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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Un ricordo lumacoso


   Un tardo pomeriggio, qualche giorno dopo Capodanno, Harry, Ron e Ginny si misero in fila accanto al camino della cucina per tornare a Hogwarts. Il Ministero aveva predisposto un collegamento straordinario alla Metropolvere per far tornare gli studenti a scuola rapidamente e in tutta sicurezza. Cera solo la signora Weasley a salutarli, perché il signor Weasley, Fred, George, Bill e Fleur erano tutti al lavoro. La signora Weasley si sciolse in lacrime al momento di separarsi. In verità le ci voleva poco, ultimamente; piangeva a intermittenza da quando Percy se n’era andato dopo la sua visita a sorpresa con gli occhiali schizzati di purè di pastinaca (atto del quale sia Fred che George che Ginny rivendicavano il merito).
    «Non piangere, mamma»la consolò Ginny, battendo gentilmente sulla schiena di sua madre, che le singhiozzava sulla spalla. «Va tutto bene…»
    «Sì, non stare in pensiero per noi» aggiunse Ron, consentendole di stampargli un bacio molto umido sulla guancia, «o per Percy. È un tale imbecille, non è una gran perdita, no?»
    La signora Weasley singhiozzò più forte che mai stringendo Harry tra le braccia.
    «Promettimi che starai attento… Non cacciarti nei guai…»
    «Lo faccio sempre, signora Weasley»disse Harry. «Lo sa, mi piace la vita tranquilla».
    Lei rispose con una risatina acquosa e un passo indietro.
    «Fate i bravi, tutti quanti…»
    Harry entrò nel fuoco smeraldino e gridò: «Hogwarts!» Ebbe un’ultima fugace visione della cucina e del volto lacrimoso della signora Weasley prima che le fiamme lo avvolgessero; vorticando, colse lampi sfocati di altre case magiche, che sfrecciarono via prima che riuscisse a guardare bene; poi rallentò e infine si fermò nel camino dell’ufficio della professoressa McGranitt. Lei alzò appena lo sguardo dal lavoro mentre lui si arrampicava fuori dal focolare.
    «’Sera, Potter. Cerca di non far cadere troppa cenere sul tappeto».
    «Sì, professoressa».
    Harry si raddrizzò gli occhiali e si appiattì i capelli mentre Ron appariva roteando. Quando fu arrivata anche Ginny, uscirono tutti dall’ufficio della McGranitt, diretti alla Torre di Grifondoro. Harry guardò fuori dalle finestre del corridoio: il sole stava già calando sul parco coperto da una coltre di neve più alta di quella del giardino della Tana. In lontananza scorse Hagrid che dava da mangiare a Fierobecco davanti alla sua capanna.
    «Bagatelle»disse Ron con sicurezza quando ebbero raggiunto la Signora Grassa, molto più pallida del solito, che sussultò infastidita dalla voce squillante.
    «No» rispose lei.
    «Come sarebbe, ‘no’?»
    «C’è una nuova parola d’ordine» disse. «E per favore, non gridare».
    «Ma siamo stati via, come facciamo a…?»
    «Harry! Ginny!»
    Hermione correva verso di loro, rossa in viso, bardata con mantello, cappello e guanti.
    «Sono tornata un paio d’ore fa, sono appena andata a trovare Hagrid e Fiero… voglio dire, Alisecco» disse, senza fiato. «Avete passato un buon Natale?»
    «Altroché»rispose subito Ron, «pieno di avvenimenti, Rufus Scrim…»
    «Ho qualcosa per te, Harry» lo interruppe Hermione senza guardarlo né dare segno di averlo sentito. «Oh, un momento… la parola d’ordine. Astinenza».
    «Precisamente» pigolò la Signora Grassa, e si spostò per rivelare il buco dietro il ritratto.
    «Che cosa le succede?» chiese Harry.
    «A quanto pare ha esagerato durante le feste» rispose Hermione con gli occhi al cielo, guidandolo nell’affollatissima sala comune. «Lei e la sua amica Violet hanno finito tutto il vino del quadro dei monaci ubriachi in fondo al corridoio di Incantesimi. Comunque…»
    Si frugò in tasca e prese un rotolo di pergamena scritto con la calligrafia di Silente.
    «Ottimo» fece Harry, e lo srotolò subito per scoprire che la lezione successiva era fissata per la sera dopo. «Ho un mucchio di cose da dirgli… e da dire a te. Sediamoci…»
    Ma in quel momento si levò un gridolino acuto: «Ronron!» Lavanda Brown sbucò fuori dal nulla e si gettò fra le braccia di Ron. Parecchi spettatori sogghignarono; Hermione ridacchiò e disse: «C’è un tavolo laggiù… vieni con noi, Ginny?»
    «No, grazie, ho appuntamento con Dean» rispose lei, e Harry non poté fare a meno di notare che non sembrava molto entusiasta. Lui e Hermione si allontanarono da Ron e Lavanda avvinghiati in una sorta di wrestling verticale, e raggiunsero il tavolo libero.
    «Allora, come sono andate le vacanze?»
    «Oh, bene». Hermione scrollò le spalle. «Niente di speciale. E da Ronron?»
