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Harry Potter e i Doni della Morte (6958 citazioni)
   1) L’ascesa del Signore Oscuro (113 citazioni)
   2) In memoriam (70 citazioni)
   3) La partenza dei Dursley (126 citazioni)
   4) I sette Potter (179 citazioni)
   5) Il Guerriero caduto (255 citazioni)
   6) Il demone in pigiama (231 citazioni)
   7) Il testamento i Albus Silente (272 citazioni)
   8) Il matrimonio (213 citazioni)
   9) Un nascondiglio (151 citazioni)
   10) Il racconto di Kreacher (197 citazioni)
   11) La mazzetta (211 citazioni)
   12) La Magia è Potere (220 citazioni)
   13) La Commissione per il Censimento dei nati babbani (184 citazioni)
   14) Il ladro (141 citazioni)
   15) La vendetta del folletto (285 citazioni)
   16) Godric’s Hollow (138 citazioni)
   17) Il Segreto di Bathilda (212 citazioni)
   18) Vita e Menzogne di Albus Silente (82 citazioni)
   19) La cerva d’argento (227 citazioni)
   20) Xenophilius Lovegood (152 citazioni)
   21) La storia dei tre fratelli (182 citazioni)
   22) I Doni della Morte (186 citazioni)
   23) Villa Malfoy (351 citazioni)
   24) Il fabbricante di bacchette (257 citazioni)
   25) Villa Conchiglia (160 citazioni)
   26) La Gringott (188 citazioni)
   27) Il nascondiglio finale (73 citazioni)
   28) Lo specchio mancante (146 citazioni)
   29) Il diadema perduto (169 citazioni)
   30) Il congedo di Severus Piton (197 citazioni)
   31) La battaglia di Hogwarts (288 citazioni)
   32) La bacchetta di Sambuco (182 citazioni)
   33) La storia del Principe (345 citazioni)
   34) Ancora la foresta (119 citazioni)
   35) King’s Cross (170 citazioni)
   36) La falla nel piano (286 citazioni)
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King’s Cross


   Era disteso a faccia in giù, ascoltando il silenzio. Era perfettamente solo. Nessuno lo guardava. Non c'era nessun altro. Non era del tutto sicuro di esserci nemmeno lui.
   Dopo molto tempo, o forse nessun tempo, capì che doveva esistere, doveva essere più che pensiero disincarnato, perché era disteso, certamente disteso su una superficie. Quindi possedeva il senso del tatto, e anche la cosa sulla quale giaceva esisteva.
   Non appena fu giunto a questa conclusione, Harry si rese conto di essere nudo. Convinto com'era della propria totale solitudine, la cosa non lo preoccupò, ma lo incuriosì. Si chiese se, così come era in grado di sentire, sarebbe riuscito a vedere. Aprendoli, scoprì di avere gli occhi.
   Era circondato da una nebbiolina luminosa, diversa da ogni nebbia mai vista prima. Intorno a lui non c'erano cose nascoste dal vapore; era più come se il vapore non avesse ancora preso una forma definita. Il pavimento sul quale giaceva era bianco, né caldo né freddo, semplicemente un piatto, vuoto qualcosa sul quale stare.
   Si mise a sedere. Il suo corpo sembrava intatto. Si toccò il viso. Non aveva più gli occhiali.
   Poi un rumore lo raggiunse dal nulla che lo circondava: i piccoli, morbidi colpi di qualcosa che sbatteva, si agitava e lottava. Era un rumore pietoso, ma anche un po' indecente. Ebbe la spiacevole sensazione di origliare qualcosa di nascosto, di vergognoso.
   Per la prima volta, desiderò di essere vestito.
   Il pensiero gli si era appena formato nella mente che degli abiti apparvero poco lontano. Li indossò: erano morbidi, caldi e puliti. Era straordinario, com'erano apparsi, così, nel momento in cui li aveva desiderati...
   Si alzò e si guardò intorno. Si trovava in un'enorme Stanza delle Necessità? Più guardava, più c'era da vedere. Una grande cupola di vetro scintillava alta su di lui alla luce del sole. Forse era un palazzo. Tutto era ovattato e immobile, tranne che per quegli strani colpi, quei piagnucolii lì vicino, nella foschia...
