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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Una mano da Hermione


   Come Hermione aveva previsto, le ore libere del sesto anno non si rivelarono le liete pause sperate da Ron, ma momenti in cui tentare di stare alla pari con l’enorme montagna di compiti assegnati. Non solo studiavano come se avessero gli esami tutti i giorni, ma le lezioni stesse erano diventate più ardue che mai. Harry capiva a stento la metà di ciò che spiegava la professoressa McGranitt, e perfino Hermione aveva dovuto chiederle un paio di volte di ripetere le istruzioni. Cosa incredibile, e sempre più irritante per Hermione, la materia in cui Harry eccelleva era improvvisamente diventata Pozioni, grazie al Principe Mezzosangue.
    Ormai gli incantesimi non verbali erano richiesti non solo a Difesa contro le Arti Oscure, ma anche a Incantesimi e a Trasfigurazione. Spesso, in sala comune o durante i pasti, Harry sorprendeva i compagni paonazzi e tesi come se avessero preso una dose eccessiva di No-Pupù-No-Pipì. Ma sapeva che in realtà stavano cercando di formulare gli incantesimi senza pronunciarli ad alta voce. Uscire per andare alle serre era un sollievo: durante Erbologia avevano a che fare con piante estremamente pericolose, ma almeno potevano ancora imprecare ad alta voce se la Tentacula Velenosa li aggrediva alle spalle.
    Una conseguenza dell’enorme carico di lavoro e delle ore frenetiche passate a studiare gli incantesimi non verbali fu che Harry, Ron e Hermione non erano ancora riusciti ad andare a trovare Hagrid. Lui non partecipava più ai pasti al tavolo degli insegnanti, un segnale funesto, e nelle poche occasioni in cui l’avevano incrociato nei corridoi o nei prati aveva misteriosamente mancato di notarli o di ricambiare i loro saluti.
    «Dobbiamo spiegarci con lui» disse Hermione, guardando l’enorme sedia vuota di Hagrid il sabato dopo a colazione.
    «Questa mattina abbiamo i provini di Quidditch!»ribatté Ron. «E in più dovremmo studiare quell’incantesimo Aguamenti,per Vitious! E poi, spiegare che cosa? Come facciamo a dirgli che odiavamo la sua stupida materia?»
    «Non la odiavamo!» esclamò Hermione.
    «Parla per te, io non mi sono dimenticato gli Schiopodi» replicò Ron, cupo. «Vi assicuro che ce la siamo cavata per un pelo. Non avete sentito come parla di quel suo orrido fratello? Se fossimo rimasti saremmo lì a insegnare a Grop come allacciarsi le scarpe».
    «Detesto l’idea di non parlare con Hagrid» ribadì Hermione, turbata.
    «Ci andremo dopo il Quidditch» le assicurò Harry. Hagrid mancava pure a lui, anche se, come Ron, era convinto di star meglio senza Grop. «Ma le selezioni potrebbero durare tutta la mattina, vista la gente che si è messa in lista». Si sentiva un po’ nervoso all’idea di affrontare la prima prova della sua carriera di Capitano. «Non so perché la squadra all’improvviso è così popolare».
    «Oh, andiamo, Harry» sbottò Hermione. «Non è il Quidditch che è popolare, sei tu! Non sei mai stato così interessante come ora, e nemmeno così attraente, a dirtela tutta».
    A Ron andò di traverso un grosso pezzo di aringa. Hermione lo degnò di un solo sguardo prima di tornare a rivolgersi a Harry.
    «Tutti sanno che hai detto la verità, no? Il mondo magico ha dovuto ammettere che avevi ragione sul ritorno di Voldemort, che l’hai affrontato due volte negli ultimi due anni e che ogni volta gli sei sfuggito. E adesso ti chiamano il ‘Prescelto’… Be’, andiamo, non capisci che la gente è ammaliata da te?»
    Harry all’improvviso trovò la Sala Grande molto calda, anche se il soffitto era ancora freddo e gonfio di pioggia.
    «E in più sei stato perseguitato dal Ministero, che cercava di farti passare per uno squilibrato e un bugiardo. Porti ancora i segni di quando quella donna malvagia ti ha fatto scrivere col sangue, ma tu non hai ritrattato nemmeno una parola…»
    «Anch’io porto ancora i segni dove quei cervelli mi hanno afferrato al Ministero, guarda» intervenne Ron, tirandosi su le maniche.
