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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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La Prima Prova


   Harry si alzò la domenica mattina, e si vestì così distrattamente che ci mise un po’ ad accorgersi che stava cercando di infilarsi il cappello sul piede al posto del calzino. Quando finalmente ebbe sistemato tutti gli abiti sulle parti giuste del corpo, andò a cercare Hermione, e la trovò nella Sala Grande al tavolo di Grifondoro, dove stava facendo colazione con Ginny. Troppo irrequieto per mangiare, Harry attese che Hermione ingollasse la sua ultima cucchiaiata di porridge, poi la trascinò fuori per un’altra passeggiata. Mentre facevano un altro lungo giro attorno al lago, le raccontò tutto dei draghi, e quasi tutto quello che aveva detto Sirius.
    Pur allarmata per gli avvertimenti di Sirius a proposito di Karkaroff, Hermione continuava a pensare che i draghi fossero il problema più urgente.
    «Troviamo il modo di farti restare vivo fino a martedì sera» disse accoratamente, «e poi potremo preoccuparci di Karkaroff».
    Fecero tre volte il giro del lago, cercando di pensare a un incantesimo semplice che potesse soggiogare un drago. Ma non gliene venne in mente nessuno, così si rinchiusero in biblioteca. Qui Harry sfilò dagli scaffali tutti i libri sui draghi che riusci a trovare, e tutti e due si misero a consultarli uno dopo l’altro.
    «Come tagliare gli artigli d incanto… Come curare la carie delle scaglie… questa roba non serve, va bene per svitati come Hagrid che vogliono tenerli in forma…»
    «I draghi sono estremamente difficili da uccidere, a causa dell’antica magia che intride la loro spessa pelle, che solo gli incantesimi più potenti sono in grado di perforare… ma Sirius ha detto che ne basta uno semplice…»
    «Proviamo con dei libri di incantesimi semplici, allora» disse Harry, gettando via Uomini Che Amano Troppo i Draghi.
    Tornò al tavolo con una pila di libri di formule magiche, li posò e cominciò a scorrerli uno per uno, con Hermione che sussurrava ininterrottamente al suo fianco. «Be’, ci sono gli Incantesimi di Scambio… ma a cosa serve Scambiare? A meno che tu non scambi le sue zanne con gomma da masticare o roba del genere, così diventerebbe meno pericoloso… il guaio è che come dice il libro non c’è molto che possa trapassare la pelle di drago… ti suggerirei di Trasfigurarlo, ma una cosa così grossa, non hai la minima speranza, dubito che anche la professoressa McGranitt… a meno che tu non debba scagliare l’incantesimo su di te… Forse per attribuirti dei poteri in più? Ma quelli non sono incantesimi semplici, voglio dire, non ne abbiamo fatto nemmeno uno in classe, io so solo che esistono perché faccio i test di G.U.F.O. per esercitarmi…»
    «Hermione» disse Harry a denti stretti, «vuoi stare un po’ zitta, per favore? Sto cercando di concentrarmi».
    Ma tutto quello che successe quando Hermione tacque fu che il cervello di Harry si riempì di una specie di vuoto ronzio, che non lasciava spazio alla concentrazione. Scorse senza speranza l’indice di Incantesimi-base per chi ha poco tempo: rasatura istantanea… ma i draghi non avevano il pelo… alito pepato… probabilmente avrebbe solo aumentato la gittata del fuoco di un drago… lìngua cornuta… proprio quello di cui aveva bisogno, regalargli un’arma in più…
    «Oh, no, è tornato un’altra volta, perché non può leggere sulla sua stupida nave?» sbottò Hermione seccata mentre Viktor Krum entrava ciondolando, scoccava un’occhiata arcigna verso di loro e si sistemava in un angolo lontano con una pila di libri. «Andiamo, Harry… torneremo in sala comune… il suo fan club sarà qui a momenti, tutto cinguettante…»
    E in effetti, mentre uscivano, una banda di ragazze entrò in punta di piedi. Una di loro portava una sciarpa della Bulgaria legata alla vita.
   
    * * *
    Quella notte Harry dormì appena. Quando si svegliò il lunedì mattina, per la prima volta in assoluto prese seriamente in considerazione l’idea di fuggire da Hogwarts. Ma mentre si guardava intorno nella Sala Grande a colazione, pensò a ciò che avrebbe significato lasciare il castello, e seppe che non poteva. Era l’unico posto in cui fosse stato mai felice… be’. doveva esserlo stato anche con i suoi genitori, ma non se lo ricordava.
    In qualche modo, gli faceva bene sapere che trovarsi lì e affrontare un drago era meglio che essere ancora a Privet Drive con Dudley; lo faceva sentire un po’ più tranquillo. Finì a fatica la pancetta (la gola non gli funzionava molto bene), e mentre lui e Hermione si alzavano vide Cedric Diggory allontanarsi dal tavolo di Tassorosso.
    Cedric non sapeva ancora dei draghi… era il solo campione a non sapere, se Harry aveva ragione di pensare che Madame Maxime e Karkaroff lo avrebbero detto a Fleur e Krum…
    «Hermione, ci vediamo alle serre» disse Harry, seguendo con gli occhi Cedric che usciva. «Vai avanti, io ti raggiungo».
    «Harry, farai tardi, la campana sta per suonare…»
    «Ti raggiungo, va bene?»
    Quando Harry giunse ai piedi della scalinata di marmo, Cedric era in cima, con un gruppo di amici del sesto anno. Harry non voleva parlargli davanti a loro; erano di quelli che lo bersagliavano di battute sull’articolo di Rita Skeeter tutte le volte che lo incontravano. Seguì Cedric tenendosi a distanza, e vide che puntava verso il corridoio dell’aula di Incantesimi. Ciò gli diede un’idea. Fermandosi a una certa distanza da loro, estrasse la bacchetta e prese la mira con cura.
