico di portarlo dritto da V oi-Sapete-Chi».
   «Lo vuoi chiamare? Qui?» domandò Scabior, sgomento.
   «No» abbaiò Greyback. «Io non ho... dicono che usa Villa Malfoy come base. Porteremo là il ragazzo».
   Harry immaginò di sapere perché Greyback non chiamava Voldemort. Il lupo mannaro poteva anche avere il permesso di indossare un abito da Mangiamorte quando volevano servirsi di lui, ma solo la cerchia più intima di Voldemort portava il Marchio Nero: questo sommo onore a Greyback non era stato concesso.
   La cicatrice arse di nuovo.
   ... e si sollevò nella notte e volò fino alla finestra in cima alla torre...
   «... sicuro che è lui? Perché se ti sbagli, Greyback, siamo morti».
   «Chi comanda qui?» ruggì Greyback, celando il proprio momento di inadeguatezza. «Io dico che è Potter, e lui più la sua bacchetta fanno duecentomila galeoni tondi tondi! Ma se non avete il fegato di seguirmi, mi terrò tutto io, e con un po' di fortuna mi daranno anche la ragazza!»
   ... la finestra era una strettissima fessura nella pietra nera, non grande
    abbastanza da far passare un uomo... dentro si vedeva una sagoma scheletrica, rannicchiata sotto una coperta... morta, o addormentata...?
   «D'accordo!» sbottò Scabior. «D'accordo, ci stiamo! E gli altri, Greyback, cosa ne facciamo?»
   «Tanto vale portarli tutti. Abbiamo due Nati Babbani, e fanno dieci galeoni in più. Dammi anche la spada. Se sono rubini, è un'altra piccola fortuna».
   I prigionieri furono tirati in piedi. Harry udì il respiro di Hermione, affannato e terrorizzato.
   «Teneteli ben stretti. Io penso a Potter!» comandò Greyback, afferrando i capelli di Harry, che avvertì le lunghe unghie gialle graffiargli la cute. «Al mio tre! Uno... due... tre...»
   Si Smaterializzarono, trascinando con sé i prigionieri. Harry cercò di liberarsi dalla presa di Greyback, ma fu inutile: aveva Ron e Hermione appiccicati ai suoi fianchi, non poteva separarsi dal gruppo, e mentre il fiato gli veniva schiacciato fuori dai polmoni, la cicatrice arse ancora più dolorosa...
   ...si insinuava come un serpente nella fessura della finestra e calava, lieve come vapore, nella stanza simile a una cella...
   I prigionieri barcollarono e si urtarono atterrando su un viottolo di campagna. Agli occhi di Harry, ancora gonfi, occorse qualche istante per adattarsi, poi vide un grande cancello di ferro all'ingresso di un lungo viale. Provò un infinitesimo moto di sollievo. Il peggio non era ancora accaduto: Voldemort non era lì. Harry, che stava lottando per resistere alla visione, sapeva che lui si trovava in un luogo strano, simile a una fortezza, sulla vetta di una torre. Quanto avrebbe impiegato a tornare, una volta scoperto che Harry era lì, era un'altra faccenda...
   Uno dei Ghermidori andò al cancello e lo scosse.
   «Come facciamo a entrare? è chiuso, Greyback, non so... che cavolo!» Ritrasse le mani, terrorizzato. Il ferro si contorceva, i ricci e le curve si scomposero per mutarsi in un volto spaventoso che parlò con voce metallica e roboante: «Dichiarate il vostro intento!»
   «Abbiamo Potter!» latrò Greyback trionfante. «Abbiamo catturato Harry Potter!»
   Il cancello si spalancò.
   «Andiamo!» ordinò Greyback ai suoi uomini, e i prigionieri furono spinti oltre i battenti, lungo il viale, tra alte siepi che attutivano i loro passi. Harry vide una spettrale sagoma bianca sopra di lui e riconobbe un pavone
    albino. Inciampò e fu strattonato in piedi da Greyback; barcollò sghembo, legato schiena contro schiena agli altri quattro prigionieri. Chiuse gli occhi gonfi e decise di cedere al dolore per un istante: voleva capire che cosa stava facendo Voldemort, se sapeva già che Harry era stato catturato...
   ... la figura emaciata si mosse sotto la coperta sottile e rotolò verso di lui, gli occhi si aprirono in un volto scheletrico... l'uomo gracile si alzò a sedere, i grandi occhi infossati fissi su di lui, Voldemort, e poi sorrise. Aveva perso quasi tutti i denti...
   «E così sei venuto. Sapevo che saresti arrivato... un giorno. Ma il tuo viaggio è stato inutile. Io non l'ho mai avuta».
   «Tu menti!»
   L'ira di Voldemort pulsava dentro di lui, Harry sentì la cicatrice quasi esplodere dal dolore e riportò la mente al proprio corpo, là dove i prigionieri venivano spintonati sulla ghiaia.
   Una luce li investì.
   «Che c'È?» domandò una fredda voce femminile.
   «Siamo qui per vedere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato» rispose
   Greyback.
   «Chi sei?»
