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Harry Potter e l'Ordine della Fenice (9042 citazioni)
   1) Dudley Dissennato (184 citazioni)
   2) Un pacco di gufi (261 citazioni)
   3) L’avanguardia (185 citazioni)
   4) Grimmauld Place, numero dodici (230 citazioni)
   5) L’Ordine della Fenice (216 citazioni)
   6) La Nobile e Antichissima Casata dei Black (230 citazioni)
   7) Il Ministero della Magia (159 citazioni)
   8) L’udienza (156 citazioni)
   9) Le pene della Signora Weasley (322 citazioni)
   10) Luna Lovegood (226 citazioni)
   11) La nuova canzone del Cappello Parlante (173 citazioni)
   12) La Professoressa Umbridge (340 citazioni)
   13) Punizione con Dolores (298 citazioni)
   14) Percy e Felpato (295 citazioni)
   15) L'Inquisitore Supremo di Hogwarts (274 citazioni)
   16) Alla Testa di Porco (211 citazioni)
   17) Decreto Didattico Numero Ventiquattro (261 citazioni)
   18) L'esercito di Silente (268 citazioni)
   19) Il serpente e il leone (207 citazioni)
   20) Il racconto di Hagrid (255 citazioni)
   21) L'occhio del serpente (258 citazioni)
   22) L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (252 citazioni)
   23) Natale nel reparto riservato (229 citazioni)
   24) Occlumanzia (287 citazioni)
   25) Lo scarabeo in trappola (257 citazioni)
   26) Visto e imprevisto (274 citazioni)
   27) Il centauro e la spia (265 citazioni)
   28) Il peggior ricordo di Piton (287 citazioni)
   29) Orientamento professionale (270 citazioni)
   30) Grop (262 citazioni)
   31) I G.U.F.O. (216 citazioni)
   32) Fuori dal camino (236 citazioni)
   33) Lotta e fuga (140 citazioni)
   34) L'Ufficio Misteri (182 citazioni)
   35) Oltre il velo (280 citazioni)
   36) L’unico che abbia mai temuto (116 citazioni)
   37) La profezia perduta (210 citazioni)
   38) La seconda guerra comincia (270 citazioni)
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Il Ministero della Magia


   La mattina dopo Harry si svegliò alle cinque e mezza, di colpo e completamente, come se qualcuno gli avesse urlato in un orecchio. Per qualche istante rimase disteso immobile, mentre la prospettiva dell’udienza disciplinare riempiva ogni piccola parte del suo cervello, poi, incapace di sopportarlo, balzò fuori dal letto e inforcò gli occhiali. La signora Weasley aveva disposto i suoi jeans e la T-shirt appena lavati ai piedi del letto. Harry se li infilò. Il quadro vuoto sulla parete ridacchiò.
    Ron era disteso sulla schiena, a braccia aperte, con la bocca spalancata, profondamente addormentato. Non si mosse nemmeno quando Harry attraversò la stanza, uscì sul pianerottolo e richiuse piano la porta. Cercando di non pensare alla prossima volta in cui avrebbe visto Ron, se non fossero più stati compagni di scuola a Hogwarts, Harry discese piano le scale, passò sotto le teste degli antenati di Kreacher e scese in cucina.
    Si era aspettato di trovarla vuota, ma giunto davanti alla porta sentì un quieto borbottio. La aprì e vide il signore e la signora Weasley, Sirius, Lupin e Tonks seduti, come se lo stessero aspettando. Erano vestiti di tutto punto tranne la signora Weasley, che indossava una vestaglia trapuntata viola e balzò in piedi all’ingresso di Harry.
    «La colazione» disse sfoderando la bacchetta, e corse verso il camino.
    «Buo-buo-buongiorno, Harry» sbadigliò Tonks. Quella mattina aveva i capelli biondi e ricci. «Dormito bene?»
    «Sì» rispose Harry.
    «Sono sta-sta-stata su tutta la notte» disse, con un altro sbadiglio che la scosse tutta. «Vieni a sederti…»
    Prese una sedia e rovesciò quella accanto.