    «Diffindo!»
    La borsa di Cedric si strappò. Pergamene, penne e libri si sparpagliarono sul pavimento. Parecchie boccette d’inchiostro andarono in frantumi.
    «Non importa» disse Cedric seccato, mentre i suoi amici si chinavano per aiutarlo, «dite a Vitious che sto arrivando, andate…»
    Era esattamente ciò che Harry sperava. Fece sparire la bacchetta, attese che gli amici di Cedric fossero entrati in classe, e corse nel corridoio, ora completamente deserto, a parte loro due.
    «Ciao» disse Cedric, raccogliendo la sua Guida alla Trasfigurazione Avanzata che ora era macchiata di inchiostro. «Mi si è appena rotta la borsa… e pensare che era nuova di zecca…»
    «Cedric» disse Harry, «la prima prova è con i draghi».
    «Cosa?» esclamò Cedric alzando gli occhi.
    «Draghi» disse Harry parlando in fretta, nel caso che il professor Vitious uscisse a vedere che cosa stava facendo Cedric. «Ce ne sono quattro, uno per ciascuno, e dobbiamo superarli».
    Cedric lo fissò sbalordito. Harry vide un po’ del panico che provava da sabato notte balenare negli occhi grigi di Cedric.
    «Sei sicuro?» gli chiese, con voce soffocata.
    «Sicurissimo» rispose Harry. «Li ho visti».
    «Ma come hai fatto a scoprirlo? Non dovremmo sapere…»
    «Non è importante» disse Harry in fretta: sapeva che Hagrid sarebbe finito nei guai se avesse detto la verità. «Ma non sono solo io a saperlo. Maxime e Karkaroff hanno visto i draghi, ormai lo sapranno anche Fleur e Krum…».
    Cedric si alzò, le braccia cariche di penne, pergamene e libri macchiati d’inchiostro, la borsa strappata che penzolava dalla spalla. Osservò Harry con uno sguardo perplesso, quasi sospettoso.
    «Perché sei venuto a dirmelo?»
    Harry lo guardò incredulo. Era sicuro che Cedric non glielo avrebbe chiesto se avesse visto i draghi con i suoi occhi. Harry non avrebbe lasciato nemmeno il suo peggior nemico ad affrontare quei mostri impreparato — be’, forse Malfoy o Piton…
    «È solo che è… corretto, no?» disse a Cedric. «Adesso lo sappiamo tutti… partiamo alla pari, no?»
    Cedric lo guardava ancora con vago sospetto quando Harry udì un ticchettio familiare alle sue spalle. Si voltò e vide Malocchio Moody uscire da una delle aule vicine.
    «Vieni con me, Potter» ringhiò. «Diggory, vai».
    Harry fissò Moody allarmato. Li aveva sentiti? «Ehm… professore, dovrei essere a Erbologia…»
    «Dopo, Potter. Nel mio ufficio, prego…»
    Harry lo seguì, chiedendosi che cosa gli sarebbe successo. E se Moody voleva sapere come aveva fatto a scoprire i draghi? Sarebbe andato da Silente e avrebbe denunciato Hagrid, o si sarebbe limitato a trasformare Harry in un furetto? Be’, poteva essere più facile superare un drago sotto le sembianze di un furetto, Harry ridletté depresso, sarebbe stato molto più piccolo, molto meno visibile da un’altezza di quindici metri…
    Seguì Moody nel suo ufficio. Moody chiuse la porta e si rivolse a Harry, l’occhio magico puntato su di lui come quello normale.
    «Hai fatto una cosa molto onesta, Potter» disse Moody tranquillamente.
    Harry non sapeva cosa dire; non era questa la reazione che si era aspettato.
    «Siediti» disse Moody, e Harry sedette e si guardò intorno.
    Era entrato in quell’ufficio al tempo di due dei suoi occupanti precedenti. All’epoca del professor Allock, le pareti erano tappezzate di ritratti sorridenti di Allock stesso che facevano l’occhiolino. Quando c’era Lupin, era più probabile imbattersi in un esemplare di qualche nuova, affascinante Creatura Oscura che si era procurato per la lezione. Ora, invece, l’ufficio era pieno di una serie di oggetti straordinariamente stravaganti che Moody doveva aver usato nei giorni in cui era un Auror.
    Sulla sua scrivania c’era quella che sembrava una grossa trottola di vetro incrinato: era uno Spioscopio. Harry lo riconobbe subito perché ne aveva uno anche lui, molto più piccolo di quello di Moody. Su un tavolino nell’angolo c’era un oggetto che sembrava un’antenna televisiva dorata decisamente arzigogolata. L’antenna ronzava. Quello che sembrava uno specchio era appeso alla parete di fronte a Harry, ma non rifletteva la stanza. Sagome in ombra si muovevano al suo interno, nessuna completamente a fuoco.
    «Ti piacciono i miei Detector Oscuri, eh?» chiese Moody, che studiava attentamente Harry.
    «Quello cos’è?» chiese Harry, indicando l’antenna d’oro arzigogolata.
    «Un Sensore Segreto. Vibra quando capta dissimulazioni e bugie… qui non serve, naturalmente, ci sono troppe interferenze — studenti da tutte le parti che mentono sul perché non hanno fatto i compiti. Ronza da quando sono arrivato. Ho dovuto disattivare lo Spioscopio perché non smetteva mai di fischiare. È molto sensibile, capta segnali nel raggio di un chilometro. Naturalmente è in grado di captare molto più della solita roba da bambini» aggiunse con un brontolio.
    «E lo specchio a cosa serve?»
    «Oh, quello è il mio Avversaspecchio. Li vedi quelli là che gironzolano? Non sono davvero nei guai finché non distinguo il bianco dei loro occhi. Allora apro il baule».
