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Harry Potter e l'Ordine della Fenice (9042 citazioni)
   1) Dudley Dissennato (184 citazioni)
   2) Un pacco di gufi (261 citazioni)
   3) L’avanguardia (185 citazioni)
   4) Grimmauld Place, numero dodici (230 citazioni)
   5) L’Ordine della Fenice (216 citazioni)
   6) La Nobile e Antichissima Casata dei Black (230 citazioni)
   7) Il Ministero della Magia (159 citazioni)
   8) L’udienza (156 citazioni)
   9) Le pene della Signora Weasley (322 citazioni)
   10) Luna Lovegood (226 citazioni)
   11) La nuova canzone del Cappello Parlante (173 citazioni)
   12) La Professoressa Umbridge (340 citazioni)
   13) Punizione con Dolores (298 citazioni)
   14) Percy e Felpato (295 citazioni)
   15) L'Inquisitore Supremo di Hogwarts (274 citazioni)
   16) Alla Testa di Porco (211 citazioni)
   17) Decreto Didattico Numero Ventiquattro (261 citazioni)
   18) L'esercito di Silente (268 citazioni)
   19) Il serpente e il leone (207 citazioni)
   20) Il racconto di Hagrid (255 citazioni)
   21) L'occhio del serpente (258 citazioni)
   22) L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (252 citazioni)
   23) Natale nel reparto riservato (229 citazioni)
   24) Occlumanzia (287 citazioni)
   25) Lo scarabeo in trappola (257 citazioni)
   26) Visto e imprevisto (274 citazioni)
   27) Il centauro e la spia (265 citazioni)
   28) Il peggior ricordo di Piton (287 citazioni)
   29) Orientamento professionale (270 citazioni)
   30) Grop (262 citazioni)
   31) I G.U.F.O. (216 citazioni)
   32) Fuori dal camino (236 citazioni)
   33) Lotta e fuga (140 citazioni)
   34) L'Ufficio Misteri (182 citazioni)
   35) Oltre il velo (280 citazioni)
   36) L’unico che abbia mai temuto (116 citazioni)
   37) La profezia perduta (210 citazioni)
   38) La seconda guerra comincia (270 citazioni)
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La nuova canzone del Cappello Parlante


   Harry non voleva dire agli altri che lui e Luna avevano la stessa allucinazione, se di questo si trattava, così non parlò più dei cavalli; prese posto nella carrozza e chiuse lo sportello con forza. Tuttavia non poté fare a meno di osservare le loro sagome che si muovevano fuori dal finestrino.
    «L’avete vista tutti la Caporal?» chiese Ginny. «Che cosa ci fa di nuovo qui? Hagrid non può essere andato via, vero?»
    «Ne sarei felice» disse Luna, «non è un insegnante molto bravo, no?»
    «Sì, invece!» la rimbeccarono Harry, Ron e Ginny.
    Harry guardò torvo Hermione. Lei si schiarì la voce e disse in fretta: «Ehm, sì, è molto bravo».
    «Be’, noi di Corvonero pensiamo che sia un po’ ridicolo» insisté Luna, imperterrita.
    «Allora avete un pessimo senso dell’umorismo» sbottò Ron. Le ruote sotto di loro si avviarono cigolando.
    Luna non parve turbata dall’insolenza di Ron; al contrario, si limitò a guardarlo per un po’ come se fosse un programma televisivo di blando interesse.
    Sbatacchiando e ondeggiando, le carrozze avanzarono in fila lungo la strada. Quando passarono dal cancello che portava nel territorio della scuola, fra gli alti pilastri di pietra sovrastati da cinghiali alati, Harry si sporse in avanti per cercare di vedere se c’erano luci accese nella capanna di Hagrid vicino alla foresta proibita, ma i prati erano immersi in una completa oscurità. Il Castello di Hogwarts, tuttavia, incombeva sempre più vicino: una massa imponente di torrette, nero giaietto contro il cielo scuro, e qua e là una finestra diffondeva una luce vibrante sopra di loro.
    Le carrozze si fermarono sferragliando accanto ai gradini di pietra che salivano al portone di quercia. Harry scese per primo e si voltò di nuovo in cerca di finestre illuminate giù vicino alla foresta, ma non c’era alcun segno di vita nella capanna di Hagrid. Riluttante, perché aveva quasi sperato che sarebbero scomparse, rivolse invece lo sguardo alle strane creature scheletriche immobili e tranquille nella gelida aria notturna, i vacui occhi bianchi che brillavano.
    Harry aveva fatto già una volta l’esperienza di vedere qualcosa che Ron non vedeva, ma quello era un riflesso in uno specchio, molto più inconsistente di un centinaio di bestie dall’aspetto assai concreto, tanto forti da tirare un convoglio di carrozze. Se bisognava credere a Luna, le bestie erano sempre state lì, invisibili. Allora perché Harry all’improvviso riusciva a vederle, e Ron no?
    «Vieni?» disse Ron al suo fianco.
    «Oh, sicuro» rispose Harry, e si unirono alla folla che si affrettava a salire i gradini per entrare nel castello.
    La Sala d’Ingresso era splendente di torce ed echeggiava dei passi degli studenti che attraversavano il pavimento di pietra diretti alla doppia porta sulla destra, che portava nella Sala Grande, al banchetto d’inizio anno.