    «Te lo racconto fra un minuto» replicò Harry. «Senti, Hermione, non puoi…?»
    «No, non posso» fece lei in tono piatto. «Quindi non chiedermelo nemmeno».
    «Pensavo che forse, sai, dopo Natale…»
    «È stata la Signora Grassa a bersi una tinozza di vino vecchio di cinquecento anni, Harry, non io. Allora, quali erano le notizie importanti?»
    Sembrava troppo inviperita per discutere, così Harry lasciò cadere l’argomento Ron e riferì la conversazione tra Malfoy e Piton.
    Quando ebbe finito, Hermione rimase immersa nei suoi pensieri per un momento e poi domandò: «Non credi…?»
    «… che stesse fingendo di aiutarlo in modo da convincere Malfoy a dirgli che cosa sta facendo?»
    «Be’, sì» rispose lei.
    «Anche il padre di Ron e Lupin la pensano così» ammise Harry a malincuore. «Ma questo dimostra senza dubbio che Malfoy sta tramando qualcosa, non puoi negarlo».
    «No, infatti» convenne lei.
    «E agisce per ordine di Voldemort, come ho detto io!»
    «Mmm… uno dei due ha davvero fatto il nome di Voldemort?»
    Harry aggrottò la fronte, cercando di ricordare.
    «Non ne sono sicuro… Piton ha detto certamente ‘il tuo signore’, e chi altri potrebbe essere?»
    «Non so» rispose Hermione, mordendosi il labbro. «Forse suo padre?»
    Fissò un punto dall’altra parte della stanza, persa nei suoi pensieri, senza nemmeno accorgersi che Lavanda stava facendo il solletico a Ron. «Come sta Lupin?»
    «Non benissimo» rispose Harry, e le raccontò della missione tra i lupi mannari e delle difficoltà che stava affrontando. «Hai mai sentito parlare di questo Fenrir Greyback?»
    «Certo!» esclamò Hermione, trasalendo. «E anche tu, Harry!»
    «Quando, a Storia della Magia? Sai benissimo che non ho mai seguito…»
    «No, no, non a Storia della Magia… Malfoy lo ha nominato per minacciare Sinister! A Notturn Alley, non ti ricordi? Ha detto a Sinister che Greyback era un vecchio amico di famiglia e che avrebbe controllato il suo lavoro!»
    Harry la guardò a bocca aperta. «Me l’ero dimenticato! Ma questo prova che Malfoy è un Mangiamorte. Altrimenti come potrebbe essere in contatto con Greyback e dirgli cosa fare?»
    «È molto sospetto» sussurrò Hermione. «A meno che…»
    «Oh, andiamo» sbottò Harry esasperato, «non puoi contestare anche questo!»
    «Be’… c’è la possibilità che fosse un bluff».
    «Sei incredibile, sai?» Harry scosse la testa. «Vedremo chi ha ragione… Ti rimangerai le tue parole, Hermione, proprio come il Ministero. Oh, già, ho anche litigato con Rufus Scrimgeour…»
    E trascorsero amichevolmente il resto della serata a parlare male del Ministero della Magia, perché Hermione, come Ron, era convinta che, dopo tutto quello che il Ministero aveva fatto passare a Harry l’anno prima, ci voleva un bel coraggio a chiedere il suo aiuto.
    Il nuovo quadrimestre cominciò la mattina dopo con una piacevole sorpresa per i ragazzi del sesto anno: durante la notte, nella bacheca della sala comune era stato appeso un grosso cartello.
   
    LEZIONI DI MATERIALIZZAZIONE
    Se hai diciassette anni, o li compirai entro il 31 agosto, sei idoneo per un corso di dodici settimane di lezioni di Materializzazione tenuto da un Istruttore del Ministero della Magia.
    Se desideri partecipare sei pregato di apporre qui sotto la tua firma.
    Iscrizione: 12 galeoni.
   
    Harry e Ron si unirono alla folla di ragazzi che sgomitavano attorno al cartello e a turno scrivevano il proprio nome in fondo. Ron stava per firmare dopo Hermione quando Lavanda gli strisciò alle spalle, gli fece scivolare le mani sugli occhi e trillò: «Indovina chi è, Ronron?» Harry vide Hermione allontanarsi e la imitò, perché non aveva nessuna voglia di restare indietro con Ron e Lavanda, ma inaspettatamente Ron li raggiunse appena dopo il buco del ritratto, le orecchie rosso vivo e l’espressione scontenta. Senza una parola, Hermione accelerò per scendere con Neville.
    «Allora… Materializzazione» esordì Ron, e il suo tono non lasciava dubbi che Harry non doveva alludere a quanto era appena successo. «Dovrebbe essere divertente, eh?»
    «Non so» rispose Harry. «Forse è meglio farlo da soli, non mi è piaciuto granché quando Silente mi ha fatto fare un giro».
    «Dimenticavo che tu l’hai già fatto… sarà meglio che io passi l’esame al primo colpo»considerò Ron, preoccupato. «Fred e George ci sono riusciti».
    «Ma Charlie è stato bocciato, no?»
    «Sì, ma Charlie è più grosso di me» e Ron scostò le braccia dal corpo come un gorilla, «quindi Fred e George non l’hanno preso tanto in giro… non in sua presenza, almeno…»
    «Quando possiamo fare l’esame?»