    «E non guasta nemmeno che tu sia cresciuto di trenta centimetri durante l’estate» concluse Hermione, ignorando Ron.
    «Io sono alto» affermò lui senza alcuna logica.
    I gufi postali planarono attraverso le finestre punteggiate dalla pioggia, spruzzando tutti di goccioline. Un sacco di ragazzi ricevevano più posta del solito; i genitori, preoccupati, volevano avere notizie dei figli e rassicurarli a loro volta che a casa andava tutto bene. Harry non riceveva posta dall’inizio della scuola: l’unico che gli scriveva con una certa regolarità era morto e Harry, anche se aveva sperato che Lupin gli mandasse una lettera ogni tanto, finora era rimasto deluso. Fu molto sorpreso dunque di vedere la candida Edvige volteggiare tra tutti i gufi marroni e grigi. Atterrò davanti a lui con un grosso pacco quadrato. Un attimo dopo arrivò un pacco identico per Ron, schiacciando il suo minuscolo, sfinito portatore, Leotordo.
    «Ah!»fece Harry. Aprì il pacco e scoprì una copia nuova di Pozioni Avanzate,arrivata fresca dal Ghirigoro.
    «Oh, bene» si rallegrò Hermione. «Ora puoi restituire quella copia tutta scarabocchiata».
    «Sei pazza?» protestò Harry. «Me la tengo! Senti, ci ho pensato…»
    Prese dalla borsa il vecchio Pozioni Avanzate e batté sulla copertina con la bacchetta, borbottando: «Diffindo!»La copertina cadde. Fece lo stesso con il libro nuovo di zecca (Hermione era scandalizzata). Poi scambiò le copertine, le picchiettò entrambe e ordinò: «Reparo!»
    Ed ecco la copia del Principe travestita da libro nuovo, e la copia nuova del Ghirigoro con un aspetto decisamente usato.
    «Restituirò a Lumacorno quella nuova. Non può lamentarsi, è costata nove galeoni».
    Hermione strinse le labbra, arrabbiata e chiaramente in disaccordo, ma fu distratta da un terzo gufo che atterrò davanti a lei con La Gazzetta del Profeta. L’aprì in fretta e scorse la prima pagina.
    «È morto qualcuno che conosciamo?» chiese Ron con ostentata noncuranza; faceva la stessa domanda tutte le volte che Hermione apriva il giornale.
    «No, ma ci sono stati altri attacchi dei Dissennatori»rispose Hermione. «E un arresto».
    «Ottimo, chi?» chiese Harry, pensando a Bellatrix Lestrange.
    «Stan Picchetto» ribatté Hermione.
    «Che cosa?» esclamò Harry, allarmato.
    «’Stanley Picchetto, bigliettaio del popolare mezzo di trasporto magico, il Nottetempo, è sospettato di attività da Mangiamorte. Il signor Picchetto, 21 anni, è stato tratto in arresto la notte scorsa dopo un’irruzione nella sua casa di Glapham…’»
    «Stan Picchetto un Mangiamorte?» ripeté Harry, ricordando il ragazzo foruncoloso incontrato per la prima volta tre anni prima. «Impossibile!»
    «Può darsi che abbia subito la Maledizione Imperius» suggerì Ron, ragionevole. «Non si può mai dire».
    «Non sembrerebbe» commentò Hermione, che stava ancora leggendo. «Qui dice che è stato arrestato dopo che l’hanno sentito parlare dei piani segreti dei Mangiamorte in un pub». Alzò lo sguardo, turbata. «Se fosse stato vittima della Maledizione Imperius, non sarebbe andato in giro a spettegolare dei loro piani, no?»
    «Magari fingeva di sapere più di quanto sapeva davvero per darsi delle arie» rispose Ron. «Non era lui che diceva che sarebbe diventato Ministro della Magia quando cercava di attaccare bottone con quelle Veela?»
    «Proprio lui» confermò Harry. «Non so a che gioco stanno giocando, se prendono sul serio Stan».
    «Probabilmente vogliono dare l’impressione di far qualcosa» disse Hermione, pensierosa. «La gente è terrorizzata… sapete che i genitori delle gemelle Patil vogliono farle tornare a casa? Ed Eloise Midgeon si è già ritirata dalla scuola. Suo padre è venuto a prenderla ieri sera».