    Nella Sala Grande, i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano riempiendo sotto il cielo nero privo di stelle, identico a quello che si scorgeva dalle alte finestre. Candele galleggiavano a mezz’aria sopra i tavoli, illuminando i fantasmi argentei sparpagliati nella Sala e i volti degli studenti immersi in fitte conversazioni, intenti a scambiarsi notizie dell’estate, a gridare saluti agli amici delle altre Case, a osservare i loro nuovi abiti e tagli di capelli. Harry notò ancora una volta che alcuni sussurravano al suo passaggio; strinse i denti e cercò di comportarsi come se non se ne accorgesse o non gli importasse.
    Luna si allontanò da loro per raggiungere il tavolo di Corvonero. Quando furono a quello di Grifondoro, Ginny fu chiamata da alcuni compagni del quarto anno e andò con loro. Harry, Ron, Hermione e Neville si sedettero vicini a metà del tavolo tra Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro, e Calì Patil e Lavanda Brown; queste ultime rivolsero a Harry saluti fin troppo amichevoli, dai quali capì che avevano smesso di parlare di lui un attimo prima. Ma Harry aveva preoccupazioni più importanti: guardò oltre le teste degli studenti il tavolo degli insegnanti, lungo la parete in fondo alla Sala.
    «Non c’è».
    Anche Ron e Hermione scorsero con lo sguardo il tavolo degli insegnanti, benché non ce ne fosse bisogno: la taglia di Hagrid lo rendeva evidente a colpo d’occhio.
    «Non può essersene andato» disse Ron, un po’ inquieto.
    «Certo che no» concordò deciso Harry.
    «Non pensate che sia… malato, o ferito?» chiese Hermione inquieta.
    «No» rispose subito Harry.
    «Ma allora dov’è?»
    Ci fu una pausa, poi Harry disse molto piano, in modo che Neville, Calì e Lavanda non sentissero: «Forse non è ancora tornato. Sapete… la sua missione… quella cosa che doveva fare in estate per Silente».
    «Sì… sì, dev’essere così» disse Ron, rassicurato, ma Hermione si morse il labbro, osservando gli insegnanti come se sperasse in una spiegazione definitiva dell’assenza di Hagrid.
    «Chi è quella?» chiese in tono brusco, indicando il centro del tavolo.
    Lo sguardo di Harry seguì il suo. Si posò prima sul professor Silente, seduto sul suo seggio d’oro dall’alto schienale al centro del lungo tavolo; indossava una veste viola scuro cosparsa di stelle d’argento e un cappello in tinta. La testa di Silente era china verso la strega seduta accanto a lui, che gli parlava all’orecchio. Aveva l’aspetto, pensò Harry, di una zia zitella: tarchiata, con corti capelli ricci color topo in cui aveva infilato un orrendo cerchietto, rosa come il vaporoso cardigan che indossava sopra la veste. Voltò appena il viso per bere un sorso dal calice e Harry riconobbe con orrore una faccia pallida da rospo e un paio di gonfi occhi sporgenti.
    «È la Umbridge!»
    «Chi?» chiese Hermione.
    «Era alla mia udienza, lavora per Caramell!»
    «Bel cardigan» commentò Ron con una smorfia.
    «Lavora per Caramell!» ripeté Hermione, accigliata. «Ma allora che cosa diavolo ci fa qui?»
    «Non so…»
    Con gli occhi ridotti a fessure Hermione controllò il tavolo degli insegnanti.
    «No» borbottò, «no, impossibile…»
    Harry non capì di che cosa parlava ma non glielo chiese; la sua attenzione era stata catturata dalla professoressa Caporal, appena comparsa dietro il tavolo, che si faceva strada fino all’estremità e sedeva nel posto che avrebbe dovuto occupare Hagrid. Ciò significava che quelli del primo anno dovevano aver attraversato il lago e raggiunto il castello; infatti qualche istante dopo si aprirono le porte e dalla Sala d’Ingresso entrò una lunga fila di bambini dall’aria spaventata. In testa c’era la professoressa McGranitt, che reggeva uno sgabello sul quale era posato un antico cappello da mago, pieno di toppe e rammendi, con un ampio strappo vicino al bordo sfilacciato.
    Il chiacchiericcio nella Sala Grande svanì. I bambini del primo anno si allinearono davanti al tavolo degli insegnanti, col viso rivolto verso il resto degli studenti: la professoressa McGranitt posò con cautela lo sgabello davanti a loro, poi si trasse in disparte.
    I volti degli studenti del primo anno rilucevano pallidi alla luce delle candele. Un bambinetto al centro della fila sembrava tremare. Harry ricordò per un attimo il terrore che aveva sentito quando si era trovato lì in piedi, in attesa della prova ignota che avrebbe deciso la sua Casa di appartenenza.
