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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
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   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Horace Lumacorno


   Pur avendo trascorso ogni momento di veglia degli ultimi giorni nella febbrile attesa di Silente, Harry si sentì strano quando si avviarono insieme lungo Privet Drive. Non aveva mai sostenuto una vera conversazione con il suo Preside fuori da Hogwarts; di solito c’era una scrivania tra loro. Anche il ricordo del loro ultimo faccia a faccia continuava a riaffiorare, aggravando il suo imbarazzo; in quella circostanza aveva urlato parecchio, senza contare che aveva fatto del suo meglio per distruggere molti degli oggetti più preziosi di Silente. Che però sembrava del tutto rilassato.
    «Tieni la bacchetta pronta, Harry» disse in tono allegro.
    «Ma signore, credevo di non essere autorizzato a usare la magia fuori dalla scuola».
    «In caso di attacco» rispose Silente, «ti do il permesso di usare qualunque controincantesimo o controfattura ti venga in mente. Ma non credo che dovresti preoccuparti di essere attaccato stanotte».
    «Perché no, signore?»
    «Sei con me» si limitò a dire Silente. «E questo basterà, Harry».
    Si fermò di botto alla fine di Privet Drive.
    «Naturalmente non hai fatto l’esame di Materializzazione, vero?» domandò.
    «No» rispose Harry. «Credevo che si dovessero avere diciassette anni».
    «Vero» confermò Silente. «Quindi dovrai aggrapparti ben stretto al mio braccio. Al sinistro, se non ti dispiace… Come hai notato, il braccio della bacchetta al momento è un po’ fragile».
    Harry afferrò l’avambraccio che gli veniva offerto.
    «Molto bene» disse Silente. «Be’, andiamo».
    Harry sentì il braccio di Silente sfuggirgli e rafforzò la presa: un attimo dopo, tutto diventò nero; si sentì premere da tutte le parti; non riusciva a respirare, come se fasce di ferro gli stringessero il petto; le pupille gli vennero ricacciate nella testa, i timpani premuti più a fondo nel cranio, e poi…
    Inghiottì enormi sorsate di fredda aria notturna e aprì gli occhi lacrimanti: si sentiva come se fosse stato infilato a forza in un tubo di gomma molto stretto. Passarono alcuni secondi prima che si rendesse conto che Privet Drive era sparita. Lui e Silente si trovavano in quella che sembrava la piazza deserta di un villaggio, al centro della quale c’erano un vecchio monumento ai caduti e alcune panchine. Quando la mente si ricongiunse con i sensi, Harry capì che si era Materializzato per la prima volta nella sua vita.
    «Tutto a posto?» gli chiese Silente, scrutandolo preoccupato. «Ci vuole un po’ ad abituarsi».
    «Sto bene» rispose Harry strofinandosi le orecchie, che davano l’idea di aver lasciato Privet Drive piuttosto a malincuore. «Ma penso di preferire le scope».
    Silente sorrise, si strinse un po’ di più il mantello da viaggio attorno al collo e disse: «Da questa parte».
    Si avviò a passo rapido, superando una locanda vuota e alcune case. Secondo l’orologio della chiesa vicina, era quasi mezzanotte.
    «Allora dimmi, Harry» cominciò Silente. «La cicatrice… ti fa male?»
    Harry si portò istintivamente una mano alla fronte e si strofinò il segno a forma di saetta.
    «No» rispose, «e mi stavo chiedendo come mai. Credevo che avrebbe bruciato di continuo, adesso che Voldemort sta ridiventando così potente».
    Guardò in su verso Silente e lo vide soddisfatto.
    «Io invece non lo pensavo» disse il mago. «Lord Voldemort ha finito per rendersi conto che godevi di un pericoloso accesso ai suoi pensieri e sentimenti. Pare che ora sia ricorso all’Occlumanzia contro di te».
    «Be’, non mi lamento» osservò Harry, che non sentiva la mancanza né degli incubi né degli spaventosi squarci della mente di Voldemort.
    Voltarono un angolo, passarono davanti a una cabina telefonica e a una pensilina dell’autobus. Harry guardò di nuovo Silente.
    «Professore?»
    «Sì, Harry?»
    «Ehm… dove ci troviamo di preciso?»
    «Questo, Harry, è l’incantevole villaggio di Budleigh Babberton».
    «E che cosa ci facciamo qui?»
    «Ah sì, certo, non te l’ho detto» rispose Silente. «Be’, ho perso il conto del numero di volte che l’ho detto negli ultimi anni, ma al nostro corpo insegnanti manca di nuovo un componente. Siamo qui per convincere un mio vecchio collega a lasciare la vita ritirata e tornare a Hogwarts».
    «E io in che cosa posso essere utile, signore?»
    «Oh, credo che ti troveremo qualcosa da fare» replicò Silente in tono vago. «Qui a sinistra, Harry».
    Avanzarono lungo una ripida, stretta strada fiancheggiata da case. Tutte le finestre erano buie. Lo strano gelo che da due settimane gravava su Privet Drive persisteva anche lì. Pensando ai Dissennatori, Harry si gettò un’occhiata alle spalle e strinse la bacchetta in tasca per rassicurarsi.
    «Professore, perché non ci siamo Materializzati direttamente nella casa del suo vecchio collega?»
    «Perché sarebbe stato sgarbato quanto buttar giù a calci la porta» spiegò Silente. «La cortesia impone che offriamo ai colleghi maghi l’opportunità di negarci l’ingresso. In ogni caso, gran parte delle abitazioni di maghi sono protette da incantesimi contro i Materializzatori indesiderati. A Hogwarts, per esempio…»
    «… non ci si può Materializzare da nessuna parte negli edifici ed entro il perimetro della scuola» concluse Harry in fretta. «Me l’ha detto Hermione Granger».
    «E ha ragione. Ancora a sinistra».
    L’orologio della chiesa dietro di loro batté la mezzanotte. Harry si chiese come mai Silente non considerava scortese far visita al suo collega così tardi, ma ora che la conversazione era stata avviata aveva domande più urgenti.
    «Professore, ho letto sulla Gazzetta del Profeta che Caramell è stato cacciato…»
    «Corretto» rispose Silente, svoltando in una ripida stradina laterale. «È stato sostituito, sono certo che hai letto anche questo, da Rufus Scrimgeour, già Capo dell’Ufficio Auror».
    «È… secondo lei è bravo?» chiese Harry.
    «Domanda interessante» rifletté Silente. «È abile, questo è certo. Una personalità più volitiva ed energica di Cornelius».
    «Sì, ma io volevo dire…»
    «So che cosa volevi dire. Rufus è un uomo d’azione e, avendo combattuto contro Maghi Oscuri per gran parte della sua carriera, non sottovaluta Lord Voldemort».
    Harry attese, ma Silente non disse nulla dei disaccordi con Scrimgeour di cui La Gazzetta del Profeta aveva riferito. Non ebbe il coraggio di insistere, così cambiò argomento.
    «E… signore… ho letto di Madama Bones».
    «Sì» mormorò Silente. «Una perdita terribile. Era una gran strega. Su di qui, credo… ahia».
    Per indicare la strada aveva usato la mano ferita.
    «Professore, che cos’è successo alla sua…»
    «Non ho tempo di spiegartelo adesso» rispose Silente. «È una storia appassionante, e vorrei renderle giustizia».
    Sorrise e Harry capì che non lo stava rimproverando e che poteva fare altre domande.
    «Signore… ho ricevuto via gufo un opuscolo del Ministero della Magia sulle misure di sicurezza che dovremmo tutti adottare contro i Mangiamorte…»
    «Sì, ne ho ricevuto uno anch’io» riprese Silente, sempre sorridendo. «L’hai trovato utile?»
    «Non proprio».
    «No, lo immaginavo. Non mi hai chiesto, per esempio, qual è il mio gusto di marmellata preferito, per essere certo che io sia davvero il professor Silente e non un impostore».
    «Io non…» cominciò Harry, incerto se quello fosse invece un vero rimprovero.
    «Per futura informazione, Harry, è lampone… sebbene naturalmente, se fossi un Mangiamorte, mi sarei assicurato di indagare sulla mia marmellata preferita prima di impersonare me stesso».
    «Ehm… giusto» disse Harry. «Be’, il libriccino parlava degli Inferi. Che cosa sono di preciso? Non era molto chiaro».
    «Sono cadaveri» rispose Silente tranquillo. «Corpi morti, stregati per eseguire gli ordini di un Mago Oscuro. È da molto tempo che non si vedono Inferi, però, da quando Voldemort era potente… Ha ucciso abbastanza persone da metterne insieme un esercito. È qui, Harry, proprio qui…»
    Si stavano avvicinando a una piccola, linda casa di pietra circondata da un giardino. Harry era troppo impegnato ad assimilare la terribile idea degli Inferi per potersi concentrare su altro, ma quando ebbero raggiunto il cancello, Silente si fermò di botto e Harry lo urtò.
    «Oh cielo. Oh cielo, cielo, cielo».
    Harry seguì il suo sguardo lungo il curatissimo viale d’ingresso ed ebbe un tuffo al cuore. La porta penzolava dai cardini.
    Silente guardò su e giù lungo la via. Sembrava deserta.
    «Fuori la bacchetta e seguimi, Harry» sussurrò.
    Aprì il cancello e risalì il vialetto a passi rapidi e silenziosi, con Harry alle calcagna, poi spinse la porta molto piano, la bacchetta alzata e pronta.
    «Lumos».
    La punta della bacchetta si accese, illuminando uno stretto ingresso. Sulla sinistra c’era un’altra porta spalancata. Tenendo alta la bacchetta accesa, Silente entrò nel salotto, seguito da Harry.