   Harry si girò lentamente sul posto e ciò che lo circondava parve inventarsi davanti ai suoi occhi. Un ampio spazio aperto, luminoso e pulito, una sala molto più grande della Sala Grande, con quel limpido soffitto di vetro a cupola. Era vuota. C'era solo lui, a parte...
   Indietreggiò. Aveva individuato la cosa che faceva quei rumori. Aveva le sembianze di un bambino piccolo, nudo, rannicchiato a terra, la pelle ruvida e rossa, come scorticato, e giaceva sotto una sedia dove l'avevano abbandonato: non voluto, nascosto, si sforzava di respirare.
   Gli faceva paura. Nonostante fosse piccolo e fragile e ferito, non desiderava avvicinarsi. Tuttavia si mosse lentamente verso di lui, pronto a balzare indietro all'istante. Ben presto fu abbastanza vicino da toccarlo, ma non riusciva a farlo. Si sentì un codardo. Avrebbe dovuto consolarlo, ma lo disgustava.
   «Non puoi fare niente per lui».
   Si voltò di scatto. Albus Silente gli veniva incontro, svelto e diritto, con una veste fluttuante blu notte.
   «Harry». Spalancò le braccia e le sue mani erano tutte due intere, bianche e sane. «Meraviglioso ragazzo. Uomo di enorme coraggio. Camminiamo».
   Sbigottito, Harry lo seguì, allontanandosi dal bambino scorticato che piagnucolava, verso due sedie che prima non aveva notato, non molto distanti sotto il soffitto alto e luminoso. Silente sedette su una e Harry si lasciò cadere sull'altra, guardando il suo vecchio Preside in faccia. I lunghi capelli e la barba d'argento, gli occhi azzurri e penetranti dietro gli occhiali a mezzaluna, il naso rotto: tutto come lo ricordava. Eppure...
   «Ma lei è morto» osservò Harry.
   «Oh, sì» rispose Silente in tono pratico.
   «Allora... sono morto anch'io?»
   «Ah» fece Silente, con un sorriso ancora più grande. «Questo è il problema, vero? Tutto sommato, caro ragazzo, credo di no». Si guardarono. Il vecchio continuava a sorridere. «No?»
   «No» ripeté Silente.
   «Ma...» Harry sollevò d'istinto la mano alla cicatrice a forma di saetta. Non c'era. «Ma avrei dovuto morire... non mi sono difeso! Volevo che mi uccidesse!»
   «E questo deve aver fatto, credo, tutta la differenza».
   La felicità sprizzava da Silente come luce, come fuoco; Harry non l'aveva mai visto così profondamente, così evidentemente contento.
   «Mi spieghi» gli domandò Harry.
   «Ma tu sai già» rispose Silente. Fece girare i pollici.
    «Ho lasciato che mi uccidesse» cominciò Harry. «Giusto?»
   «Giusto» convenne Silente, annuendo. «Vai avanti!»
   «Quindi la parte della sua anima che era in me...»
   Silente annuì con ancora più entusiasmo e un gran sorriso d'incoraggiamento.
   «... è morta?»
   «Oh, sì!» esclamò Silente. «Sì, l'ha distrutta. La tua anima è intera, e interamente tua, Harry».
   «Ma allora...»
   Harry si guardò alle spalle, dove la piccola creatura rattrappita tremava sotto la sedia.
   «Che cos'È quello, professore?»
   «Qualcosa che né tu né io possiamo aiutare».
   «Ma se Voldemort ha usato l'Anatema che Uccide» riprese Harry, «e questa volta nessuno è morto per me... come posso essere vivo?» «Secondo me lo sai. Pensaci. Ricorda che cos'ha fatto, nella sua ignoranza, nella sua avidità e nella sua ferocia».
   Harry rifletté. Lasciò vagare lo sguardo. Se quello era davvero un palazzo, era strano, con brevi file di sedie e tratti di inferriate qua e là, e solo lui, Silente e la creatura rachitica sotto la sedia presenti. Poi la risposta gli salì alle labbra da sola.
   «Ha preso il mio sangue».