    «Appena avremo diciassette anni. Vuol dire marzo, per me!»
    «Sì, ma non ci si può Materializzare qui nel castello…»
    «Non è questo il punto, no? Tutti saprebbero che potrei Materializzarmi se volessi».
    Ron non era l’unico a essere eccitato all’idea della Materializzazione. Tutto il giorno si parlò molto delle lezioni imminenti; la possibilità di sparire e riapparire a piacere era tenuta in gran conto.
    «Sarà fortissimo…» Seamus schioccò le dita in un gesto eloquente. «Mio cugino Fergus lo fa solo per irritarmi, ma vedrà appena imparerò anch’io… non avrà più un momento di pace…»
    Perso in quella prospettiva beata, agitò la bacchetta con troppo entusiasmo e, invece di produrre la fontana di acqua pura che era l’oggetto della lezione di Incantesimi di quel giorno, scatenò un getto da idrante che rimbalzò sul soffitto e stese il professor Vitious faccia a terra.
    «Harry si è già Materializzato» confidò Ron a un imbarazzato Seamus. Il professor Vitious si era nel frattempo asciugato con un colpo di bacchetta e gli aveva assegnato per punizione una frase da scrivere cento volte (’Sono un maga, non un babbuino che brandisce un bastone’). «Sile… ehm… qualcuno l’ha portato con sé. Materializzazione Congiunta, sai».
    «Wow!»sussurrò Seamus, e lui, Dean e Neville avvicinarono le teste per sentire che cosa si provava a Materializzarsi. Per tutto il giorno, Harry fu assediato dai compagni. Alla notizia di quanto fosse sgradevole tutti parvero sgomenti più che scoraggiati, e poiché alle otto meno dieci non aveva ancora finito di rispondere alle domande, Harry decise di mentire: disse che doveva restituire un libro alla biblioteca e sfuggì in tempo per la lezione con Silente.
    Le lampade nell’ufficio erano accese, i ritratti dei Presidi del passato russavano con dolcezza nelle cornici e il Pensatoio era ancora una volta pronto sulla scrivania. Le mani di Silente erano posate ai due lati, la destra annerita e bruciata come sempre. Non sembrava affatto guarita e Harry si domandò, forse per la centesima volta, che cosa avesse provocato una ferita così grave, però non lo chiese, visto che Silente aveva detto che alla fine l’avrebbe saputo. E, comunque, c’era un altro argomento che gli premeva discutere. Ma prima che potesse raccontare qualcosa su Piton e Malfoy, fu il Preside a parlare.
    «Ho saputo che hai conosciuto il Ministro della Magia a Natale».
    «Sì» confermò Harry. «Non è molto contento di me».
    «No» sospirò Silente. «Nemmeno di me. Dobbiamo cercare di non sprofondare nel dolore, Harry, ma continuare a combattere».
    Harry fece un gran sorriso.
    «Voleva che dicessi alla comunità magica che il Ministero sta facendo un ottimo lavoro».
    Anche Silente sorrise.
    «Era un’idea di Caramell. Nei suoi ultimi giorni da Ministro, quando cercava disperatamente di restare aggrappato alla sua sedia, ha chiesto un incontro con te, nella speranza che tu lo sostenessi…»
    «Dopo tutto quello che ha fatto l’anno scorso?» esclamò Harry furente. «Dopo la Umbridge?»
    «Io ho detto a Cornelius che non c’era alcuna possibilità, ma l’idea non è svanita quando lui se n’è andato. A poche ore dalla nomina di Scrimgeour ci siamo visti e mi ha chiesto di organizzare un incontro con te…»
    «Allora è per questo che avete litigato!» sbottò Harry. «C’era scritto sulla Gazzetta del Profèta».
    «Ogni tanto, persino Il Profeta riporta la verità» rispose Silente, «anche solo per caso. Sì, è per questo che abbiamo litigato. Be’, pare che Rufus abbia trovato il modo di metterti alle strette, alla fine».
    «Mi ha accusato di essere ‘l’uomo di Silente, sempre e comunque’».
    «Molto maleducato da parte sua».
    «Gli ho risposto che è vero».
    Silente aprì la bocca per parlare e poi la richiuse. Alle spalle di Harry, Fanny la Fenice levò un basso, dolce grido musicale. Con enorme imbarazzo, Harry all’improvviso si accorse che i vividi occhi azzurri di Silente erano umidi, e si affrettò ad abbassare lo sguardo sulle proprie ginocchia. Quando Silente parlò, tuttavia, la sua voce era ferma.
    «Sono molto commosso, Harry».
    «Scrimgeour voleva sapere dove va quando non è a Hogwarts» proseguì Harry, continuando a fissarsi le ginocchia.
    «Sì, è molto indiscreto a questo proposito» replicò Silente, ora allegro, e Harry si disse che poteva rialzare lo sguardo. «Ha perfino cercato di farmi seguire. Divertente, davvero. Mi ha messo Dawlish alle calcagna. Non è stato carino da parte sua. Sono già stato costretto a stregare Dawlish una volta; e ho dovuto farlo di nuovo, con enorme dispiacere».