   «Tu mi conosci!» C'era risentimento nella voce del lupo mannaro. «Sono Fenrir Greyback! Abbiamo preso Harry Potter!»
   Greyback afferrò Harry e lo rigirò verso la luce, costringendo anche gli altri prigionieri a girare.
   «Lo so che è gonfio, signora, ma è lui!» s'intromise Scabior. «Se lo guarda da vicino, si vede la cicatrice. E questa qua, vede la ragazza? è la Nata Babbana che va in giro con lui, signora. è lui, abbiamo preso anche la sua bacchetta! Ecco, signora...»
   Narcissa Malfoy osservò il volto gonfio di Harry. Scabior le consegnò la bacchetta di prugnolo e lei inarcò le sopracciglia.
   «Portali dentro» disse.
   Harry e gli altri salirono i larghi gradini di pietra a suon di spinte e calci ed entrarono nell'ingresso tappezzato di ritratti.
   «Seguitemi» continuò Narcissa, facendo loro strada. «Mio figlio Draco è a casa per le vacanze di Pasqua. Se quello è Harry Potter, lo riconoscerà».
   Il salotto era accecante dopo tutto quel buio; anche con gli occhi semichiusi Harry si rese conto della vastità della stanza. Un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, altri ritratti erano allineati sulle pareti viola scuro. Due figure si alzarono dalle poltrone davanti a un camino di marmo
    quando i Ghermidori spinsero dentro i prigionieri.
   «Cosa succede?»
   Era la voce strascicata, spaventosamente familiare di Lucius Malfoy.
   Harry fu preso dal panico: non vedeva una via d'uscita e adesso era più semplice, con il montare della paura, ignorare i pensieri di Voldemort. Ma la cicatrice continuava a bruciare.
   «Dicono che hanno preso Potter» riferì la voce fredda di Narcissa. «Draco, vieni qui».
   Harry non osò guardare negli occhi Draco, ma lo vide di sghembo: un po' più alto di lui, la macchia pallida e affilata del volto sotto i capelli di un biondo quasi bianco.
   Greyback costrinse i prigionieri a girarsi di nuovo in modo che Harry si trovasse proprio sotto il lampadario.
   «Allora, ragazzo?» abbaiò il lupo mannaro.
   Harry era davanti allo specchio sopra il camino, uno specchio grande, con una cornice dorata a volute. Attraverso le palpebre semichiuse vide il proprio riflesso per la prima volta da quando aveva lasciato Grimmauld Place.
   Il suo volto era grosso, lucido e roseo, ogni lineamento deformato dalla fattura di Hermione. I capelli neri gli arrivavano alle spalle e aveva un'ombra scura attorno alla mascella. Se non avesse saputo che era proprio lui, si sarebbe chiesto chi si era messo i suoi occhiali. Decise di tacere, perché di certo la voce l'avrebbe tradito, e continuò a evitare il contatto visivo con Draco che si avvicinava.
   «Allora, Draco» lo incitò Lucius Malfoy. Sembrava molto ansioso. «È lui? è Harry Potter?»
   «Io non... io non sono sicuro» rispose Draco. Si teneva a distanza da Greyback e pareva aver paura di guardare Harry quanta Harry ne aveva di guardare lui.
   «Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!»
   Harry non aveva mai sentito Lucius Malfoy così eccitato.
   «Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà per...»
   «Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy» lo interruppe Greyback minaccioso.
   «Certo che no, certo che no!» ribatté Lucius con impazienza. Si avvicinò lui stesso, tanto che Harry riuscì a vedere il suo volto languido e pallido nei minimi dettagli, nonostante le palpebre gonfie. Con la faccia ridotta a
    una maschera, Harry aveva l'impressione di spiare tra le sbarre di una gabbia.
   «Che cosa gli avete fatto?» chiese Lucius a Greyback. «Come si è ridotto così?»
   «Non siamo stati noi».
   «A me pare più che altro una Fattura Pungente» commentò Lucius.
   I suoi occhi grigi percorsero la fronte di Harry.
   «C'È qualcosa lì» sussurrò, «potrebbe essere la cicatrice, molto tirata...
   Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?»
   Harry vide il volto di Draco avvicinarsi, adesso, accanto a quello del padre. Erano straordinariamente simili, ma Lucius era fuori di sé dall'esaltazione, mentre l'espressione di Draco era piena di riluttanza, perfino di spavento.
   «Non so» dichiarò infine il ragazzo, e se ne andò verso il camino dove sua madre, in piedi, osservava la scena.
   «È meglio esserne sicuri, Lucius» disse Narcissa al marito con la sua voce fredda e chiara. «Completamente sicuri che sia Potter, prima di convocare il Signore Oscuro... Dicono che questa è sua» continuò, studiando la bacchetta di prugnolo, «ma non corrisponde alla descrizione di Olivander... Se ci sbagliamo, se chiamiamo il Signore Oscuro per niente... ti ricordi cos'ha fatto a Rowle e Dolohov?»
   «E la Nata Babbana, allora?» ringhiò Greyback. Harry sentì i piedi sollevarsi da terra quando i Ghermidori costrinsero i prigionieri a girarsi di nuovo, in modo che questa volta la luce investisse Hermione.