   «Esatto!» esclamò Silente. «Ha preso il tuo sangue per far rinascere il suo corpo! Il tuo sangue nelle sue vene, Harry, la protezione di Lily dentro di te e dentro di lui! Ti ha legato alla vita finché lui vive!»
   «Io vivo... finché lui vive? Ma io pensavo... io pensavo che fosse il contrario! Pensavo che dovessimo morire tutti e due! O è la stessa cosa?»
   Fu distratto dal piagnucolio e dai colpi della creatura tormentata alle loro spalle e tornò a guardarla.
   «È sicuro che non possiamo fare niente?»
   «Niente».
   «Allora mi spieghi... il resto» disse Harry, e Silente sorrise.
   «Tu eri il settimo Horcrux, Harry, l'Horcrux che non ha mai avuto l'intenzione di creare. La sua anima era così instabile che si spezzò quando commise quegli atti di ineffabile malvagità, l'assassinio dei tuoi genitori, il tentato omicidio di un bambino. Ma quello che fuggì da quella stanza era ancora meno di quello che credeva. Si lasciò dietro più del suo corpo. Lasciò parte di se stesso legata a te, la vittima designata che era sopravvissu ta.
   «E la sua conoscenza è rimasta terribilmente lacunosa, Harry! Ciò che
   Voldemort non ritiene importante, non si dà la pena di comprenderlo. Di elfi domestici e storie per bambini, di amore, fedeltà e innocenza Voldemort non sa e non capisce niente. Niente. Che tutti hanno un potere che va oltre il suo, oltre la portata di qualunque magia, è una verità che non ha mai afferrato.
   «Ha preso il tuo sangue convinto che l'avrebbe rafforzato. Ha accolto nel suo corpo una minuscola parte dell'incantesimo che tua madre aveva imposto su di te quando morì per te. Il suo corpo tiene vivo il sacrificio di Lily, e finché quell'incantesimo sopravvive, sopravvivi anche tu, e sopravvive l'ultima speranza di Voldemort per se stesso».
   Silente sorrise a Harry, che lo fissò.
   «E lei lo sapeva? L'ha... sempre saputo?»
   «Lo supponevo. Ma le mie supposizioni di solito sono buone» rispose
   Silente allegro, e rimasero in silenzio per quella che parve un'eternità, mentre la creatura dietro di loro continuava a gemere e a tremare.
   «C'È dell'altro» riprese Harry. «C'È dell'altro. Perché la mia bacchetta ha spezzato quella che lui aveva preso in prestito?»
   «Di questo non posso essere sicuro».
   «Faccia una supposizione, allora» suggerì Harry, e Silente rise.
   «Devi capire, Harry, che tu e Lord Voldemort avete viaggiato insieme in regni della magia finora ignoti e mai sperimentati. Ma credo che sia successa una cosa senza precedenti e nessun fabbricante di bacchette avrebbe mai potuto prevederla o spiegarla a Voldemort.
   «Senza volerlo, come ora sai, Lord Voldemort raddoppiò il legame tra voi quando tornò ad assumere sembianze umane. Una parte della sua anima era ancora legata alla tua e, pensando di rafforzarsi, accolse in sé una parte del sacrificio di tua madre. Se solo fosse riuscito a comprendere il preciso, enorme potere di quel sacrificio, forse non avrebbe osato toccare il tuo sangue... ma se l'avesse compreso, non sarebbe Lord Voldemort e forse non avrebbe mai ucciso.
   «Dopo aver assicurato questa doppia connessione, legato i vostri destini più saldamente di quanto due maghi siano mai stati uniti nella storia, Voldemort ti attaccò con una bacchetta che aveva lo stesso nucleo della tua. E qui accadde qualcosa di molto strano, come sappiamo. I nuclei reagirono in un modo che Lord Voldemort, il quale non sapeva che la tua bacchetta era gemella della sua, non si aspettava.
    «Quella notte si spaventò più di te, Harry. Tu avevi accettato, addirittura abbracciato la possibilità della morte, cosa che Lord Voldemort non è mai stato in grado di fare. Il tuo coraggio vinse, la tua bacchetta sconfisse la sua. E in quel momento, accadde qualcosa tra quelle bacchette, qualcosa che rifletteva la relazione tra i loro padroni.