    Esplose in una breve risata roca e indicò un grosso baule sotto la finestra. Aveva sette serrature in fila. Harry si chiese che cosa c’era dentro, finché la domanda successiva di Moody non lo riportò bruscamente sulla terra.
    «Allora… hai saputo dei draghi, vero?»
    Harry esitò. Era quello che aveva temuto: ma non aveva detto a Cedric, e certo non aveva intenzione di dire a Moody, che Hagrid aveva violato le regole.
    «Va tutto bene» disse Moody, sedendosi e stendendo la gamba di legno con un lamento. «Imbrogliare è una componente tradizionale del Torneo Tremaghi, lo è sempre stata».
    «Non ho imbrogliato» disse Harry seccamente. «L’ho scoperto per caso».
    Moody sorrise. «Non ti stavo accusando, ragazzo. È dall’inizio che lo ripeto a Silente, può fare il nobile quanto gli pare, ma ci puoi scommettere che il vecchio Karkaroff e la Maxime non lo saranno. Avranno raccontato ai loro campioni tutto quello che potevano. Vogliono vincere. Vogliono battere Silente. Vogliono dimostrare che è un essere umano».
    Moody scoppiò in una risata rauca, e il suo occhio magico vorticò così in fretta che nel guardarlo a Harry venne la nausea.
    «Allora… hai già idea di come farai a superare il tuo drago?»
    «No» rispose Harry.
    «Be’, non ho intenzione di dirtelo» disse Moody burbero. «Non faccio favoritismi, io. Ti darò solo qualche buon consiglio generale. E il primo è: gioca secondo le tue forze».
    «Non ne ho» disse Harry, prima di riuscire a trattenersi.
    «Se permetti» ringhiò Moody, «te lo dico io che le hai. Ora rifletti. Qual è la cosa che sai fare meglio?»
    Harry si sforzò di concentrarsi. Qual era la cosa che sapeva fare meglio? Be’, era facile davvero…
    «Il Quidditch» rispose depresso, «e mi sarà molto utile…»
    «È vero» disse Moody, fissandolo intensamente, l’occhio magico quasi immobile. «Sei maledettamente bravo a volare, da quel che ho sentito».
    «Sì, ma…» Harry restituì lo sguardo. «Non mi è concesso portare la scopa, ho solo la bacchetta…»
    «Il mio secondo consiglio generale» lo interruppe Moody ad alta voce, «è usare un bell’incantesimo facile che ti permetta di ottenere ciò di cui hai bisogno».
    Harry gli rivolse uno sguardo vacuo. Di che cosa aveva bisogno?
    «Andiamo, ragazzo…» borbottò Moody. «Fai due più due… non è così difficile…»
    E poi tutto andò al suo posto. La cosa che faceva meglio era volare. Doveva superare il drago via aria. Per riuscirci, aveva bisogno della sua Firebolt. E per avere la sua Firebolt, aveva bisogno di…
    «Hermione» sussurrò Harry dieci minuti dopo, arrivando di corsa nella serra numero tre, biascicando delle scuse affrettate alla professoressa Sprite mentre le passava davanti, «Hermione… devi aiutarmi».
    «Che cosa credi che stia cercando di fare, Harry?» ribatté lei, gli occhi sbarrati dall’ansia al di sopra del fremente Cespuglio Farfallino che stava potando.
    «Hermione, devo imparare a fare un Incantesimo di Appello come si deve entro domani pomeriggio».
   
    * * *
    E così si allenarono. Non pranzarono, ma cercarono un’aula vuota, e qui Harry tentò con tutte le sue forze di attirare a sé svariati oggetti attraverso la stanza. Aveva ancora qualche difficoltà. I libri e le penne continuavano a perdere potenza a metà strada e a cadere a terra come sassi.
    «Concentrati, Harry, concentrati…»
    «Cosa credi che stia facendo?» ribatté Harry infuriato. «Continua a venirmi in mente uno schifoso drago enorme, chissà perché… Ok, ci riprovo…»
    Voleva saltare Divinazione per continuare ad allenarsi, ma Hermione si rifiutò decisamente di bigiare Aritmanzia, e non aveva senso restare senza di lei. Così dovette sopportare più di un’ora di professoressa Cooman, che passò metà della lezione a dire a tutti che, in base alla posizione di Marte rispetto a Saturno in quel momento, le persone nate in luglio correvano seri pericoli di morte improvvisa e violenta.
    «Be’, magnifico» disse Harry forte, sentendosi invadere dalla rabbia, «basta che sia una cosa rapida, non voglio soffrire».
    Per un attimo parve che Ron stesse per scoppiare a ridere; di sicuro incrociò lo sguardo di Harry per la prima volta da giorni, ma Harry provava ancora troppo rancore per badargli. Passò il resto della lezione cercando di attirare a sé con la bacchetta piccoli oggetti sotto il tavolo. Riuscì a far volare una mosca dritto nel palmo della mano, anche se non era del tutto certo che fosse dovuto alla sua abilità nell’Incantesimo di Appello: forse la mosca era solo stupida.
    Cercò di buttar giù qualcosa per cena dopo Divinazione, poi tornò nell’aula vuota con Hermione, usando il Mantello dell’Invisibilità per evitare gli insegnanti. Continuarono ad allenarsi fino a mezzanotte passata. Sarebbero rimasti anche più a lungo, ma comparve Pix, che fingendo di credere che Harry volesse farsi tirare addosso le cose, cominciò a scaraventare sedie per la stanza. Harry e Hermione se ne andarono di corsa prima che il frastuono attirasse Gazza, e tornarono nella sala comune di Grifondoro, che ora era misericordiosamente vuota.
    Alle due di notte, Harry era in piedi vicino al camino, circondato da cataste di oggetti — libri, penne, parecchie sedie rovesciate, un vecchio kit di Gobbiglie e il rospo di Neville, Oscar. Solo nel corso dell’ultima ora era riuscito davvero a padroneggiare l’Incantesimo di Appello.