   «Un momento» fece Narcissa brusca. «Sì... sì, era da Madama McClan con Potter! Ho visto la sua foto sul Profeta! Guarda, Draco, non è quella Granger?»
   «Io... forse... sì».
   «Ma allora quello è il ragazzo Weasley!» gridò Lucius, girando attorno ai prigionieri per mettersi davanti a Ron. «Sono loro, gli amici di Potter... Draco, guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, com'È che si chiama...?»
   «Sì» ripeté Draco, dando le spalle ai prigionieri. «Può darsi».
   La porta del salotto si aprì dietro Harry. Una donna parlò e il suono della sua voce portò il livello della paura di Harry ancora più in alto.
   «Cosa c'È? Che cos'È successo, Cissy?»
   Bellatrix Lestrange passeggiò lentamente attorno ai prigionieri e si fermò alla destra di Harry per osservare Hermione attraverso le palpebre pe santi.
   «Ma questa» mormorò «È la ragazza Mezzosangue... la Granger?»
   «Sì, sì, è la Granger!» gridò Lucius. «E quello vicino, pensiamo, è Potter! Potter e i suoi amici prigionieri, finalmente!»
   «Potter?» strillò Bellatrix, e arretrò per guardarlo meglio. «Sei sicuro? Il
   Signore Oscuro dev'essere immediatamente informato!»
   Si tirò su la manica sinistra: Harry vide il Marchio Nero impresso a fuoco nel braccio e capì che stava per toccarlo, per convocare l'amato padrone...
   «Stavo per chiamarlo io!» esclamò Lucius, afferrando il polso di Bellatrix e impedendole di toccare il Marchio. «Lo chiamerò io, Bella, Potter è stato portato in casa mia, e si trova quindi sotto la mia autorità...»
   «La tua autorità!» rise lei, cercando di liberarsi dalla stretta. «Tu hai perso l'autorità insieme alla bacchetta, Lucius! Come osi? Toglimi le mani di dosso!»
   «Questo non ha nulla a che vedere con te, non sei stata tu a catturare il ragazzo...»
   «Chiedo perdono, signor Malfoy» li interruppe Greyback, «ma siamo stati noi a catturare Potter, e spetta a noi l'oro...»
   «L'oro!» sghignazzò Bellatrix. Era ancora in lotta con il cognato e con la mano libera cercava nella tasca la bacchetta. «Prenditi pure il tuo oro, sudicio avvoltoio, a me non serve l'oro! Io cerco solo l'onore della sua... della...»
   Cessò di lottare, gli occhi scuri puntati su qualcosa che Harry non poteva vedere. Esultante per la sua resa, Lucius le lasciò andare la mano e alzò la manica...
   «FERMO!» strillò Bellatrix. «Non toccarlo, moriremo tutti se il Signore Oscuro arriva adesso!»
   Lucius s'immobilizzò, l'indice sospeso sopra il Marchio. Bellatrix uscì dal limitato campo visivo di Harry.
   «Cos'È quella?» la udì chiedere.
   «Spada» grugnì uno dei Ghermidori fuori campo.
   «Dammela».
   «Non è sua, signorina, è mia, l'ho trovata io».
   Un'esplosione e un lampo di luce rossa: Harry capì che il Ghermidore era stato Schiantato. I suoi compagni proruppero in ruggiti di rabbia e Scabior sfoderò la bacchetta.
   «A che gioco vuole giocare, donna?»
    «Stupeficium» urlò lei. «Stupeficium!»
   Non erano alla sua altezza, anche se erano quattro contro una: lei era una strega, come Harry ben sapeva, straordinariamente dotata e del tutto priva di coscienza. Crollarono a terra tutti, tranne Greyback, che però fu costretto in ginocchio a braccia aperte. Con la coda dell'occhio, Harry vide Bellatrix china sul lupo mannaro, la spada di Grifondoro stretta in pugno, il volto cereo.
   «Dove hai preso questa spada?» sussurrò a Greyback sfilandogli la bacchetta dalla presa ormai allentata.
   «Come osi?» ringhiò lui. La bocca era la sola cosa che potesse ancora muovere ed era costretto a guardarla dal basso in alto. Scoprì i denti affilati. «Lasciami andare, donna!»
   «Dove hai trovato questa spada?» ripeté lei, brandendogliela davanti al muso. «Piton l'ha rinchiusa nella mia camera blindata alla Gringott!»
   «Era nella loro tenda» rispose Greyback. «Lasciami, ho detto!»
   Lei mosse la bacchetta e il lupo mannaro balzò in piedi, ma sembrava troppo spaventato per avvicinarsi. Andò a rannicchiarsi dietro una poltrona, le sudicie unghie ricurve sullo schienale.
   «Draco, porta fuori questa feccia» ordinò Bellatrix indicando gli uomini svenuti. «Se non hai il coraggio di finirli, lasciali in cortile, ci penserò io».