    «Che cosa vuoi, Harry?» domandò la signora Weasley. «Porridge? Muffin? Aringhe? Uova e pancetta? Pane tostato?»
    «Solo… solo pane tostato, grazie» rispose Harry.
    Lupin gli lanciò un’occhiata e poi disse a Tonks: «Che cosa stavi dicendo a proposito di Scrimgeour?»
    «Oh… sì… be’, dobbiamo stare un po’ più attenti, ha fatto strane domande a me e a Kingsley…»
    Harry si sentì vagamente grato che non gli fosse richiesto di unirsi alla conversazione. Aveva le budella attorcigliate. La signora Weasley gli mise davanti due fette di pane tostato con la marmellata d’arance; lui cercò di mangiare, ma era come masticare moquette. La signora Weasley sedette al suo fianco e cominciò a sistemargli la T-shirt, infilando l’etichetta dentro il collo e lisciando le pieghe sulle spalle. Harry avrebbe preferito che non lo facesse.
    «…e dovrò dire a Silente che domani non posso fare il turno di notte. Sono t-t-troppo stanca» concluse Tonks, con un nuovo enorme sbadiglio.
    «Ti sostituisco io» disse il signor Weasley. «Sto bene, e comunque devo finire una relazione…»
    Non indossava una veste da mago, ma un paio di pantaloni gessati e un vecchio giubbotto imbottito. Si rivolse a Harry.
    «Come ti senti?»
    Harry scrollò le spalle.
    «Presto sarà tutto finito» gli disse il signor Weasley in tono incoraggiante. «Tempo poche ore e sarai scagionato».
    Harry non rispose.
    «L’udienza è al mio piano, nell’ufficio di Amelia Bones. È il Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, ed è lei che condurrà l’interrogatorio».
    «Amelia Bones è a posto, Harry» disse Tonks con fervore. «È una persona onesta, ti ascolterà fino in fondo».
    Harry annuì, sempre incapace di pensare a qualcosa da dire.
    «Non perdere il controllo» intervenne Sirius all’improvviso. «Sii educato e attieniti ai fatti».
    Harry annuì di nuovo.
    «La legge è dalla tua» aggiunse Lupin tranquillamente. «Anche i maghi minorenni sono autorizzati a usare la magia in pericolo di morte».
    Qualcosa di molto freddo colò lungo il collo di Harry; per un attimo pensò che qualcuno gli stesse scagliando un Incantesimo di Disillusione, poi capì che la signora Weasley stava attaccando i suoi capelli con un pettine bagnato.
    «Ma non stanno mai giù?» chiese in tono disperato.
    Harry scosse il capo.
    Il signor Weasley guardò l’orologio e poi Harry.
    «Andiamo» disse. «Siamo un po’ in anticipo, ma starai meglio al Ministero che qui a ciondolare».
    «D’accordo» rispose Harry automaticamente; lasciò il pane tostato e si alzò.
    «Andrà una meraviglia, Harry» disse Tonks, dandogli delle pacche sul braccio.
    «Buona fortuna» aggiunse Lupin. «Sono sicuro che andrà bene».
    «E se non va bene» disse Sirius cupo, «ci penso io ad Amelia Bones…»
    Harry fece un debole sorriso. La signora Weasley lo abbracciò.
    «Teniamo tutti le dita incrociate».
    «Bene» rispose Harry. «Be’… ci vediamo dopo».
    Seguì il signor Weasley su per le scale e nell’ingresso. Sentì la madre di Sirius grugnire nel sonno dietro le tende. Il signor Weasley aprì le serrature e uscirono nell’alba fredda e grigia.
    «Di solito non va al lavoro a piedi, vero?» gli chiese Harry mentre facevano il giro della piazza a passo sostenuto.
    «No, di solito mi Materializzo» disse il signor Weasley, «ma naturalmente tu non puoi, e credo che sia meglio arrivare in un modo assolutamente non magico… darà un’impressione migliore, visto il motivo per cui sei indagato…»
    Il signor Weasley teneva la mano sotto la giacca. Harry sapeva che era serrata attorno alla bacchetta. Le strade scalcinate erano quasi deserte, ma quando arrivarono alla miserabile piccola stazione della metropolitana la trovarono già affollata di pendolari mattinieri. Come sempre quando si trovava in vicinanza di Babbani intenti alle loro occupazioni quotidiane, il signor Weasley riusciva a stento a trattenere l’entusiasmo.
    «Semplicemente favoloso» sussurrò, indicando le biglietterie automatiche. «Meravigliosamente ingegnose».
    «Sono fuori servizio» osservò Harry, indicando il cartello.
    «Sì, ma anche così…» disse il signor Weasley, rivolgendo loro un sorriso appassionato.
    Comprarono dunque i biglietti da un guardiano insonnolito (se ne incaricò Harry, perché il signor Weasley non era molto abile con il denaro Babbano) e cinque minuti dopo salirono su un convoglio che li portò sferragliando verso il centro di Londra. Il signor Weasley continuava a controllare e ricontrollare ansioso la cartina della metropolitana appesa sopra i finestrini.
    «Ancora quattro fermate, Harry… Ancora tre… Solo due fermate, Harry…»
    Scesero in una stazione nel cuore di Londra, e vennero trascinati fuori dal treno da una marea di uomini in giacca e cravatta e donne armate di valigette. Salirono la scala mobile, attraversarono la barriera (il signor Weasley fu deliziato dalla colonnina che inghiottì il suo biglietto) ed emersero in una larga strada fiancheggiata da edifici imponenti e già piena di traffico.
    «Dove siamo?» chiese il signor Weasley con aria smarrita, e per un istante mozzafiato Harry credette che fossero scesi alla fermata sbagliata nonostante i continui controlli del suo accompagnatore sulla cartina; ma un attimo dopo il signor Weasley disse: «Ah, sì… da questa parte, Harry» e lo guidò lungo una strada laterale.
    «Scusa» disse, «ma non vengo mai con la metropolitana e sembra tutto parecchio diverso da un punto di vista Babbano. In effetti non ho mai usato l’ingresso dei visitatori».
    Più camminavano, più piccoli e meno imponenti diventavano gli edifici, finché si trovarono in una via che ospitava uffici dall’aria trascurata, un pub e un cassone traboccante di macerie. Harry si aspettava una sede un po’ più maestosa per il Ministero della Magia.
    «Eccoci» annunciò allegramente il signor Weasley, indicando una vecchia cabina del telefono rossa, che era priva di numerosi pannelli di vetro e si ergeva davanti a un muro tutto coperto di graffiti. «Dopo di te, Harry».
    Aprì la porta della cabina.
    Harry entrò, chiedendosi che cosa accidenti significasse. Il signor Weasley si intrufolò vicino a lui e chiuse la porta. Ci stavano strettissimi; Harry era schiacciato contro l’apparecchio telefonico, che penzolava storto dalla parete come se un vandalo avesse tentato di svellerlo. Il signor Weasley tese la mano verso il ricevitore.
    «Signor Weasley, credo che anche questo sia fuori servizio» fece notare Harry.
    «No, no, sono sicuro che funziona» rispose il signor Weasley, reggendo il ricevitore sopra la testa e guardando il disco. «Vediamo… sei…» e fece il numero, «due… quattro… ancora quattro… e ancora due…»
    Il disco tornò al suo posto con un ronzio uniforme e una fredda voce femminile risuonò nella cabina, non dal ricevitore che il signor Weasley teneva in mano, ma forte e chiara come se una donna invisibile fosse lì in piedi accanto a loro.
    «Benvenuti al Ministero della Magia. Per favore dichiarate il vostro nome e il motivo della visita».
    «Ehm…» fece il signor Weasley, evidentemente incerto se parlare o no nel ricevitore. Scelse un compromesso e avvicinò la cornetta all’orecchio: «Arthur Weasley, Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani; sono qui per accompagnare Harry Potter, che deve presentarsi a un’udienza disciplinare…»
    «Grazie» disse la fredda voce femminile. «Il visitatore è pregato di raccogliere la targhetta e assicurarla sul vestito».
    Si udì uno scatto e un tintinnio, e Harry vide qualcosa cadere nel contenitore metallico dove di solito sbucavano le monete del resto. Lo raccolse: era una spilla quadrata d’argento con scritto sopra Harry Potter, Udienza Disciplinare. La fissò sulla maglietta mentre la voce femminile riprendeva a parlare.
    «Il visitatore del Ministero ha l’obbligo di sottoporsi a perquisizione e di presentare la bacchetta perché sia registrata al banco della sorveglianza, all’estremità dell’Atrium».
    Il pavimento della cabina tremò. Stavano sprofondando lentamente nel suolo. Harry guardò preoccupato il marciapiede che sembrava alzarsi oltre i vetri della cabina finché l’oscurità non si chiuse sopra di loro. Poi non vide nulla; sentiva solo il sordo cigolio della cabina che scendeva attraverso la terra. Dopo circa un minuto, anche se a lui parve molto di più, una luce dorata illuminò i suoi piedi e salì lungo il suo corpo, fino a illuminarlo in viso. Dovette strizzare le palpebre per impedire agli occhi di lacrimare.
    «Il Ministero della Magia vi augura una buona giornata» salutò la voce femminile.
    La porta della cabina si spalancò e il signor Weasley uscì, seguito da Harry, che rimase a bocca spalancata.
    Erano all’estremità di un lunghissimo, magnifico salone d’ingresso con il pavimento splendente di legno scuro. Il soffitto blu pavone era incastonato di scintillanti simboli dorati che continuavano a muoversi e mutare come un enorme tabellone celeste. Le pareti ai due lati erano coperte da pannelli di lucido legno scuro dove si aprivano molti camini dorati. Ogni pochi secondi un mago o una strega affioravano da uno dei camini sulla sinistra con un dolce fruscio. Sul lato destro, davanti a ogni camino si formavano brevi code di maghi e streghe in attesa di partire.
    Al centro dell’ingresso c’era una fontana. Un gruppo di statue dorate, più grandi del naturale, si ergeva al centro di una vasca circolare. La più alta di tutte rappresentava un mago dall’aspetto nobile, con la bacchetta puntata diritta in aria. Radunati attorno a lui c’erano una bella strega, un centauro, un goblin e un elfo domestico. Gli ultimi tre guardavano con aria adorante la strega e il mago. Scintillanti zampilli d’acqua schizzavano dalle estremità delle loro bacchette, dalla punta della freccia del centauro, dalla cima del cappello del goblin e dalle orecchie dell’elfo domestico, così che il gorgogliare dell’acqua che cadeva si aggiungeva ai pop e crac di coloro che si Materializzavano e al frastuono dei passi di centinaia di maghi e streghe che, con espressioni accigliate e assonnate, avanzavano verso una serie di cancelli d’oro all’altro capo dell’ingresso.
    «Da questa parte» disse il signor Weasley.
    Si unirono alla folla, facendosi strada tra i dipendenti del Ministero, alcuni dei quali reggevano pile vacillanti di pergamene, altri valigette fruste; altri ancora leggevano La Gazzetta del Profeta mentre camminavano. Passando vicino alla fontana Harry vide falci d’argento e zelimi di bronzo scintillare sul fondo della vasca. Un piccolo cartello sbavato lì accanto recitava:
   
    TUTTI I PROVENTI DELLA FONTANA DEI MAGICI FRATELLIVERRANNO DEVOLUTI ALL’OSPEDALE SAN MUNGOPER MALATTIE E FERITE MAGICHE.
    Se non mi espellono da Hogwarts, butto dieci galeoni, Harry si ritrovò a pensare disperatamente.
    «Per di qua, Harry» disse il signor Weasley, e uscirono dal flusso di impiegati del Ministero per dirigersi verso i cancelli dorati. Seduto a una scrivania sulla sinistra, sotto un cartello che diceva Sorveglianza, un mago con la barba malfatta e un abito blu pavone li guardò avvicinarsi e posò La Gazzetta del Profeta.
    «Accompagno un visitatore» disse il signor Weasley, indicando Harry.
    «Venga» rispose il mago con voce annoiata.
    Harry si avvicinò e il mago tese una lunga asta dorata, sottile e flessibile come l’antenna radio di un’auto, e la passò su e giù davanti e dietro Harry.
    «Bacchetta» borbottò il mago della sorveglianza rivolto a Harry, posando lo strumento dorato e tendendo la mano.
    Harry estrasse la bacchetta. Il mago la lasciò cadere in uno strano congegno d’ottone, che assomigliava a una bilancia con un solo piatto. Il congegno prese a vibrare. Una strisciolina di pergamena sbucò da una fessura alla base. Il mago la strappò e lesse.
    «Undici pollici, anima di piuma di fenice, in uso da quattro anni. Corretto?»
    «Sì» rispose Harry nervoso.
    «Questo lo tengo io» disse il mago, infilzando il pezzetto di pergamena su un piccolo puntale di ottone. «Questa se la riprenda» aggiunse, consegnando la bacchetta a Harry.
    «Grazie».
    «Un momento…» disse il mago lentamente.
    Il suo sguardo balenò dalla targhetta d’argento sul petto di Harry alla sua fronte.
    «Grazie, Eric» tagliò corto il signor Weasley, e prendendo Harry per una spalla lo guidò lontano dalla scrivania, di nuovo nel fiume di maghi e streghe.
    Tra gli urti della folla, Harry seguì il signor Weasley oltre i cancelli, nell’ingresso più piccolo, dove almeno venti ascensori si aprivano dietro elaborate griglie dorate. Harry e il signor Weasley si unirono alla folla attorno a uno di essi. Vicino a loro un grosso mago barbuto reggeva uno scatolone di cartone che emetteva rumori rasposi.
    «Tutto bene, Arthur?» disse il mago facendo un cenno al signor Weasley.
    «Che cos’hai lì, Bob?» chiese il signor Weasley guardando la scatola.
    «Non lo sappiamo bene» rispose il mago serio. «Credevamo che fosse un normalissimo pollo finché non ha cominciato a sputar fuoco. Sembrerebbe una grave violazione del Bando dell’Allevamento Sperimentale».
    Con un gran stridere e sbatacchiare un ascensore scese davanti a loro; le griglie dorate si spalancarono; Harry e il signor Weasley entrarono col resto della folla e Harry si ritrovò spiaccicato contro la parete sul fondo. Parecchi maghi e streghe lo guardavano incuriositi; lui si fissò i piedi per evitare di incrociare qualche sguardo e si appiattì la frangia. Le griglie si chiusero con fragore e l’ascensore prese a salire lentamente, con le catene che sbattevano, e la stessa fredda voce femminile che Harry aveva sentito nella cabina telefonica risuonò di nuovo.
    «Settimo Livello, Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, comprendente il Quartier Generale della Lega Britannico-Irlandese del Quidditch, il Club Ufficiale di Gobbiglie e l’Ufficio Brevetti Ridicoli».
    Le porte dell’ascensore si aprirono. Harry scorse un corridoio dall’aria trascurata, con numerosi poster di squadre di Quidditch appesi storti alle pareti. Uno dei maghi nell’ascensore, che trasportava una bracciata di manici di scopa, si districò a fatica, uscì e scomparve nel corridoio. Le porte si chiusero, l’ascensore sussultò e riprese a salire e la voce della donna annunciò:
    «Sesto Livello, Ufficio del Trasporto Magico, comprendente l’Autorità della Metropolvere, il Controllo Regolativo delle Scope, l’Ufficio Passaporta e il Centro Esami di Materializzazione».
    Ancora una volta le porte dell’ascensore si aprirono e scesero quattro o cinque maghi e streghe; nello stesso tempo, parecchi aeroplani di carta vi entrarono planando. Harry li guardò stupito volteggiare pigramente sopra la sua testa: erano di un violetto pallido; riuscì a leggere Ministero della Magia stampigliato lungo l’orlo delle ali.
    «Sono solo promemoria interuffici» borbottò il signor Weasley. «Una volta usavamo i gufi, ma era un pasticcio incredibile… le scrivanie coperte di cacche…»
    Mentre continuavano a salire sferragliando, i promemoria sbatacchiavano attorno alla lampada che penzolava dal soffitto dell’ascensore.
    «Quinto Livello, Ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica, comprendente il Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici Internazionali, l’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia e la Confederazione Internazionale dei Maghi, Seggi Britannici».
    Quando le porte si aprirono, due promemoria uscirono sfrecciando insieme a un po’ di maghi e streghe, ma molti altri entrarono, così che la luce della lampada si affievoliva e lampeggiava sopra di loro a seconda di come i promemoria le svolazzavano intorno.
    «Quarto Livello, Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, comprendente la Divisione Bestie, Esseri e Spiriti, l’Ufficio delle Relazioni con i Goblin e lo Sportello Consulenza Flagelli».
    «Permesso» disse il mago che trasportava la gallina sputafuoco e scese inseguito da una flottiglia di promemoria. Le porte si richiusero sferragliando.
    «Terzo Livello, Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, comprendente la Squadra Cancellazione della Magia Accidentale, il Quartier Generale degli Obliviatori e il Comitato Scuse ai Babbani».
    Tutti scesero dall’ascensore tranne il signor Weasley, Harry e una strega intenta a leggere un lunghissimo foglio di pergamena che si trascinava sul pavimento. I promemoria residui continuarono a svolazzare attorno alla lampada. L’ascensore balzò in su, poi le porte si aprirono e la voce fece il suo annuncio.
    «Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, comprendente l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi Wizengamot».
    «È il nostro, Harry» disse il signor Weasley, e seguirono la strega fuori dall’ascensore e lungo un corridoio pieno di porte. «Il mio ufficio è dall’altra parte».
    «Signor Weasley» disse Harry notando una finestra da cui entrava splendente la luce del sole, «non siamo ancora sottoterra?»
    «Sì, certo» rispose il signor Weasley. «Sono finestre incantate. Quelli della Manutenzione Magica decidono che tempo avremo tutti i giorni. L’ultima volta che volevano un aumento abbiamo avuto due mesi di uragani… Per di qua, Harry».
    Voltarono un angolo, attraversarono una massiccia porta a due battenti di quercia e sbucarono in un open space sovraffollato, diviso in cubicoli, che ronzava di chiacchiere e risate. I promemoria sfrecciavano tra i pannelli divisori come razzi in miniatura. Un cartello sbilenco sul cubicolo più vicino diceva: Quartier Generale degli Auror.
    Harry guardò furtivo dentro le porte. Gli Auror avevano tappezzato le pareti dei loro cubicoli con un po’ di tutto, da ritratti di maghi ricercati e foto delle loro famiglie a poster delle loro squadre del cuore di Quidditch e articoli della Gazzetta del Profeta. Un uomo vestito di scarlatto con una coda di cavallo più lunga di quella di Bill era seduto con gli stivali sulla scrivania e dettava una relazione alla sua piuma. Un po’ oltre, una strega con una benda sull’occhio parlava con Kingsley Shacklebolt da sopra la parete del suo cubicolo.
    «Buongiorno, Weasley» disse Kingsley distrattamente mentre si avvicinavano. «Devo dirti una cosa, hai un secondo?»
    «Sì, se è davvero un secondo» rispose il signor Weasley, «sono piuttosto di fretta».
    Parlavano come se si conoscessero appena e quando Harry aprì la bocca per salutare Kingsley, il signor Weasley gli pestò un piede. Seguirono Kingsley lungo la fila dei cubicoli, fino all’ultimo.
    Harry ebbe un attimo di spavento: il volto di Sirius occhieggiava da tutte le parti. Ritagli di giornali e vecchie foto, compresa quella in cui era testimone al matrimonio dei Potter, tappezzavano le pareti. L’unico spazio privo di Sirius era una cartina del mondo sulla quale piccoli spilli rossi rilucevano come gemme.
    «Tieni» disse Kingsley in tono brusco al signor Weasley, ficcandogli in mano un fascio di pergamene. «Ho bisogno di tutte le informazioni possibili su veicoli Babbani volanti avvistati negli ultimi dodici mesi. Abbiamo ricevuto informazioni secondo cui Black potrebbe ancora usare la sua vecchia motocicletta».
    Kingsley rivolse a Harry una gran strizzata d’occhio e gli sussurrò: «Dagli la rivista, potrebbe trovarla interessante». Poi disse in tono normale: «E non metterci troppo, Weasley, il ritardo di quella relazione sui carmi da fuoco ha bloccato le nostre indagini per un mese».
    «Se avessi letto la mia relazione sapresti che il termine esatto è armi da fuoco» rispose asciutto il signor Weasley. «E temo che dovrai aspettare per avere informazioni sulle motociclette: al momento siamo estremamente occupati». Abbassò la voce e aggiunse: «Se riesci a liberarti prima delle sette, Molly fa le polpette».
    Fece un cenno a Harry e lo guidò fuori dal cubicolo di Kingsley, attraverso una seconda porta di quercia, in un altro passaggio, voltò a sinistra, avanzò lungo un altro corridoio, voltò a destra in un corridoio fiocamente illuminato e decisamente squallido, e alla fine raggiunse un vicolo cieco, dove una porta sulla sinistra era socchiusa, rivelando un armadio per scope, e un’altra sulla destra recava un’ossidata targa di ottone: Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani.
    Lo squallido ufficio del signor Weasley si sarebbe detto un po’ più piccolo dell’armadio delle scope. Vi erano state stipate due scrivanie e c’era appena lo spazio per girarci intorno per via di tutti gli archivi traboccanti, in cima ai quali si ergevano precarie pile di cartelle. Il poco spazio libero sulle pareti testimoniava l’ossessione del signor Weasley: poster di auto, compreso quello di un motore smontato; due illustrazioni di cassette della posta che sembrava aver ritagliato da libri Babbani per bambini; e uno schema che mostrava come collegare una spina.
    In cima alla vaschetta tracimante della posta in entrata c’erano un vecchio tostapane che singhiozzava sconsolato e un paio di guanti di pelle vuoti che giravano i pollici. Una foto della famiglia Weasley stava accanto alla vaschetta. Harry notò che Percy se n’era andato.
    «Non abbiamo la finestra» spiegò il signor Weasley a mo’ di scusa, sfilandosi il giubbotto e sistemandolo sullo schienale della sedia. «Abbiamo fatto domanda, ma evidentemente non ritengono che ne abbiamo bisogno. Siediti, Harry, a quanto pare Perkins non è ancora arrivato».
    Harry si insinuò nella sedia dietro la scrivania di Perkins mentre il signor Weasley scorreva il fascio di pergamene che gli aveva dato Kingsley Shacklebolt.
    «Ah» disse con un gran sorriso, sfilando una copia di una rivista intitolata Il Cavillo, «sì…» La sfogliò. «Sì, ha ragione, sono sicuro che Sirius la troverà molto divertente… oh, cielo, e adesso che cosa c’è?»
    Un promemoria era appena sfrecciato attraverso la porta e si era posato in cima al tostapane singhiozzante. Il signor Weasley lo aprì e lesse ad alta voce.
    «Terzo bagno pubblico traboccante denunciato a Bethnal Green, prego indagare immediatamente’. Sta diventando ridicolo…»
    «Un bagno che trabocca?»
    «Burle anti-Babbani» spiegò il signor Weasley, accigliato. «Ne abbiamo avuti due la settimana scorsa, uno a Wimbledon, uno a Elephant and Castle. I Babbani tirano l’acqua e la roba invece di sparire… be’, te lo puoi immaginare. Quei poveretti continuano a chiamare gli… idropici, credo che si chiamino… sai, quelli che riparano i tubi e roba del genere».
    «Idraulici?»
    «Sì, proprio così, ma naturalmente sono confusi. Spero solo che riusciremo a prendere i responsabili».
    «Saranno gli Auror a dar loro la caccia?»
    «Oh, no, è troppo banale per gli Auror, è la normale Pattuglia della Squadra Speciale Magica… ah, Harry, questo è Perkins».
    Un vecchio mago curvo dall’aria timorosa e soffici capelli bianchi era appena entrato, ansante.
    «Oh, Arthur!» esclamò disperato, senza guardare Harry. «Grazie al cielo, non sapevo che cosa fare, se aspettarti qui o no. Ho appena spedito un gufo a casa tua, ma evidentemente l’hai mancato… è arrivato un messaggio urgente dieci minuti fa…»
    «So del bagno che rigurgita» disse il signor Weasley.