    «Che cosa?» fece Ron, guardando Hermione con gli occhi sgranati. «Ma Hogwarts è più sicura delle loro case, non c’è storia! Abbiamo gli Auror, e tutti quegli incantesimi di protezione, e Silente!»
    «Non credo che lui ci sia sempre» mormorò Hermione, gettando un’occhiata verso il tavolo degli insegnanti da sopra Il Profeta. «Non avete notato? Il suo posto è rimasto vuoto quanto quello di Hagrid la settimana scorsa».
    Harry e Ron seguirono il suo sguardo: la sedia del Preside in effetti era vuota. A pensarci bene, Harry non vedeva Silente dalla loro lezione privata di una settimana prima.
    «Credo che sia andato in missione per l’Ordine»continuò Hermione a bassa voce. «Voglio dire… è tutto molto preoccupante, no?»
    Harry e Ron non risposero, ma era chiaro che pensavano la stessa cosa. Il giorno prima era successa una disgrazia: la scuola aveva convocato Hannah Abbott durante Erbologia per comunicarle che sua madre era stata trovata morta. Da allora Hannah non si era più vista.
    Cinque minuti dopo, quando si alzarono dalla tavola di Grifondoro per scendere al campo di Quidditch, passarono accanto a Lavanda Brown e Calì Patil. Dopo quel che aveva detto Hermione, Harry non fu stupito di vedere che le due grandi amiche bisbigliavano con aria afflitta; piuttosto, lo sorprese il fatto che, quando Ron le affiancò, Calì diede all’improvviso una gomitata a Lavanda, che si voltò e rivolse a Ron un gran sorriso. Lui la guardò sbattendo le palpebre, poi sorrise a sua volta, incerto, e prese a camminare quasi a passo di marcia. Harry si trattenne dal ridere, ricordando che anche Ron l’aveva fatto dopo che Malfoy gli aveva spaccato il naso; Hermione invece fu fredda e distante lungo tutta la strada fino allo stadio sotto la fresca pioggerellina, e andò a sedersi nelle tribune senza augurare in bocca al lupo a Ron.
    Come Harry si era aspettato, i provini occuparono gran parte della mattinata. Sembrava che si fosse presentata metà della Casa di Grifondoro, da quelli del primo anno, che stringevano nervosamente alcune tremende vecchie scope della scuola, a quelli del settimo anno, che torreggiavano sugli altri con aria elegantemente intimidatoria. Tra gli ultimi c’era un ragazzone coi capelli crespi che Harry riconobbe all’istante.
    «Ci siamo conosciuti in treno, nello scompartimento del vecchio Luma»disse in tono confidenziale, facendosi avanti per stringere la mano a Harry. «Cormac McLaggen, Portiere».
    «Non hai partecipato alle selezioni l’anno scorso, vero?» chiese Harry, osservando la stazza di McLaggen e pensando che probabilmente avrebbe bloccato tutti e tre gli anelli della porta senza nemmeno muoversi.
    «Ero in infermeria quando ci sono stati i provini» rispose McLaggen con una certa spavalderia. «Avevo mangiato mezzo chilo di uova di Doxy per una scommessa».
    «Capisco» disse Harry. «Bene… se vuoi aspettare laggiù…»
    Indicò il bordo campo, dove era seduta Hermione. Gli parve di vedere un’ombra d’irritazione sul volto di McLaggen e si chiese se per caso si aspettasse un trattamento preferenziale perché entrambi cocchi del ‘vecchio Luma’.
    Harry decise di cominciare con un test di base, chiedendo a tutti gli aspiranti giocatori di dividersi in gruppi di dieci e fare un giro di volo sul campo. Fu una buona decisione: quelli del gruppo iniziale erano del primo anno ed era lampante che non avevano mai volato. Solo un ragazzino riuscì a restare sospeso per più di qualche secondo, e ne fu così stupito che si schiantò all’istante contro uno dei pali.
    Il secondo gruppo comprendeva dieci delle ragazze più sceme che Harry avesse mai incontrato: quando lui fischiò, non fecero altro che esplodere in risatine e aggrapparsi l’una all’altra. Tra loro c’era Romilda Vane. Quando le invitò a uscire dal campo obbedirono con grande allegria e andarono a sedersi nelle tribune, a molestare tutti gli altri.