    Ai loro occhi si presentò una scena di totale devastazione. Una pendola giaceva a pezzi ai loro piedi, il quadrante spaccato, il pendolo poco lontano come una spada abbandonata. Un pianoforte era rovesciato sul fianco, con la tastiera distesa sul pavimento. Le schegge di un lampadario scintillavano lì vicino. Dei cuscini giacevano sgonfi, con le piume che traboccavano dagli squarci; frammenti di vetro e porcellana ricoprivano ogni cosa come polvere. Silente alzò ancora la bacchetta, così che la sua luce cadde sulle pareti, dove qualcosa di rosso scuro e glutinoso copriva di schizzi la tappezzeria. Il breve sospiro di Harry indusse Silente a voltarsi.
    «Brutto, no?» commentò il mago in tono grave. «Sì, qui è successo qualcosa di terribile».
    Avanzò cauto fino al centro della stanza, osservando il disastro ai suoi piedi. Harry lo seguì guardandosi attorno, già atterrito all’idea di ciò che avrebbe potuto vedere dietro i resti del pianoforte o il divano rovesciato, ma non c’era traccia di un corpo.
    «Forse c’è stata una battaglia e… e l’hanno trascinato via, professore?» suggerì, cercando di non immaginare che genere di ferite dovesse avere una persona per lasciare quegli schizzi fino a metà parete.
    «Non credo» mormorò Silente, spiando dietro una poltrona molto imbottita che giaceva sul fianco.
    «Vuol dire che è…?»
    «Ancora qui da qualche parte? Sì».
    E senza preavviso, Silente piombò in avanti, affondando la punta della bacchetta nel sedile della poltrona, che strillò: «Ahia!»
    «Buonasera, Horace» disse Silente, raddrizzandosi.
    Harry rimase a bocca aperta. Dove un istante prima c’era una poltrona, ora stava accovacciato un vecchio calvo enormemente grasso che si massaggiava la pancia e sogguardava Silente con occhi acquosi e afflitti.
    «Non c’era bisogno di infilzarmi in quel modo»borbottò, rialzandosi con difficoltà. «Mi hai fatto male».
    La luce della bacchetta scintillava sulla pelata brillante, sugli occhi sporgenti, sugli enormi baffi argentei da tricheco e sui lustrissimi bottoni della giacca di velluto ruggine che indossava sopra un pigiama di seta lilla. La sua testa raggiungeva appena il mento di Silente.
    «Da cosa l’hai capito?» grugnì barcollando, senza smettere di strofinarsi la pancia. Sembrava straordinariamente disinvolto, per un uomo che è stato appena scoperto a far finta di essere una poltrona.
    «Mio caro Horace» rispose Silente, divertito, «se i Mangiamorte fossero davvero venuti a farti visita, sulla casa sarebbe stato imposto il Marchio Nero».
    Il mago si batté una mano grassa e tozza sulla vasta fronte.
    «Il Marchio Nero» borbottò. «Lo sapevo che c’era qualcosa… va be’. Non ne avrei avuto il tempo, comunque. Avevo appena finito di dare gli ultimi ritocchi alla mia imbottitura quando siete entrati».
    Trasse un gran sospiro che gli fece svolazzare le punte dei baffoni.
    «Vuoi che ti dia una mano a rimettere in ordine?» gli chiese con garbo Silente.
    «Grazie» rispose l’altro.
    Si disposero schiena contro schiena, l’alto mago sottile e quello basso e tondo, e agitarono le bacchette in un identico ampio movimento.
    I mobili tornarono volando al loro posto; i soprammobili si ricomposero a mezz’aria; le piume schizzarono dentro i loro cuscini; i libri strappati si ripararono atterrando sui loro scaffali; le lanterne a olio planarono sui tavolini e si riaccesero. Un’ampia collezione di comici d’argento infrante volarono scintillando attraverso la sala e si posarono, intatte e lustre, su una scrivania; strappi, incrinature e buchi si ripararono ovunque; le pareti si ripulirono.
    «Che tipo di sangue era, tra parentesi?» chiese Silente sovrastando con la voce i battiti della pendola tornata come nuova.
    «Sulle pareti? Di drago» urlò il mago chiamato Horace, mentre fra scricchiolii e tintinnii assordanti il lampadario si riavvitava al soffitto.
    Ci fu un ultimo plin del pianoforte, poi silenzio.
    «Sì, di drago» ripeté il mago, conversando amabilmente. «La mia ultima bottiglia, e i prezzi al momento sono alle stelle. Ma forse lo si può riciclare».
    Avanzò pesantemente fino a una bottiglietta di cristallo su una credenza e la tenne controluce, osservando il denso liquido all’interno.
    «Mmm. Un po’ polveroso».
    Posò di nuovo la bottiglia sulla credenza e sospirò. Fu allora che il suo sguardo si posò su Harry.
    «Oho» mormorò. I grandi occhi si spostarono rapidi sulla fronte di Harry e sulla cicatrice a forma di fulmine. «Oho!»
    «Questo» disse Silente, avanzando per fare le presentazioni, «è Harry Potter. Harry, questo è un mio vecchio amico e collega, Horace Lumacorno».
    Lumacorno si voltò verso Silente con aria furbetta.
    «Allora è così che pensavi di convincermi, eh? Be’, la risposta è no, Albus».
    Oltrepassò Harry, con la faccia voltata dall’altra parte, come se cercasse di resistere a una tentazione.
    «Immagino che possiamo bere qualcosa, almeno»propose Silente. «In ricordo dei vecchi tempi».
    Lumacorno esitò.
    «D’accordo, allora, ma solo un bicchiere» acconsentì in tono sgarbato.
    Silente sorrise a Harry e gli indicò una poltrona non dissimile da quella che Lumacorno aveva appena impersonato, accanto al fuoco riacceso e a una lampada a olio che brillava vivace. Harry prese posto con la netta impressione che Silente, per qualche ragione, volesse tenerlo più in vista possibile. In effetti, quando Lumacorno, che si era indaffarato con caraffe e bicchieri, si voltò di nuovo, il suo sguardo cadde irresistibilmente su Harry.
    «Umpf» fece, e distolse subito gli occhi, come se avesse paura di farsi male. «Ecco…» Diede da bere a Silente, che si era seduto senza aspettare un invito, spinse il vassoio verso Harry e poi, in un silenzio malmostoso, sprofondò nei cuscini del divano riparato. Aveva le gambe così corte che non toccavano terra.
    «Be’, come te la passi, Horace?»gli chiese Silente.
    «Non molto bene» rispose pronto Lumacorno. «Sono debole di petto. Ho l’asma. E anche i reumatismi. Non riesco a muovermi come una volta. Be’, c’era da aspettarselo. L’età. La stanchezza».
    «Eppure devi esserti mosso piuttosto in fretta per prepararci un tale benvenuto con così breve preavviso» osservò Silente. «Non puoi aver avuto più di tre minuti».
    Con un misto di irritazione e orgoglio, Lumacorno rispose: «Due. Non ho sentito scattare l’Incantesimo Intruso, stavo facendo il bagno. Però» aggiunse con fermezza, come a riacquistare il controllo, «resta il fatto che sono un vecchio, Albus. Un vecchio stanco che si è guadagnato il diritto a una vita tranquilla e a qualche piccola comodità».
    Quelle certo non gli mancavano, pensò Harry guardandosi intorno. La stanza era soffocante e ingombra, ma non si poteva dire che fosse scomoda; c’erano soffici poltrone e poggiapiedi, bibite e libri, scatole di cioccolatini e cuscini gonfi. Se Harry non avesse saputo chi ci abitava, avrebbe pensato a una ricca, fronzoluta vecchia signora.
    «Non hai nemmeno la mia età, Horace» osservò Silente.
    «Be’, forse dovresti pensare anche tu alla pensione» ribatté schiettamente l’altro. I suoi pallidi occhi color uvaspina avevano scoperto la mano ferita di Silente. «Le tue reazioni non sono più le stesse, vedo».
    «Hai ragione» ammise Silente con serenità, scostando la manica per rivelare le dita bruciate e annerite; la vista fece pizzicare in modo spiacevole la nuca di Harry. «Senza dubbio sono più lento di un tempo. Ma d’altra parte…»
    Scrollò le spalle e allargò le mani, come per dire che l’età ha i suoi vantaggi, e Harry notò sulla mano intatta un anello che non gli aveva mai visto: era grande, grossolanamente modellato in quello che sembrava oro, e recava incastonata una pesante pietra nera che si era spezzata al centro. Anche lo sguardo di Lumacorno indugiò sull’anello, e Harry vide una piccola ruga increspargli per un attimo l’ampia fronte.
    «Allora, tutte queste precauzioni contro gli intrusi, Horace… sono per i Mangiamorte o per me?» chiese Silente.
    «Che cosa potrebbero volere i Mangiamorte da un povero vecchio malridotto come me?» domandò Lumacorno.
    «Immagino che potrebbero voler trasformare i tuoi considerevoli talenti in coercizione, tortura e assassinio» rispose Silente. «Mi stai dicendo sul serio che non sono ancora venuti ad assoldarti?»
    Lumacorno scrutò Silente con aria funerea per un attimo, poi borbottò: «Non gliene ho dato l’opportunità. Sono in movimento da un anno. Non sto mai più di una settimana nello stesso luogo. Mi sposto di casa Babbana in casa Babbana: i proprietari di questa sono in vacanza alle Canarie. È molto gradevole, mi dispiacerà andar via. È abbastanza facile quando sai come fare, basta un semplice Incantesimo Congelatore su quegli assurdi antifurto che usano invece degli Spioscopi e assicurarsi che i vicini non ti notino quando porti dentro il pianoforte».
    «Ingegnoso» commentò Silente. «Ma mi sembra un’esistenza piuttosto faticosa per un povero vecchio malridotto in cerca di una vita tranquilla. Ora, se dovessi tornare a Hogwarts…»
    «Se stai per dirmi che la mia vita sarebbe più serena in quella scuola pestilenziale, puoi risparmiarti il fiato, Albus! Posso anche aver vissuto alla macchia, ma mi sono giunte voci curiose da quando Dolores Umbridge se n’è andata! Se è così che tratti i tuoi insegnanti di questi tempi…»
    «La professoressa Umbridge ha avuto un diverbio con la nostra comunità di centauri» lo interruppe Silente. «Credo che tu, Horace, ci avresti pensato due volte prima di marciare nella Foresta e chiamare ‘sudici ibridi’ un’orda di centauri arrabbiati».
    «È così che è andata?» chiese Lumacorno. «Che idiota. Non mi è mai piaciuta».
    Harry ridacchiò e sia Silente che Lumacorno si voltarono a guardarlo.
    «Scusate» mormorò Harry in fretta. «È solo che… anche a me non è mai piaciuta».
    Silente si alzò all’improvviso.
    «Te ne vai?» domandò subito Lumacorno, speranzoso.
    «No, mi chiedevo se posso usare il bagno» rispose Silente.
    «Oh» disse Lumacorno, evidentemente deluso. «La seconda porta a sinistra nell’ingresso».
    Silente attraversò la stanza. Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, calò il silenzio. Dopo qualche istante Lumacorno si alzò, ma parve incerto sul da farsi. Scoccò uno sguardo furtivo a Harry, poi andò verso il fuoco per scaldarsi l’ampio sedere.
    «Non credere che non sappia perché ti ha portato» esordì senza preamboli.
    Harry lo guardò. Gli occhi acquosi dell’ex professore scivolarono sulla cicatrice di Harry e questa volta si soffermarono su tutto il volto.
    «Assomigli molto a tuo padre».
    «Sì, me l’hanno detto» rispose Harry.
    «A parte gli occhi. Hai…»
    «Gli occhi di mia madre, sì». Harry l’aveva sentito dire così spesso che lo trovava un po’ logorante.
    «Umpf. Sì, be’. Un professore non dovrebbe avere degli allievi prediletti, naturalmente, ma lei era la mia. Tua madre»aggiunse Lumacorno in risposta allo sguardo interrogativo di Harry. «Lily Evans. Una delle allieve migliori che abbia mai avuto. Vivace, sai. Una ragazza affascinante. Le dicevo sempre che avrebbe dovuto stare nella mia Casa. E ottenevo delle belle rispostacce, anche».
    «Qual era la sua Casa?»
    «Ero direttore di Serpeverde» disse Lumacorno. «Oh, adesso» continuò in fretta, notando l’espressione di Harry e agitandogli contro un dito tozzo, «non avercela con me per questo! Tu sei Grifondoro come lei, immagino. Sì, in genere è una cosa ereditaria. Non sempre, però. Mai sentito parlare di Sirius Black? Immagino di sì… È stato sui giornali per gli ultimi due anni… È morto qualche settimana fa…»
    Fu come se una mano invisibile avesse strizzato le viscere di Harry e le tenesse strette.
    «Be’, comunque era un grande amico di tuo padre, a scuola. Tutta la famiglia Black era stata nella mia Casa, ma Sirius finì a Grifondoro! Peccato… era un ragazzo pieno di talento. Io ho avuto suo fratello Regulus quando è stato il momento, ma li avrei preferiti tutti e due».
    Sembrava un collezionista avido che fosse stato sconfitto a un’asta. Chiaramente smarrito nei suoi ricordi, scrutò la parete di fronte, ondeggiando pigramente quel tanto da assicurare un calore diffuso al proprio sedere.
    «Tua madre era Babbana per nascita, naturalmente. Non ci credevo quando l’ho scoperto. Pensavo che fosse Purosangue, era così brava».
    «Una delle mie migliori amiche è Babbana di nascita» ribatté Harry, «ed è la più brava del nostro anno».
    «Ogni tanto succede. Buffo, no?» osservò Lumacorno.
    «Non proprio» rispose Harry gelido.
    Lumacorno lo guardò sorpreso.
    «Non pensare che io abbia dei pregiudizi!» esclamò. «No, no, no! Non ho appena detto che tua madre è stata uno dei miei studenti preferiti in assoluto? E c’era Dirk Cresswell nell’anno dopo il suo — adesso è Direttore dell’Ufficio delle Relazioni con i Folletti, naturalmente — un altro Babbano di nascita, uno studente molto dotato, che mi dà ancora ottime informazioni su quello che succede alla Gringott!»
    Molleggiò un po’ su e giù, sorridendo compiaciuto, e indicò le numerose cornici splendenti sulla credenza, ciascuna abitata da minuscoli personaggi mobili.
    «Tutti ex studenti, tutte foto firmate. Questo è Barnabas Cuffe, direttore della Gazzetta del Profeta,mi chiede sempre un parere sulle notizie del giorno. E Ambrosius Flume, di Mielandia: un cesto a ogni compleanno, e solo perché sono riuscito a raccomandarlo a Ciceron Harkiss, che gli ha offerto il suo primo lavoro! E là dietro — se allunghi un po’ il collo la vedi — quella è Gwenog Jones, che come sai è il Capitano delle Holyhead Harpies… La gente resta sempre basita quando scopre che ci diamo del tu, e ho i biglietti gratis tutte le volte che voglio!»
    Il pensiero parve rinfrancarlo enormemente.
    «E tutta questa gente sa dove trovarla per mandarle la roba?» domandò Harry, che non poté fare a meno di chiedersi come mai i Mangiamorte non avessero ancora rintracciato Lumacorno se cesti di dolci, biglietti per le partite e visitatori avidi dei suoi consigli e delle sue opinioni riuscivano a trovarlo.
    Il sorriso sparì dal volto di Lumacorno, rapido come il sangue dalle sue pareti.
    «Certo che no» rispose, guardando Harry. «È un anno che ho perso tutti i contatti».
    Per un istante sembrò scioccato dalle sue stesse parole. Poi alzò le spalle.
    «Comunque…. il mago prudente tiene la testa bassa in tempi come questi. Silente ha un bel dire, ma lavorare a Hogwarts adesso sarebbe come dichiarare pubblica fedeltà all’Ordine della Fenice! E anche se sono certo che siano assolutamente ammirevoli e coraggiosi e quant’altro, personalmente non apprezzo il tasso di mortalità…»
    «Non deve unirsi all’Ordine per insegnare a Hogwarts» obiettò Harry, senza riuscire a evitare una nota di scherno: era difficile provare comprensione per l’esistenza viziata di Lumacorno quando ricordava Sirius accovacciato in una caverna a vivere di ratti. «Molti insegnanti non ne fanno parte e nessuno di loro è stato ucciso… be’, a parte Raptor, e ha avuto quello che meritava, visto che lavorava con Voldemort».
    Harry era sicuro che Lumacorno fosse uno di quei maghi che non sopportavano di sentir pronunciare ad alta voce il nome di Voldemort, e non fu deluso: Lumacorno rabbrividì e mugolò una protesta, che lui ignorò.
    «Suppongo che il personale sia più al sicuro degli altri finché Silente è il Preside; pare che sia l’unico che Voldemort abbia mai temuto, no?» riprese.
    Lumacorno scrutò nel vuoto per qualche istante, e parve riflettere sulle parole di Harry.
    «Be’, sì, è vero che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato non ha mai cercato lo scontro con Silente» ammise a malincuore. «E suppongo che si possa dedurre che, siccome non mi sono unito ai Mangiamorte, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato non può comunque annoverarmi tra i suoi amici… nel qual caso, potrei essere più al sicuro stando un po’ più vicino a Silente… Non posso far finta che la morte di Amelia Bones non mi abbia scosso… Se lei, con tutti i suoi contatti al Ministero e la protezione…»
    Silente tornò nella stanza e Lumacorno sobbalzò come se si fosse dimenticato che era in casa.
    «Oh, eccoti, Albus» disse. «Sei stato via un pezzo. Stomaco in subbuglio?»
    «No, stavo solo leggendo le riviste Babbane» rispose Silente. «Adoro i modelli a maglia. Bene, Harry, abbiamo abusato abbastanza dell’ospitalità di Horace; credo che sia il momento di andarcene».
    Tutt’altro che riluttante, Harry balzò in piedi. Lumacorno rimase spiazzato.
    «Ve ne andate?»
    «Sì, certo. Credo di saper riconoscere una causa persa quando ne vedo una».
    «Persa…?»
    Lumacorno era agitato. Si rigirava i grassi pollici, osservando Silente allacciarsi il mantello da viaggio e Harry alzare la cerniera del giubbotto.
    «Be’, mi spiace che tu non voglia il posto, Horace» disse Silente, levando la mano sana in un gesto d’addio. «Hogwarts sarebbe stata lieta di rivederti. Nonostante le nostre misure di sicurezza siano enormemente aumentate, le tue visite saranno sempre benvenute».
    «Sì… be’… molto cortese… come dicevo…»
    «Allora addio».
    «Arrivederci» salutò Harry.
    Erano sulla soglia quando alle loro spalle si levò un grido.
    «Va bene, va bene, verrò!»
    Silente si voltò e vide Lumacorno senza fiato sulla porta del salotto.
    «Tornerai?»
    «Sì, sì» rispose Lumacorno spazientito. «Devo esser pazzo, ma sì».
    «Meraviglioso». Silente era raggiante. «Allora, Horace, ci vediamo il primo settembre».
    «Sì, direi proprio di sì» grugnì Lumacorno.
    Mentre ripercorrevano il vialetto, la voce di Lumacorno li seguì fluttuando.
    «Voglio un aumento, Silente!»
    Questi ridacchiò. Il cancelletto si chiuse alle loro spalle e si avviarono giù per la collina nel buio e nei vortici di nebbia.
    «Ottimo lavoro, Harry» commentò Silente.
    «Io non ho fatto niente» rispose Harry, sorpreso.
    «Oh, sì. Hai mostrato con precisione a Horace quanto ci guadagna a tornare a Hogwarts. Che ti pare di lui?»
    «Ehm…»
    Harry non sapeva bene se Lumacorno gli piacesse o no. Era stato gradevole a suo modo, ma gli era anche sembrato vanesio e, per quanto avesse sostenuto il contrario, troppo sorpreso dal fatto che una Babbana potesse diventare una buona strega.
    «A Horace» proseguì Silente, sollevando Harry dalla responsabilità di dire una di queste cose, «piacciono gli agi. Gli piace anche la compagnia dei famosi, dei potenti e delle persone di successo. Gode della sensazione di avere influenza su queste persone. Non ha mai voluto occupare il trono di persona; preferisce star dietro le quinte, dove si sta più larghi, capisci. Aveva l’abitudine di scegliersi dei prediletti a Hogwarts, a volte per la loro ambizione o il loro cervello, a volte per il fascino o il talento, e aveva un’insolita abilità nello scegliere coloro che sarebbero diventati personalità di spicco nei vari campi. Horace formava una specie di club dei suoi prediletti con se stesso al centro, presentava l’uno all’altro, creava utili contatti tra i membri, e otteneva sempre qualche beneficio in cambio, che fosse una scatola del suo adorato ananas candito o la possibilità di raccomandare un giovane all’Ufficio delle Relazioni con i Folletti».
    Harry ebbe l’improvvisa, vivida immagine di un enorme ragno gonfio che tesseva una tela attorno a sé, torcendo un filo qua e là per avvicinare un po’ di più le sue grasse, succulente mosche.
    «Ti dico tutto questo» riprese Silente, «non per montarti contro Horace — o, come dobbiamo ormai chiamarlo, il professor Lumacorno — ma per metterti in guardia. Senza alcun dubbio cercherà di farti entrare nella sua collezione, Harry. Saresti il suo gioiello: il Ragazzo Che È Sopravvissuto… o, come ti chiamano in questi giorni, il Prescelto».
    A queste parole, un gelo che non aveva niente a che vedere con la nebbia circostante calò lento su Harry. Ricordò le parole che aveva udito poche settimane prima, parole che avevano un terribile significato per lui: Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…
    Silente si era fermato accanto alla chiesa che avevano oltrepassato prima.
    «Ci siamo, Harry. Se vuoi prendermi il braccio…»
    Questa volta Harry era pronto, ma trovò la Materializzazione sempre sgradevole. Quando la pressione svanì e fu di nuovo in grado di respirare, era su un viottolo di campagna accanto a Silente e guardava davanti a sé la sagoma storta del secondo edificio che preferiva al mondo: la Tana. Nonostante la sensazione di terrore che l’aveva appena pervaso, il suo umore non poté che risollevarsi a quella vista. C’era Ron là dentro… e anche la signora Weasley, che cucinava meglio di chiunque altro…
    «Se non ti dispiace, Harry» disse Silente mentre varcavano il cancello, «vorrei scambiare qualche parola con te prima che ci separiamo. In privato. Magari qui dentro?»
    Silente indicò un malconcio casotto di pietra dove i Weasley tenevano le scope. Un po’ perplesso, Harry lo seguì oltre la porta cigolante in uno spazio poco più piccolo di un armadio normale. Silente illuminò la punta della bacchetta, così da farla brillare come una torcia, e sorrise.
    «Spero che mi perdonerai se te ne accenno, Harry, ma sono contento e un po’ orgoglioso di come hai reagito dopo tutto quel che è successo al Ministero. Permettimi di dirti che Sirius sarebbe stato fiero di te».
    Harry deglutì; la voce sembrava averlo abbandonato. Non poteva sopportare di parlare di Sirius. Era stato già abbastanza doloroso sentire zìo Vernon chiedere ‘Il suo padrino è morto?’; ancora peggio udire il nome di Sirius buttato lì per caso da Lumacorno.
    «È una cosa crudele» disse Silente con dolcezza, «che tu e Sirius abbiate avuto così poco tempo da passare insieme. Una fine brutale per quello che avrebbe dovuto essere un legame lungo e felice».
    Harry annuì, lo sguardo ostinatamente fisso sul ragno che si arrampicava su per il cappello di Silente. Si rendeva conto che Silente lo capiva, che forse aveva addirittura sospettato che fino all’arrivo della sua lettera Harry aveva passato quasi tutto il tempo disteso sul letto, rifiutandosi di mangiare e fissando la finestra velata, pieno del gelido vuoto che aveva imparato ad associare ai Dissennatori.
    «È dura» mormorò infine, «rendersi conto che non mi scriverà più».
    Gli occhi gli bruciarono all’improvviso e batté le palpebre. Si sentiva stupido ad ammetterlo, ma il fatto di aver avuto qualcuno fuori da Hogwarts a cui importava di lui, quasi come un genitore, era stata una delle cose più belle… e ora i gufi non gli avrebbero mai più portato quella consolazione…
    «Sirius rappresentava per te tante cose che non avevi mai conosciuto prima» sussurrò Silente con dolcezza. «La sua perdita è devastante…»
    «Ma mentre stavo dai Dursley» lo interruppe Harry, a voce più alta, «ho capito che non posso rinchiudermi o… o crollare. Sirius non l’avrebbe voluto, no? E comunque, la vita è troppo breve… Guardi Madama Bones, guardi Emmeline Vance… Io potrei essere il prossimo, vero? Ma se è così» disse con forza, guardando Silente dritto negli occhi azzurri che scintillavano alla luce della bacchetta, «farò in modo di portare con me tutti i Mangiamorte che posso, e anche Voldemort, se ci riesco».