    Tutta la scuola aspettava col fiato sospeso. Poi lo strappo vicino al bordo del cappello si spalancò come una bocca e il Cappello Parlante prese a cantare:
   
    Un tempo, quand’ero assai nuovo berretto e Hogwarts neonata acquistava rispetto, i gran fondatori del nobil maniero sortivan tra loro un patto sincero: divisi giammai, uniti in eterno per crescere in spirito sano e fraterno la scuola di maghi migliore del mondo, per dare ad ognuno un sapere profondo. ’Insieme insegnare, vicini restare!’ Il motto riuscì i quattro amici a legare: perché mai vi fu sodalizio più vero che tra Tassorosso e il fier Corvonero, e tra Serpeverde e messer Grifondoro l’unione era salda, l’affetto un ristoro. Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto per rendere a tale amicizia gran torto? Io c’ero e ahimè qui vi posso narrare com’è che il legame finì per errare. Fu che Serpeverde così proclamò: «Di antico lignaggio studenti vorrò». E il fier Corvonero si disse sicuro: «Io stimerò sol l’intelletto più puro». E poi Grifondoro: «Darò gran vantaggio a chi compie imprese di vero coraggio». E ancor Tassorosso: «Sarà l’uguaglianza del mio insegnamento la sana sostanza». Fu scarso il conflitto all’inizio, perché ciascuno dei quattro aveva per sé un luogo in cui solo i pupilli ospitare, e a loro soltanto la scienza insegnare. Così Serpeverde prescelse diletti di nobile sangue, in astuzia provetti, e chi mente acuta e sensibile aveva dal fier Corvonero ricetto otteneva, e i più coraggiosi, i più audaci, i più fieri con ser Grifondoro marciavano alteri, e poi Tassorosso i restanti accettava, sì, Tosca la buona a sé li chiamava. Allora le Case vivevano in pace, il patto era saldo, il ricordo a noi piace. E Hogwarts cresceva in intatta armonia, e a lungo, per anni, regnò l’allegria. Ma poi la discordia tra noi s’insinuò e i nostri difetti maligna sfruttò. Le Case che con profondissimo ardore reggevano alto di Hogwarts l’onore mutarono in fiere nemiche giurate, e si fronteggiaron, d’orgoglio malate. Sembrò che la scuola dovesse crollare, amico ed amico volevan lottare. E infine quel tetro mattino si alzò che Sal Serpeverde di qui se ne andò. La disputa ardente tra gli altri cessava ma le Case divise purtroppo lasciava, né furon mai più solidali da che i lor fondatori rimasero in tre. E adesso il Cappello Parlante vi appella e certo sapete qual è la novella che a voi tutti quanti annunciare dovrò: ma sì, nelle Case io vi smisterò. Però questa volta è un anno speciale, vi dico qualcosa ch’è senza l’uguale: e dunque, vi prego, attenti ascoltate e del mio messaggio tesoro ora fate. Mi spiace dividervi, ma è mio dovere: eppure una cosa pavento sapere. Non so se sia utile voi separare: la fine che temo potrà avvicinare. Scrutate i pericoli, i segni leggete, la storia v’insegna, su, non ripetete l’errore commesso nel nostro passato. Adesso su Hogwarts sinistro è calato un grande pericolo, un cupo nemico l’assedia da fuori, pericolo antico. Uniti, e compatti resister dobbiamo se il crollo di Hogwarts veder non vogliamo. Io qui ve l’ho detto, avvertiti vi ho… e lo Smistamento or comincerò.
    Il Cappello tornò immobile; scoppiò un applauso, anche se inframmezzato, per la prima volta a quanto ricordava Harry, da borbottii e sussurri. Per tutta la Sala Grande gli studenti si scambiavano commenti e Harry, battendo le mani con gli altri, sapeva con precisione di che cosa parlavano.
    «Ha un po’ esagerato quest’anno, eh?» commentò Ron, le sopracciglia inarcate.
    «Altroché» rispose Harry.
    Il Cappello Parlante di solito si limitava a descrivere le qualità diverse che ciascuna delle quattro Case di Hogwarts ricercava e il proprio ruolo nel riconoscerle. Harry non ricordava che avesse mai cercato di dare consigli alla scuola.
    «Chissà se ha mai dato avvertimenti prima d’ora» si chiese Hermione, un po’ preoccupata.
    «Sì, sicuro» disse Nick-Quasi-Senza-Testa, con tono saputo, curvandosi su di lei attraverso Neville (che trasalì; è molto spiacevole avere un fantasma che ti attraversa). «Il Cappello si sente tenuto a dare alla scuola i necessari consigli tutte le volte che avverte…»
    Ma la professoressa McGranitt, che aspettava di leggere la lista dei ragazzi del primo anno, fulminò gli studenti con lo sguardo. Nick-Quasi-Senza-Testa si posò un dito trasparente sulle labbra e tornò a sedersi sussiegoso mentre il borbottio s’interrompeva. Dopo un ultimo sguardo accigliato che percorse i quattro tavoli delle Case, la professoressa McGranitt abbassò gli occhi sulla lunga pergamena e pronunciò a voce alta e chiara il primo nome.
    «Abercrombie, Euan».
    Il bambino terrorizzato che Harry aveva già notato avanzò barcollando e si mise in testa il Cappello, che non gli cadde fino alle spalle solo perché aveva le orecchie molto sporgenti. Il Cappello meditò un istante, poi lo strappo vicino al bordo si aprì di nuovo e urlò: «Grifondoro!»
    Harry applaudì forte con gli altri Grifondoro; Euan Abercrombie si avvicinò malsicuro al tavolo e si sedette, con l’aria di chi avrebbe molto gradito sprofondare nel pavimento e non farsi mai più vedere.
    Lentamente, la lunga fila di bambini del primo anno si ridusse. Nelle pause tra i nomi e le decisioni del Cappello Parlante, Harry sentiva lo stomaco di Ron borbottare forte. Finalmente, “Zeller, Rose” fu assegnata a Tassorosso, la professoressa McGranitt portò via Cappello e sgabello e il professor Silente si alzò.
    Per quanto fosse amareggiato dal comportamento del suo Preside, Harry fu in qualche modo tranquillizzato nel vedere Silente davanti a tutti loro. Tra l’assenza di Hagrid e la presenza di quei cavalli simili a draghi, sentiva che il ritorno tanto atteso a Hogwarts era pieno di sorprese inaspettate, come note stonate in una canzone familiare. Ma questo, almeno, era come doveva essere: il loro Preside che si alzava per salutarli tutti prima del banchetto d’inizio anno.
    «Ai nuovi arrivati» disse Silente con voce forte, le braccia allargate e un gran sorriso sulle labbra, «benvenuti! Ai nostri vecchi amici… bentornati! C’è un tempo per i discorsi, ma non è questo. Dateci dentro!»
    Ci fu una risata di approvazione e uno scoppio di applausi mentre Silente sedeva con garbo e si gettava la lunga barba sulla spalla per tenerla lontana dal piatto: il cibo era apparso dal nulla e i cinque lunghi tavoli erano carichi di arrosti e pasticci e piatti di verdure, pane e salse e boccali di succo di zucca.
    «Ottimo» disse Ron, con un gemito di desiderio e, afferrato il piatto di costolette più vicino, prese ad ammucchiarle sul suo, sotto lo sguardo assorto di Nick-Quasi-Senza-Testa.
    «Che cosa stavi dicendo prima dello Smistamento?» chiese Hermione al fantasma. «Il Cappello dà consigli?»
    «Oh, sì» rispose Nick, lieto di avere un motivo per distrarsi da Ron, che mangiava patate arrosto con un entusiasmo quasi indecente. «Sì, ho sentito dire che il Cappello l’ha già fatto, sempre quando ha avvertito periodi di enorme pericolo per la scuola. E naturalmente il suo consiglio è sempre lo stesso: restate uniti, siate forti dall’interno».
    «Come fafpeve cafcuoa impvico feanpello?» chiese Ron.
    Aveva la bocca così piena che a Harry sembrò un gran risultato che riuscisse a emettere un qualunque verso.
    «Scusa?» domandò educatamente Nick-Quasi-Senza-Testa; Hermione era visibilmente disgustata.
    Ron inghiottì un boccone immenso e disse: «Come fa a sapere che la scuola è in pericolo se è un cappello?»
    «Non ne ho idea» rispose Nick-Quasi-Senza-Testa. «Certo, risiede nell’ufficio di Silente, quindi oserei dire che raccoglie le sue informazioni lassù».
    «E vuole che tutte le Case siano amiche?» chiese Harry, guardando il tavolo di Serpeverde, dove Draco Malfoy teneva banco. «Facile».
    «Be’, ecco, non dovresti assumere questo atteggiamento» lo rimproverò Nick. «Cooperazione pacifica, questa è la chiave. Noi fantasmi, anche se apparteniamo a Case distinte, manteniamo legami di amicizia. Nonostante la competitività tra Grifondoro e Serpeverde, non mi sognerei mai di scatenare una disputa con il Barone Sanguinario».
    «Solo perché ti fa paura» disse Ron.
    Nick-Quasi-Senza-Testa fu enormemente offeso.
    «Mi fa paura? Io, Sir Nicholas de Mimsy-Porpington, mi pregio di non essere mai stato colpevole di codardia nella mia vita! Il nobile sangue che scorre nelle mie vene…»
    «Quale sangue?» chiese Ron. «Non ne hai più…»
    «È un modo di dire!» esclamò Nick-Quasi-Senza-Testa, ormai così irritato che la testa semimozzata gli tremava in modo minaccioso. «Suppongo di poter ancora far uso delle parole che preferisco, anche se i piaceri del mangiare e del bere mi sono negati! Ma sono abbastanza avvezzo a che gli studenti traggano divertimento dalla mia morte, te lo garantisco!»
    «Nick, non ti voleva prendere in giro!» disse Hermione, scoccando un’occhiata furiosa a Ron.
    Purtroppo Ron aveva di nuovo la bocca piena da scoppiare e riuscì a bofonchiare solo «Onti voevo fendere», che Nick non parve considerare una scusa adeguata. Si levò a mezz’aria, raddrizzò il cappello piumato e volò via verso l’altro capo del tavolo, dove atterrò tra i due fratelli Canon, Colin e Dennis.
    «Bravo, Ron» esplose Hermione.
    «Cosa?» disse Ron indignato, dopo essere riuscito finalmente a mandar giù. «Non posso fare una semplice domanda?»
    «Oh, lascia perdere» tagliò corto Hermione irritata, e i due passarono il resto della cena immersi in un silenzio scocciato.
    Harry era troppo abituato ai loro battibecchi per preoccuparsi di riconciliarli; pensò che avrebbe speso meglio il suo tempo attaccando con decisione tutto il suo pasticcio di carne e rognone, poi una gran fetta di torta alla melassa, la sua preferita.