   «Non osare parlare a Draco in...» intervenne Narcissa furiosa, ma Bellatrix urlò: «Zitta! La situazione è più grave di quanto tu possa immaginare, Cissy! Abbiamo un problema molto serio!»
   Osservò la spada, col respiro accelerato, studiando l'elsa. Poi si voltò a guardare i prigionieri silenziosi.
   «Se è davvero Potter non bisogna ferirlo» borbottò, più a se stessa che agli altri. «Il Signore Oscuro desidera provvedere di persona a Potter... ma se scopre... devo... devo sapere...»
   Si rivolse di nuovo alla sorella.
   «Rinchiudete i prigionieri nel sotterraneo mentre rifletto sul da farsi!» «Questa è casa mia, Bella, tu non dai ordini in casa...»
   «Fai come ti dico! Non hai idea del pericolo in cui ci troviamo!» strillò
   Bellatrix: era spaventosa, folle; una striscia di fuoco scaturì dalla sua bacchetta e fece un buco nel tappeto.
   Narcissa esitò un momento, poi si rivolse al lupo mannaro.
   «Porta questi prigionieri nel sotterraneo, Greyback».
   «Aspetta» fece Bellatrix brusca. «Tutti tranne... tranne la Mezzosangue». Greyback emise un grugnito soddisfatto.
    «No» gridò Ron. «Prendete me, tenete me!»
   Bellatrix lo schiaffeggiò; il colpo rimbombò nella stanza.
   «Se muore durante l'interrogatorio, tu sarai il prossimo» disse. «Un traditore del proprio sangue per me viene subito dopo un Mezzosangue. Portali di sotto, Greyback, e controlla che siano ben rinchiusi, ma non fare altro... non ancora».
   Gli restituì la bacchetta, poi estrasse dalla veste un piccolo pugnale d'argento. Separò Hermione dagli altri prigionieri tagliando le corde, poi la trascinò per i capelli al centro della stanza mentre Greyback sospingeva gli altri oltre una porta, lungo un corridoio buio, proiettando con la bacchetta una forza invisibile e irresistibile davanti a sé.
   «Chissà se mi lascerà un pezzetto di ragazza quando avrà finito» canticchiò Greyback sospingendoli lungo il corridoio. «Secondo me un bocconcino o due me ne avanzano, tu che dici, Rosso?»
   Harry sentì Ron tremare. Furono costretti a scendere per una ripida rampa di scale, ancora legati schiena contro schiena, rischiando di scivolare e spezzarsi il collo. In fondo c'era una porta pesante. Greyback la aprì con un tocco della bacchetta, poi li buttò in una stanza umida e muffa e li lasciò al buio. Il rimbombo della porta non era ancora svanito quando sopra di loro si levò un terribile urlo.
   «HERMIONE!» gridò Ron, e prese a contorcersi e a lottare contro le funi che li tenevano legati, facendo barcollare Harry. «HERMIONE!»
   «Zitto!» disse Harry. «Taci, Ron, dobbiamo trovare il modo...» «HERMIONE! HERMIONE!»
   «Ci serve un piano, piantala di urlare... dobbiamo liberarci di queste corde...»
   «Harry?» qualcuno sussurrò nel buio. «Ron? Siete voi?»
   Ron tacque. Un movimento accanto a loro, poi Harry vide un'ombra avvicinarsi.
   «Harry? Ron?»
   «Luna?»
   «Sì, sono io! Oh, no, non volevo che vi prendessero!»
   «Luna, puoi far qualcosa per liberarci di queste corde?» chiese Harry. «Oh, sì, penso di sì... c'È un vecchio chiodo che usiamo se dobbiamo rompere qualcosa... un momento solo...»
   Hermione urlò di nuovo sopra di loro, e anche Bellatrix gridava, ma non afferrarono le sue parole perché Ron gridò di nuovo: «HERMIONE! HERMIONE!»
    «Signor Olivander» mormorò Luna. «Signor Olivander, ce l'ha lei il chiodo? Se può solo spostarsi un pochino... credo che sia vicino alla caraffa dell'acqua...»
   Tornò dopo pochi secondi.
   «Adesso state fermi» disse.
   Harry la sentì scavare nelle fibre compatte della corda per sciogliere i nodi. Dall'alto udirono la voce di Bellatrix.
   «Te lo chiedo un'altra volta! Dove avete preso quella spada? Dove?» «L'abbiamo trovata... l'abbiamo trovata... PER FAVORE!» Hermione urlò di nuovo; Ron si divincolò e il chiodo arrugginito scivolò sul polso di Harry.
   «Ron, ti prego, stai fermo!» sussurrò Luna. «Non vedo quello che faccio...»
   «In tasca!» esclamò Ron. «Nella mia tasca c'È un Deluminatore, è pieno di luce!»
   Qualche istante dopo, si udì uno scatto e le sfere luminescenti che il Deluminatore aveva risucchiato dalle lampade della tenda volarono nella cantina: non potendo tornare alla loro fonte rimasero sospese come piccoli soli, inondando di luce la stanza sotterranea. Harry vide Luna, tutta occhi, il volto pallido, e la sagoma immobile di Olivander, il fabbricante di bacchette, rannicchiato sul pavimento nell'angolo. Tese il collo e scorse gli altri prigionieri: Dean e Unci-unci il folletto, che sembrava semisvenuto, tenuto in piedi dalle corde che lo legavano agli umani.