    «Allora continuano a non sapere dove va?» chiese Harry, sperando in maggiori informazioni su questo affascinante argomento, ma Silente si limitò a sorridere al di sopra degli occhiali.
    «No, non lo sanno, e non è nemmeno il momento giusto perché lo sappia tu. Ora suggerirei di muoverci, se non c’è nient’altro…»
    «C’è, in verità, signore» si affrettò ad aggiungere Harry. «Si tratta di Malfoy e Piton».
    «Il professor Piton, Harry».
    «Sì, signore. Ho sentito la loro conversazione durante la festa del professor Lumacorno… be’, veramente li ho seguiti…»
    Silente ascoltò il racconto con volto impassibile. Tacque per alcuni istanti, poi disse: «Grazie per avermelo riferito, Harry, ma ti suggerisco di non pensarci più. Non credo che sia di grande importanza».
    «Non di grande importanza?»ripeté Harry incredulo. «Professore, ha capito…?»
    «Sì, Harry, dotato come sono di un cervello straordinario, ho capito tutto quello che mi hai raccontato» rispose Silente con una certa asprezza. «Credo che potresti perfino prendere in considerazione la possibilità che abbia capito più di te. Sono contento che tu ti sia confidato con me, ma permettimi di rassicurarti: non mi hai detto niente che mi provochi inquietudine».
    Harry tacque, agitato, guardando torvo Silente. Che cosa stava succedendo? Silente aveva davvero ordinato a Piton di scoprire le intenzioni di Malfoy, e dunque aveva già saputo da Piton tutto quello che Harry gli aveva appena detto? O era davvero preoccupato da quanto aveva sentito ma fingeva di non esserlo?
    «Allora, signore» riprese, in quello che sperava essere un tono educato e tranquillo, «lei continua a fidarsi…?»
    «Sono stato già abbastanza tollerante da rispondere a questa domanda» disse il Preside, che non sembrava più tanto tollerante. «La mia risposta non è cambiata».
    «Lo spero bene»intervenne una voce sprezzante; evidentemente Phineas Nigellus faceva solo finta di dormire. Silente lo ignorò.
    «E ora, Harry, devo insistere perché ci muoviamo. Ho cose più importanti da discutere con te questa sera».
    Harry rimase a sedere, astioso. E se si fosse rifiutato di cambiare argomento, se avesse insistito a sostenere la sua tesi contro Malfoy? Come se gli avesse letto nel pensiero, Silente scosse il capo.
    «Ah, Harry, quanto spesso accade, anche tra i migliori amici! Ognuno ritiene di aver da dire qualcosa di molto più importante dell’altro!»
    «Io non credo che quello che lei ha da dire non sia importante, signore» osservò Harry, rigido.
    «Be’, hai ragione, perché lo è» ribatté Silente sbrigativo. «Ho altri due ricordi da mostrarti questa sera, entrambi ottenuti con enorme difficoltà, e il secondo è, credo, il più vitale che abbia raccolto».
    Harry non replicò; era ancora arrabbiato per l’accoglienza riservata alle sue confidenze, ma non vedeva l’utilità di continuare a discutere.
    «Quindi» proseguì Silente con voce sonora, «ci incontriamo questa sera per continuare la storia di Tom Riddle, che all’ultima lezione abbiamo lasciato sospeso sulla soglia dei suoi anni a Hogwarts. Ricorderai quanto si era emozionato nello scoprire di essere un mago, che rifiutò la mia compagnia per il giro in Diagon Alley e che io, a mia volta, lo misi in guardia contro il perseverare nei furti una volta a scuola.
    «Be’, arrivò l’inizio dell’anno scolastico e con esso arrivò Tom Riddle, un ragazzo tranquillo, con un’uniforme di seconda mano, che si mise in fila con gli altri del primo anno per essere Smistato. Fu assegnato alla Casa di Serpeverde nello stesso istante in cui il Cappello Parlante sfiorò la sua testa». Silente agitò la mano annerita verso lo scaffale che ospitava il Cappello, antico e immobile. «Non so quanto tempo dopo Riddle apprese che il celebre fondatore della Casa sapeva parlare coi serpenti… forse quella sera stessa. La scoperta può soltanto averlo esaltato e aver accresciuto il suo senso di importanza.
    «Tuttavia, se spaventò o cercò di affascinare i compagni Serpeverde con esibizioni di Serpentese in sala comune, non ne giunse voce al corpo insegnanti. Riddle non diede alcun segnale di arroganza o aggressività. Essendo un orfano di insolito talento e di bell’aspetto, fin dal suo arrivo attirò l’attenzione e la comprensione dei professori. Sembrava educato, tranquillo, e avido di sapere. Quasi tutti furono assai favorevolmente colpiti da lui».
    «Non aveva detto loro, signore, com’era quando l’aveva conosciuto all’orfanotrofio?» chiese Harry.
    «No, non lo feci. Anche se non aveva mostrato alcun barlume di rimorso, era possibile che fosse dispiaciuto per il comportamento tenuto fino ad allora e deciso a voltare pagina. Scelsi di dargli quella possibilità».