    Quando tutti gli studenti ebbero finito di mangiare e il frastuono nella Sala prese a crescere, Silente si alzò un’altra volta. Smisero tutti all’istante di parlare e si voltarono verso il Preside. Harry si sentiva piacevolmente assonnato. Il suo letto a baldacchino lo aspettava lassù, meravigliosamente caldo e morbido…
    «Bene, ora che stiamo tutti digerendo un altro splendido banchetto, chiedo alcuni istanti della vostra attenzione per i soliti avvisi» cominciò Silente. «Quelli del primo anno devono sapere che la foresta nel territorio della scuola è proibita agli studenti… e ormai dovrebbero saperlo anche alcuni dei nostri studenti più anziani». (Harry, Ron e Hermione si scambiarono dei sorrisetti.)
    «Il signor Gazza, il custode, mi ha chiesto, per quella che mi riferisce essere la quattrocentosessantaduesima volta, di ricordarvi che la magia non è permessa nei corridoi tra le classi, così come un certo numero di altre cose, che si possono controllare sulla lista completa ora appesa alla porta del suo ufficio.
    «Abbiamo avuto due avvicendamenti nel corpo insegnanti, quest’anno. Siamo molto felici di salutare di nuovo la professoressa Caporal, che terrà le lezioni di Cura delle Creature Magiche; siamo anche lieti di presentare la professoressa Umbridge, nostra nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure».
    Ci fu un giro di applausi educati ma decisamente poco entusiasti; Harry, Ron e Hermione si scambiarono sguardi di vago panico: Silente non aveva detto per quanto tempo la professoressa Caporal avrebbe insegnato.
    Silente riprese: «I provini per le squadre di Quidditch delle Case si terranno il…»
    S’interruppe, guardando interrogativo la professoressa Umbridge. Siccome non era molto più alta in piedi che da seduta, per un attimo nessuno capì perché Silente avesse smesso di parlare, ma poi lei si schiarì la voce, «Hem hem», e fu chiaro che si era alzata e intendeva tenere un discorso.
    Silente parve stupito solo per un attimo, poi si sedette prontamente e guardò con molta attenzione la professoressa Umbridge, come se non desiderasse altro che ascoltarla. Altri membri del corpo insegnanti non furono così abili nel nascondere la loro sorpresa. Le sopracciglia della professoressa Sprite scomparvero sotto i capelli svolazzanti e la bocca della professoressa McGranitt era sottile come Harry non l’aveva mai vista. Nessun nuovo insegnante aveva mai interrotto Silente prima d’allora. Molti studenti ammiccarono; era chiaro che quella donna non sapeva come andavano le cose a Hogwarts.
    «Grazie, Preside» disse in tono lezioso la professoressa Umbridge, «per le gentili parole di benvenuto».
    La sua voce era acutissima, tutta di gola, da bambinetta, e di nuovo Harry provò un potente moto di disgusto che non riuscì a spiegarsi; sapeva solo che detestava tutto di lei, dalla sua stupida voce al suo soffice cardigan rosa. Lei fece un altro colpetto di tosse per schiarirsi la voce («Hem hem») e continuò.
    «Be’, devo dire che è delizioso essere di nuovo a Hogwarts!» Sorrise, rivelando denti molto aguzzi. «E vedere queste faccette felici che mi guardano!»
    Harry si guardò intorno. Nessuno dei volti che vedeva aveva un’aria felice. Al contrario, erano tutti sconcertati dal fatto che si rivolgesse loro come se avessero cinque anni.
    «Non vedo l’ora di conoscervi tutti e sono certa che saremo ottimi amici!»
    Gli studenti si scambiarono occhiate e alcuni nascosero a stento delle smorfie.
    «Sarò sua amica, basta che non mi presti mai quel cardigan» sussurrò Calì a Lavanda, e tutt’e due furono scosse da risatine silenziose.
    La professoressa Umbridge si schiarì la voce di nuovo («Hem hem»), ma quando riprese, un po’ del timbro di gola era sparito. Suonava molto più pratica e le sue parole avevano il tono piatto di un discorso imparato a memoria.
    «Il Ministero della Magia ha sempre considerato l’istruzione dei giovani maghi e streghe di vitale importanza. I rari doni con i quali siete nati possono non dare frutto se non vengono alimentati e perfezionati da un’educazione attenta. Le antiche abilità della comunità dei maghi devono essere trasmesse di generazione in generazione o le perderemo per sempre. Il tesoro della sapienza magica accumulato dai nostri antenati dev’essere sorvegliato, arricchito e rifinito da coloro che sono stati chiamati alla nobile professione dell’insegnamento».
    La professoressa Umbridge qui fece una pausa e rivolse un breve inchino ai colleghi, nessuno dei quali rispose. Le scure sopracciglia della professoressa McGranitt si erano contratte tanto da darle il cipiglio di un falco, e Harry la vide chiaramente scambiare uno sguardo eloquente con la professoressa Sprite, mentre la Umbridge faceva un altro piccolo “hem, hem” e continuava il suo discorso.
    «Ogni Preside mago o strega di Hogwarts ha portato il proprio contributo all’oneroso compito di governare questa scuola storica, ed è così che dev’essere, perché senza progresso vi sarebbero torpore e decadenza. E tuttavia, il progresso per il progresso dev’essere scoraggiato, perché le nostre consolidate tradizioni spesso non richiedono correzioni. Un equilibrio, dunque, fra il vecchio e il nuovo, fra la stabilità e il cambiamento, fra la tradizione e l’innovazione…»
    Harry sentì l’attenzione calare, come se il suo cervello ogni tanto fosse fuori sintonia. La calma che riempiva sempre la Sala quando parlava Silente si stava infrangendo, e gli studenti avvicinavano le teste per bisbigliare e ridacchiare. Al tavolo di Corvonero, Cho Chang discuteva animatamente con le sue amiche. Qualche posto più in là, Luna Lovegood aveva estratto di nuovo Il Cavillo. Nel frattempo, al tavolo di Tassorosso, Ernie Macmillan era uno dei pochi che ancora fissavano la professoressa Umbridge, ma aveva lo sguardo vitreo e Harry era certo che fingesse solo di ascoltare nel tentativo di dimostrarsi degno della nuova spilla da prefetto che scintillava sulla sua veste.
    La professoressa Umbridge non parve notare l’irrequietezza della platea. Harry aveva l’impressione che avrebbe potuto scoppiarle sotto il naso una rissa in piena regola e lei avrebbe tirato dritto col suo discorso. Gli insegnanti, tuttavia, ascoltavano ancora con molta attenzione, e Hermione sembrava bersi ogni singola parola, anche se, a giudicare dalla sua espressione, non erano affatto di suo gusto.
    «…perché alcuni cambiamenti saranno per il meglio, mentre altri, a tempo debito, verranno riconosciuti come errori di giudizio. Nel frattempo, alcune vecchie abitudini verranno mantenute, e a ragione, mentre altre, obsolete e consunte, devono essere abbandonate. Andiamo avanti, dunque, in una nuova era di apertura, concretezza e responsabilità, decisi a conservare ciò che deve essere conservato, perfezionare ciò che ha bisogno di essere perfezionato e tagliare là dove troviamo abitudini che devono essere abolite».
    Sedette. Silente applaudì. Gli insegnanti seguirono il suo esempio, anche se Harry notò che alcuni unirono le mani solo una o due volte prima di smettere. Alcuni studenti fecero lo stesso, ma quasi tutti erano stati colti di sorpresa dalla fine del discorso, avendone ascoltato solo qualche parola e, prima che potessero mettersi ad applaudire sul serio, Silente si alzò di nuovo.
    «Grazie infinite, professoressa Umbridge, è stato profondamente illuminante» disse, con un inchino. «Ora, come dicevo, i provini per il Quidditch si terranno…»
    «Sì, è stato illuminante davvero» commentò Hermione a bassa voce.
    «Non mi dirai che ti è piaciuto?» replicò piano Ron, rivolgendo uno sguardo inespressivo a Hermione. «È il discorso più noioso che abbia mai sentito, e io sono cresciuto con Percy».
    «Ho detto illuminante, non piacevole» precisò Hermione. «Ha spiegato molto».
    «Davvero?» chiese Harry, sorpreso. «A me sono sembrate un sacco di ciance».
    «C’erano cose importanti nascoste tra le ciance» rispose Hermione cupa.
    «Sul serio?» disse Ron in tono piatto.
    «Che cosa ne dite di: “Il progresso per il progresso dev’essere scoraggiato”? E di: “Tagliare là dove troviamo abitudini che devono essere abolite”?»
    «Be’, che cosa vuol dire?» chiese Ron, impaziente.
    «Te lo spiego io» rispose Hermione minacciosa. «Vuol dire che il Ministero si sta intromettendo negli affari di Hogwarts».
    Attorno a loro si levò un gran sbatacchiare; era chiaro che Silente aveva appena congedato gli studenti, perché tutti si alzavano, pronti a uscire dalla Sala. Hermione scattò in piedi, turbata.
    «Ron, dobbiamo mostrare la strada a quelli del primo anno!»
    «Oh, sicuro» disse Ron, che chiaramente se l’era dimenticato. «Ehi… ehi, voi! Nanerottoli!»
    «Ron!»
    «Be’, è vero, sono minuscoli…»
    «Lo so, ma non puoi chiamarli nanerottoli!… Voi del primo anno!» gridò Hermione in tono autoritario lungo il tavolo. «Da questa parte, per favore!»
    Un gruppo di nuovi studenti si avviò timidamente lungo lo spazio fra i tavoli di Grifondoro e di Tassorosso, ciascuno deciso a non passare per primo. Sembravano davvero molto piccoli; Harry era certo di non aver avuto un’aria così giovane al suo arrivo. Rivolse loro un gran sorriso. Un ragazzino biondo vicino a Euan Abercrombie rimase pietrificato; diede una gomitata a Euan e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Euan Abercrombie sembrò altrettanto spaventato e scoccò uno sguardo di terrore a Harry, che sentì il gran sorriso scivolargli via dalla faccia come Puzzalinfa.
    «Ci vediamo dopo» disse a Ron e Hermione, e uscì dalla Sala Grande da solo, sforzandosi di ignorare altri mormorii, altri sguardi fissi e altri cenni al suo passaggio. Tenne lo sguardo puntato davanti a sé facendosi strada fra la calca nella Sala d’Ingresso, poi corse su per la scalinata di marmo, imboccò un paio di scorciatoie nascoste e ben presto si lasciò alle spalle gran parte della folla.