   «Penso che la tua bacchetta abbia assorbito alcuni poteri e qualità di quella di Voldemort, come dire che conteneva un po' di Voldemort stesso. Perciò quando lui ti stava inseguendo, la tua bacchetta riconobbe un uomo che era insieme fratello e nemico mortale, e rigurgitò parte della sua stessa magia contro di lui, una magia molto più potente di quanto la bacchetta di Lucius avesse mai compiuto. La tua bacchetta ormai conteneva il potere del tuo enorme coraggio e dell'abilità mortifera di Voldemort: che speranze aveva quel povero bastoncino di Lucius Malfoy?»
   «Ma se la mia bacchetta era così potente, come mai Hermione è riuscita a spezzarla?»
   «Mio caro ragazzo, i suoi notevoli effetti valevano solo contro Voldemort, che aveva manipolato così sconsideratamente le più profonde leggi della magia. Solo verso di lui quella bacchetta possedeva un potere anomalo. Per il resto era come tutte le altre... anche se buona, ne sono certo» concluse Silente con cortesia.
   Harry rimase immerso nei suoi pensieri a lungo, o forse per pochi secondi. Era molto difficile avere certezze su cose come il tempo, lì.
   «Mi ha ucciso con la bacchetta che era appartenuta a lei».
   «Non ti ha ucciso con la mia bacchetta» lo corresse Silente. «Credo che possiamo convenire che tu non sei morto... anche se naturalmente» aggiunse, come temendo di essere stato poco gentile, «non sottovaluto le tue sofferenze, che di sicuro sono state terribili».
   «Adesso però mi sento benissimo». Harry osservò le proprie mani pulite e perfette. «Dove siamo di preciso?»
   «Be', stavo per chiedertelo io» replicò Silente, guardandosi intorno. «Secondo te dove siamo?»
   Fino a quando Silente non lo chiese, Harry non lo sapeva. Ora, tuttavia, scoprì di avere una risposta pronta.
   «Assomiglia alla stazione di King's Cross. Solo che è molto più pulita e vuota, e non mi pare di vedere treni».
   «La stazione di King's Cross!» Silente ridacchiò senza ritegno. «Santo cielo, sul serio?»
   «Be', secondo lei dove siamo?» chiese Harry, un po' sulla difensiva.
    «Mio caro ragazzo, non ne ho idea. Questa, come si suol dire, è la tua festa».
   Harry non capiva cosa volesse dire; Silente era esasperante. Lo scrutò torvo, poi ricordò una questione molto più urgente della loro attuale posizione.
   «I Doni della Morte» disse, e fu contento di vedere che quelle parole avevano cancellato il sorriso dal volto di Silente.
   «Ah, sì» mormorò. Era perfino un po' preoccupato.
   «Allora?»
   Per la prima volta da quando Harry lo conosceva, Silente sembrava meno che vecchio, molto meno. Parve per un istante un bambino piccolo sorpreso con le mani nella marmellata.
   «Potrai perdonarmi?» domandò. «Potrai perdonarmi per non essermi fidato di te? Per non avertelo detto? Harry, temevo che avresti fallito come me. Temevo che avresti commesso i miei stessi errori. Ti chiedo perdono con tutto il cuore, Harry. Adesso ho capito, da qualche tempo, che tu sei migliore di me».
   «Cosa sta dicendo?» chiese Harry, stupito dal tono di Silente, dalle lacrime improvvise nei suoi occhi.
   «I Doni, i Doni» mormorò Silente. «Il sogno di un uomo disperato!» «Ma sono veri!»
   «Veri, e pericolosi, e un'esca per gli stolti. E io sono stato stolto. Ma tu lo sai, vero? Non ho più segreti per te. Tu lo sai».
   «Cos'È che so?»
   Silente si voltò con tutto il corpo verso Harry e le lacrime brillarono ancora nei luminosi occhi azzurri.
   «Padrone della Morte, Harry, padrone della Morte! Sono stato migliore di Voldemort, dopotutto?»
   «Ma certo» rispose Harry. «Ma certo... come può fare una domanda del genere? Lei non ha mai ucciso se poteva evitarlo!»