    Silente s’interruppe e guardò interrogativo Harry, che era sul punto di parlare. Di nuovo la tendenza a dar fiducia alle persone anche quando non se la meritavano! Ma poi a Harry venne in mente qualcosa…
    «Ma lei non si fidava veramente di lui, giusto? Lui mi ha detto… il Riddle che è uscito da quel diario mi ha detto: ‘Silente non mi ha mai apprezzato quanto gli altri insegnanti’».
    «Diciamo che non davo per scontato che fosse degno di fiducia» precisò Silente. «Come ho già detto, avevo deciso di tenerlo d’occhio, e così feci. Non posso fingere di aver tratto molto dalla mia osservazione, all’inizio. Era molto prudente con me; sono sicuro che nell’emozione di scoprire la sua vera identità sentiva di essersi lasciato sfuggire troppe cose. Fu attento a non commettere più lo stesso errore, ma non poteva rimangiarsi quello che mi aveva già detto, e nemmeno quello che mi aveva raccontato la signora Cole. Tuttavia ebbe il buonsenso di non cercare mai di incantarmi come incantava tanti miei colleghi.
    «Col passare del tempo, raccolse attorno a sé un gruppo di amici zelanti; li definisco così per mancanza di una definizione migliore, anche se, come ho già accennato, Riddle non provava alcun affetto per loro. Questo gruppo esercitava una sorta di fascino oscuro all’interno del castello. Erano una compagnia eterogenea: un misto di deboli in cerca di protezione, ambiziosi in cerca di gloria condivisa, e di bruti che gravitavano attorno a un capo in grado di mostrare loro forme più sofisticate di crudeltà. In altre parole, erano i precursori dei Mangiamorte, e difatti alcuni di loro divennero i primi Mangiamorte, dopo aver lasciato Hogwarts.
    «Strettamente controllati da Riddle, non furono mai sorpresi a compiere aperte malefatte, anche se i loro sette anni a Hogwarts furono segnati da una serie di incidenti ai quali non furono mai collegati con piena soddisfazione. Il più grave di questi fu, naturalmente, l’apertura della Camera dei Segreti, che culminò con la morte di una ragazza. Come sai, Hagrid fu accusato a torto di quel crimine.
    «Non sono riuscito a trovare molti ricordi di Riddle a Hogwarts» continuò Silente, posando la mano rattrappita sul Pensatoio. «Pochi di coloro che lo conobbero allora sono disposti a parlare di lui, sono troppo spaventati. Quello che so l’ho scoperto dopo che se n’era andato da Hogwarts, con molti penosi sforzi, dopo aver braccato i pochi che potevano essere convinti a parlare, aver frugato tra vecchi documenti e interrogato altri testimoni sia Babbani che maghi.
    «Mi dissero che Riddle era ossessionato dalla sua stirpe. Questo è comprensibile, naturalmente; era cresciuto in un orfanotrofio ed era ovvio che desiderasse sapere come c’era arrivato. Pare che abbia cercato invano tracce di Tom Riddle Senior sugli scudi nella sala dei trofei, tra le liste dei prefetti nei vecchi documenti scolastici, perfino sui libri di Storia della Magia. Infine fu costretto ad accettare il fatto che il padre non aveva mai messo piede a Hogwarts. Fu allora, credo, che abbandonò il suo nome per sempre, assunse l’identità di Lord Voldemort e cominciò le indagini sulla famiglia della madre che fino ad allora aveva disprezzato, la donna che, ricorderai, era convinto non potesse essere una strega, poiché aveva ceduto alla vergognosa debolezza umana della morte.
    «Aveva solo un nome su cui basarsi, ‘Orvoloson’, e dal personale dell’orfanotrofio aveva saputo che era il nome del padre di sua madre. Infine, dopo faticose ricerche in vecchi libri sulle famiglie magiche, scoprì l’esistenza del ramo sopravvissuto dei Serpeverde. Nell’estate del suo sedicesimo anno, lasciò l’orfanotrofio e partì alla ncerca dei parenti Gaunt. E ora, Harry, se sei pronto…»
    Silente si alzò, e Harry vide che reggeva ancora una bottiglietta di cristallo colma di vorticante, perlacea memoria.
    «Ho avuto molta fortuna a trovare questo» disse, versando la massa lucente nel Pensatoio, «come capirai presto. Andiamo?»
    Harry si avvicinò al bacile di pietra e si chinò obbediente finché il suo viso sprofondò nella superficie del ricordo; provò la familiare sensazione di cadere nel nulla e poi atterrò su un sudicio pavimento di pietra, nel buio quasi totale.
    Gli ci vollero parecchi secondi per riconoscere il luogo. Silente era atterrato vicino a lui. La casa dei Gaunt era indescrivibilmente sporca, più di qualunque posto Harry avesse mai visto. Il soffitto era coperto di ragnatele, il pavimento foderato di terriccio; cibo muffito e marcescente era disposto sul tavolo in un caos di pentole incrostate. La sola luce veniva da un’unica tremolante candela ai piedi di un uomo con capelli e barba così lunghi che Harry non distinse né gli occhi né la bocca. Era afflosciato in una poltrona vicino al fuoco, e Harry si chiese per un attimo se fosse morto. Ma poi qualcuno bussò forte alla porta e l’uomo si svegliò in un sussulto, alzando una bacchetta nella destra e un corto pugnale nella sinistra.