    Era stato uno stupido a non prevederlo, pensò con rabbia percorrendo i corridoi molto più sgombri dei piani di sopra. Naturale che lo guardassero tutti: due mesi prima era sbucato dal labirinto del Tremaghi col cadavere di un compagno, affermando che Lord Voldemort era tornato. Non c’era stato tempo, alla fine dell’anno, di dare spiegazioni prima che andassero tutti a casa, anche se avesse avuto voglia di fornire alla scuola intera un resoconto dettagliato dei terribili eventi accaduti in quel cimitero.
    Harry aveva raggiunto la fine del corridoio che portava nella sala comune di Grifondoro e si arrestò davanti al ritratto della Signora Grassa prima di rendersi conto che non conosceva la nuova parola d’ordine.
    «Ehm…» mormorò, depresso, fissando la Signora Grassa, che si lisciò le pieghe dell’abito di satin rosa e sostenne il suo sguardo con fermezza.
    «Niente parola d’ordine, niente ingresso» disse altezzosa.
    «Harry, la so io!» Qualcuno arrivava ansante alle sue spalle. Voltandosi Harry vide Neville che trottava verso di lui. «Indovina? Per una volta me la ricorderò…» Agitò il piccolo cactus striminzito che gli aveva mostrato in treno. «Mimbulus mimbletonia!»
    «Esatto» disse la Signora Grassa e il suo ritratto sì spalancò verso di loro come una porta, rivelando un buco circolare nella parete.
    La sala comune di Grifondoro era accogliente come sempre, una confortevole stanza rotonda in una torre, piena di poltrone spellate e mollicce e di vecchi tavoli traballanti. Un fuoco scoppiettava allegramente nel camino e alcuni ragazzi si scaldavano le mani prima di salire nei loro dormitori; dall’altra parte della stanza, Fred e George Weasley stavano appendendo qualcosa alla bacheca. Harry li salutò con la mano e puntò diritto verso la porta che conduceva al dormitorio dei maschi; non aveva molta voglia di chiacchierare al momento. Neville lo seguì.
    Dean Thomas e Seamus Finnigan erano arrivati per primi e stavano coprendo le pareti accanto ai loro letti di poster e fotografie. Parlavano quando Harry aprì la porta, ma s’interruppero di colpo non appena lo videro. Harry si chiese se per caso stavano parlando di lui, poi se per caso stava diventando paranoico.
    «Ciao» disse; si avvicinò al proprio baule e lo aprì.
    «Ehi, Harry» rispose Dean, che si stava infilando un pigiama con i colori dei West Ham. «Belle vacanze?»
    «Non male» borbottò Harry, poiché una cronaca veritiera della sua vacanza avrebbe occupato gran parte della notte e non se la sentiva. «E tu?»
    «Sì, tutto bene» disse Dean con una risatina soffocata. «Meglio di quelle di Seamus, comunque: mi stava raccontando proprio adesso».
    «Perché, che cos’è successo, Seamus?» chiese Neville posando con delicatezza la sua Mimbulus mimbletonia sul comodino.
    Seamus non rispose subito; era molto impegnato ad assicurarsi che il poster della squadra di Quidditch dei Kenmare Kestrels fosse ben diritto. Poi disse, dando ancora la schiena a Harry: «La mamma non voleva che tornassi qui».
    «Che cosa?» fece Harry, immobilizzandosi nell’atto di tirar fuori i suoi abiti.
    «Non voleva che tornassi a Hogwarts».
    Seamus si voltò e prese il pigiama dal baule, sempre senza guardare Harry.
    «Ma… perché?» chiese Harry, esterrefatto. Sapeva che la madre di Seamus era una strega e non riusciva a capire come potesse essere diventata così simile ai Dursley.
    Seamus non rispose finché non ebbe finito di abbottonarsi il pigiama.
    «Be’» disse poi con voce misurata, «immagino… per colpa tua».
    «Che cosa vuoi dire?» chiese Harry in fretta.
    Il suo cuore batteva forte. Aveva la vaga sensazione che qualcosa gli si stesse chiudendo addosso.
    «Be’» ripeté Seamus, evitando ancora lo sguardo di Harry, «lei… ehm… be’, non sei solo tu, è anche Silente…»
    «Crede alla Gazzetta del Profeta?» disse Harry. «Crede che io sia un bugiardo e Silente un vecchio pazzo?»
    Seamus lo guardò.
    «Sì, qualcosa del genere».
    Harry non replicò. Gettò la bacchetta sul comodino, si tolse la veste, la ficcò rabbioso nel baule e s’infilò il pigiama. Era stufo marcio; stufo di essere la persona che tutti fissavano e di cui tutti parlavano di continuo. Se avessero saputo, se uno solo di loro avesse avuto la più vaga idea di come ci si sentiva a essere quello a cui erano successe tutte quelle cose… Che ne sapeva la signora Finnigan, quella stupida? pensò con ferocia.
    S’infilò nel letto e fece per tirare le tende attorno a sé, ma Seamus disse: «Senti… cos’è successo veramente quella notte quando… sì, insomma, quando… con Cedric Diggory?»