   «Oh, così è molto più facile, grazie, Ron» e Luna ricominciò a tagliare i loro legacci. «Ciao, Dean!»
   Dall'alto tornò la voce di Bellatrix.
   «Stai mentendo, sudicia Mezzosangue, lo so! Siete stati nella mia camera blindata alla Gringott! Dimmi la verità, la verità!»
   Un altro urlo terribile...
   «HERMIONE!»
   «Che cos'altro avete rubato? Che cos'altro avete? Dimmi la verità o giuro che ti trapasso con questo pugnale!» «Ecco!»
   Harry sentì le corde cadere e si voltò, massaggiandosi i polsi. Vide Ron esplorare di corsa la cella, guardare il basso soffitto, cercare una botola. Dean, ammaccato e sporco di sangue, ringraziò Luna e rimase in piedi, tremante, ma Unci-unci scivolò a terra, stordito e disorientato, il volto scuro solcato da profondi tagli.
    Ron stava cercando di Smaterializzarsi senza bacchetta.
   «Non c'È modo di uscire, Ron» gli disse Luna, osservando i suoi vani tentativi. «La cantina è a prova di fuga. Ho cercato anch'io, all'inizio. Il signor Olivander è qui da molto tempo, ha tentato in tutti i modi».
   Hermione urlò di nuovo; il suono attraversò Harry come un dolore fisico. Senza quasi far caso alla cicatrice che bruciava, anche lui si mise a correre attorno alla cella, tastando le pareti in cerca di non sapeva cosa, sapeva solo, nell'intimo, che era inutile.
   «Che altro avete preso, che altro? RISPONDIMI! CRUCIO!»
   Le urla di Hermione echeggiarono dalle pareti di sopra. Ron, quasi in singhiozzi, prese a pugni i muri e Harry, per pura disperazione, si sfilò dal collo la saccoccia di Hagrid e cercò a casaccio: estrasse il Boccino di Silente e lo scosse, sperando in qualunque cosa, ma non successe nulla; agitò le due metà spezzate della bacchetta di fenice, ma erano inerti; il frammento di specchio cadde a terra scintillando e Harry vide un bagliore di un azzurro chiarissimo...
   L'occhio di Silente lo guardava dallo specchio.
   «Aiutaci!» gli gridò, in preda a una folle angoscia. «Siamo nella cantina di Villa Malfoy, aiutaci!»
   L'occhio ammiccò e sparì.
   Harry non era nemmeno sicuro di averlo visto. Inclinò la scheggia di specchio di qua e di là e non vide riflesso altro che le pareti e il soffitto della loro prigione, e intanto di sopra Hermione urlava forte come non mai e vicino a lui Ron strepitava: «HERMIONE! HERMIONE!»
   «Come avete fatto a entrare nella mia camera blindata?» udirono Bellatrix strillare. «Quel sudicio piccolo folletto che c'È giù in cantina vi ha aiutato?»
   «L'abbiamo incontrato solo stasera» singhiozzò Hermione. «Non siamo mai stati nella sua camera... quella non è la vera spada! è una copia, solo una copia!»
   «Una copia?» strillò Bellatrix. «Ah, questa è buona!»
   «Ma possiamo scoprirlo facilmente!» suggerì Lucius. «Draco, va' a prendere il folletto, lui saprà dirci se la spada è vera o no!»
   Harry scattò verso Unci-unci rannicchiato a terra.
   «Unci-unci» sussurrò all'orecchio a punta del folletto, «devi dirle che quella spada è falsa, non deve scoprire che è quella vera, Unci-unci, per favore...»
   Sentì qualcuno scendere la scala del sotterraneo e un attimo dopo la voce
    tremante di Draco parlò dall'altro lato della porta.
   «State indietro. Mettetevi in fila contro il muro in fondo. E state fermi, o vi uccido!»
   Obbedirono; quando la serratura scattò, Ron spense il Deluminatore e le luci tornarono nella sua tasca, riportando la stanza nell'oscurità. La porta si spalancò; Malfoy entrò, la bacchetta tesa davanti a sé, pallido e deciso. Afferrò il piccolo folletto per un braccio e indietreggiò, trascinandolo con sé. La porta si richiuse e nello stesso istante un sonoro crac echeggiò dentro la cella.
   Ron fece scattare il Deluminatore. Tre sfere di luce volarono di nuovo a mezz'aria, rivelando Dobby l'elfo domestico, che si era appena Materializzato tra loro.
   «DOB...!» stava per urlare Ron.
   Ma Harry lo colpì sul braccio e Ron si zittì, agghiacciato dal proprio errore. Dei passi attraversarono il soffitto sopra di loro: era Draco che scortava Unci-unci da Bellatrix.
   Gli occhi grandi come palle da tennis di Dobby erano sgranati; tremava dalla punta dei piedi a quella delle orecchie. Era di nuovo nella casa dei suoi vecchi padroni ed era pietrificato dalla paura.