    La porta si aprì cigolando. Sulla soglia, con in mano una lanterna vecchio stile, c’era un bel ragazzo alto, pallido, dai capelli scuri che Harry riconobbe subito: Voldemort adolescente.
    Il suo sguardo si spostò adagio per il tugurio e poi si posò sull’uomo in poltrona. Per qualche istante si guardarono, poi l’uomo si alzò barcollando, facendo sbatacchiare e tintinnare le numerose bottiglie vuote ai suoi piedi.
    «Tu!»urlò. «Tu!»
    E si scagliò verso Riddle, bacchetta e pugnale in aria.
    «Fermo».
    Riddle parlò in Serpentese. L’uomo scivolò contro il tavolo, mandando le pentole ammuffite a schiantarsi sul pavimento. Fissò Riddle. Si contemplarono a lungo, in silenzio. Fu l’uomo a romperlo.
    «Lo parli?»
    «Si, lo parlo»rispose Riddle. Avanzò, lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle. Harry non poté non provare una rancorosa ammirazione per la totale assenza di paura di Voldemort. Il suo volto esprimeva solo disgusto e, forse, delusione.
    «Dov’è Orvoloson?» chiese.
    «Morto»fu la risposta. «È morto anni fa, no?»
    Riddle si rabbuiò.
    «Allora tu chi sei?»
    «Sono Orfin, no?»
    «Il figlio di Orvoloson?»
    «Ma sì…»
    Orfin si allontanò i capelli dal volto sporco per vedere meglio Riddle. Alla mano destra portava l’anello con la pietra nera appartenuto a Orvoloson.
    «Pensavo che eri quel Babbano» mormorò. «Sei uguale a quel Babbano».
    «Quale Babbano?»chiese Riddle brusco.
    «Quel Babbano che piaceva a mia sorella, quel Babbano che vive nella casa grande lassù»rispose Orfin, e sputò per terra. «Sei identico a lui. Riddle. Ma adesso è più vecchio, eh? È più vecchio di te, adesso che ci penso…»
    Orfin era un po’ stordito e oscillò, reggendosi al bordo del tavolo.
    «È tornato, sai»aggiunse in tono vacuo.
    Voldemort osservava Orfin come per valutarlo. Si avvicinò un po’ e disse: «Riddle è tornato?»
    «Già, l’ha lasciata, e le sta bene, sposare quella feccia!»ringhiò Orfin, sputando di nuovo per terra. «Ci ha derubati, sai, prima di scappare! Dov’è il medaglione, eh, dov’è il medaglione di Serpeverde?»
    Voldemort non rispose. Orfin era sempre più furibondo; brandì il pugnale e urlò: «Ci ha disonorati, quella sgualdrina! E tu chi sei, che vieni qui e fai domande su tutto? È finita, no… finita…»
    Distolse lo sguardo barcollando, e Voldemort si fece avanti. In quel momento calò un’oscurità innaturale, che spense la lampada di Voldemort e la candela di Orfin, che spense tutto…
    Le dita di Silente si strinsero al braccio di Harry e i due planarono di nuovo nel presente. La dolce luce dorata dell’ufficio parve accecare Harry dopo quell’impenetrabile oscurità.
    «È tutto?» chiese subito. «Perché si è fatto buio, che cosa è successo?»
    «Perché Orfin non è riuscito a ricordare nulla da quel momento in poi» spiegò Silente, facendogli cenno di sedersi. «Quando si svegliò la mattina dopo, era disteso a terra, solo. L’anello di Orvoloson era sparito.
    «Intanto, nel villaggio di Little Hangleton una servetta correva lungo la strada principale, urlando che c’erano tre cadaveri nel salotto della grande casa: Tom Riddle Senior, sua madre e suo padre.
    «Le autorità Babbane erano perplesse. Per quanto ne so, a tutt’oggi ignorano come siano morti i Riddle, perché la Maledizione Avada Kedavra in genere non lascia tracce… L’eccezione è qui davanti a me» aggiunse Silente, accennando alla cicatrice di Harry. «Il Ministero, d’altra parte, capì subito che si trattava di un assassinio magico. Sapevano anche che un nemico dichiarato dei Babbani viveva dall’altra parte della valle, ed era già stato incarcerato una volta per aver aggredito una delle persone assassinate.
    «Così il Ministero fece visita a Orfin. Non ebbero bisogno di interrogarlo, di Veritaserum o di Legilimanzia. Ammise subito il delitto, rivelando particolari che solo l’assassino poteva conoscere. Era fiero, disse, di aver ucciso i Babbani, aveva aspettato per tutti quegli anni l’occasione giusta. Consegnò la bacchetta, che subito fu riconosciuta come l’arma del delitto. E si lasciò portare ad Azkaban senza lottare. Lo turbava solo il fatto che l’anello di suo padre fosse sparito. ‘Mi ucciderà per averlo perso’ ripeteva continuamente. ‘Mi ucciderà perché gli ho perso l’anello’. E a quanto pare furono le ultime parole che pronunciò. Visse ciò che gli restava da vivere ad Azkaban, lamentando la perdita dell’ultimo cimelio di Orvoloson, e fu sepolto accanto alla prigione insieme alle altre povere anime che erano spirate dentro quelle mura».