    «Va meglio, Harry, va molto meglio» disse Hermione, sfinita ma molto soddisfatta.
    «Be’, adesso sappiamo cosa fare la prossima volta che non riesco a imparare un incantesimo» esclamò Harry, lanciando a Hermione il Dizionario delle Rune per riprovare, «basta che mi minacci con un drago. Pronti…» Levò ancora una volta la bacchetta. «Accio Dizionario!»
    Il librone decollò dalla mano di Hermione, attraversò la stanza volando e Harry lo afferrò.
    «Harry, l’hai imparato davvero!» disse Hermione incantata.
    «Basta che funzioni domani» disse Harry. «La Firebolt sarà molto più lontana di questa roba, sarà dentro il castello, e io sarò fuori nel parco…»
    «Non ha importanza» disse Hermione decisa. «Basta che tu sia molto, molto concentrato, e verrà. Harry, sarà meglio che dormiamo un po’… ne avrai bisogno».
   
    * * *
    Quella sera Harry si era concentrato così tanto per imparare l’Incantesimo di Appello che un po’ della sua paura cieca lo aveva abbandonato. La mattina dopo, comunque, tornò tutta intera. L’atmosfera nella scuola era di grande tensione ed eccitazione. Le lezioni sarebbero terminate a mezzogiorno, dando modo a tutti gli studenti di scendere al recinto dei draghi, anche se naturalmente non sapevano ancora che cosa avrebbero trovato laggiù.
    Harry si sentiva stranamente isolato da tutti, sia che gli augurassero buona fortuna sia che sibilassero «Teniamo pronta una scatola di fazzoletti, Potter» al suo passaggio. Era talmente nervoso che si chiese se nel momento di affrontare il drago non avrebbe semplicemente perso la testa, scagliando incantesimi su tutti quanti.
    Il tempo si comportava in modo più stravagante che mai: filava via a grandi blocchi, così che un momento gli sembrava di essere seduto in classe per la prima lezione, Storia della Magia, e il momento dopo stava andando a pranzo… e poi (dov’era finita la mattinata? Le ultime ore senza draghi?) ecco che la professoressa McGranitt gli correva incontro nella Sala Grande. Un sacco di ragazzi gli puntarono gli occhi addosso.
    «Potter, i campioni devono venire giù nel parco adesso… dovete prepararvi per la prima prova».
    «Va bene» disse Harry alzandosi, mentre la forchetta cadeva nel piatto con un tintinnio.
    «Buona fortuna, Harry» sussurrò Hermione. «Andrà tutto bene!»
    «Certo» disse Harry con una voce che non somigliava affatto alla sua.
    Uscì dalla Sala Grande assieme alla professoressa McGranitt. Quasi non sembrava lei; in effetti, era preoccupata quasi quanto Hermione. Mentre lo scortava giù per i gradini di pietra nel freddo pomeriggio di novembre, gli posò una mano sulla spalla.
    «Ora, non farti prendere dal panico» disse, «cerca di restare distaccato… abbiamo maghi a disposizione per controllare la situazione se sfugge di mano… la cosa più importante è che tu faccia meglio che puoi, e nessuno penserà male di te… ti senti bene?»
    «Si» Harry si sentì rispondere. «Si, sto bene».
    Lo stava guidando verso il luogo in cui si trovavano i draghi, lungo il limitare della Foresta, ma quando si avvicinarono alla macchia di alberi oltre la quale lo steccato sarebbe stato chiaramente visibile, Harry vide che era stata eretta una tenda: l’ingresso era davanti a loro e nascondeva i draghi.
    «Devi entrare là con gli altri campioni» disse la professoressa McGranitt con voce piuttosto tremante, «e aspettare il tuo turno, Potter. Il signor Bagman è là dentro… ti spiegherà la… la procedura… buona fortuna».
    «Grazie» disse Harry con voce sorda e distante. Lei lo lasciò all’ingresso delia tenda. Harry entrò.
    Fleur Delacour era seduta in un angolo su un basso sgabello di legno. Non sembrava affatto calma come al solito, ma era pallida e sudaticcia. Viktor Krum sembrava anche più arcigno del solito, e Harry suppose che fosse il suo modo di manifestare la tensione. Cedric camminava avanti e indietro. All’ingresso di Harry, gli rivolse un sorrisetto, che Harry ricambiò, accorgendosi che i suoi muscoli facciali facevano fatica a lavorare, come se avessero dimenticato come si faceva.
    «Harry! Ehilà!» disse Bagman allegro, voltandosi a guardarlo. «Entra, entra, mettiti comodo!»
    Bagman sembrava vagamente un personaggio dei cartoni animati un po’ gonfiato, lì in mezzo ai campioni pallidi e tirati. Indossava di nuovo la sua vecchia divisa da Vespa.
    «Be’, ora che ci siamo tutti è giunto il momento di informarvi!» disse Bagman in tono vivace. «Quando il pubblico avrà preso posto, vi consegnerò questa borsa» — mostrò un sacchetto di seta viola e lo scosse — «da cui estrarrete a turno un modellino della cosa che state per affrontare! Ce ne sono diversi — ehm — tipi, sapete. E devo dirvi anche qualcos’altro… ah, sì… il vostro compito e impadronirvi dell’uovo d’oro!»
    Harry si guardò attorno. Cedric aveva annuito una volta, per mostrare che aveva capito le parole di Bagman, e poi aveva ripreso a percorrere la tenda su e giù; era un po’ verdastro. Fleur Delacour e Krum non avevano avuto alcuna reazione. Forse pensavano che ad aprire la bocca avrebbero vomitato; era proprio cosi che si sentiva Harry. Ma loro, almeno, si erano fatti avanti spontaneamente…
    E in un attimo, si udirono centinaia e centinaia di paia di piedi al di là della tenda, mentre i loro proprietari parlavano eccitati, ridevano, scherzavano… Harry si sentiva separato dalla folla come se fosse di un’altra specie. E poi — dopo quello che gli parve un secondo — Bagman aprì il sacchetto di seta viola.