   «Harry Potter» squittì con la vocina tremula, «Dobby è venuto a salvarti».
   «Ma come hai...?»
   Un grido terribile soffocò le parole di Harry: la tortura di Hermione era ripresa. Andò al sodo.
   «Puoi Smaterializzarti fuori dalla cantina?» chiese a Dobby, che annuì, facendo sbatacchiare le orecchie.
   «E puoi portare con te degli esseri umani?»
   Dobby annuì di nuovo.
   «Bene, Dobby, voglio che tu prenda Luna, Dean e il signor Olivander, e li porti... li porti da...»
   «Da Bill e Fleur» concluse Ron. «A Villa Conchiglia, vicino a Tinworth!»
   L'elfo annuì per la terza volta.
   «E poi torna» continuò Harry. «Puoi farlo, Dobby?»
   «Certo, Harry Potter» sussurrò il piccolo elfo. Corse dal signor Olivander, quasi privo di sensi. Gli prese una mano con la sua, poi tese l'altra a Luna e Dean. Nessuno dei due si mosse.
   «Harry, noi vogliamo aiutarti!» bisbigliò Luna.
    «Non possiamo lasciarti qui» aggiunse Dean.
   «Andate, tutti e due! Ci vediamo da Bill e Fleur».
   Mentre parlava, la cicatrice gli bruciò più forte che mai, e per qualche istante volse gli occhi in basso, non sul fabbricante di bacchette, ma su un uomo altrettanto vecchio, altrettanto magro, che però rideva sprezzante.
   «Allora uccidimi, Voldemort, io accetto volentieri la morte! Ma la mia morte non ti darà quello che cerchi... ci sono tante cose che non capisci...» Provò la rabbia di Voldemort, ma quando Hermione urlò nuovamente la chiuse fuori e tornò nella cantina, all'orrore del suo presente.
   «Andate!» implorò Luna e Dean. «Andate! Noi arriveremo dopo, ma voi andate!»
   Afferrarono le dita tese dell'elfo. Con un altro sonoro crac Dobby, Luna,
   Dean e Olivander sparirono.
   «Cos'È stato?» urlò Lucius Malfoy sopra di loro. «Avete sentito? Cos'È stato quel rumore di sotto?»
   Harry e Ron si fissarono.
   «Draco... no, chiama Codaliscia! Digli di andare a controllare!»
   Nuovi passi attraversarono la stanza di sopra, poi il silenzio. Harry capì che erano in ascolto.
   «Dobbiamo cercare di bloccarlo» sussurrò a Ron. Non avevano scelta; non appena qualcuno fosse entrato e si fosse reso conto dell'assenza di tre prigionieri, erano perduti. «Lascia le luci accese» aggiunse, e sentendo qualcuno scendere si appiattirono contro le pareti ai lati della porta.
   «State indietro» disse la voce di Codaliscia. «State lontani dalla porta. Adesso entro».
   La porta si spalancò. Per una frazione di secondo Codaliscia guardò la cella apparentemente vuota, illuminata dai tre soli in miniatura che galleggiavano nell'aria. Poi Harry e Ron si lanciarono su di lui. Ron gli afferrò la mano che teneva la bacchetta e lo costrinse ad alzarla; Harry gli coprì la bocca con una mano, soffocando la sua voce. Lottarono in silenzio: la bacchetta di Codaliscia emise qualche scintilla; la sua mano d'argento si chiuse attorno alla gola di Harry.
   «Cosa succede, Codaliscia?» chiese Lucius Malfoy dall'alto.
   «Niente!» gridò in risposta Ron, in una passabile imitazione di Minus. «Tutto a posto!»
   Harry non riusciva quasi a respirare.
   «Mi vuoi uccidere, Codaliscia?» rantolò, cercando di aprire le dita di metallo. «Dopo che ti ho salvato la vita? Sei in debito con me!»
    Le dita d'argento mollarono la presa. Harry non se l'era aspettato: si liberò, esterrefatto, tenendo la mano sulla bocca di Codaliscia. Vide i suoi occhietti acquosi da topo dilatarsi per la paura e lo stupore: sembrava sorpreso quanto lui per quello che la sua mano aveva fatto, per il minuscolo moto di umanità che aveva avuto, e continuò a lottare con più energia, come per annullare quell'attimo di debolezza.
   «Questa la teniamo noi, grazie» bisbigliò Ron, sfilandogli la bacchetta dall'altra mano.
   Disarmato, impotente, Minus aveva le pupille dilatate dal terrore. Il suo sguardo era scivolato dal volto di Harry a qualcos'altro. Le dita d'argento avanzavano inesorabili verso la sua stessa gola.
   «No...»
   Senza riflettere, Harry cercò di allontanare la mano, ma non ci fu modo di fermarla. Lo strumento d'argento che Voldemort aveva donato al suo servo più codardo si era rivoltato contro il proprietario inerme e inutile; Minus veniva punito per la sua esitazione, il suo attimo di pietà: strangolato davanti a loro.