    «No, no, non è il bagno, è l’udienza del giovane Potter… hanno cambiato ora e luogo… comincia alle otto ed è giù nel vecchio Tribunale, Aula Dieci…»
    «Giù nel vecchio… ma mi avevano detto… per la barba di Merlino!»
    Il signor Weasley guardò l’orologio, emise un gemito e balzò su dalla sedia.
    «Presto, Harry, avremmo dovuto essere lì cinque minuti fa!»
    Perkins si appiattì contro gli archivi e il signor Weasley uscì di corsa dall’ufficio, con Harry alle calcagna.
    «Perché hanno cambiato orario?» chiese Harry senza fiato sfrecciando davanti ai cubicoli degli Auror; i maghi misero fuori la testa a guardarli che filavano via. Harry si sentiva come se avesse lasciato le viscere alla scrivania di Perkins.
    «Non ne ho idea, ma grazie al cielo siamo arrivati presto; se non ti fossi presentato sarebbe stata una catastrofe!»
    Il signor Weasley si bloccò davanti agli ascensori e sferrò un pugno impaziente al pulsante “giù”.
    «E MUOVITI!»
    L’ascensore arrivò sferragliando e loro corsero dentro. Tutte le volte che si fermava, il signor Weasley imprecava con furia e colpiva più volte il pulsante del Nono Livello.
    «Quelle aule non vengono usate da anni» disse arrabbiato. «Non riesco a capire perché la tengono laggiù… a meno che… ma no…»
    Una strega grassa che reggeva un calice fumante salì in quel momento, e il signor Weasley non concluse la frase.
    «Atrium» annunciò la fredda voce femminile, e le griglie si aprirono, offrendo a Harry uno scorcio remoto delle statue dorate nella fontana. La strega grassa scese e salì un mago con la pelle olivastra e un viso molto funereo.
    «’Giorno, Arthur» salutò con voce sepolcrale mentre l’ascensore cominciava a scendere. «Non ti si vede spesso quaggiù».
    «Affari urgenti, Bode» rispose il signor Weasley, che saltellava per l’impazienza e scoccava sguardi ansiosi a Harry.
    «Ah, certo» disse Bode, scrutando Harry senza batter ciglio. «Naturalmente».
    Harry non aveva voglia di preoccuparsi anche di Bode, ma il suo sguardo fermo non lo fece sentire molto più a proprio agio.
    «Ufficio Misteri» annunciò la fredda voce femminile e non aggiunse altro.
    «Presto, Harry» disse il signor Weasley quando le porte si aprirono cigolando, e presero a correre lungo un corridoio alquanto diverso da quelli di sopra. Le pareti erano spoglie; non c’erano finestre né porte, tranne una, liscia e nera, in fondo. Harry si aspettava che la varcassero, ma invece il signor Weasley lo prese per un braccio e lo trascinò a sinistra, dove c’era un’apertura che dava su una rampa di scale.
    «Giù di qua, giù di qua» disse ansante, scendendo due gradini alla volta. «L’ascensore non arriva così in basso… perché la tengono qui, io…»
    Raggiunsero la base delle scale e fecero di corsa un altro corridoio, che assomigliava moltissimo a quello che portava al sotterraneo di Piton a Hogwarts, con torce appese alle pareti di pietra viva. Le porte che oltrepassarono erano di legno massiccio con chiavistelli e serrature di ferro.
    «Aula… Dieci… credo… ci siamo quasi… ecco».
    Il signor Weasley si fermò barcollando davanti a una porta scura coperta di sudiciume, con un enorme chiavistello di ferro e si afflosciò contro la parete, premendosi la mano al petto.
    «Vai avanti» disse ansimando e indicò la porta. «Entra».
    «Lei non… lei non viene con…?»
    «No, no, non mi è permesso. Buona fortuna!»
    Il cuore di Harry tambureggiava con veemenza contro il suo pomo d’Adamo. Deglutì forte, abbassò la pesante maniglia di ferro ed entrò nell’aula.
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