    Il terzo gruppo fece un tamponamento a catena a metà del giro di campo. Gran parte del quarto gruppo si era presentata senza scope. Il quinto gruppo era di Tassorosso.
    «Se c’è qualcun altro che non è di Grifondoro» ruggì Harry, che cominciava a essere seriamente irritato, «se ne vada subito, per favore!»
    Una pausa, poi un paio di piccoli Corvonero schizzarono fuori dal campo, ridacchiando.
    Dopo due ore, molte proteste e parecchie crisi di nervi, una delle quali comportò la distruzione di una Comet Duecentosessanta e parecchi denti rotti, Harry aveva trovato tre Cacciatori: Katie Bell, tornata in squadra dopo una prova eccellente, Demelza Robins, una nuova scoperta particolarmente abile nello schivare Bolidi, e Ginny Weasley, che si era distinta in volo per tutta la prova e in più aveva segnato diciassette gol. Pur soddisfatto delle sue scelte, Harry era diventato rauco a forza di strillare contro i tanti contestatori, e ora stava sostenendo una battaglia analoga con i Battitori respinti.
    «Questa è la mia decisione definitiva, e se non sparite subito lasciando il posto ai Portieri vi affatturo» urlò.
    I Battitori che aveva selezionato non erano fuoriclasse come i vecchi Fred e George, però Harry era comunque abbastanza soddisfatto: Jimmy Peakes, un ragazzo del terzo anno basso ma robusto, che aveva fatto a Harry un bernoccolo grosso come un uovo sulla testa colpendo un Bolide con ferocia, e Ritchie Coote, un po’ allampanato ma dotato di buona mira. I due si unirono agli spettatori nelle tribune a seguire la selezione dell’ultimo membro della squadra.
    Harry aveva lasciato apposta alla fine la prova dei Portieri, sperando che lo stadio fosse più vuoto e ci fosse meno tensione. Purtroppo però tutti i giocatori respinti e un po’ di gente che era scesa a guardare dopo colazione si erano uniti alla folla, che quindi era più vasta che mai. Ogni volta che un Portiere volava in posizione, la platea ululava e lo sbeffeggiava in uguale misura. Harry scrutò Ron, che aveva sempre avuto qualche problema di nervi. Aveva sperato che la vittoria all’ultima partita dell’anno prima l’avesse guarito, ma evidentemente non era così: Ron era di una delicata sfumatura di verde.
    Nessuno dei primi cinque aspiranti parò più di due gol a testa. Con enorme dispiacere di Harry, Cormac McLaggen intercettò quattro rigori su cinque. All’ultimo, tuttavia, scattò nella direzione opposta; la folla rise e fischiò e McLaggen tornò a terra digrignando i denti.
    Ron sembrava sul punto di svenire quando salì sulla sua Tornado Undici.
    «In bocca al lupo!» urlò una voce dalle tribune. Harry si guardò attorno, aspettandosi di vedere Hermione, invece era Lavanda Brown. Avrebbe tanto voluto nascondersi il volto tra le mani, come fece lei un attimo dopo, ma pensò che come Capitano doveva mostrare un po’ più di fermezza, e così si voltò a guardare il provino di Ron.
    Eppure non avrebbe dovuto preoccuparsi: Ron parò uno, due, tre, quattro, cinque rigori di fila. Felice, resistendo a fatica alla tentazione di unirsi ai sonori complimenti della folla, Harry si rivolse a McLaggen per dirgli che purtroppo Ron l’aveva battuto e si ritrovò a pochi centimetri dalla sua faccia rossa. Si ritrasse in fretta.
    «Sua sorella l’ha fatto apposta» ringhiò McLaggen minaccioso. Harry notò che una vena gli pulsava nella tempia in perfetto stile zio Vernon. «Ha tirato facile».
    «Sciocchezze» rispose Harry gelido. «È stato il rigore che ha quasi mancato».
    McLaggen fece un passo verso Harry, che stavolta non si mosse.
    «Fammi provare ancora».
    «No» ribatté Harry. «Hai già provato. Ne hai parate quattro. Ron ne ha parate cinque. Ron è il Portiere, ha vinto lealmente. Togliti di mezzo».