   «No!»
   Anche Ron aveva lasciato andare Codaliscia e insieme a Harry tentava di staccare le dita di metallo serrate attorno alla gola; ma fu inutile. Minus stava diventando blu.
   «Relascio!» tentò Ron, puntando la bacchetta sulla mano d'argento, ma non successe nulla; Minus cadde in ginocchio e nello stesso istante Hermione di sopra cacciò un urlo spaventoso. Gli occhi di Codaliscia si rovesciarono nel volto paonazzo; l'uomo ebbe un ultimo sussulto, poi rimase immobile.
   Harry e Ron si guardarono, poi, abbandonato il corpo di Codaliscia sul pavimento, si precipitarono su per le scale. Percorsero cauti il corridoio buio che conduceva al salotto, strisciando, fino alla porta socchiusa. Da lì videro Bellatrix china su Unci-unci, che reggeva tra le lunghe dita la spada di Grifondoro. Hermione era sdraiata ai piedi di Bellatrix, immobile.
   «Allora?» chiese Bellatrix a Unci-unci. «È quella vera?»
   Harry attese, trattenendo il fiato, lottando contro il dolore alla cicatrice. «No» rispose Unci-unci. «È una copia».
   «Sei sicuro?» ansimò Bellatrix. «Sicurissimo?»
   «Sì» rispose il folletto.
   Il sollievo si disegnò sul volto della strega, la tensione svanì.
   «Bene» disse, e con un noncurante colpetto di bacchetta inferse un altro
    taglio profondo sul volto del folletto, che cadde urlando ai suoi piedi. Lei lo calciò via. «E ora» annunciò trionfante, «chiamiamo il Signore Oscuro!»
   Si tirò su la manica e posò l'indice sul Marchio Nero.
   Immediatamente, la cicatrice di Harry parve aprirsi di nuovo. Tutto ciò che lo circondava sparì: era Voldemort, e il mago scheletrico davanti a lui rideva con la bocca sdentata, rideva di lui; fu irritato dal richiamo... li aveva avvertiti, aveva detto di convocarlo solo per Potter. Se si erano sbagliati...
   «Uccidimi, allora!» rise il vecchio. «Tu non vincerai, non puoi vincere! Quella bacchetta non sarà mai, mai tua...»
   E la furia di Voldemort esplose: un lampo di luce verde riempì la cella e il fragile vecchio corpo fu sollevato dal duro giaciglio e poi ricadde, privo di vita. Voldemort tornò alla finestra, in preda a un'ira ormai incontrollabile... la sua punizione era pronta ad abbattersi su di loro, se l'avevano richiamato senza una buona ragione...
   «E ora» continuò la voce di Bellatrix «credo che possiamo sbarazzarci della Mezzosangue. Greyback, prendila, se la vuoi».
   «Noooooooooooo!»
   Ron si precipitò nel salotto; Bellatrix si girò, spaventata, e puntò la bacchetta su di lui...
   «Expelliarmus!» ruggì Ron, puntando la bacchetta di Codaliscia contro Bellatrix, la cui bacchetta schizzò nell'aria e fu presa al volo da Harry, che l'aveva seguito. Lucius, Narcissa, Draco e Greyback si voltarono; Harry urlò «Stupeficium!» e Lucius Malfoy crollò davanti al camino. Fiotti di luce volarono dalle bacchette di Draco, Narcissa e Greyback; Harry si gettò a terra e rotolò dietro un divano per evitarli.
   «FERMI O LEI MUORE!»
   Ansimando, Harry spiò oltre il bordo del divano. Bellatrix sorreggeva Hermione, svenuta, e le puntava il corto pugnale d'argento alla gola.
   «Giù le bacchette» sussurrò. «A terra, o scopriremo quanto è sporco il suo sangue!»
   Ron rimase immobile, stringendo la bacchetta di Codaliscia. Harry si rialzò, brandendo ancora quella di Bellatrix.
   «Ho detto giù!» strillò lei, premendo la lama nel collo di Hermione: Harry vide spuntare alcune gocce di sangue.
   «Va bene!» urlò, e lasciò cadere la bacchetta di Bellatrix ai propri piedi. Ron fece lo stesso con quella di Codaliscia. Entrambi alzarono le mani.
    «Bene!» ghignò lei. «Draco, raccoglile! Il Signore Oscuro sta arrivando, Harry Potter! La tua morte si avvicina!»
   Harry lo sapeva; la cicatrice stava scoppiando di dolore, percepiva Voldemort volare nel cielo, lontano, sopra un mare cupo e tempestoso. Presto sarebbe stato abbastanza vicino da potersi Materializzare e Harry non vedeva via d'uscita.
   «Ora, Cissy» disse Bellatrix dolcemente, quando Draco tornò di corsa con le bacchette, «credo che dovremmo legare di nuovo questi piccoli eroi, mentre Greyback si occupa della signorina Mezzosangue. Sono sicura che il Signore Oscuro non ti negherà la ragazza, Greyback, dopo quello che hai fatto stanotte».