   «Vero, vero» convenne Silente, come un bambino bisognoso di rassicurazioni. «Ma anch'io ho cercato un modo per vincere la morte, Harry». «Non come lui». Dopo tutta la rabbia che aveva provato a causa di Silente, gli pareva strano essere lì, sotto l'alto soffitto a volta, a difenderlo da se stesso. «Doni, non Horcrux».
   «Doni» ripeté Silente, «non Horcrux. è vero».
   Una pausa. La creatura dietro di loro piagnucolò, ma Harry non si voltò più.
    «Anche Grindelwald li cercava?» chiese.
   Silente chiuse gli occhi per un attimo e annuì.
   «Fu la cosa che ci unì» sussurrò. «Due ragazzi intelligenti e arroganti con un'ossessione in comune. Lui voleva venire a Godric's Hollow, l'avrai capito, per la tomba di Ignotus Peverell. Voleva esplorare il luogo in cui era morto il terzo fratello».
   «Quindi è vero?» chiese Harry. «Tutto? I fratelli Peverell...»
   «... erano i tre fratelli della storia» confermò Silente, annuendo. «Oh, sì, credo di sì. Che poi abbiano incontrato la Morte lungo una strada solitaria... Mi sembra più probabile che i fratelli Peverell fossero semplicemente maghi dotati e pericolosi che crearono quei potenti oggetti. La storia che fossero i Doni della Morte stessa mi pare il genere di leggenda che può sorgere attorno a simili invenzioni.
   «Il Mantello, come ora sai, ha viaggiato nel tempo, di padre in figlio, di madre in figlia, fino all'ultimo discendente di Ignotus, che, come Ignotus, è nato nel villaggio di Godric's Hollow».
   Silente sorrise a Harry.
   «Io?»
   «Tu. Hai capito, immagino, perché avevo il Mantello la notte che i tuoi genitori sono morti. James me l'aveva mostrato solo qualche giorno prima. Spiegava molte delle sue malefatte mai scoperte a scuola! Quasi non ci credevo. Gli chiesi di prestarmelo. Avevo ormai rinunciato da tempo al sogno di riunire i Doni, ma non resistetti, non potei fare a meno di esaminarlo... era un mantello del quale non ho mai visto l'uguale, antichissimo, perfetto in ogni senso... poi tuo padre morì e finalmente io avevo due Doni tutti per me!»
   Il suo tono era di un'amarezza insopportabile.
   «Il Mantello non li avrebbe comunque salvati» osservò immediatamente Harry. «Voldemort sapeva dov'erano. Il Mantello non li avrebbe protetti dalle maledizioni».
   «Vero» sospirò Silente. «Vero».
   Harry attese, ma Silente non parlò, allora lo incoraggiò.
   «Quindi quando vide il Mantello aveva già rinunciato a cercare i Doni?» «Oh, sì» rispose Silente con voce flebile. Si costrinse a sostenere lo sguardo di Harry. «Sai che cosa accadde. Lo sai. Non puoi disprezzarmi più di quanto io disprezzi me stesso».
   «Ma io non la disprezzo...»
   «E invece dovresti». Silente trasse un profondo respiro. «Conosci il se greto di mia sorella, che cosa le fecero quei Babbani, che cosa diventò. Sai che il mio povero padre cercò vendetta e ne pagò il prezzo, morendo ad Azkaban. Sai come mia madre rinunciò alla propria vita per prendersi cura di Ariana.
   «Mi seccava, Harry».
   Lo disse apertamente, con freddezza. Ora guardava sopra la testa di Harry, in lontananza.
   «Ero dotato, ero intelligente. Volevo fuggire. Volevo risplendere. Volevo la gloria.
   «Non fraintendermi» aggiunse, e il dolore gli attraversò il viso, rendendolo di nuovo vecchio. «Li amavo. Amavo i miei genitori, amavo mio fratello e mia sorella, ma ero egoista, Harry, più egoista di quanto tu, che sei una persona tanto disinteressata, possa mai immaginare.
   «Così, quando mia madre morì e rimase a me la responsabilità di una sorella menomata e di un fratello ribelle, tornai al mio paese carico di rabbia e di amarezza. In trappola e sprecato, pensai! E poi, arrivò lui...»
   Silente tornò a guardare Harry dritto negli occhi.