    Per un momento pensò che McLaggen gli avrebbe dato un pugno, invece si accontentò di fare una brutta smorfia e filò via, ringhiando all’aria quelle che sembravano minacce.
    Harry si voltò. La sua squadra gli sorrideva.
    «Bravi» gracchiò. «Avete volato proprio bene…»
    «Sei stato bravissimo, Ron!»
    Questa volta era davvero Hermione quella che correva verso di loro dalle tribune; Harry vide Lavanda allontanarsi immusonita dal campo a braccetto con Calì. Ron sembrava estremamente soddisfatto di sé e perfino più alto del solito; rivolgeva grandi sorrisi alla squadra e a Hermione.
    Fissato l’orario del primo vero allenamento per il martedì seguente, Harry, Ron e Hermione salutarono gli altri e si avviarono verso la casa di Hagrid. Un sole pallido cercava di sbucare tra le nuvole; finalmente aveva smesso di piovigginare. Harry aveva una gran fame; sperava che da Hagrid ci fosse qualcosa da mangiare.
    «Ho temuto di non parare il quarto rigore» stava raccontando Ron allegro. «Quel tiro mancino di Demelza, l’avete visto, era una palla a effetto…»
    «Sì, sì, sei stato eccezionale» rispose Hermione, divertita.
    «Comunque sono stato più bravo di McLaggen» continuò Ron assai compiaciuto. «L’avete visto quando si è buttato dalla parte sbagliata al quinto rigore? Sembrava che fosse stato Confuso…»
    Con sorpresa di Harry, a quelle parole Hermione arrossì violentemente. Ron non notò nulla, occupato com’era a descrivere con amorevoli dettagli ogni parata.
    Fierobecco, l’enorme Ippogrifo grigio, era legato davanti alla capanna di Hagrid. Fece schioccare il becco affilato come un rasoio quando si avvicinarono e voltò il testone verso di loro.
    «Oh cielo» commentò Hermione, nervosa. «Fa ancora un po’ paura, vero?»
    «Ma dai, l’hai anche cavalcato, no?»fece Ron.
    Harry si fece avanti e si inchinò profondamente all’Ippogrifo senza distogliere lo sguardo né sbattere le palpebre. Dopo qualche istante, anche Fierobecco si piegò in un inchino.
    «Come stai?»gli chiese Harry a bassa voce, avvicinandosi per accarezzare la testa piumata. «Ti manca? Ma stai bene qui con Hagrid, vero?»
    «Ohi!» esclamò una voce.
    Hagrid era arrivato a grandi passi da dietro la capanna; indossava un grembiulone a fiori e portava un sacco di patate. Il monumentale danese, Thor, lo seguiva dappresso; abbaiò sonoramente e balzò in avanti.
    «Lontani! Vi mangerà le dita! Oh! Siete voi».
    Thor saltava addosso a Hermione e Ron, cercando di leccar loro le orecchie. Hagrid rimase a guardarli per un istante, poi si voltò ed entrò nella capanna, sbattendo la porta.
    «Santo cielo!» fece Hermione, addolorata.
    «Non preoccuparti» rispose Harry, cupo. Andò alla porta e bussò forte.
    «Hagrid! Apri, vogliamo parlarti!»
    Nessun rumore dall’interno.
    «Se non apri la porta tu, la facciamo saltare!» minacciò Harry, sfoderando la bacchetta.
    «Harry!» esclamò Hermione, spaventata. «Non puoi…»
    «Sì che posso!» ribatté Harry. «State indietro…»
    Ma, prima che riuscisse a dire altro, la porta si spalancò di nuovo e Hagrid guardò torvo Harry dall’alto in basso; nonostante il grembiule a fiori era decisamente inquietante.
    «Sono un professore!» ruggì contro Harry. «Un professore, Potter! Come osi minacciare di buttarmi giù la porta?»
    «Mi dispiace, signore» rispose Harry, sottolineando l’ultima parola mentre riponeva la bacchetta nella veste.
    Hagrid era allibito.
    «Da quand’è che mi chiami ‘signore’?»
    «Da quand’è che mi chiami ‘Potter’?»
    «Oh, molto furbo» grugnì Hagrid. «Molto divertente. Mi hai messo nel sacco, eh? Va bene, venite in casa, piccoli ingrati…»
    Borbottando, si fece indietro per lasciarli passare. Hermione sgattaiolò dentro dopo Harry, spaventata, e Ron la seguì.
    «Allora?» fece Hagrid imbronciato quando i tre si furono seduti attorno all’enorme tavolo di legno. Thor appoggiò subito il muso sul ginocchio di Harry e gli sbavò su tutta la divisa. «Cosa c’è? Siete in pensiero per me? Pensate che mi sento solo o roba del genere?»
    «No» rispose subito Harry. «Volevamo vederti».
    «Ci sei mancato!» balbettò Hermione.
    «Vi sono mancato, eh?» sbuffò Hagrid. «Certo, come no».
    Col suo passo pesante andò a preparare il tè nell’enorme bollitore di rame, borbottando ininterrottamente. Infine sbatté davanti a loro tre boccali grossi come secchi e traboccanti di tè color mogano, insieme a un piatto dei suoi biscotti rocciosi. Harry era abbastanza affamato perfino per la cucina di Hagrid, e ne prese subito uno.
    «Hagrid» esordì Hermione titubante, mentre lui si sedeva a tavola con loro e cominciava a pelare patate con brutalità, come se ogni singolo tubero gli avesse fatto un gran torto personale, «volevamo davvero continuare con Cura delle Creature Magiche».
    Hagrid sbuffò ancora con forza. Harry si disse che un po’ di moccio doveva essere atterrato sulle patate, e fu intimamente grato di non dover rimanere a cena.
    «Davvero!» ripeté Hermione. «Ma non siamo riusciti a farcela stare nei nostri orari!»
    «Sì. Certo» rispose di nuovo Hagrid.
    Si udì uno strano sciaguattare e si guardarono tutti intorno: Hermione emise uno strillo, Ron fece un salto sulla sedia e corse intorno al tavolo per allontanarsi da un grosso barile nell’angolo. Era pieno di vermi lunghi trenta centimetri: scivolosi, bianchi e brulicanti.
    «Che cosa sono, Hagrid?» chiese Harry, cercando di sembrare interessato invece che disgustato, ma posando subito il biscotto marmoreo.
    «Sono solo bruchi giganti» rispose Hagrid.
    «E diventano…?» chiese Ron, preoccupato.
    «Non diventano un bel niente» ribatté Hagrid. «Li tengo per darli da mangiare ad Aragog».
    E inaspettatamente scoppiò in lacrime.
    «Hagrid!» urlò Hermione; balzò in piedi, corse dall’altra parte del tavolo per evitare il barile di vermi, e gli passò un braccio attorno alle spalle scosse da sussulti. «Che cosa c’è?»
    «È… lui…» singhiozzò Hagrid, gli occhi neri colmi di lacrime, asciugandosi la faccia col grembiule. «È… Aragog… Credo che sta morendo… si è ammalato d’estate e non migliora… Non so cosa faccio se lui… se lui… stiamo insieme da tanto tempo…»
    Hermione batté Hagrid sulla spalla, senza trovare nulla da dire. Harry la capiva. Aveva visto Hagrid regalare un orsacchiotto a un feroce cucciolo di drago, canticchiare canzoncine a scorpioni giganti armati di ventose e pungiglioni, tentare di ragionare con quel bruto gigantesco del suo fratellastro, ma quella era forse la più incomprensibile di tutte le sue fantasie mostruose: il gigantesco ragno, Aragog, che abitava nel fitto della Foresta Proibita e al quale lui e Ron erano sfuggiti per un soffio quattro anni prima.
    «C’è… c’è qualcosa che possiamo fare?» chiese Hermione, ignorando le frenetiche smorfie e i dinieghi di Ron.
    «Non credo, Hermione» rispose Hagrid con voce soffocata, cercando di bloccare il flusso delle lacrime. «Sai, il resto della tribù… la famiglia di Aragog… sono un po’ strani adesso che è ammalato… un po’ nervosi…»
    «Sì, conosciamo un po’ quell’aspetto della loro personalità» disse Ron sottovoce.
    «Io non penso che è sicuro per nessuno andarci vicino, al momento, tranne me» concluse Hagrid, soffiandosi forte il naso nel grembiule e alzando lo sguardo. «Ma grazie dell’offerta, Hermione… vuol dire molto per me…»
    Dopodiché l’atmosfera si alleggerì perché, anche se né Harry né Ron avevano mostrato alcun desiderio di portare bruchi giganti a un gargantuesco ragno assassino, Hagrid sembrò dare per certo che avrebbero adorato farlo e ritornò l’amico di sempre.