   Con l'ultima parola, si sentì un curioso stridio venire dall'alto. Tutti guardarono in su appena in tempo per vedere il lampadario di cristallo che vibrava; poi, con un cigolio e un minaccioso tintinnio, cominciò a cadere. Bellatrix era proprio sotto; lasciò Hermione e si gettò di lato con un urlo. Il lampadario si fracassò sul pavimento in un'esplosione di cristallo e catene, sopra Hermione e il folletto che ancora stringeva la spada di Grifondoro. Schegge scintillanti di cristallo volarono ovunque; Draco si piegò in due, coprendosi con le mani il volto insanguinato.
   Mentre Ron correva a estrarre Hermione dai detriti, Harry colse l'occasione: saltò sopra una poltrona e strappò le tre bacchette dalla presa di Draco, le puntò tutte contro Greyback e urlò: «Stupeficium!» Il lupo mannaro fu sollevato dal triplo incantesimo, volò fino al soffitto e poi rovinò a terra.
   Narcissa trascinò Draco lontano dal pericolo; Bellatrix balzò in piedi, i capelli svolazzanti, e brandì il pugnale d'argento; ma Narcissa aveva diretto la bacchetta verso la porta.
   «Dobby!» urlò, e anche Bellatrix si immobilizzò. «Tu! Tu hai fatto cadere il lampadario...?»
   Il minuscolo elfo trotterellò nella stanza, il dito tremante contro la sua ex padrona.
   «Non deve fare male a Harry Potter» squittì.
   «Uccidilo, Cissy!» strillò Bellatrix, ma si udì un altro sonoro crac, e anche la bacchetta di Narcissa volò via per atterrare all'altro capo della stanza.
   «Piccolo sudicio scimmiotto!» abbaiò Bellatrix. «Come osi togliere la bacchetta a una strega, come osi sfidare le tue padrone?»
   «Dobby non ha padroni!» strillò l'elfo. «Dobby è un elfo libero, Dobby È
    venuto a salvare Harry Potter e i suoi amici!»
   Il dolore alla cicatrice era accecante. Harry sapeva, indistintamente, che mancava pochissimo, pochi secondi, all'arrivo di Voldemort.
   «Ron, prendi... e VAI!» urlò, lanciandogli una bacchetta; poi si chinò a estrarre Unci-unci da sotto il lampadario. Issatosi su una spalla il folletto gemente, ancora aggrappato alla spada, Harry afferrò la mano di Dobby e girò sul posto per Smaterializzarsi.
   Mentre vorticava nel buio, ebbe un'ultima visione del salotto: le pallide figure raggelate di Narcissa e Draco, la striscia rossa dei capelli di Ron, una macchia d'argento in volo, il pugnale di Bellatrix che sfrecciava per la stanza verso il punto in cui lui si stava Smaterializzando...
   Bill e Fleur... a Villa Conchiglia... Bill e Fleur...
   Era sparito nell'ignoto; non poteva che ripetere il nome della destinazione e sperare che bastasse per arrivarci. Il dolore alla fronte lo trafiggeva e il peso del folletto lo opprimeva; sentiva la lama della spada di Grifondoro urtargli la schiena; la mano di Dobby si contrasse nella sua; si chiese se l'elfo stava cercando di assumere la guida, di trascinarli nella giusta direzione, e tentò, stringendogli le dita, di fargli capire che per lui andava bene...
   E poi colpirono il suolo e inalarono aria salata. Harry cadde in ginocchio, lasciò la mano di Dobby e depose dolcemente a terra Unci-unci.
   «Stai bene?» chiese al folletto che si muoveva appena, ma Unci-unci si limitò a piagnucolare.
   Harry si guardò attorno nel buio. C'era una villetta non lontana, sotto l'immenso cielo stellato, e gli parve di vedere qualcuno muoversi all'esterno.
   «Dobby, quella è Villa Conchiglia?» sussurrò, stringendo le due bacchette che aveva tolto ai Malfoy, pronto a combattere. «Siamo arrivati nel posto giusto? Dobby?»
   Il piccolo elfo era a un metro da lui.
   «DOBBY!»
   L'elfo barcollò, le stelle riflesse negli occhioni lucenti. Insieme, lui e
   Harry abbassarono lo sguardo all'impugnatura d'argento del pugnale che spuntava dal petto pulsante della piccola creatura.
   «Dobby... no... AIUTO!» urlò Harry verso la villa, verso la gente che si muoveva laggiù. «AIUTO!»
   Non sapeva e non gli importava se fossero maghi o Babbani, amici o nemici; gli importava solo della macchia scura che si allargava sul petto di
    Dobby. L'elfo tese le braccine verso di lui con aria di supplica. Harry lo prese e lo distese su un fianco sopra l'erba fresca.
   «Dobby, no, non morire, non morire...»
   Lo sguardo dell'elfo si posò su di lui, e le sue labbra tremarono per lo sforzo di formare delle parole.
   «Harry... Potter...»
   E poi con un piccolo fremito l'elfo restò immobile, e i suoi occhi furono solo grandi globi vitrei, sui quali brillava la luce di stelle che non potevano più vedere.
Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo