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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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Lo Scoop di Rita Skeeter


   Il 26 dicembre tutti si svegliarono tardi. La sala comune di Grifondoro era molto più tranquilla di quanto non fosse stata ultimamente, e frequenti sbadigli punteggiavano le pigre conversazioni. I capelli di Hermione erano di nuovo crespi; confessò a Harry di aver usato una gran quantità della Tricopozione Lisciariccio per il ballo, «ma è troppo complicato farlo tutti i giorni» concluse in tono pratico, grattando dietro le orecchie un Grattastinchi impegnato a fare le fusa.
    Ron e Hermione parevano aver raggiunto un tacito accordo: non parlare della loro lite. Erano piuttosto amichevoli l’uno verso l’altra, anche se stranamente formali. Ron e Harry comunque le raccontarono subito della conversazione tra Madame Maxime e Hagrid, ma Hermione, a differenza di Ron, non trovò affatto spaventosa la notizia che Hagrid fosse un Mezzogigante.
    «Be’, me lo immaginavo» disse, alzando le spalle. «Sapevo che non poteva essere un gigante puro, perché sono alti sei metri. Ma sinceramente, tutta questa agitazione per i giganti… Non possono essere tutti terribili… è lo stesso tipo di pregiudizio che la gente nutre nei confronti dei Lupi Mannari… è solo fanatismo, no?»
    Ron aveva l’aria di voler ribattere qualcosa di tagliente, ma forse non voleva scatenare un’altra lite, perché si accontentò di scuotere la testa incredulo mentre Hermione non lo guardava.
    Era giunto il momento di pensare ai compiti che avevano trascurato durante la prima settimana di vacanza. Tutti sembravano piuttosto giù di tono, ora che il Natale era passato: o meglio, tutti tranne Harry che cominciava (di nuovo) a sentirsi un po’ nervoso.
    Il guaio era che il 24 febbraio sembrava molto più vicino visto da questo versante del Natale, e lui non aveva ancora fatto niente per decifrare l’indovinello dentro l’uovo d’oro. Quindi cominciò a tirar fuori l’uovo dal baule tutte le volte che saliva al dormitorio, ad aprirlo e ad ascoltare attentamente, nella speranza che questa volta l’ululato avrebbe avuto un senso. Si sforzò di pensare che cosa gli ricordava quel suono, a parte trenta Seghe Musicali, ma non aveva mai sentito niente del genere. Chiuse l’uovo, lo scosse vigorosamente e lo riaprì per vedere se i rumori erano cambiati, ma niente da fare. Cercò di interrogare l’uovo, strillando più forte dei suoi gemiti, ma non successe nulla. Arrivò a scagliare l’uovo attraverso la stanza, anche se non si aspettava davvero che servisse.
    Harry non aveva dimenticato il suggerimento di Cedric, ma i sentimenti men che amichevoli che nutriva nei suoi confronti al momento comportavano che preferiva non accettare il suo aiuto se poteva farne a meno. E comunque, se Cedric voleva davvero dargli una mano, avrebbe dovuto essere molto più esplicito. Lui, Harry, gli aveva detto esattamente che cosa sarebbe successo nella prima prova: e Cedric lo ricambiava dicendogli di farsi un bagno. Be’, non aveva bisogno di quella schifezza di suggerimento: e soprattutto non da parte di uno che continuava a camminare per i corridoi mano nella mano con Cho. E così giunse il primo giorno del nuovo trimestre, e Harry scese per andare a lezione, carico di libri, pergamene e penne come al solito, ma anche con il pensiero fisso dell’uovo che gli pesava sullo stomaco, come se lo avesse mangiato.
    La neve era ancora alta nel parco, e nella classe di Erbologia le finestre della serra erano coperte di una condensa così fitta che non si riusciva a vedere fuori. Nessuno aveva una gran voglia di andare a Cura delle Creature Magiche visto il tempo, anche se, come osservò Ron, gli Schiopodi probabilmente li avrebbero aiutati a scaldarsi, o rincorrendoli o sparando scintille con tanta forza da appiccare il fuoco alla capanna di Hagrid.
    Ma quando arrivarono, trovarono davanti alla porta una vecchia strega coi capelli grigi tagliati cortissimi e il mento molto pronunciato.
    «Muovetevi, allora, la campana è suonata cinque minuti fa» abbaiò contro di loro, mentre avanzavano a fatica nella neve.
    «Chi è lei?» disse Ron, fissandola. «Dov’è Hagrid?»
    «Mi chiamo professoressa Caporal» disse lei in tono brusco, «e sono la vostra supplente di Cura delle Creature Magiche».
    «Dov’è Hagrid?» ripeté Harry a voce alta.
    «È indisposto» rispose seccamente la professoressa Caporal.
    Harry udì alle sue spalle un suono di risate basse e sgradevoli. Si voltò: Draco Malfoy e il resto dei Serpeverde erano in arrivo. Erano tutti giulivi, e nessuno parve sorpreso di vedere la professoressa Caporal.
    «Da questa parte, prego» disse quest’ultima, avanzando lungo il recinto degli enormi cavalli di Beauxbatons, che tremavano di freddo. Harry, Ron e Hermione la seguirono, guardando verso la capanna di Hagrid. Tutte le tende erano tirate. Hagrid era là dentro, solo e malato?
    «Che cos’ha Hagrid?» disse Harry, affrettandosi a raggiungere l’insegnante.