    «Sì, ho sempre saputo che facevate fatica a ficcarmi nei vostri orari»mugugnò, versando altro tè. «Anche a chiedere dei Gira Tempo…»
    «Non avremmo potuto»ribatté Hermione. «Abbiamo infranto l’intera riserva di Gira Tempo del Ministero quando siamo stati là quest’estate. C’era scritto sulla Gazzetta del Profeta».
    «Ah, be’, allora» convenne Hagrid. «Non potevate proprio farcela… Mi spiace che sono stato… insomma… è che ero preoccupato per Aragog… e mi chiedevo se invece, se c’era ancora la professoressa Caporal a insegnarvi…»
    Al che tutti e tre dichiararono categoricamente e in piena falsità che la professoressa Caporal, che aveva sostituito Hagrid per alcune lezioni, era un’insegnante tremenda. Al tramonto, quando li salutò sulla soglia, Hagrid era piuttosto allegro.
    «Muoio di fame» dichiarò Harry dopo che la porta si fu chiusa alle loro spalle e i tre si furono avviati di corsa su per il prato buio e deserto; aveva abbandonato il dolcetto roccioso dopo il sinistro scricchiolio di un molare. «E stasera sono in punizione con Piton, non ho molto tempo per la cena…»
    Nel castello videro Cormac McLaggen che entrava nella Sala Grande. Gli ci vollero due tentativi per oltrepassare la porta; al primo sbatté contro lo stipite e rimbalzò indietro. Ron si limitò a sghignazzare malizioso ed entrò nella Sala dopo di lui, ma Harry afferrò Hermione per un braccio e la trattenne.
    «Cosa c’è?» fece lei sulla difensiva.
    «Se vuoi saperlo» rispose Harry a bassa voce, «a me pare proprio che McLaggen sia stato Confuso. Ed era esattamente davanti a dove eri seduta tu».
    Hermione arrossì.
    «Oh, va bene, l’ho fatto» sussurrò. «Ma avresti dovuto sentirlo parlare di Ron e Ginny! Comunque ha un brutto carattere, hai visto come ha reagito quando non è stato ammesso… non volevi certo uno così in squadra».
    «No» convenne Harry. «Credo proprio di no. Ma non è stato disonesto, Hermione? Voglio dire, tu sei un prefetto, no?»
    «Oh, sta’ zitto» sbottò lei davanti al suo ghigno.
    «Che cosa state facendo voi due?» chiese Ron insospettito, ricomparendo sulla soglia della Sala Grande.
    «Niente» risposero in coro Harry e Hermione, e lo seguirono di corsa. Il profumo del roast beef inflisse allo stomaco di Harry una fitta di fame, ma si erano appena avviati verso il tavolo di Grifondoro quando il professor Lumacorno bloccò loro il passo.
    «Harry, Harry, proprio te speravo di incontrare!» tuonò gioviale, torcendo le punte dei baffoni da tricheco e spingendo in fuori il pancione. «Mi auguravo di intercettarti prima di cena! Che ne dici di uno spuntino nelle mie stanze stasera? Facciamo una festicciola, solo un po’ di stelle nascenti. Vengono McLaggen, Zabini, l’affascinante Melinda Bobbin — non so se la conosci, la sua famiglia possiede una grossa catena di farmacie — e naturalmente spero tanto che anche la signorina Granger mi onorerà della sua presenza».
    Lumacorno s’inchinò brevemente a Hermione, senza nemmeno guardare Ron: era come se non ci fosse.
    «Non posso, professore» rispose subito Harry. «Ho una punizione col professor Piton».
    «Oh cielo!» esclamò Lumacorno, con una smorfia di delusione quasi ridicola. «Cielo, cielo, contavo proprio su di te, Harry! Be’, posso dire una parolina a Severus e spiegargli la situazione, sono sicuro che riuscirò a convincerlo a rimandarla. Sì, a più tardi, tutti e due!»
    E lasciò in fretta la Sala.
    «Non ha alcuna speranza di convincere Piton» commentò Harry non appena Lumacorno fu a debita distanza. «Ha già spostato una volta la punizione per Silente, non lo farà per nessun altro».