   «Grindelwald. Non puoi immaginare come le sue idee mi convinsero, Harry, quanto mi infiammarono. Babbani costretti all'obbedienza. Noi maghi trionfatori. Io e Grindelwald, i gloriosi, giovani capi della rivoluzione.
   «Oh, avevo qualche scrupolo. Misi a tacere la coscienza con parole vuote. Era tutto per il bene superiore, e qualunque danno sarebbe stato ripagato cento volte in vantaggi per i maghi. Sapevo, nel profondo del cuore, chi era Gellert Grindelwald? Credo di sì, ma chiusi gli occhi. Se i nostri piani fossero andati in porto, tutti i miei sogni sarebbero diventati realtà.
   «E al centro dei nostri progetti c'erano i Doni della Morte! Quanto lo affascinavano, quanto ci affascinavano! La Bacchetta invincibile, l'arma che ci avrebbe condotti al potere! La Pietra della Resurrezione... per lui, anche se fingevo di non saperlo, voleva dire un esercito di Inferi! Per me, lo confesso, significava il ritorno dei miei genitori, la fine di ogni responsabilità.
   «E il Mantello... non parlammo mai molto del Mantello. Entrambi sapevamo nasconderci benissimo anche senza il Mantello, la vera magia del quale, ovviamente, è che può essere usato per proteggere e riparare altri, oltre che il proprietario. Pensavo che se l'avessimo trovato, sarebbe stato utile per nascondere Ariana, ma il Mantello ci interessava soprattutto perché completava la triade, perché la leggenda dice che l'uomo che unisce i tre oggetti sarà il vero padrone della Morte, che per noi era sinonimo di invincibile.
    «Grindelwald e Silente invincibili padroni della Morte! Due mesi di follia, di sogni crudeli, trascurando i soli due membri della famiglia che mi erano rimasti.
   «E poi... sai com'È andata. La realtà tornò nella forma del mio rude, ignorante e infinitamente più ammirevole fratello. Io non volli ascoltare le verità che mi urlava. Non volli sentirmi dire che non potevo andare alla ricerca dei Doni con una sorella fragile e instabile di cui occuparmi.
   «Il litigio divenne una lotta. Grindelwald perse il controllo. La sua vera natura, che avevo sempre intuito, anche se avevo fatto finta di no, si rivelò all'improvviso, terribile. E Ariana... dopo tutte le cure e le attenzioni di mia madre... era a terra, morta».
   Silente trattenne il respiro e scoppiò in lacrime. Harry si protese verso di lui e fu felice di scoprire che poteva toccarlo; gli strinse forte il braccio e Silente piano piano riprese il controllo.
   «Be', Grindelwald fuggì, come chiunque tranne me avrebbe potuto prevedere. Sparì, con i suoi piani per impadronirsi del potere, i suoi progetti di torture sui Babbani, i suoi sogni dei Doni della Morte, sogni che avevo incoraggiato e sostenuto. Fuggì e io rimasi a seppellire mia sorella e a imparare a convivere con la mia colpa e il mio terribile dolore, il prezzo del mio errore.
   «Passarono gli anni. Corsero voci su di lui. Dissero che si era procurato una bacchetta di immensa forza. A me nel frattempo fu offerto il posto di Ministro della Magia, e non una sola volta. Naturalmente rifiutai. Avevo imparato che non ero adatto al potere».
   «Ma lei sarebbe stato molto, molto meglio di Caramell o Scrimgeour!» sbottò Harry.
   «Pensi?» chiese Silente in tono grave. «Non ne sono così sicuro. Da giovane avevo dimostrato che il potere era la mia debolezza e la mia tentazione. è curioso, Harry, ma forse i governanti migliori sono quelli che non l'hanno mai desiderato. Quelli che, come te, si vedono affidare la guida e raccolgono lo scettro perché devono, e scoprono con loro sorpresa di impugnarlo bene.
   «Io stavo meglio a Hogwarts. Credo di essere stato un buon insegnante...»
   «Il migliore...»
   «Sei molto gentile, Harry. Ma mentre io mi occupavo di istruire giovani maghi, Grindelwald radunava un esercito. Dicono che mi temesse e forse è così, ma meno, credo, di quanto io temevo lui.