    «Non è affar tuo» rispose lei.
    «Invece si» ribatté Harry infervorato. «Che cosa gli è successo?»
    La professoressa Caporal finse di non sentirlo. Li guidò oltre il recinto che ospitava i cavalli di Beauxbatons, rannicchiati l’uno contro l’altro per difendersi dal freddo, verso un albero al limitare della Foresta, dov’era legato un grosso, bell’esemplare di unicorno.
    Un coro di «Oooooh!» si levò dalle ragazze.
    «Oh, è così bello!» sussurrò Lavanda Brown. «Come ha fatto? Devono essere difficilissimi da catturare!»
    L’unicorno era di un bianco cosi splendente che a confronto la neve sembrava grigia. Grattava il suolo nervosamente con gli zoccoli d’oro, gettando indietro la testa cornuta.
    «I ragazzi stiano indietro!» abbaiò la professoressa Caporal, tendendo un braccio e urtando forte Harry in pieno petto. «Preferiscono il tocco femminile, gli unicorni. Le ragazze davanti, e avvicinatevi con cautela. Avanti, adagio!»
    Lei e le ragazze avanzarono lentamente verso l’unicorno, lasciando i ragazzi indietro, vicino alla staccionata, a guardare.
    Nell’istante in cui la professoressa Caporal fu fuori tiro, Harry si rivolse a Ron. «Che cosa credi che abbia? Non pensi che uno Schiopodo…?»
    «Oh, non è stato aggredito, Potter, se è questo che temi» disse Malfoy piano. «No, è solo che si vergogna troppo a far vedere quel suo brutto faccione».
    «Che stai dicendo?» esclamò Harry brusco.
    Malfoy infilò la mano nella tasca dell’abito e ne estrasse un foglio di giornale piegato.
    «Ecco qui» disse. «Mi dispiace così tanto di essere io il latore, Potter…»
    Sogghignò mentre Harry afferrava il foglio, lo spiegava e leggeva, con Ron, Seamus, Dean e Neville sopra la sua spalla. Era un articolo corredato di una foto di Hagrid con l’aria decisamente imbarazzata.
   
    L’ERRORE GIGANTESCO DI SILENTE
    Albus Silente, eccentrico Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non ha mai avuto paura di fare scelte discutibili in fatto di personale docente, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. A settembre di quest’anno ha assunto Alastor «Malocchio» Moody, il noto ex Auror iettatore, per insegnare Difesa contro le Arti Oscure, una decisione che ha fatto aggrottare molte fronti al Ministero della Magia, data la ben nota abitudine di Moody di aggredire chiunque faccia un movimento brusco in sua presenza. Malocchio Moody, comunque, sembra gentile e responsabile, se confrontato con il semiumano che Silente ha assunto per insegnare Cura delle Creature Magiche.
    Rubeus Hagrid, che ammette di essere stato espulso da Hogwarts al terzo anno, da allora si gode il posto di guardiacaccia, lavoro garantitogli da Silente. Lo scorso anno, però, Hagrid ha fatto uso della sua misteriosa influenza sul Preside per assicurarsi anche il posto di insegnante di Cura delle Creature Magiche, davanti a parecchi candidati con migliori credenziali.
    Hagrid, decisamente enorme e feroce di aspetto, ha usato l’autorità da poco acquisita per terrorizzare gli studenti a lui affidati con una successione di orrende creature. Mentre Silente finge di non vedere, Hagrid ha causato menomazioni a parecchi allievi durante una serie di lezioni che molti ammettono essere state «decisamente spaventose». «Io sono stato aggredito da un Ippogrifo, e il mio amico Vìncent Tiger si è preso un brutto morso da un Vermicolo» dichiara Draco Malfoy, uno studente del quarto anno. «Tutti quanti detestiamo Hagrid, ma abbiamo troppa paura per parlare».
    Hagrid non intende comunque porre fine alla sua campagna intimidatoria. Nel corso della sua conversazione con un inviato della Gazzetta del Profeta il mese scorso, ha ammesso di allevare creature che ha battezzato «Schiopodi Sparacoda»: si tratta di un incrocio altamente pericoloso tra una Manticora e un Fiammagranchio. La creazione di nuove razze di creature magiche è, come tutti sanno, un’attività generalmente tenuta sotto stretto controllo dall’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Hagrid, a quanto pare, si considera al di sopra di queste futili restrizioni.
    «Mi stavo solo divertendo un po’» ha dichiarato prima di cambiare argomento in fretta e furia.
    Come se non bastasse, la Gazzetta del Profeta ha ora scoperto le prove del fatto che Hagrid non è — come ha sempre finto di essere — un mago purosangue. In effetti non è nemmeno un umano purosangue. Siamo in grado di rivelare in esclusiva che sua madre è nientemeno che la gigantessa Fridwulfa, il cui domicilio è attualmente sconosciuto.
    Sanguinari e violenti, i giganti sono arrivati alla soglia dell’estinzione combattendo gli uni contro gli altri nel corso dell’ultimo secolo. I pochi superstiti si sono uniti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, e si sono macchiati di alcune delle più terribili stragi di Babbani del suo regno di terrore.
    Mentre molti dei giganti che hanno servito Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sono stati uccisi dagli Auror in lotta contro il Lato Oscuro, Fridwulfa non era tra di loro. È possibile che sia fuggita in una delle comunità di giganti ancora esistenti tra monti stranieri. Se le sue bizzarrie nel corso delle lezioni di Cura delle Creature Magiche significano qualcosa, comunque, il figlio di Fridwulfa sembra aver ereditato la sua natura violenta.
    Per un bizzarro scherzo del fato, Hagrid pare aver stretto una salda amicizia con il ragazzo che ha provocato la caduta di Voi-Sapete-Chi, costringendo di conseguenza la propria stessa madre, come il resto dei sostenitori di Voi-Sapete-Chi, a nascondersi. Forse Harry Potter non conosce la sgradevole verità sul suo grosso amico: ma Albus Silente certo ha il dovere di garantire che Harry Potter, con i suoi compagni, sia messo in guardia contro i pericoli che corre chi frequenta Mezzigiganti.
   
    Harry finì di leggere e guardò Ron, che era rimasto a bocca aperta.
    «Come ha fatto a scoprirlo?» sussurrò.
    Ma non era questo a infastidire Harry.
    «Cosa vorrebbe dire, “Tutti quanti detestiamo Hagrid”?» esplose rivolto a Malfoy. «Che cosa sono quelle sciocchezze sul fatto che lui» e indicò Tiger, «sarebbe stato morso da un Vermicolo? Non hanno nemmeno i denti!»
    Tiger ridacchiava, decisamente compiaciuto.
    «Be’, credo che con questo la carriera di insegnante di quel deficiente dovrebbe essere finita» disse Malfoy, con gli occhi che brillavano. «Mezzogigante… e io che pensavo che si fosse trangugiato una bottiglia di Crescicresci da piccolo… ai nostri genitori questa faccenda non andrà proprio giù… avranno paura che si mangi i loro figli, ah, ah…»
    «Tu…»
    «Ehi, laggiù, state guardando?»
    La voce della professoressa Caporal raggiunse i ragazzi; le ragazze erano tutte attorno all’unicorno, e lo accarezzavano. Harry era così arrabbiato che l’articolo della Gazzetta del Profeta gli tremò fra le mani mentre si voltò a guardare (senza vederlo) l’unicorno, di cui la professoressa Caporal stava elencando le molte proprietà magiche a voce alta, in modo che sentissero anche i ragazzi.
    «Spero tanto che resti, quella donna!» disse Calì Patil a lezione finita, mentre stavano tornando al castello per pranzo. «È così che mi sono sempre immaginata Cura delle Creature Magiche… creature come si deve come gli unicorni, non dei mostri…»
    «E a Hagrid non pensi?» esclamò Harry arrabbiato mentre salivano la scala.
    «Hagrid?» rispose Calì con voce dura. «Può sempre fare il guardiacaccia, no?»
    Da dopo il ballo Calì era molto fredda con Harry. Lui sospettava che avrebbe dovuto dedicarle più attenzioni, ma lei pareva comunque essersi divertita un mondo. Di certo raccontava a tutti che si sarebbe incontrata con il ragazzo di Beauxbatons il prossimo fine settimana a Hogsmeade.
    «È stata una gran bella lezione» commentò Hermione mentre entravano nella Sala Grande. «Non sapevo la metà delle cose che la professoressa Caporal ci ha detto sugli uni…»
    «Guarda qua!» ringhiò Harry, ficcandole sotto il naso l’articolo della Gazzetta del Profeta.
    Hermione rimase a bocca aperta mentre leggeva. La sua reazione fu esattamente la stessa di Ron. «Come ha fatto quell’orrida Skeeter a scoprirlo? Non è possibile che gliel’abbia detto Hagrid!»
    «No» rispose Harry, avanzando verso il tavolo di Grifondoro e lasciandosi cadere su una sedia, furioso. «Non l’ha mai detto nemmeno a noi, no? Suppongo che fosse così arrabbiata perché lui non gli ha detto un sacco di roba schifosa su di me che è andata in giro a ficcare il naso per vendicarsi».
    «Forse ha sentito quando lui l’ha detto a Madame Maxime al ballo» disse Hermione piano.
    «L’avremmo vista in giardino!» esclamò Ron. «E poi non ha più il permesso di girare a scuola, Hagrid ha detto che Silente l’ha buttata fuori…»
    «Forse ha un Mantello dell’Invisibilità» disse Harry, servendosi di pollo in umido con tanta veemenza che schizzò sugo dappertutto. «È proprio il genere di cosa che farebbe, nascondersi nei cespugli a spiare la gente».
    «Come avete fatto tu e Ron, vuoi dire» disse Hermione.
    «Noi non l’abbiamo fatto apposta!» disse Ron indignato. «Non avevamo scelta! Quell’idiota, parlare della sua mamma gigantessa dove chiunque poteva sentirlo!»
    «Dobbiamo andare a trovarlo» disse Harry. «Questa sera, dopo Divinazione. Dobbiamo dirgli che lo rivogliamo… Tu lo rivuoi?» scattò, rivolto a Hermione.
    «Io… be’, non voglio far finta che non sia stata una piacevole novità, seguire per una volta una vera lezione di Cura delle Creature Magiche… ma certo che voglio indietro Hagrid, è ovvio!» aggiunse in fretta Hermione, intimidita dallo sguardo furibondo di Harry.
    Così quella sera dopo cena il terzetto uscì di nuovo dal castello e discese i prati ghiacciati verso la capanna di Hagrid. Bussarono. A rispondere furono i latrati cavernosi di Thor.
    «Hagrid, siamo noi!» gridò Harry, picchiando sulla porta. «Apri!»
    Non rispose. Sentirono Thor grattare alla porta, mugolando, ma quella non si aprì. La tempestarono per altri dieci minuti; Ron andò anche a bussare forte a una finestra, ma non ci fu risposta.
    «Perché ci evita?» disse Hermione, quando finalmente si furono arresi e s’incamminarono di nuovo verso la scuola. «Non crederà che c’importi che è un Mezzogigante?»
    Ma evidentemente a Hagrid importava. Per tutta la settimana non si fece vivo. Non comparve al tavolo degli insegnanti alle ore dei pasti, non lo videro svolgere i suoi compiti di guardiacaccia nel parco, e la professoressa Caporal continuò a insegnare Cura delle Creature Magiche. Malfoy gongolava a più non posso.
    «Ti manca il tuo amichetto?» continuava a sussurrare a Harry tutte le volte che c’era un insegnante nei paraggi, in modo da sfuggire alla vendetta. «Ti manca l’Uomo-Elefante?»
    A metà di gennaio era prevista una gita a Hogsmeade. Hermione fu molto sorpresa che Harry contasse di andarci.
    «Credevo che avresti approfittato del fatto che la sala comune sarà tranquilla» disse. «Che ti saresti messo a lavorare sul serio su quell’uovo».
    «Oh, io… io credo di sapere di che cosa si tratta» mentì Harry.
    «Davvero?» disse Hermione, colpita. «Bravo!»
    Lo stomaco di Harry si contorse per i sensi di colpa, ma lui decise di ignorarlo. Aveva ancora cinque settimane per risolvere l’indovinello dell’uovo, dopotutto, e praticamente erano secoli… e se andava a Hogsmeade, magari avrebbe incontrato Hagrid, e avrebbe potuto convincerlo a tornare.
    Il sabato, lui, Ron e Hermione uscirono insieme dal castello, e si diressero al cancello attraverso il parco freddo e bagnato. Mentre passavano davanti alla nave di Durmstrang ancorata nel lago, videro Viktor Krum salire in coperta, con addosso solo un costume da bagno. Era davvero magro, ma evidentemente molto più forte di quel che sembrava, perché si arrampicò sul fianco della nave, tese le braccia e si tuffò dritto nel lago.
    «È pazzo!» disse Harry, fissando la testa scura di Krum che rispuntava in mezzo allo specchio d’acqua. «Dev’essere gelato, siamo in gennaio!»
    «Dalle sue parti fa molto più freddo» disse Hermione. «Magari qui per lui è abbastanza caldino».
    «Sì, ma c’è sempre la piovra gigante» disse Ron. Non sembrava preoccupato: speranzoso, semmai. Hermione notò il suo tono di voce e si accigliò.
    «È davvero simpatico, sai» disse. «Non è affatto come uno potrebbe immaginare, visto che è di Durmstrang. Mi ha detto che gli piace molto di più qui da noi».
    Ron tacque. Non aveva nominato Krum dal ballo, ma il 26 dicembre Harry aveva trovato sotto il suo letto un braccino in miniatura che sembrava strappato via da una bambolina vestita con i colori della squadra di Quidditch della Bulgaria.
    Harry tenne gli occhi bene aperti in cerca di Hagrid per tutta la High Street invasa dal fango, e una volta scoperto che Hagrid non si trovava in nessuno dei negozi suggerì una visita ai Tre Manici di Scopa.
    Il pub era affollato come al solito, ma una rapida occhiata a tutti i tavoli disse a Harry che Hagrid non c’era. Col cuore pesante, si avvicinò al bancone con Ron e Hermione, ordinò tre Burrobirre a Madama Rosmerta e si disse cupamente che dopotutto avrebbe fatto meglio a restare a casa ad ascoltare l’uovo ululante.
    «Ma non ci va mai in ufficio?» sussurrò Hermione all’improvviso. «Guardate!»
    Indicò lo specchio dietro il bancone, e Harry vi vide riflesso Ludo Bagman, seduto in un angolo nella penombra con un gruppo di goblin. Bagman parlava molto in fretta a voce bassa con i goblin, che tenevano tutti le braccia incrociate e avevano l’aria piuttosto minacciosa.
    Era davvero strano, pensò Harry, che Bagman si trovasse lì ai Tre Manici di Scopa in un fine settimana privo di eventi legati al Torneo Tremaghi, e quindi senza obblighi di giurato. Osservò Bagman nello specchio. Sembrava di nuovo teso, quasi come la notte nella foresta prima della comparsa del Marchio Oscuro. Ma proprio in quell’istante Bagman guardò verso il bancone, vide Harry e si alzò.
    «Un attimo, un attimo!» Harry lo udì dire bruscamente ai goblin, e Bagman gli si avvicinò di fretta, il ghigno fanciullesco di nuovo al suo posto.
    «Harry!» esclamò. «Come stai? Speravo proprio di incontrarti! Va tutto bene?»
    «Bene, grazie» rispose Harry.
    «Posso parlarti a quattr’occhi, Harry? È una cosa veloce» disse Bagman con insistenza. «Non potreste lasciarci soli un attimo, voi due?»
    «Ehm… ok» disse Ron, e lui e Hermione andarono a cercarsi un tavolo.
    Bagman guidò Harry lungo il bancone, il più lontano possibile da Madama Rosmerta.
    «Be’, è solo che volevo complimentarmi di nuovo con te per la tua splendida esibizione contro quello Spinato, Harry» disse Bagman. «Davvero superbo».
    «Grazie» disse Harry, ben sapendo che non poteva essere tutto lì, perché Bagman avrebbe potuto congratularsi con lui anche davanti a Ron e Hermione. Ma Bagman non pareva avere una gran fretta di vuotare il sacco. Harry lo guardò gettare un’occhiata nello specchio ai goblin, che stavano studiando lui e Harry in silenzio attraverso gli scuri occhi a fessura.
    «Un incubo assoluto» disse Bagman a Harry sottovoce, notando che anche Harry osservava i goblin. «Il loro inglese non è granché… è come essere di nuovo con tutti quei Bulgari alla Coppa del Mondo di Quidditch… ma almeno loro usavano un linguaggio dei segni che un altro essere umano poteva capire. Questi qua continuano a blaterare in Goblinese… e io so solo una parola di Goblinese. Bladvak. Vuol dire “piccone”. Non mi va di usarla perché non vorrei che pensassero che li sto minacciando». Esplose in una breve risata cavernosa.
    «Che cosa vogliono?» chiese Harry, notando che i goblin stavano ancora osservando Bagman con molta attenzione.
    «Ehm… be’…» disse Bagman, improvvisamente molto nervoso. «Loro… ehm… stanno cercando Barty Crouch».
    «Perché lo cercano qui?» disse Harry. «È al Ministero a Londra, no?»
    «Ehm… in effetti, non ho idea di dove sia» disse Bagman. «È che ha… smesso di venire a lavorare. Ormai manca da un paio di settimane. Il giovane Percy, il suo assistente, dice che è ammalato. A quanto pare manda istruzioni via gufo. Ma ti dispiace non farne parola con nessuno, Harry? Perché Rita Skeeter è ancora lì che s’impiccia dove può, e io ci scommetto che trasformerebbe la malattia di Barty in qualcosa di sinistro. Probabilmente scriverebbe che è scomparso come Bertha Jorkins».
    «Si sa niente di lei?» chiese Harry.
    «No» rispose Bagman, di nuovo teso. «Ho delle persone che la stanno cercando, naturalmente…» (Era ora, pensò Harry), «ed è tutto molto strano. È sicuro che c’è arrivata, in Albania, perché là ha incontrato la sua seconda cugina. E poi è partita per andare a sud a trovare una zia… e sembra che sia sparita senza lasciare alcuna traccia, per strada. Che mi prenda un colpo se capisco che cos’ha in testa… non è proprio il tipo che fugge, comunque… però… ma che cosa facciamo, stiamo qui a parlare di goblin e di Bertha Jorkins? Veramente volevo chiederti» e abbassò la voce, «come va con l’uovo d’oro?»
    «Ehm… non male» mentì Harry.
    Bagman parve capire che non era sincero.
    «Senti, Harry» disse (sempre a voce bassissima), «questa cosa mi fa star male… tu ci sei finito dentro, nel Torneo, non ti sei fatto avanti da solo… e se» (la sua voce era così bassa che Harry dovette avvicinarsi per sentire), «… se posso darti una mano… una spintarella nella direzione giusta… tu mi piaci proprio… come hai superato quel drago!… Be’, basta che tu lo dica».
    Harry guardò il tondo, roseo faccione di Bagman e i suoi grandi occhi azzurro bebè.
    «Dobbiamo risolvere gli indovinelli da soli, no?» disse, ben attento a mantenere un tono di voce leggero, per non dare l’impressione di star accusando il Capo dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici di violare le regole.
    «Be’… be’, sì» disse Bagman impaziente, «ma… andiamo, Harry… vogliamo tutti che vinca Hogwarts, no?»
    «Ha offerto una mano anche a Cedric?» chiese Harry.
    Un’impercettibile ruga solcò il volto liscio di Bagman.
    «No» rispose, «lo… be’, come ho detto, ti ho preso in simpatia. Ho pensato che potevo offrirti…»
    «Be’, grazie» disse Harry, «ma credo di esserci quasi, con l’uovo… dovrebbero bastare un paio di giorni».
    Non era del tutto certo del motivo per cui stava rifiutando l’offerta di Bagman, a parte il fatto che Bagman era quasi un estraneo, e che accettare il suo aiuto gli sembrava molto più un imbroglio che non chiedere consiglio a Ron, Hermione o Sirius.
    Bagman parve quasi offeso, ma non riuscì ad aggiungere altro, perché a quel punto comparvero Fred e George.
    «Salve, signor Bagman» disse Fred allegramente. «Possiamo offrirle da bere?»
    «Ehm… no» rispose Bagman, con un ultimo sguardo deluso a Harry, «no, grazie, ragazzi…»
    Fred e George parvero delusi quasi quanto Bagman, che guardava Harry come se lo avesse crudelmente tradito.
    «Be’, devo scappare» disse. «È stato un piacere vedervi. Buona fortuna, Harry».
    E corse fuori dal pub. I goblin scivolarono tutti giù dalle sedie e uscirono dopo di lui. Harry andò a raggiungere Ron e Hermione.
    «Che cosa voleva?» chiese Ron.
    «Si è offerto di aiutarmi con l’uovo d’oro» disse Harry.
    «Ma non dovrebbe!» esclamò Hermione, molto turbata. «È uno dei giudici! E comunque, tu l’hai già scoperto… vero?»
    «Ehm… quasi» disse Harry.
    «Be’, non credo che a Silente piacerebbe sapere che Bagman ha cercato di convincerti a barare!» disse Hermione, con uno sguardo di profonda disapprovazione. «Spero che stia cercando di aiutare anche Cedric!»
    «No, gliel’ho chiesto» disse Harry.
    «E chi se ne importa se qualcuno aiuta Diggory?» ribatté Ron. Dentro di sé Harry si disse perfettamente d’accordo.
    «Quei goblin non sembravano molto bendisposti» disse Hermione sorseggiando la sua Burrobirra. «Che cosa ci facevano qui?»
    «Cercavano Crouch, secondo Bagman» disse Harry. «È ancora ammalato. Non va a lavorare».
    «Forse Percy lo sta avvelenando» disse Ron. «Probabilmente crede che se Crouch tira le cuoia diventerà lui il Capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale».
    Hermione scoccò a Ron uno sguardo del tipo non-si-scherza-su-queste-cose e disse: «Buffo, dei goblin che cercano il signor Crouch… dovrebbero trattare con l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche».
    «Crouch però sa un sacco di lingue» osservò Harry. «Forse hanno bisogno di un interprete».
    «Ti dai pena per quei poveri piccoli goblin, adesso, eh?» chiese Ron a Hermione. «Stai pensando a fondare lo S.P.U.R.G.A. o qualcosa del genere? Società per la Protezione e l’Utilizzo Ragionevole dei Goblin Abietti?»
    «Ah, ah, ah» disse Hermione sarcastica. «I goblin non hanno bisogno di protezione. Non avete sentito quello che ci ha spiegato il professor Rüf sulle rivolte dei goblin?»
    «No» risposero Harry e Ron in coro.
    «Be’, sono piuttosto bravi a trattare con i maghi» disse Hermione, sorseggiando un altro po’ di Burrobirra. «Sono molto abili. Non sono come gli elfi domestici, che non si difendono mai».
    «Oh oh» disse Ron, fissando la porta.
    Rita Skeeter era appena entrata. Quel giorno era vestita di giallo banana; le lunghe unghie erano dipinte di rosa shocking, ed era accompagnata dal solito fotografo panciuto. Prese da bere per entrambi, e i due si fecero strada tra la folla fino a un tavolo vicino. Harry, Ron e Hermione la guardarono torvi mentre si avvicinava. Parlava in fretta e sembrava molto soddisfatta di qualcosa.
    «… non sembrava che avesse molta voglia di parlare con noi, eh, Bozo? Ora, perché, secondo te? E che cosa ci fa con un branco di goblin al seguito, comunque? Gli fa visitare la zona… che sciocchezza… è sempre stato un pessimo bugiardo. Forse sta succedendo qualcosa? Credi che dovremmo indagare un po’? L’ex Capo degli Sport Magici caduto in disgrazia, Ludo Bagman… bell’attacco, Bozo… dobbiamo solo trovare una storia che gli si adatti…»
    «Sta cercando di rovinare la vita a qualcun altro?» disse Harry ad alta voce.
    Alcune persone si voltarono. Gli occhi di Rita Skeeter si dilatarono dietro gli occhiali tempestati di pietre quando vide chi aveva parlato.
    «Harry!» esclamò con un gran sorriso. «Ma è splendido! Perché non ti unisci a…?»
    «Non le verrei vicino con un manico di scopa lungo tre metri» disse Harry infuriato. «Perché ha fatto quella cosa a Hagrid, eh?»
    Rita Skeeter inarcò le sopracciglia pesantemente ritoccate.
    «I nostri lettori hanno il diritto di sapere la verità, Harry, sto solo facendo il mio…»
    «Chi se ne importa se è un Mezzogigante?» urlò Harry. «Lui è a posto!»
    Nel pub era calato il silenzio. Madama Rosmerta guardava da dietro il bancone, senza accorgersi che il boccale che stava riempiendo di idromele già traboccava.
    Il sorriso di Rita Skeeter s’incrinò appena, ma un attimo dopo tornò smagliante; aprì con uno scatto la borsa di coccodrillo, estrasse la Penna Prendiappunti e disse: «Cosa ne dici di un’intervista sull’Hagrid che conosci tu, Harry? L’uomo dietro i muscoli? La tua improbabile amicizia e le ragioni che la sostengono? Lo definiresti un surrogato della figura paterna?»
    Hermione scattò in piedi di colpo, il bicchiere di Burrobirra stretto in mano come una granata.
    «Lei è disgustosa» disse a denti stretti, «passerebbe sopra a tutto, pur di mettere insieme una storia, e va bene chiunque, vero? Anche Ludo Bagman…»
    «Siediti, stupida ragazzina, e non parlare di cose che non capisci» disse freddamente Rita Skeeter, guardando Hermione con occhi improvvisamente duri. «So delle cose di Ludo Bagman che ti farebbero arricciare i capelli… non che ne abbiano bisogno…» aggiunse, con un’occhiata alla chioma crespa di Hermione.
    «Andiamo» disse Hermione. «Dai, Harry… Ron…»
    Uscirono, seguiti da parecchi sguardi. Quando furono sulla soglia, Harry si voltò. La Penna Prendiappunti di Rita Skeeter era in azione; sfrecciava avanti e indietro su un rotolo di pergamena posato sul tavolo.
    «Sarai tu la prossima vittima, Hermione» disse Ron a voce bassa e preoccupata mentre risalivano la strada in fretta.
    «Deve solo provarci!» strillò Hermione; tremava di rabbia. «Le farò vedere! Una stupida ragazzina, questo sarei? Oh, la pagherà, prima Harry, poi Hagrid…»
    «Non vorrai fare una scenata a Rita Skeeter» disse Ron nervoso. «Dico sul serio, Hermione, troverà qualcosa su di te…»
    «I miei genitori non leggono La Gazzetta del Profeta, non può costringere me a nascondermi!» esclamò Hermione, camminando così in fretta che Harry e Ron le stavano dietro a fatica. L’ultima volta che l’avevano vista così arrabbiata, Hermione aveva dato un ceffone a Draco Malfoy. «E nemmeno Hagrid! Non avrebbe mai dovuto farsi sconvolgere da quella sottospecie di essere umano! Andiamo!»
    Cominciò a correre e li precedette su per la strada, attraverso i cancelli fiancheggiati da cinghiali alati, e poi su per i prati fino alla capanna di Hagrid.
    Le tende erano ancora tirate, e avvicinandosi sentirono Thor abbaiare.
    «Hagrid!» urlò Hermione, picchiando sulla porta. «Hagrid, adesso basta! Lo sappiamo che sei lì dentro! Non importa a nessuno se tua madre era una gigantessa, Hagrid! Non puoi permettere a quella viscida Skeeter di farti questo! Hagrid, vieni fuori, ti stai comportando…»
    La porta si aprì. Hermione sbottò: «Era o…!» e poi si interruppe bruscamente, perché si trovò faccia a faccia non con Hagrid, ma con Albus Silente.
    «Buon pomeriggio» disse il Preside in tono amabile, sorridendo.
    «Noi… ehm… volevamo vedere Hagrid» disse Hermione con una vocina sottile sottile.
    «Sì, l’avevo sospettato» disse Silente, gli occhi che brillavano. «Perché non entrate?»
    «Oh… ehm… ok» disse Hermione.
    I tre amici entrarono nella capanna; Thor si slanciò addosso a Harry, abbaiando come un pazzo e cercando di leccargli le orecchie. Harry parò l’assalto e si guardò intorno.
    Hagrid era seduto al tavolo, sul quale erano posati due grossi boccali di tè. Era in uno stato pietoso. Aveva la faccia tutta a macchie, gli occhi gonfi, e quanto ai capelli era andato da un estremo all’altro: aveva rinunciato a tentare di domarli e cosi ora sembravano una parrucca di fil di ferro aggrovigliato.
    «Ciao, Hagrid» disse Harry.
    Hagrid alzò gli occhi.
    «Cia’» disse con voce molto roca.
    «Ci vuole dell’altro tè, credo» disse Silente, chiudendo la porta alle spalle del terzetto, estraendo la bacchetta e facendola roteare un po’; un vassoio da tè apparve ruotando a mezz’aria, assieme a un piatto di dolcetti. Silente fece planare il vassoio sul tavolo, e tutti si sedettero. Ci fu una breve pausa, e poi Silente disse: «Per caso hai sentito quello che stava gridando la signorina Granger, Hagrid?»
    Hermione arrossì, ma Silente le sorrise e riprese: «Hermione, Harry e Ron sembrano ancora intenzionati a esserti amici, a giudicare dal modo in cui hanno cercato di sfondare la porta».
    «Ma certo che vogliamo ancora essere tuoi amici!» disse Harry, guardando Hagrid. «Non crederai che le cose che dice quella schifosa di una Skeeter… scusi, professore» aggiunse in fretta, rivolto a Silente.
    «Sono diventato momentaneamente sordo e non ho idea di quello che hai detto, Harry» disse Silente, girandosi i pollici, gli occhi al soffitto.
    «Ehm… d’accordo» disse Harry imbarazzato. «Volevo solo dire… Hagrid, come hai potuto credere che dessimo peso alle cose che quella… donna… ha scritto su di te?»
    Due grosse lacrime colarono dagli occhi nero pece di Hagrid e caddero lentamente nella sua barba aggrovigliata.
    «Questi tre amici sono la prova vivente di quello che ti stavo dicendo, Hagrid» disse Silente, sempre osservando il soffitto con grande attenzione. «Ti ho mostrato le lettere di innumerevoli genitori che ti ricordano da quando erano studenti qui, e che mi dicono in termini inequivocabili che se ti licenziassi avrebbero qualcosa da ridire…»
    «Non tutti» disse Hagrid con voce rauca. «Non tutti vogliono che resto».
    «Insomma, Hagrid, se stai cercando di ottenere il consenso universale, temo che resterai chiuso in questa capanna per un sacco di tempo» disse Silente, che ora lo scrutava con sguardo deciso attraverso gli occhialetti a mezzaluna. «Da quando sono diventato Preside di questa scuola, non ho passato una settimana senza ricevere almeno un gufo di protesta per il modo in cui la dirigo. Ma che cosa dovrei fare? Barricarmi nel mio studio e rifiutarmi di parlare con chicchessia?»
    «Lei… lei non è un Mezzogigante!» gracchiò Hagrid.
    «Hagrid, ma guarda che parenti ho io!» esclamò Harry con veemenza. «Pensa ai Dursley!»