    «Prima le signore» disse, porgendolo a Fleur Delacour.
    La ragazza infilò una mano tremante nel sacchetto ed estrasse un minuscolo, perfetto modellino di drago: un Gallese Verde. Attorno al collo aveva appeso il numero due. E Harry seppe, dal fatto che Fleur non diede segno di sorpresa, ma piuttosto una determinata rassegnazione, che aveva avuto ragione: Madame Maxime le aveva detto che cosa la aspettava.
    La stessa cosa valse per Krum. Lui estrasse il Petardo Cinese. Aveva il numero tre attorno al collo. Krum non batté ciglio, si limitò a fissare il terreno.
    Cednc infilò la mano nel sacchetto e ne uscì il Grugnocorto Svedese blugrigio, col numero uno appeso al collo. Sapendo che cosa era rimasto, Harry mise la mano nel sacchetto di seta ed estrasse l’Ungaro Spinato, il numero quattro. Mentre lo guardava, quello spalancò le ali e scoprì le minuscole zanne.
    «Bene, ci siamo!» disse Bagman. «Ciascuno di voi ha estratto il drago che dovrà affrontare, e i numeri si riferiscono all’ordine in cui li sfiderete, capito? Ora, fra un attimo vi devo lasciare, perché farò la telecronaca. Signor Diggory, lei è il primo, non deve far altro che entrare nel recinto quando sente un fischio, d’accordo? Ora… Harry… posso dirti due parole? Fuori?»
    «Ehm… sì» disse Harry confuso, e si alzò e uscì dalla tenda con Bagman, che lo condusse poco distante, tra gli alberi, e poi gli si rivolse con fare paterno.
    «Ti senti bene, Harry? C’è qualcosa che posso farti avere?»
    «Cosa?» disse Harry. «Io… no, niente».
    «Hai un piano?» gli chiese Bagman, abbassando la voce in tono cospiratorio. «Perché non mi dispiace darti qualche consiglio, se ti va, insomma. Voglio dire» continuò Bagman, a voce ancora più bassa, «tu sei quello messo peggio qui, Harry… se posso fare qualcosa per aiutarti…»
    «No» rispose Harry, così in fretta che capì di essere stato sgarbato, «no… io… ho già deciso che cosa fare, grazie».
    «Non lo verrebbe a sapere nessuno, Harry» disse Bagman con una strizzatina d’occhio.
    «No, sto bene» disse Harry, chiedendosi perché continuava a ripeterlo a tutti, e domandandosi se era mai stato meno bene. «Ho un piano che ho escogitato, io…»
    Da qualche parte risuonò un fischio.
    «Oh cielo, devo correre!» esclamò Bagman allarmato, e filò via.
    Harry tornò verso la tenda e vide uscirne Cedric, più verde che mai. Cercò di augurargli buona fortuna mentre passava, ma dalla sua bocca non uscì altro che una specie di rauco grugnito.
    Harry tornò dentro da Fleur e Krum. Qualche secondo più tardi, udirono il ruggito della folla, a indicare che Cedric era entrato nello steccato e si trovava faccia a faccia con l’equivalente in carne e ossa del suo modellino…
    Fu peggio di quanto Harry avesse mai potuto immaginare, star lì seduto ad ascoltare. La folla urlò… strillò… trattenne il respiro come una sola entità dotata di molte teste, mentre Cedric s’ingegnava a superare il Grugnocorto Svedese. Krum continuava a fissare a terra. Fleur ripercorreva i passi di Cedric, intorno alla tenda. E la cronaca di Bagman rendeva tutto molto, molto peggiore… immagini terribili si formarono nella mente di Harry mentre sentiva: «Oooh, c’è mancato poco, molto poco»… «Corre dei rischi, questo signore!»… «Bella mossa… peccato che non abbia funzionato!»
    E poi, dopo circa quindici minuti, Harry udì il frastuono assordante che poteva significare solo una cosa: Cedric aveva superato il suo drago e afferrato l’uovo d’oro.
    «Davvero molto bene!» gridava Bagman, «E ora il punteggio dei giudici!»
    Ma non gridò i punti; Harry immaginò che i giudici li tenessero alti e li mostrassero alla folla.
    «Fuori uno, tre ancora in gara!» strillò Bagman, mentre il fischietto suonava di nuovo. «Signorina Delacour, prego!»
    Fleur tremava da capo a piedi; Harry si senti più bendisposto nei suoi confronti di quanto non fosse stato fino ad allora, mentre lei usciva dalla tenda a testa alta, con la mano che stringeva convulsamente la bacchetta. Lui e Krum rimasero soli, ai lati opposti della tenda, evitando di incrociare gli sguardi.
    Tutto ricominciò daccapo… «Oh, non sono sicuro che sia stata una mossa saggia!» udirono Bagman gridare gaiamente. «Oh… quasi! Attenta ora… Santo cielo, credevo che ci fosse riuscita!»
    Dieci minuti dopo, Harry sentì la folla esplodere di nuovo in un applauso… anche Fleur doveva avercela fatta. Una pausa, mentre venivano mostrati i punti di Fleur… altri battimani… poi, per la terza volta, il fischio.
    «Ed ecco il signor Krum!» strillò Bagman, e Krum usci ciondolando, lasciando Harry solo.
    Si sentiva molto più consapevole del solito di possedere un corpo; molto consapevole del suo cuore che batteva forte e delle sue dita che formicolavano di paura… eppure allo stesso tempo gli pareva di essere fuori da se stesso, di vedere le pareti della tenda e di sentire la folla come da una grande distanza…
    «Molto audace!» stava urlando Bagman, e Harry udì il Petardo Cinese dare in un orrendo gemito ruggente, mentre la folla tratteneva il respiro come un sol uomo. «Sta dimostrando un bel coraggio… e… sì, ha preso l’uovo!»
    Gli applausi incrinarono l’aria invernale tesa come un vetro; Krum aveva finito; a momenti sarebbe toccato a Harry.
    Si alzò, notando vagamente che le sue gambe sembravano fatte di zucchero filato. Attese. E poi sentì il fischietto suonare. Usci dall’ingresso della tenda, il panico crescente dentro di lui. Ed ecco che oltrepassava gli alberi, ecco che entrava nello steccato attraverso un’apertura.
    Vide ogni cosa davanti a lui come se si trattasse di un sogno a colori vivacissimi. C’erano centinaia e centinaia di facce che lo fissavano da tribune che erano state erette per magia dall’ultima volta che era stato li. E c’era lo Spinato, all’altro capo del recinto, accoccolato sulla sua covata, le ali ripiegate a metà, i malvagi occhi gialli fissi su di lui, un mostruoso lucertolone dalle squame nere che agitava la coda irta di punte, scavando solchi lunghi un metro nel terreno duro. La folla faceva un gran frastuono, ma Harry non sapeva né si curò di scoprire se fosse amichevole o meno. Era ora di fare ciò che doveva fare… di concentrare la mente, totalmente e assolutamente, sulla cosa che era la sua sola possibilità…
    Levò la bacchetta.
    «Accio Firebolt!» urlò.
    Attese, ogni fibra del suo corpo che sperava, pregava… se non avesse funzionato… sembrava che vedesse ogni cosa intorno attraverso una sorta di barriera trasparente e luccicante, come una foschia di calore, che faceva fluttuare in modo strano il recinto e le centinaia di facce attorno a lui…
    E poi la sentì sfrecciare nell’aria alle sue spalle; si voltò e vide la sua Firebolt che si scagliava verso di lui costeggiando il bosco, galleggiava nel recinto, e s’immobilizzava a mezz’aria accanto a lui, in attesa che la cavalcasse. La folla faceva ancora più rumore… Bagman urlava qualcosa… ma le orecchie di Harry non funzionavano più a dovere… ascoltare non era importante…
    Gettò la gamba oltre la scopa e decollò. E un istante dopo, accadde qualcosa di miracoloso…
    Mentre si alzava in volo, mentre il vento gli soffiava nei capelli, mentre là sotto i volti del pubblico diventavano semplici punte di spillo color carne e lo Spinato rimpiccioliva diventando delle dimensioni di un cane, capi che non si era lasciato indietro solo il suolo, ma anche la sua paura… era tornato nel suo elemento…
    Quella era solo un’altra partita a Quidditch, ecco tutto… solo un’altra partita a Quidditch, e lo Spinato era solo un’altra brutta squadra avversaria…
    Guardò giù il mucchio di uova, e riconobbe quello d’oro, che brillava contro i compagni color granito, tutti ammucchiati al sicuro tra le zampe davanti del drago. «Ok» si disse Harry, «tattica diversiva… andiamo…»
    Si tuffò. Il muso dello Spinato lo seguì; Harry conosceva le sue intenzioni, e scartò dalla picchiata appena in tempo; un getto di fuoco aveva investito il punto preciso in cui si sarebbe trovato se non avesse deviato… ma Harry non vi fece caso: era esattamente come evitare un Bolide…
    «Santo cielo, questo è volare!» strillò Bagman mentre la folla gemeva e tratteneva il respiro. «Visto che roba, signor Krum?»
    Harry si levò più su, in cerchio; lo Spinato stava ancora seguendo la sua avanzata, con la testa che dondolava sul lungo collo — se continuava così, l’avrebbe intontito un bel po’ — ma meglio non esagerare, o avrebbe sputato fuoco un’altra volta…
    Harry scese a picco proprio mentre lo Spinato spalancava la bocca, ma questa volta ebbe meno fortuna: evitò le fiamme, ma la coda si alzò sferzante per intercettarlo, e mentre deviava a sinistra, una delle lunghe punte gli scalfì la spalla, strappandogli l’abito…
    Sentì un bruciore, udì strilli e gemiti salire dalla folla, ma la ferita non sembrava profonda… sfrecciò attorno al dorso dello Spinato, e gli balenò in mente una possibilità…
    Lo Spinato non sembrava intenzionato a prendere il volo, era troppo impegnato a proteggere le uova. Anche se si contorceva e si agitava, spalancando e ripiegando le ali e tenendo i temibili occhi gialli fissi su Harry, aveva paura di allontanarsi troppo… lui doveva riuscire a indurlo a spostarsi, o non si sarebbe mai avvicinato alle uova… il trucco era farlo con cautela, un po’ alla volta…
    Prese a volare prima da una parte poi dall’altra, non abbastanza vicino da provocare una fiammata, ma simulando una minaccia sufficiente affinché gli tenesse gli occhi incollati addosso. Il suo testone dondolava da una parte all’altra, mentre lo guardava con quelle pupille verticali, le zanne scoperte…
    Volò più su. La testa dello Spinato si levò con lui, il collo ora teso al massimo, ancora oscillante, come un serpente davanti al suo incantatore…
    Harry si alzò ancora di qualche metro, e il drago emise un ruggito esasperato. Per lui Harry era come una mosca, una mosca che desiderava scacciare; la sua coda si dibatté di nuovo, ma ora era troppo in alto per raggiungerlo… sputò fuoco nell’aria, e lui lo schivò… le sue mascelle si spalancarono…
    «Andiamo» sibilò Harry, scartando sopra di lui in modo da tentarlo, «andiamo, vieni a prendermi… vieni su, ora…»
    E poi il drago si levò, spalancando finalmente le grandi ali di cuoio nero, larghe come quelle di un piccolo aeroplano — e Harry si tuffò. Prima che il drago avesse capito ciò che aveva fatto, o dove fosse sparito, Harry sfrecciava verso il suolo a velocità massima, verso le uova ora non più difese dalle zampe anteriori armate di artigli — ecco che levava le mani dalla Firebolt — ecco che afferrava l’uovo d’oro…
    E con un’enorme accelerata era su, galleggiava sopra le tribune, il pesante uovo al sicuro sotto il braccio ancora sano, e fu come se qualcuno avesse appena rialzato il volume: per la prima volta, si accorse del fragore della folla, che urlava e applaudiva forte come i tifosi irlandesi alla Coppa del Mondo…
    «Ma guardate!» strillava Bagman. «Ma guardate un po’! Il nostro campione più giovane è stato il più veloce a prendere l’uovo! Bene, ciò abbasserà le quote sul signor Potter!»
    Harry vide i guardiani accorrere per domare lo Spinato, e, all’ingresso del recinto, la professoressa McGranitt, il professor Moody e Hagrid che gli correvano incontro e gli facevano tutti segno di avvicinarsi, i sorrisi ben visibili anche a quella distanza. Tornò a volare sulle tribune, mentre il frastuono della folla gli pulsava nelle orecchie, e atterrò dolcemente, il cuore più leggero di quanto non fosse stato da settimane… aveva superato la prima prova, era sopravvissuto…
    «Ottimo, Potter!» urlò la professoressa McGranitt mentre lui scendeva dalla Firebolt: detto da lei era un complimento insolito. Notò che le tremavano le mani mentre indicava la sua spalla. «Devi andare da Madama Chips prima che i giudici ti diano i punti… laggiù, ha già dovuto sistemare Diggory…»
    «Ce l’hai fatta, Harry!» esclamò Hagrid con voce roca. «Ce l’hai fatta! E proprio contro lo Spinato, te lo ricordi che cos’aveva detto, Charlie, che era il peg…»
    «Grazie, Hagrid» disse Harry ad alta voce, in modo che Hagrid non continuasse a blaterare rivelando che gli aveva mostrato i draghi in anticipo.
    Anche il professor Moody sembrava molto soddisfatto; il suo occhio magico ballava tra le palpebre.
    «Come bere un bicchier d’acqua, Harry» ringhiò.
    «Di là, Potter, nella tenda prontosoccorso, per favore…» insistette la professoressa McGranitt.
    Harry uscì dal recinto, ancora ansante, e vide Madama Chips in piedi all’ingresso di una seconda tenda. Aveva l’aria agitata.
    «Draghi!» esclamò in tono disgustato, trascinando dentro Harry. La tenda era divisa in cubicoli; Harry distinse l’ombra di Cedric attraverso la tela, ma Cedric non sembrava ferito gravemente; era seduto, almeno. Madama Chips esaminò la spalla di Harry, parlando in tono arrabbiato per tutto il tempo. «L’anno scorso i Dissennatori, quest’anno i draghi, cos’altro faranno entrare a scuola l’anno prossimo? Sei molto fortunato… è piuttosto superficiale… devo ripulirla prima di medicarla, però…»
    Pulì il taglio con una spruzzata di un liquido violetto che fumava e bruciava, poi gli sfiorò la spalla con la bacchetta e la sentì guarire all’istante.
    «Ora, stai lì seduto tranquillo un minuto… seduto! E poi potrai andare a vedere il punteggio».
    Si precipitò fuori dalla tenda e Harry la sentì entrare nel cubicolo accanto e chiedere: «Come va adesso, Diggory?»
    Harry non voleva star seduto; era ancora troppo carico di adrenalina. Si alzò per vedere che cosa succedeva fuori, ma prima di aver raggiunto l’ingresso della tenda, Hermione entrò di corsa, seguita da Ron.
    «Harry, sei stato eccezionale!» disse Hermione con voce roca. C’erano graffi sul suo viso, nei punti in cui aveva affondato le unghie per la paura. «Sei stato straordinario! Davvero!»
    Ma Harry stava guardando Ron, che era molto pallido, e lo fissava come se fosse un fantasma.
    «Harry» disse in tono molto serio, «chiunque abbia messo il tuo nome in quel Calice… io… io credo che stiano cercando di farti fuori!»
    Era come se le ultime settimane non fossero mai passate, come se Harry incontrasse Ron per la prima volta appena dopo essere stato designato campione.
    «Ci sei arrivato, eh?» disse freddamente. «Ci hai messo un bel po’».
    Hermione stava in mezzo a loro, tesa, guardando dall’uno all’altro. Ron aprì la bocca, incerto. Harry capì che stava per scusarsi e all’improvviso sentì che non aveva bisogno di ascoltarlo.
    «È tutto ok» disse, prima che Ron potesse spiccicar parola. «Lascia perdere».
    «No» disse Ron. «Non avrei dovuto…»
    «Lascia perdere» ripeté Hany.
    Ron gli sorrise, imbarazzato, e Harry ricambiò il sorriso.
    Hermione scoppiò in lacrime.
    «Non c’è niente da piangere!» le disse Harry, sbalordito.
    «Voi due siete così stupidi!» gridò lei tra le lacrime, pestando il piede a terra. Poi, prima che uno di loro potesse fermarla, abbracciò tutti e due e sfrecciò via. singhiozzando con tutte le sue forze.
    «Quante storie» commentò Ron, scuotendo la testa. «Harry, andiamo, staranno dando il punteggio…»
    Prendendo l’uovo d’oro e la Firebolt. più sollevato di quanto non avesse creduto possibile solo un’ora prima, Harry si chinò per uscire dalla tenda, con Ron al fianco, che parlava in fretta.