    «Oh, non la morte» aggiunse in risposta allo sguardo interrogativo di Harry. «Non quello che poteva farmi con la magia. Sapevo che eravamo pari, forse io ero persino un po' più abile. Era la verità che temevo. Capisci, non avevo mai saputo chi di noi, in quell'ultimo, tremendo duello, avesse scagliato la maledizione che uccise mia sorella. Potresti chiamarmi codardo: avresti ragione. Harry, io temevo più di ogni altra cosa la consapevolezza di essere stato io a provocare la sua morte, non solo con la mia arroganza e stupidità, ma di aver fisicamente sferrato il colpo che spense la sua vita.
   «Credo che lui lo sapesse, credo che lui sapesse che cosa mi spaventava. Rimandai l'incontro fino al momento in cui sarebbe stato troppo disonorevole resistere ancora. La gente moriva e lui sembrava inarrestabile, e io dovetti fare quello che potevo.
   «Be', sai che cosa accadde. Io vinsi il duello. Io conquistai la Bacchetta».
   Un'altra pausa. Harry non gli chiese se avesse mai scoperto chi aveva ucciso Ariana. Non voleva saperlo e ancora meno voleva costringere Silente a dirglielo. Finalmente capì che cosa vedeva Silente quando guardava nello Specchio delle Brame e perché aveva mostrato tanta comprensione per il fascino che esercitava su di lui.
   Rimasero a lungo in silenzio. I gemiti della creatura alle loro spalle erano quasi impercettibili.
   Alla fine Harry riprese: «Grindelwald ha cercato di impedire che Voldemort trovasse la Bacchetta. Ha mentito, lo sa? Ha fatto finta di non averla mai posseduta».
   Silente annuì, guardandosi in grembo. Nuove lacrime luccicavano lungo il naso rotto.
   «Dicono che nei suoi ultimi anni sia stato preso dal rimorso, nella sua cella a Nurmengard. Spero che sia vero. Mi piacerebbe pensare che abbia compreso l'orrore e l'indegnità di ciò che ha fatto. Forse quella bugia detta a Voldemort è stata il suo tentativo di fare ammenda... di evitare che Voldemort si impossessasse del Dono...»
   «... o forse che violasse la sua tomba?» suggerì Harry, e Silente si asciugò gli occhi.
   Dopo un'altra breve pausa, Harry continuò: «Lei ha provato a usare la Pietra della Resurrezione».
   Silente annuì.
   «Quando la trovai, dopo tutti quegli anni, sepolta nella dimora abbandonata dei Gaunt, il Dono che più avevo bramato anche se in gioventù l'a vevo desiderato per tutt'altre ragioni persi la testa, Harry. Quasi dimenticai che era diventata un Horcrux, che l'anello certamente conteneva una maledizione. Lo presi e me lo infilai e per un attimo immaginai che avrei visto Ariana, mia madre, mio padre, e che avrei detto loro quanto mi dispiaceva...
   «Fui uno sciocco, Harry. Dopo tutti quegli anni, non avevo imparato nulla. Ero indegno di riunire i Doni della Morte, l'avevo dimostrato più e più volte, e questa era la conferma».
   «Perché?» chiese Harry. «Era naturale! Voleva rivederli. Che cosa c'È di sbagliato?»
   «Forse un uomo su un milione potrebbe riunire i Doni, Harry. Io sono stato capace solo di possedere il più crudele, il meno straordinario. Sono stato in grado di possedere la Bacchetta e di non vantarmene e non usarla per uccidere. Mi è stato concesso di dominarla e usarla, perché l'avevo presa non per mio tornaconto, ma per salvare altri da lei.
   «Ma il Mantello l'ho preso solo per futile curiosità, e quindi non avrebbe mai potuto funzionare per me come per te che ne sei il legittimo proprietario. Avrei usato la Pietra per richiamare indietro coloro che sono in pace, invece che per consentire il sacrificio di me stesso, come hai fatto tu. Tu sei il degno possessore dei Doni».
   Silente batté sulla mano di Harry, che alzò lo sguardo sul vecchio e sorrise; non riuscì a trattenersi. Come faceva a essere ancora arrabbiato con lui?
   «Perché ha dovuto rendere tutto così complicato?»
   Il sorriso di Silente era incerto.