    «Quindi Voldemort rubò la bacchetta di Orfin e la usò?» chiese Harry, raddrizzandosi sulla sedia.
    «Proprio così» rispose Silente. «Non abbiamo ricordi che ce lo mostrino, ma possiamo esserne abbastanza sicuri. Voldemort gettò uno Stupeficium sullo zio, gli prese la bacchetta e attraversò la valle diretto alla ‘casa grande lassù’. Là uccise l’uomo Babbano che aveva abbandonato sua madre strega e, per buona misura, i nonni Babbani, cancellando così gli ultimi indegni Riddle e vendicandosi del padre che non l’aveva mai voluto. Poi tornò alla catapecchia dei Gaunt, eseguì la complicata magia per innestare un falso ricordo nella mente dello zio, posò la bacchetta di Orfin accanto al proprietario privo di sensi, intascò l’antico anello e se ne andò».
    «E Orfin non capì mai che non era stato lui?»
    «Mai» confermò Silente. «Come ho detto, rese una confessione piena e vanagloriosa».
    «Ma aveva ancora questo ricordo vero dentro di sé!»
    «Sì, ma ci è voluta una bella dose di abile Legilimanzia per estrarglielo» ribatté Silente, «e perché qualcuno avrebbe dovuto scavare più a fondo nella mente di Orfin quando aveva già confessato il delitto? Comunque io riuscii a fargli visita nelle ultime settimane della sua vita; a quel tempo stavo cercando di scoprire tutto quello che potevo sul passato di Voldemort. Gli estrassi questo ricordo con difficoltà. Quando vidi che cosa conteneva, cercai di usarlo per ottenere il suo rilascio da Azkaban. Però, prima che il Ministero prendesse una decisione, Orfin morì».
    «Ma perché il Ministero non capì che Voldemort aveva fatto tutto questo a Orfin?» chiese Harry con rabbia. «Era minorenne, no? Pensavo che si potesse intercettare la magia eseguita da minori!»
    «Hai ragione… si può intercettare la magia, ma non chi la compie: ricorderai di essere stato accusato dal Ministero dell’Incantesimo di Librazione che in effetti fu compiuto da…»
    «Dobby» ringhiò Harry; quell’ingiustizia gli bruciava ancora. «Allora se un minorenne pratica la magia nella casa di un mago o di una strega adulti, il Ministero non lo può scoprire?»
    «Certo non riuscirà a identificare chi ha messo in atto la magia». Silente sorrise appena all’espressione indignata di Harry. «Contano sul fatto che i genitori maghi impongano l’obbedienza ai loro rampolli entro le mura domestiche».
    «Be’, sono sciocchezze» sbottò Harry. «Guardi che cosa è successo qui, guardi che cosa è successo a Orfin!»
    «Sono d’accordo» approvò Silente. «Qualunque cosa fosse Orfin, non meritava di morire come morì, accusato di omicidi che non aveva commesso. Ma si sta facendo tardi, e voglio che tu veda quest’altro ricordo prima che ci separiamo…»
    Silente estrasse da una tasca interna un’altra fiala di cristallo e Harry tacque: il Preside aveva detto che era la memoria più importante che avesse raccolto. Notò che il contenuto sembrava difficile da vuotare nel Pensatoio, come se si fosse cagliato; i ricordi vanno a male?
    «Per questo non ci vorrà molto» disse Silente quando infine ebbe vuotato la fiala. «Torneremo prima che tu te ne renda conto. Ancora una volta nel Pensatoio, allora…»
    Harry cadde di nuovo attraverso la superficie argentea, e questa volta atterrò davanti a un uomo che riconobbe subito.
    Era un Horace Lumacorno molto più giovane. Harry era così abituato alla sua calvizie che trovò sconcertante vederlo con folti, lucenti capelli giallastri; era come se gli avessero coperto la testa di paglia, ma aveva già una chiazza pelata grande come un galeone in cima alla testa. I baffi, allora meno ingombranti, erano biondo zenzero. Non era grasso come il Lumacorno che conosceva Harry, anche se i bottoni d’oro sul panciotto a complicati ricami erano sottoposti a una certa tensione. I piccoli piedi erano poggiati su un puf di velluto ed era sprofondato in una comoda poltrona; con una mano stringeva un bicchiere di vino, con l’altra frugava in una scatola di ananas canditi.
    Si trovavano nell’ufficio di Lumacorno. Sei o sette ragazzi nel cuore dell’adolescenza lo circondavano, seduti su poltrone più dure o più basse della sua. Harry riconobbe subito Riddle: era il più bello e il più disinvolto di tutti. La sua mano destra era posata negligentemente sul bracciolo della poltrona; con un sussulto, Harry notò che portava l’anello nero e oro di Orvoloson; aveva già ucciso suo padre.
    «Signore, è vero che la professoressa Gaiamens va in pensione?» chiese Riddle.
    «Tom, Tom, anche se lo sapessi non potrei dirtelo» rispose Lumacorno, agitando verso di lui un dito coperto di zucchero a mo’ di rimprovero, anche se sciupò l’effetto facendogli l’occhiolino. «Ammetto che mi piacerebbe sapere da dove prendi le tue informazioni, ragazzo; ne sai di più di metà del corpo insegnanti, davvero».