    «Ottimo argomento» disse il professor Silente. «Mio fratello Aberforth è stato processato per aver praticato incantesimi inopportuni su una capra. Era su tutti i giornali, ma Aberforth si è nascosto? Certo che no! Ha tenuto la testa alta ed è andato avanti a fare le sue cose come al solito! Certo, non sono proprio sicuro che sappia leggere, quindi potrebbe non essere stato coraggio, il suo…»
    «Torna a insegnare, Hagrid» disse Hermione piano, «ti prego, ritorna, ci manchi davvero».
    Hagrid deglutì. Altre lacrime gli caddero sulle guance e nella barba arruffata. Silente si alzò.
    «Mi rifiuto di accettare le tue dimissioni, Hagrid, e mi aspetto che tu torni a lavorare lunedì» disse. «Ci vediamo a colazione alle otto e mezzo nella Sala Grande. Niente scuse. Buon pomeriggio a tutti».
    Silente uscì dalla capanna, fermandosi solo per grattare Thor dietro le orecchie. Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, Hagrid prese a singhiozzare con la faccia affondata nelle mani. Hermione continuò a dargli dei colpetti sul braccio, e alla fine Hagrid alzò gli occhi, davvero molto rossi, e disse: «Grand’uomo, Silente… grand’uomo…»
    «Sì, è vero» disse Ron. «Posso prendere uno di quei dolcetti, Hagrid?»
    «Serviti pure» disse Hagrid, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. «Oh, ha ragione, certo… avete ragione tutti… sono stato uno stupido… il mio papà si sarebbe vergognato di come mi sono comportato…» Sgorgarono altre lacrime, ma le asciugò con più decisione e disse: «Non vi ho mai fatto vedere una foto del mio vecchio, vero? Ecco qua…»
    Hagrid si alzò, aprì un cassetto del comò e ne estrasse la foto di un mago basso con i suoi stessi occhi neri infossati, che sorrideva seduto sulla spalla di Hagrid. Quest’ultimo era alto più di due metri, a giudicare dal melo alle sue spalle, ma il suo viso era senza barba, giovane, rotondo e liscio: non dimostrava più di undici anni.
    «Questa è stata fatta subito dopo che ero entrato a Hogwarts» disse Hagrid con voce gracchiante. «Papà era arcicontento… certo che potevo anche non essere mica un mago, sapete, per via che la mia mamma… be’, insomma. Certo che non sono mai stato granché in magia, davvero… ma almeno non ha saputo che mi avevano buttato fuori. Sapete, è morto che facevo il secondo anno…
    «Silente è quello che è stato dalla mia parte dopo che papà se n’è andato. Mi ha trovato il lavoro di guardiacaccia… si fida della gente, lui. Ci dà a tutti un’altra possibilità… è per questo che è diverso dagli altri Presidi, ecco. Piglierebbe chiunque a Hogwarts, basta che ci hanno talento. Lo sa che la gente può venir fuori ok anche se le loro famiglie non erano… be’… proprio rispettabili. Ma alcuni non lo capiscono. Ce ne sono certi che te lo rinfacciano sempre… ci sono certi che farebbero finta di essere solo un po’ grossi invece di alzarsi e dire: sono quello che sono e non mi vergogno. “Non vergognarti mai” mi diceva il mio vecchio, “e se qualcuno te lo rinfaccia, è gente che non vale una cicca”. E ci aveva ragione. Io con lei non ci perdo più tempo, ve lo prometto. Ossa grandi… gliele do io, le ossa grandi».
    Harry, Ron e Hermione si guardarono nervosamente; Harry avrebbe preferito portare a passeggio cinquanta Schiopodi Sparacoda piuttosto che ammettere davanti a Hagrid di averlo sentito parlare con Madame Maxime, ma Hagrid continuò a parlare, senza accorgersi dell’effetto delle sue parole.
    «La sai una cosa, Harry?» disse, alzando lo sguardo dalla foto del padre, gli occhi molto luminosi. «La prima volta che ti ho visto mi ricordavi un po’ me. Niente mamma e papà, e credevi che a Hogwarts non ti ci saresti mica ritrovato, ti ricordi? Non eri sicuro di essere all’altezza… e adesso guardati, Harry! Campione della scuola!»
    Fissò un attimo Harry e poi disse, in tono molto serio: «Lo sai cosa mi piacerebbe, Harry? Mi piacerebbe se vinci, davvero. Fagli vedere, a quelli, che uno non deve essere purosangue per farcela. Non devi vergognarti di quello che sei. Fagli vedere che è Silente che ha ragione, a prendere tutti, basta che sanno fare le magie. Come va con quell’uovo, Harry?»
    «Benissimo» rispose Harry. «Davvero benissimo».
    La faccia triste di Hagrid s’illuminò di un sorriso umido. «Così si fa… Fagliela vedere a tutti, Harry. Stendili».
    Mentire a Hagrid non era esattamente come mentire a chiunque altro. Quel pomeriggio, più tardi, Harry tornò al castello con Ron e Hermione senza riuscire a cancellare dalla mente la faccia felice di Hagrid al pensiero che lui vincesse il Torneo. Quella sera l’incomprensibile uovo pesò più che mai sulla coscienza di Harry, e al momento di andare a dormire aveva deciso: era giunto il momento di mettere da parte l’orgoglio, e vedere se il suggerimento di Cedric valeva qualcosa.
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