   «Temo di aver sperato che la signorina Granger ti frenasse, Harry. Avevo paura che la tua testa calda potesse avere la meglio sul tuo buon cuore, che se tu avessi saputo tutto fin da subito su quegli oggetti tentatori avresti potuto gettarti sui Doni come feci io, al momento sbagliato, per le ragioni sbagliate. Se dovevi metterci le mani sopra, volevo che li possedessi senza rischi. Tu sei il vero padrone della Morte, perché il vero padrone non cerca di sfuggirle. Accetta di dover morire e comprende che vi sono cose assai peggiori nel mondo dei vivi che morire».
   «E Voldemort non ha mai saputo dei Doni?»
   «Non credo, perché non riconobbe la Pietra della Resurrezione che trasformò in un Horcrux. Ma anche se ne fosse stato a conoscenza, Harry, credo che gli sarebbe interessato solo il primo. Non avrebbe pensato di avere bisogno del Mantello e quanto alla Pietra, chi poteva desiderare di ri chiamare dai morti? Lui ha paura dei morti. Lui non ama».
   «Ma lei si aspettava che cercasse la Bacchetta?»
   «Ero sicuro che ci avrebbe provato, da quando la tua bacchetta sconfisse la sua nel cimitero di Little Hangleton. All'inizio temeva che l'avessi battuto per la tua abilità superiore. Dopo aver rapito Olivander, tuttavia, scoprì l'esistenza dei nuclei gemelli. Pensò che questo spiegasse tutto. Ma la bacchetta presa in prestito non si comportò meglio! E Voldemort, invece di chiedersi quale tua caratteristica avesse reso la tua bacchetta così forte, quale dono tu possedessi che a lui mancava, si mise a cercare l'unica bacchetta che secondo la leggenda avrebbe sconfitto tutte le altre. L'ossessione per la Bacchetta di Sambuco era diventata feroce quasi quanto quella per te. è convinto che la Bacchetta di Sambuco elimini il suo ultimo punto debole e lo renda veramente invincibile. Povero Piton...»
   «Quando ha chiesto a Piton di ucciderla, voleva che la Bacchetta di Sambuco diventasse sua, vero?»
   «Ammetto che quella era la mia intenzione» rispose Silente, «ma non è andata come speravo, vero?»
   «No» convenne Harry. «Quella parte non ha funzionato».
   La creatura dietro di loro si agitava e gemeva, e Harry e Silente rimasero zitti ancora più a lungo. La comprensione di quanto doveva succedere scese a poco a poco su Harry in quei lunghi minuti, come neve che cade lenta e leggera.
   «Devo tornare indietro, vero?»
   «Dipende da te».
   «Posso scegliere?»
   «Ah, certo». Silente gli sorrise. «Sei a King's Cross, no? Credo che se decidessi di non tornare, potresti... diciamo... prendere un treno». «E dove mi porterebbe?»
   «Avanti».
   Di nuovo silenzio.
   «Voldemort ha la Bacchetta di Sambuco».
   «Sì. Voldemort ha la Bacchetta di Sambuco».
   «Ma lei vuole che io torni indietro?»
   «Ritengo» rispose Silente «che se tu scegliessi di tornare, ci sarebbe la possibilità che lui venga battuto per sempre. Non posso garantirlo. Ma so questo, Harry: che se dovessi tornare qui avresti meno da temere di lui».
   Harry guardò di nuovo la cosa scorticata che tremava e tossiva sotto la sedia lontana.
    «Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore. Tornando, potresti fare in modo che meno anime vengano mutilate, meno famiglie distrutte. Se questo ti sembra uno scopo degno, allora per il momento diciamoci addio».
   Harry annuì e sospirò. Lasciare quel luogo non era neanche lontanamente difficile quanto era stato entrare nella Foresta, ma lì c'era caldo, luce e pace, e sapeva di dover tornare al dolore e alla paura di altre perdite. Si alzò e Silente fece lo stesso, e per un lungo istante si guardarono.
   «Mi dica un'ultima cosa» chiese Harry. «È vero? O sta succedendo dentro la mia testa?»
   Silente gli sorrise e la sua voce risuonò alta e forte nelle orecchie di Harry anche se la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua sagoma.
   «Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?»
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