    Riddle sorrise; gli altri ragazzi risero e lo guardarono ammirati.
    «Con la tua inquietante capacità di scoprire le cose che non dovresti sapere, e la tua abile adulazione verso coloro che contano… grazie per l’ananas, fra parentesi, hai ragione, è il mio preferito…»
    Mentre parecchi ragazzi ridacchiavano, successe una cosa molto strana. Tutta la stanza all’improvviso si riempì di una densa nebbia bianca, e Harry non riuscì a vedere altro che il volto di Silente, in piedi accanto a lui. Poi la voce di Lumacorno risuonò nella nebbia, innaturalmente forte: «… Finirai male, ragazzo mio, dai retta a me».
    La nebbia si dissolse all’improvviso com’era apparsa, eppure nessuno ne parlò, né parve aver assistito a qualcosa di insolito. Esterrefatto, Harry vide un orologino d’oro sulla scrivania di Lumacorno battere le undici.
    «Cielo, è già così tardi?» esclamò il professore. «È meglio che cominciate ad andare, ragazzi, o ci metteremo tutti nei guai. Lestrange, voglio la tua relazione per domani o finirai in punizione. Lo stesso vale per te, Avery».
    Lumacorno si alzò dalla poltrona e mise il bicchiere vuoto sulla scrivania mentre i ragazzi uscivano. Riddle però rimase indietro, chiaramente per restare solo con il professore.
    «Attento, Tom» lo ammonì Lumacorno, voltandosi e scoprendo che era ancora lì. «Non vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore proibite, sei anche un prefetto…»
    «Signore, volevo chiederle una cosa».
    «Chiedi, ragazzo mio, chiedi…»
    «Signore, mi domandavo che cosa sa degli… degli Horcrux».
    E successe ancora: la densa nebbia riempì la stanza e Harry non riuscì più a vedere Lumacorno né Riddle ma solo Silente, che sorrideva sereno accanto a lui. Poi la voce di Lumacorno rimbombò di nuovo, come prima.
    «Non so niente degli Horcrux e se lo sapessi non te lo direi! Adesso esci subito di qui e non farti sorprendere a nominarli un’altra volta!»
    «Be’, ecco tutto» commentò Silente tranquillo. «È ora di andare».
    I piedi di Harry abbandonarono il suolo per posarsi di nuovo, qualche istante dopo, sul tappeto davanti alla scrivania del Preside.
    «È tutto qui?» chiese stupito.
    Silente aveva detto che quello era il ricordo più importante di tutti, ma Harry non riusciva a capire che cosa ci fosse di tanto significativo. Certo, la nebbia e il fatto che nessuno pareva essersene accorto erano strani, ma a parte quello non sembrava che fosse successo nulla, tranne che Riddle aveva posto una domanda e non aveva ottenuto risposta.
    «Come avrai forse notato» osservò Silente, sedendosi di nuovo dietro la scrivania, «quel ricordo è stato manomesso».
    «Manomesso?» ripeté Harry, riprendendo posto a sua volta.
    «Infatti. Il professor Lumacorno ha modificato la propria memoria».
    «Ma perché?»
    «Perché si vergogna, suppongo. Ha cercato di rielaborare il ricordo per mettersi in una luce migliore, cancellando quelle parti che non vuole far vedere. Il lavoro è stato fatto con una certa approssimazione, ed è meglio così, perché ci mostra che il vero ricordo è ancora lì, sotto le alterazioni.
    «E dunque, per la prima volta, ti assegno un compito, Harry. Dovrai convincere il professor Lumacorno a raccontare cosa è accaduto davvero, e questa sarà senza alcun dubbio l’informazione più preziosa di tutte».
    Harry lo fissò.
    «Ma, signore» obiettò, mantenendo il tono più rispettoso possibile, «lei non ha bisogno di me… potrebbe ricorrere alla Legilimanzia… o al Veritaserum…»
    «Il professor Lumacorno è un mago estremamente capace, e si aspetta entrambe le cose» rispose Silente. «È molto più abile in Occlumanzia del povero Orfin Gaunt, e mi stupirei se non avesse portato con sé un antidoto al Veritaserum fin da quando l’ho costretto a consegnarmi questa parodia di un ricordo.
    «No, credo che sarebbe sciocco cercare di estrarre con la forza la verità al professor Lumacorno, e potrebbe rivelarsi più dannoso che utile; io non desidero che se ne vada da Hogwarts. Tuttavia ha le sue debolezze come tutti noi e credo che tu sia la sola persona in grado di penetrare le sue difese. È importantissimo che ci impossessiamo del vero ricordo, Harry… Quanto importante, lo sapremo solo quando l’avremo visto. Quindi buona fortuna… e buonanotte».
    Un po’ sconcertato dal brusco congedo, Harry si alzò in fretta.
    «Buonanotte, signore».
    Chiudendo la porta dello studio, udì chiaramente la voce di Phineas Nigellus.
    «Non capisco perché il ragazzo dovrebbe riuscire a fare meglio di te, Silente».
    «Non mi aspetto che tu lo capisca, Phineas» replicò Silente, e Fanny diede in un altro basso grido musicale.
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