    «Oh, vorrei che potessi venire, non voglio andarci da sola!» si lagnò Hermione preoccupata; Harry sapeva che stava pensando a McLaggen.
    «Dubito che sarai sola, probabilmente Ginny verrà invitata» sbottò Ron, che non aveva affatto gradito di essere stato ignorato.
    Dopo cena tornarono nella Torre di Grifondoro. La sala comune era molto affollata, perché quasi tutti avevano finito di cenare, ma riuscirono a trovare un tavolo libero e si sedettero; Ron, che era di malumore fin dall’incontro con Lumacorno, incrociò le braccia e fissò accigliato il soffitto. Hermione prese una copia del Profeta della Sera,che qualcuno aveva abbandonato su una sedia.
    «Qualcosa di nuovo?» chiese Harry.
    «Non proprio…» Hermione scorreva le pagine interne. «Oh, guarda, c’è tuo padre, Ron… sta bene!» aggiunse in fretta, perché Ron si era voltato, in ansia. «Dice solo che è andato a far visita a casa Malfoy. ‘La seconda perquisizione della residenza del Mangiamorte non sembra aver sortito alcun risultato. Arthur Weasley dell’Ufficio Intercettazione e Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti ha dichiarato che la sua squadra è intervenuta in seguito a una soffiata’».
    «Certo, la mia!» dichiarò Harry. «A King’s Cross gli ho detto di Malfoy e della cosa che stava cercando di far riparare a Sinister! Be’, se non è a casa loro, qualunque cosa sia, deve averla portata con sé a Hogwarts…»
    «Ma come può aver fatto, Harry?» chiese Hermione sorpresa, posando il giornale. «Siamo stati tutti perquisiti al nostro arrivo, no?»
    «Davvero?» chiese Harry, preso alla sprovvista. «Io no!»
    «Oh, no, certo, mi ero dimenticata che eri in ritardo… Be’, Gazza ci ha frugati tutti con dei Sensori Segreti quando siamo arrivati nella S’ala d’Ingresso. Qualunque oggetto Oscuro sarebbe stato trovato, so per certo che a Tiger è stata confiscata una testa essiccata. Quindi vedi, Malfoy non può aver portato niente di pericoloso!»
    Momentaneamente spiazzato, Harry guardò per un po’ Ginny Weasley che giocava con Arnold la Puffola Pigmea, prima di trovare una risposta.
    «Qualcuno gliel’ha mandato via gufo, allora» suggerì. «Sua madre o qualcun altro».
    «Anche tutti i gufi vengono controllati» replicò Hermione. «Ce l’ha detto Gazza quando ci ficcava quei Sensori Segreti ovunque riuscisse ad arrivare».
    Stavolta Harry non trovò nient’altro da dire. Non sembrava che Malfoy avesse potuto in alcun modo portare un oggetto Oscuro o pericoloso dentro la scuola. Guardò speranzoso Ron, che fissava con le braccia conserte Lavanda Brown.
    «Riesci a pensare a un altro modo in cui Malfoy…?»
    «Oh, piantala, Harry» tagliò corto lui.
    «Senti, non è colpa mia se Lumacorno ha invitato me e Hermione alla sua stupida festa, nessuno dei due ci voleva andare, lo sai!» sbottò Harry, riscaldandosi.
    «Be’, visto che non mi invitano alle feste» concluse Ron, alzandosi, «credo che andrò a letto».
    Marciò verso la porta del dormitorio dei maschi, lasciando Harry e Hermione a fissarlo.
    «Harry?» La nuova Cacciatrice, Demelza Robins, era apparsa all’improvviso accanto a lui. «Ho un messaggio per te».
    «Dal professor Lumacorno?» chiese Harry, rizzandosi a sedere speranzoso.
    «No… dal professor Piton» rispose Demelza. Il cuore di Harry sprofondò. «Dice che devi andare nel suo ufficio alle otto e mezzo per la punizione… ehm… non importa quanti inviti mondani tu possa aver ricevuto. E voleva che sapessi che dovrai separare i Vermicoli marci da quelli buoni da usare a Pozioni, e… e dice che non c’è bisogno che porti i guanti protettivi».
    «Va bene» rispose Harry, cupo. «Grazie mille, Demelza».
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