    Sembrava teso e curioso allo stesso tempo. Dean, che era chino sul suo baule nel tentativo di recuperare una ciabatta, si immobilizzò, e Harry capì che stava ascoltando.
    «Perché me lo chiedi?» ribatté Harry. «Basta che tu legga La Gazzetta del Profeta come tua madre, no? Ti dirà tutto quello che hai bisogno di sapere».
    «Non prendertela con mia madre» sbottò Seamus.
    «Me la prendo con chiunque mi dà del bugiardo» ribatté Harry.
    «Non parlarmi con quel tono!»
    «Io parlo come mi pare e piace» disse Harry, con ira crescente, tanto che riprese la bacchetta dal comodino. «Se è un problema dividere il dormitorio con me, vai a chiedere alla McGranitt di spostarti… così tua mamma non sta più in pensiero…»
    «Lascia stare mia madre, Potter!»
    «Che cosa succede?»
    Ron era apparso sulla soglia. I suoi occhi spalancati si spostarono da Harry, inginocchiato sul letto con la bacchetta puntata contro Seamus, a Seamus, in piedi con i pugni levati.
    «Offende mia madre!» urlò Seamus.
    «Che cosa?» disse Ron. «Harry non lo farebbe mai… abbiamo conosciuto tua madre, ci è simpatica…»
    «Prima che si mettesse a credere a quello schifo della Gazzetta del Profeta!» gridò Harry.
    «Ah» fece Ron, cominciando a capire. «Ah… ecco».
    «La sai una cosa?» disse Seamus infervorato, scoccando a Harry un’occhiata velenosa. «Ha ragione. Io non voglio più stare in dormitorio con lui, è pazzo».
    «Stai esagerando, Seamus» ribatté Ron; le sue orecchie cominciavano a diventare rosse ed era sempre un segnale di pericolo.
    «Io esagero?» urlò Seamus, che a differenza di Ron stava diventando pallido. «Tu credi a tutte le sciocchezze che ha sparato su Tu-Sai-Chi, vero, tu sei convinto che dica la verità?»
    «Sì, certo» rispose Ron arrabbiato.
    «Allora sei pazzo anche tu» concluse Seamus disgustato.
    «Davvero? Be’, purtroppo per te, amico, sono anche un prefetto!» Ron si picchiò il petto con un dito. «Quindi, se non vuoi un castigo, occhio a quello che dici!»
    Per qualche attimo parve che Seamus considerasse un castigo un prezzo ragionevole per dire quello che gli passava per la mente; poi con un verso sprezzante si voltò, balzò nel letto e chiuse le tende così violentemente che si strapparono e caddero in una pila polverosa sul pavimento. Ron guardò torvo Seamus, poi si rivolse a Dean e Neville.
    «I genitori di qualcun altro hanno problemi con Harry?» chiese in tono aggressivo.
    «I miei sono Babbani, amico» disse Dean con un’alzata di spalle. «Non sanno niente di morti a Hogwarts, perché non sono così stupido da raccontarglielo».
    «Tu non conosci mia madre, riuscirebbe a farsi raccontare qualsiasi cosa da chiunque!» ribatté Seamus. «E poi i tuoi genitori non leggono La Gazzetta del Profeta. Non sanno che il nostro Preside è stato licenziato dal Wizengamot e dalla Confederazione Intemazionale dei Maghi perché ha qualche rotella fuori posto…»
    «Mia nonna dice che sono scemenze» intervenne Neville. «Dice che è La Gazzetta del Profeta che sta peggiorando, non Silente. Ha disdetto l’abbonamento. Noi crediamo a Harry» concluse con semplicità. Si arrampicò sul letto e si tirò le coperte fino al mento, guardando Seamus al di sopra di esse, come un gufo. «Mia nonna ha sempre detto che Tu-Sai-Chi sarebbe tornato un giorno. E se Silente dice che è tornato, è tornato».
    Harry provò un moto di gratitudine per Neville. Nessun altro parlò. Seamus estrasse la bacchetta, riparò le tende e ci sparì dietro. Dean entrò nel letto, si voltò e tacque. Neville, che a sua volta pareva non aver nient’altro da aggiungere, guardava con affetto il suo cactus illuminato dalla luna.
    Harry ricadde sui cuscini mentre Ron si affaccendava attorno al letto vicino, mettendo via le sue cose. Era scosso dalla lite con Seamus, che gli era sempre stato molto simpatico. Quanta altra gente avrebbe insinuato che lui mentiva o era impazzito?
    Silente aveva sofferto così tutta l’estate, quando prima il Wizengamot poi la Confederazione Internazionale dei Maghi l’avevano radiato? Era la rabbia verso Harry, forse, che gli aveva impedito di mettersi in contatto con lui per mesi? Erano nella stessa barca, dopotutto; Silente aveva creduto a Harry, aveva annunciato la sua versione degli eventi a tutta la scuola e poi alla più vasta comunità magica. Chiunque pensasse che Harry era un bugiardo doveva pensare che lo era anche Silente, oppure che era stato ingannato…
    Alla fine scopriranno che abbiamo ragione, pensò Harry sconfortato mentre Ron s’infilava nel letto e spegneva l’ultima candela del dormitorio. Ma si chiese quanti altri attacchi come quello di Seamus avrebbe dovuto sopportare prima che venisse quel momento.
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