    «Hai parlato come il degno figlio di tua madre e tuo padre, e il vero figlioccio di Sirius!» ribatté Silente dandogli una pacca di approvazione sulla schiena. «Mi levo il cappello davanti a te… o meglio, lo farei se non avessi paura di ricoprirti di ragni.
    «Ora, Harry, a proposito di un argomento strettamente connesso… mi par di capire che hai letto La Gazzetta del Profeta nelle ultime due settimane».
    «Sì» rispose Harry, col cuore che batteva un po’ più rapido.
    «Allora avrai visto che non ci sono state solo indiscrezioni ma vere e proprie fughe di notizie a proposito della tua avventura nella Sala delle Profezie».
    «Sì» ripeté Harry. «E ora tutti sanno che sono quello…»
    «No che non lo sanno» lo interruppe Silente. «Ci sono solo due persone in tutto il mondo che conoscono fino in fondo il contenuto della profezia su te e Lord Voldemort, e sono tutt’e due qui in questo armadio delle scope puzzolente e pieno di ragnatele. È vero, tuttavia, che molti hanno indovinato, e a ragione, che Voldemort ha mandato i suoi Mangiamorte a rubare una profezia, e che questa profezia riguarda te.
    «Ora, credo di aver ragione a ritenere che tu non abbia raccontato a nessuno che sai quello che diceva».
    «No» confermò Harry.
    «Saggia decisione, nel complesso» osservò Silente. «Anche se credo che dovresti aprirti con i tuoi amici, il signor Ronald Weasley e la signorina Hermione Granger. Sì» riprese, quando Harry parve stupito, «credo che debbano sapere. Fai loro un torto non confidando un segreto così importante».
    «Io non volevo…»
    «… preoccuparli o spaventarli?» suggerì Silente, osservando Harry da sopra gli occhiali a mezzaluna. «O forse confessare che anche tu sei preoccupato e spaventato? Tu hai bisogno dei tuoi amici, Harry. Come hai giustamente detto, Sirius non avrebbe voluto che ti isolassi».
    Harry tacque, ma Silente non pareva aver bisogno di una risposta. Riprese: «Quanto a un argomento diverso ma collegato, è mio desiderio che tu prenda lezioni private da me quest’anno».
    «Private… da lei?» ripeté Harry, colto di sorpresa nel proprio silenzio inquieto.
    «Sì. Credo sia arrivato il momento che io ricopra un ruolo più importante nella tua istruzione».
    «Che cosa mi insegnerà, professore?»
    «Oh, un po’ di questo, un po’ di quello» rispose Silente con leggerezza.
    Harry attese speranzoso, ma Silente non aggiunse altro, così fece un’altra domanda che lo assillava.
    «Se prenderò lezioni da lei, non dovrò più studiare Occlumanzia con Piton, vero?»
    «Il professor Piton, Harry… No, non dovrai».
    «Bene» sospirò Harry sollevato, «perché sono state un…»
    Si interruppe, attento a non dire quello che pensava.
    «Credo che la parola ‘fiasco’ sia la più appropriata» concluse Silente, e annuì.
    Harry scoppiò a ridere.
    «Be’, vuol dire che d’ora in poi non vedrò molto il professor Piton» disse, «perché non mi permetterà di continuare a studiare Pozioni a meno che io non abbia preso ‘Eccezionale’ nel mio G.U.F.O., e so che non l’ho preso».
    «Non contare i tuoi gufi prima che vengano recapitati» rispose Silente con gravità. «Anzi, adesso che ci penso, dovrebbero arrivare oggi stesso, tra qualche ora. Ancora due cose, Harry, prima che ci separiamo.
    «Primo, vorrei che d’ora in poi tu portassi sempre con te il Mantello dell’Invisibilità. Anche dentro Hogwarts. Non si sa mai, mi capisci?»
    Harry annuì.
    «Infine, durante il tuo soggiorno, è stato garantito alla Tana il livello di sicurezza più alto che il Ministero della Magia possa offrire. Queste misure hanno procurato una certa quantità di fastidi ad Arthur e Molly: tutta la loro posta, per esempio, viene passata al setaccio dal Ministero prima di essere mandata a destinazione. Loro non ci badano assolutamente, perché la loro sola preoccupazione è la tua sicurezza. Tuttavia sarebbe un gran brutto modo di ricambiarli se rischiassi l’osso del collo mentre sei loro ospite».
    «Capisco» rispose Harry in fretta.
    «Molto bene, allora» concluse Silente. Spinse la porta del capanno delle scope e uscì nel cortile. «Vedo una luce in cucina. Non priviamo oltre Molly del piacere di lamentarsi della tua magrezza».
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