    «Sei stato il migliore, davvero, non c’è paragone. Cedric ha fatto una cosa strana, ha Trasfigurato una pietra per terra… l’ha trasformata in un cane… voleva che il drago lo inseguisse. Be’, è stata una gran bella Trasfigurazione, e ha funzionato, in un certo senso, perché ha preso l’uovo, ma si è anche bruciato: il drago ha cambiato idea a metà strada e ha deciso che preferiva acchiappare lui, se l’è cavata per un pelo. E quella Fleur ha tentato una specie di incantesimo, credo che volesse ipnotizzarlo o roba del genere; be’, ha funzionato, un po’, almeno, il drago era tutto insonnolito, ma poi ha sbuffato, ed è venuto fuori un gran getto di fuoco, e la sua gonna ha preso fuoco: l’ha spenta facendo uscire dalla bacchetta un po’ d’acqua. E Krum — non ci crederai, ma non gli è nemmeno venuto in mente di volare! Probabilmente è stato il migliore dopo di te, comunque. L’ha beccato nell’occhio con un incantesimo. Solo che quello si è messo a calpestare tutto dal dolore e ha schiacciato metà delle uova vere; gli hanno tolto dei punti, non doveva danneggiarle».
    Ron riprese fiato mentre lui e Harry raggiungevano lo steccato. Ora che lo Spinato era stato portato via, Harry vide dov’erano seduti i cinque giudici: all’altro capo, in postazioni elevate rivestite d’oro.
    «Ciascuno può dare al massimo dieci» disse Ron, e Harry, strizzando gli occhi per vedere dall’altra parte del campo, vide il primo giudice — Madame Maxime — levare per aria la bacchetta. Ne sfuggì quello che parve un lungo nastro d’argento, che si curvò in un grande otto.
    «Non male!» esclamò Ron tra gli applausi della folla. «Credo che ti abbia tolto dei punti per via della spalla…»
    Poi toccò al signor Crouch, che sparò in aria un nove.
    «Sta andando bene!» strillò Ron, dando dei gran colpi nella schiena a Harry.
    Poi Silente. Anche lui disegnò un nove. La folla applaudiva più forte che mai.
    Ludo Bagman: dieci.
    «Dieci?» disse Harry incredulo. «Ma… mi sono fatto male… a che gioco sta giocando?»
    «Harry, non lamentarti!» gridò Ron eccitato.
    E poi Karkaroff levò la bacchetta. Si fermò un attimo, e poi anche dalla sua bacchetta filò fuori un numero: quattro.
    «Cosa?» tuonò Ron infuriato. «Quattro? Tu, sporca canaglia parziale, a Krum hai dato dieci!»
    Ma a Harry non importava, non gli sarebbe importato nemmeno se Karkaroff gli avesse dato zero; l’indignazione di Ron valeva almeno cento punti per lui. Non lo disse a Ron, naturalmente, ma il suo cuore era più leggero dell’aria quando si voltò per uscire dallo steccato. E non era solo Ron… non erano solo i Grifondoro quelli che applaudivano nella folla. Quando si era arrivati al dunque, quando avevano visto che cosa doveva affrontare, gran parte dei ragazzi della scuola si erano schierati dalla sua parte, come da quella di Cedric… non gli importava dei Serpeverde, ora poteva sopportare qualunque insulto da parte loro.
    «Sei al primo posto alla pari, Harry! Tu e Krum!» disse Charlie Weasley, affrettandosi a raggiungerli mentre tornavano a scuola. «Senti, devo correre, devo mandare un gufo a mamma, le ho giurato di dirle che cosa succedeva — ma è stato incredibile! Oh, si — e devi restare qui ancora qualche minuto… Bagman vuole parlarti nella tenda dei campioni».
    Ron disse che lo avrebbe aspettato, così Harry tornò nella tenda, che ora sembrava diversa: amichevole e accogliente. Ripensò a quello che aveva provato mentre schivava lo Spinato, e lo paragonò alla lunga attesa prima di uscire ad affrontarlo… non c’era confronto, l’attesa era stata incommensurabilmente peggiore.
    Fleur, Cedric e Krum entrarono insieme.
    Un lato del viso di Cedric era coperto da una densa pasta arancione, che presumibilmente stava curando la sua scottatura. Sorrise a Harry quando lo vide. «Bel colpo, Harry».
    «Anche il tuo» disse Harry, e gli restituì il sorriso.
    «Ben fatto, tutti quanti!» esclamò Ludo Bagman, entrando saltellando nella tenda, soddisfatto come se fosse stato lui a superare un drago. «Ora, solo due parole veloci. Avete una bella pausa lunga prima della seconda prova, che avrà luogo la mattina del 24 febbraio alle nove e mezza — ma nel frattempo vi diamo qualcosa a cui pensare! Se guardate le uova d’oro che tenete in mano, vedrete che si aprono… vedete il segno? Dovete risolvere l’indovinello che c’è nel vostro uovo, perché vi dirà qual è la seconda prova, e vi permetterà di prepararvi! È tutto chiaro? Sicuri? Bene, allora potete andare!»
    Harry uscì dalla tenda, raggiunse Ron e insieme camminarono lungo il limitare della Foresta, parlando fitto; Harry voleva sapere nel dettaglio che cos’avevano fatto gli altri campioni. Poi, mentre aggiravano il ciuffo di alberi dietro il quale Harry aveva visto i draghi ruggire per la prima volta, una strega gli si parò davanti all’improvviso.
    Era Rita Skeeter. Quel giorno era vestita di verde acido, che s’intonava perfettamente con la Penna Prendiappunti, pronta all’azione.
    «Congratulazioni, Harry!» disse con un gran sorriso. «Chissà se hai voglia di dirmi una parolina… Cos’hai provato affrontando il drago? Che cosa ne pensi dei punteggi, secondo te sono giusti?»
    «Sì, ho proprio voglia di dirle una parolina» disse Harry con ferocia. «Addio».
    E ripartì con Ron alla volta del castello.
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